Rivista Anarchica Online
ENI, nuraghi e banditi
di M. M.
L'insediamento industriale di Ottana, nella Sardegna centrale
La bontà umana è veramente senza limiti. Ogni giorno
rimaniamo sempre più sbalorditi dalle
dimostrazioni di abnegazione e di sacrificio che costantemente ci vengono date dai nostri buoni padroni.
Ma come? C'è ancora qualcuno che non si è accorto di questo? Certamente si tratta di
individui in
malafede, avviliti da rancori personali e, in ogni caso, ottusi. Ecco qui una dimostrazione di come stanno
veramente le cose. I "banditi" sono notoriamente "cattivi". Per una serie di circostanze che nessuno
può assolutamente
capire e neppure immaginare, in Sardegna, e specialmente nella zona della Barbagia, ci sono degli
uomini
(per puro caso sono pastori di pecore e, sempre per puro caso, solo raramente sono anche proprietari
delle stesse), che diventano "cattivi" e come tali si mettono a fare i "banditi". Questi cattivoni hanno
preso la brutta abitudine di andare a molestare, con stupidi scherzi, dei poveri
benefattori, alcuni dei quali mettono addirittura a disposizione di talune Opere Pie le loro misere terre
per pochi miliardi spiccioli.
Rovelli, Girotti, Cefis
Il Governo, che nella sua lodevole missione ha, tra l'altro, il compito di far rispettare e proteggere
proprio i benefattori, lancia un accorato appello: - Per carità, accorriamo -! Subito il buon
Rovelli, presidente della SIR, proprio lì vicino, a Porto Torres, si offre. E presenta seduta
stante un progetto per la costruzione di uno stabilimento; non per guadagnarci, perché la sua
azienda
guadagna già bene, (l'ha dichiarato nel corso della recente deposizione alle Commissioni
Parlamentari
della Camera e del Senato), ma evidentemente solo per curare e guarire il male sociale. Tanto
grande è il buon cuore dimostrato che andiamo in lacrime nel sapere che i suoi buoni propositi
non sono andati ad altrettanto buon fine. Interviene infatti l'Opera Pia a carattere statale
ENI-MONTEDISON che avoca a se l'impegno. L'abate Rovelli, bontà sua, contribuirà
senz'altro con la
preghiera alla buona riuscita del sacerdozio GIROTTI-CEFIS. Questa parrocchia, come al solito
in buona fede, per semplicità di cose ed esclusivamente in funzione
logica, procede e ragiona così. Dato che l'ENI detiene un grosso pacchetto azionario della
MONTEDISON, fingiamo che non sia così
(burloni come sempre!). È sufficiente a questo scopo creare qualcosa che abbia l'aspetto di un
"consorzio" e mettere quindi in piedi uno stabilimento. La società del Gruppo ENI
direttamente coinvolta in quest'affare, l'ANIC, detiene il 51% delle azioni
e la MONTEDISON la rimanenza. Però, fare uno stabilimento unico è troppo facile!
È meglio dividerlo
in due parti e dare ad ognuna delle due una propria ragione sociale: una la si chiama "Società
Chimica
del Tirso" l'altra "Società Fibra del Tirso". Fin qui tutto semplice, ma il bello viene ora. Gli
impianti delle
due nuove società, pur trovandosi all'interno della stessa recinzione, vengono previsti per
blocchi distinti.
Un blocco lo fa la ex Chatillon ora MONTEDISON FIBRE, un altro lo fa la MONTEDISON, un terzo
sarà fatto a cura dell'ANIC. Queste tre società stanziano i fondi per gli investimenti ed
eseguono i lavori
relativi alle loro competenze. La prima fa gli impianti di produzione delle fibre, la seconda fa gli impianti
chimici e la terza fa tutte le parti comuni (centrale termoelettrica, strade, uffici, magazzini ecc.).
Però
l'ANIC si limita a mettere a disposizione i fondi, in quanto la progettazione e la direzione lavori viene
fatta, per suo conto, dalla SNAMPROGETTI (altra Società del Gruppo ENI). Solo una
piccolissima
parte dei lavori viene eseguita direttamente dall'ANIC, che in quest'occasione procede utilizzando
indirettamente i suoi quattrini come "Mandataria" delle società "Chimica" e "Fibra". Il tutto
è completato, inneggiando alla chiarezza, dal fatto che i lavori veri e propri vengono eseguiti
da
decine di ditte appaltatrici. L'unica cosa che appare evidente è che tutto questo
guazzabuglio è stato creato ad arte, le parti della
squisita torta che viene divisa fra ENI e MONTEDISON risulteranno molto più nutrienti per
ciascuno
dei due colossi di Stato. Il che è molto giusto perché la bontà va
opportunamente premiata. Lasciamo comunque perdere questo tipo di considerazioni e andiamo
al sodo. Ciò che non si riesce a
capire è quali siano tutti benefici di carattere sociale di cui, si dice, verranno a godere gli abitanti
della
Sardegna centrale, benefici che, stando alle previsioni dell'ENI e degli altri Enti interessati,
riguarderanno
circa 120 paesi della zona. È pur vero che alcune migliaia di persone troveranno lavoro, qualora
il
progetto abbia piena realizzazione, all'interno di questo nuovo cambio industriale, ma a quale prezzo?
Al prezzo che coloro che già sono entrati, sia come dipendenti delle nuove "Consociate"
ENI, sia come
dipendenti delle innumerevoli ditte appaltatrici, hanno già iniziato a pagare.
Il tributo operaio
Innanzitutto una cosa va fatta rilevare: nel momento in cui si sono istituite le due nuove
società,
nonostante queste agiscano nei settori chimico e delle fibre, settori che sono propri anche dell'ANIC,
non
viene adottato il contratto nazionale di lavoro dei chimici pubblici (al quale è legata l'ANIC),
ma un
contratto simile a quello dei tessili privati che presenta condizioni nettamente sfavorevoli sia a livello
retributivo che, soprattutto, a livello normativo. Non solo, ma per tutto un insieme di lavoratori
è
previsto un inquadramento in un contratto del tutto particolare che è nato unitamente ad un
"Consorzio
per l'addestramento del personale" destinato ad Ottana; da notare che in questa specie di contratto sono
già incorporati una quantità di lavoratori che, presso la Sede e presso gli stabilimenti
ANIC stanno, di
fatto, svolgendo lavori che sono né più né meno gli stessi che svolgono i
dipendenti ANIC. La differenza
sta nella busta paga, e costituisce il primo tributo che questi lavoratori pagano per l'industrializzazione
della loro terra. Gli altri tributi sono già pronti e ce li indica l'esperienza (chi dubita
può fare un salto a Gela in Sicilia e
rendersi conto di persona della situazione, tenendo presente che l'ANIC-GELA funziona da oltre 10
anni). Eccoli. 1) LA SPECULAZIONE EDILIZIA, che senza alcun dubbio farà la sua
avanzata nonostante il benevolo
suggerimento dell'ENI alle popolazioni sarde affinché non si facciano incantare dallo
"specchietto per
le allodole" delle eventuali offerte loro presentate sotto forma di nuovi insediamenti urbani e di nuovi
villaggi modello. L'ENI, in pratica, suggerisce ad ognuno di restare a casa propria e inizia a portare un
discorso di "pendolarità voluta". Ma la speculazione edilizia arriva ugualmente, perché
è proprio l'ENI
col suo stabilimento che ce la porta, anche qui, come in tutte le zone ove s'è installato. E non
si venga
a raccontare che l'ISVET (Istituto per gli studi sullo sviluppo economico e il progresso tecnico) ha
preparato uno "studio di piano generale di assetto territoriale" col quale si risolveranno tutti i problemi,
da quelli sociali a quelli urbanistici a quelli economici: dietro la sigla ISVET non c'è nient'altro
che una
società di ricerche che appartiene al gruppo ENI. Quindi il "testo preliminare" preparato
dall'ISVET
stesso, e approvato rapidamente dalla Regione Sarda, non poteva contenere assolutamente nulla in
contrasto con le direttive dell'ENI. L'ENI tuttavia, tenendo conto del fatto che l'ISVET ha operato,
come
sempre del resto, servendosi di studiosi di varia estrazione appositamente scelti per il caso specifico e
legati da un contratto a tempo determinato, toglie le competenze dei piani territoriali e urbanistici
all'ISVET e le passa alla TECNECO, altra consociata del gruppo ENI che, data la sua struttura molto
più rigida ed aziendalistica, offre molte più garanzie che la realizzazione del piano, con
tutte le modifiche
opportune, avverrà nel massimo rispetto dell'interesse prettamente capitalistico della
società capitalista
di cui fa parte. (Si richiama l'attenzione sul fatto che, dietro la sigla Ente Nazionale Idrocarburi, che
implica la partecipazione dello Stato, ci sono decine di società per azioni, tutte parzialmente
controllate
da privati, pochi dei quali sono solitamente dediti alla beneficenza; basti far riferimento allo sposalizio
ENI-MORATTI negli stabilimenti SARAS di Sarroch, vicino a Cagliari). Quando si pensa,
d'altronde, che di fronte ai 300 miliardi stanziati dall'ENI per i suoi impianti industriali,
la Regione Sarda ha messo a disposizione 6 miliardi per lo sviluppo dell'edilizia, si possono
immediatamente capire quali intenzioni di "sviluppo" vi siano in realtà. I 6 miliardi basterebbero
a
malapena a rappezzare ed intonacare le case decrepite di Ottana e Bolotana (i rimanenti miliardi che,
stando alle previsioni, dovrebbero essere impiegati attraverso la Regione per l'assetto territoriale
complessivo, lo Stato ha già iniziato a versarli sullo stipendio di Andreotti e dei suoi
tirapiedi!). 2) LA VERGOGNOSA SITUAZIONE DEI TRASPORTI PUBBLICI. Quasi totale la
mancanza di linee
ferroviarie; è obbligo guardare ai mezzi stradali che, nonostante l'esistenza di una azienda
"Regionale"
di trasporti (ARST), non esistono di fatto. Sulla base della considerazione massimalista che all'aumento
del numero di mezzi di trasporto persone non corrisponde una diminuzione dei costi di esercizio e quindi
non c'è un utile, non si fa nulla. Circa 1400 persone sono già al lavoro nello stabilimento
di Ottana e per
i trasporti non si è fatto ancora nulla! Sì, anche per questo problema ci sono dei "piani",
ma purtroppo
rientrano nel discorso di assetto territoriale. La soluzione è lasciata ai lavoratori con
possibilità alternative: o sobbarcarsi gli oneri derivanti dai viaggi
con mezzi propri, e in questo caso ridurre i tempi di viaggio, oppure sobbarcarsi le spese dei viaggi con
mezzi pubblici (di proprietari privati) e in questo caso avere tempi di viaggio chiaramente impossibili
e
spese altrettanto impossibili. Logica stringente della "pendolarità voluta". 3)
L'ASSISTENZA OSPEDALIERA. L'ANIC ha predisposto nell'interno dello stabilimento
un'infermeria. Gli ospedali più prossimi sono a Macomer (35 km) e Nuoro (35 km). L'unica
considerazione che ci è possibile fare è che chiamare assassini questi padroni è
poco: sono dei "luridi"
assassini. 4) LA MANCANZA DI INFRASTRUTTURE, prima fra tutte la scuola, e soprattutto
l'assenza delle
intenzioni per la loro realizzazione, si rifletterà inevitabilmente in maniera negativa nella
già pessima
situazione sociale delle popolazioni sarde.
Le prime lotte
Tutti questi problemi, che coinvolgono direttamente sia le grosse aziende ENI-MONTEDISON sia
lo
Stato con le sue escrescenze appendicolari, mettono in evidenza il processo di sviluppo in senso
oligopolico dell'economia, che segue le ben individuate strade intraprese dalla generazione dei
tecno-burocrati. Si manifesta apertamente infatti, anche nel caso di Ottana, la tendenza del grande
capitale ad appropriarsi
di tutti i poteri effettivi attraverso un esercizio di supplenza che gli è concesso dalle istanze
rappresentative locali per mezzo della delega delle competenze; e lo strumento principale che permette
alle grandi imprese questa totalitaria presa di potere è fornito dal problema ecologico. In
sostanza, dietro il paravento dell'ecologia e con la copertura dei problemi collegati alla conservazione
dell'assetto naturale originario, l'ENI vuole permettersi di fare in tutto e per tutto i comodacci
suoi. Ma le popolazioni sarde non possono, non devono lasciarsi incatenare dalla forza tentacolare
dei colossi
dello sfruttamento. Le prime indicazioni che vengono dalle lotte che già sono state condotte
dai lavoratori di Ottana sono
tutte positive e lasciano prevedere che per i padroni non sarà vita facile; la grande tradizione
battagliera
dei sardi non s'è assopita. E il possente torreggiare dei nuraghi non si lascia minimamente
spaventare dall'esile e mingherlino
svettare di due ciminiere.
M. M.
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