Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 165
giugno 1989


Rivista Anarchica Online

Traumatico Perù
di Fausta Bizzozzero

A colloquio con Maria Pia Dradi, di ritorno dal Perù dove è stata per conto dell'Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo. Fame, miseria, terrorismo, repressione statale, narcotraffico. La mobilitazione di base trova nuovi canali , contro i mali di sempre. Il ruolo decisivo delle donne.

Ci sono persone, tra i tanti incontri della vita, che lasciano un segno, e ci sono persone - la maggior parte - che non ne lasciano affatto e diventano ombre sfocate nei nostri ricordi. Mi sono chiesta spesso quali fossero gli elementi, gli ingredienti, che mettono in azione questo strano procedimento chimico nel nostro cervello e credo di averne identificato almeno uno (perlomeno per quanto mi riguarda): la passione. Credo cioè che essenzialmente solo le persone capaci di grandi passioni - nel bene o nel male e al di là di vari tipi di affinità - riescano ad interessarmi, ad incuriosirmi, a stimolarmi. Insomma a lasciare un segno nella mia vita. Tali passioni possono essere le più diverse, non è tanto l'oggetto che conta, quanto lo stato d'animo, la capacità di darsi completamente, senza riserve a una causa, a un'idea, a un interesse, a non so cosa. Di persone così, in questo nostro povero mondo appiattito e grigio, popolato di zombie di tutti i tipi, ce ne sono pochissime, ahimè. Una di queste è Maria Pia Dradi. L'ho incontrata sulle pagine di questa stessa rivista un anno fa, nel corso di un'intervista in cui ci ha raccontato la sua esperienza di lavoro nell'Amazzonia peruviana (ma allora di Amazzonia non si parlava ancora...) con la tribù Chacahuita (cfr. "A" 155).
La reincontro ora, con la stessa identica "grinta", di ritorno da un viaggio in Perù per un lavoro che gli è stato assegnato dall'Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo. Tale associazione - l'unica in Italia nel campo della cooperazione che si occupi del problema a livello specificamente femminile - ha messo a punto una ricerca sulla condizione della donna in 10 paesi del mondo (in Asia, Africa e America Latina); nel continente latinoamericano la ricerca riguarda Colombia e Perù e Maria Pia, ovviamente, si è occupata di quest'ultimo.
Ma prima di entrare nel merito del suo lavoro e della ricerca le chiedo un quadro della situazione sociale-economica-politica del Perù, le chiedo le sue impressioni dopo un anno e mezzo di assenza.

L'impatto è stato traumatico. Nei primi dieci giorni non sapevo dov'ero, non riuscivo a riconoscere il Perù che avevo lasciato. La situazione da un punto di vista politico-economico è realmente tragica. Il governo attuale del partito aprista (di tendenza socialdemocratica) guidato da Alan Garcia ha fallito gli obiettivi fondamentali che si era dato al momento della sua costituzione nel 1985: da un lato il miglioramento reale delle condizioni di vita degli strati più disagiati della popolazione, settori rurali soprattutto, e dall'altro la pacificazione del paese. Dal 1980, come è noto, è in azione il gruppo armato Sendero Luminoso (marxista-leninista-maoista, ma a mio avviso con simpatie molto forti per l'esperienza polpotiana) che dopo una fase di azioni dimostrative è passato all'attacco fisico non solo dei rappresentanti dello stato o della destra ma anche di esponenti della "Sinistra Unita". Sendero Luminoso è nato nella Sierra, inizialmente ha avuto un grosso appoggio da parte dei contadini che poi è scemato in quanto la politica di Sendero Luminoso è feroce anche nei confronti di queste popolazioni, li sta obbligando a produrre solo per la loro sussistenza e sopprime fisicamente chi non accetta le sue direttive. Circola anche la voce che S.L. stia arruolando con la forza gli adolescenti campesinos.
La risposta governativa a tutto questo, fin dall'inizio degli anni '80, è stata molto violenta e l'esercito ha cominciato a fare razzie nella sierra da un lato cercando di eliminare i "sovversivi" e dall'altro attaccando anche le popolazioni con l'accusa di appoggiare o di far parte di S.L.. Nel 1983, forse ricorderai l'assassinio di 8 giornalisti in un villaggio sperduto a 4.000 metri sulle Ande peruviane: all'inizio si voleva incolpare la popolazione indigena ma poi, anche se la cosa non è mai stata provata, si è saputo che i responsabili erano questi reparti speciali dell'esercito (fra l'altro addestrati dagli americani).
Quando Alan Garcia va al potere nel 1985 si propone di pacificare il paese attraverso l'unica strada percorribile, cioè quella delle riforme sociali ed economiche, poiché la rivolta ha come base la discriminazione razziale, sociale ed economica che queste popolazioni vivono dall'epoca della conquista.
Questi buoni propositi sono durati un paio d'anni durante i quali effettivamente l'intervento dell'esercito è diminuito, ma poi, a metà dello scorso anno, la crisi economica - endemica per il Perù come per tutti i paesi del Sud America - è esplosa e Garcia si è trovato senza riserve valutarie.
È stata la catastrofe, in un certo senso la resa dei conti di una politica che aveva cercato di sanare un'economia disastrata con misure politico-sociali che forse non hanno trovato l'appoggio necessario.
A questo punto il governo ha attuato misure restrittive togliendo i sussidi ai prezzi dei beni di prima necessità che precedentemente erano tenuti sotto controllo, l'inflazione è esplosa, il dollaro è andato alle stelle (l'inflazione ha raggiunto nel corso dell'88 il 1700 per cento e quest'anno si dice che potrebbe raggiungere il 28/30.000 per cento). I salari sono stati ovviamente svalutati e la crisi ha colpito non solo gli strati da sempre al di sotto del minimo vitale ma anche la piccola e media borghesia, molte industrie hanno chiuso, la disoccupazione è aumentata e nelle zone rurali, ad esempio della Sierra, i contadini si sono ritrovati senza acquirenti della loro produzione agricola perché fino a quel momento gli acquirenti erano gli uffici locali dello stato e gli uffici erano chiusi. Quintali e quintali di prodotti agricoli sono marciti e, come conseguenza, i contadini non sono stati più in grado di pagare quei crediti che la Banca Agraria aveva loro concesso proprio in seguito a una certa politica del governo di Alan Garcia.
Mi raccontava un amico che lavora nel campo della cooperazione nel trapezio andino - che è la zona più povera della Sierra - di aver visto scene di disperazione di questi contadini perché da un lato non hanno avuto più introiti non potendo vendere i loro prodotti, dall'altro i funzionari della banca continuavano a richiedere loro i pagamenti. A questo punto è intervenuto Sendero Luminoso dando la garanzia ai contadini che non sarebbero più stati disturbati dai rappresentanti della Banca. Ovviamente perché venivano fatti fuori. È evidente che in una situazione di tale gravità, di tale disperazione, anche una linea a mio avviso esasperata e suicida per l'intero paese riscuote consenso perché è l'ultima speranza, e anche se non è un consenso vero, un'adesione, è comunque un consenso tacito. E infatti Sendero Luminoso è cresciuto moltissimo nell'ultimo anno e attualmente sembra che riesca a controllare direttamente o indirettamente il 70-80% della Sierra peruviana.
La risposta del governo è stata repressione violenta: sono quasi quotidiane le scoperte di fosse comuni e a metà dell'anno scorso è apparso un gruppo che si denomina comando Rodrigo Franco (un aprista ammazzato in una strana faida pare all'interno dello stesso partito di governo) che ha cominciato ad uccidere esponenti della sinistra e delle forze sindacali. Si tratta di un gruppo paramilitare paragonabile agli Squadroni della morte argentini, a cui sembra non siano estranei elementi dello stesso governo e che ha già al suo attivo la morte di avvocati di sinistra (anche avvocati che difendevano Sendero Luminoso); nel gennaio-febbraio di quest'anno, nel periodo in cui sono rimasta in Perù, si sono verificate alcune morti che potrebbero essere imputate a S.L., ma in realtà sono dubbie persino per la stessa polizia , tra cui quella di Saul Cantoral, presidente della Federazione dei minatori - che era reduce da una lunga battaglia per il rispetto del contratto di lavoro, - e di Consuelo Garcia, direttrice del Centro Filomena Tomaira Pacsi, un centro che lavorava dal 1985 con le donne e i bambini dei minatori.
Per dare un'idea della misura del fenomeno repressivo basti dire che secondo le fonti di Amnesty International, della Commissione per i diritti umani del Perù e di un dossier del deputato Bernales il numero dei detenuti desaparecidos sarebbe di oltre 2.000.
Ecco, questa è la situazione. Una situazione estremamente incerta e terribile, in cui nessuno può dire cosa succederà nel prossimo anno. Il mandato di Alan Garcia scade appunto nell'aprile prossimo e a novembre dovrebbero esserci le elezioni amministrative e addirittura le prime elezioni per la formazione dei governi regionali. Questo elemento della regionalizzazione potrebbe essere estremamente positivo in una situazione di pace perché porterebbe finalmente al decentramento e al superamento di quel centralismo esasperato che è stato causa di tanti mali, ma nel contesto attuale non si sa neppure se si riuscirà ad andare alle elezioni!

Come si fa pesante il cuore di fronte a tanta sofferenza, a tanta inimmaginabile inaudita violenza che a fasi alterne ha segnato l'esistenza di questo paese (ma anche degli altri latinoamericani) dalla conquista in poi. Le immagini di Saul Cantoral e di Consuelo Garcia, sequestrati in pieno giorno a Lima e ritrovati cadaveri alle undici della sera, sono qui davanti agli occhi, come quelle dei campesinos costretti a cercare di sopravvivere - neppure di vivere - destreggiandosi tra la presenza dell'esercito, delle squadre speciali e di Sendero Luminoso. Una conseguenza è la fuga dalle campagne verso la città: come dimostrano i dati raccolti da Maria Pia per cui nel 1940 la popolazione rurale costituiva il 65% mentre ora costituisce il 35% rispetto alla popolazione urbana. Quando questa gente potrà aspirare a vivere, ad autodeterminarsi?
Chiedo a Maria Pia di raccontarci i risultati della sua ricerca sulle donne e le sue impressioni nel periodo passato in Perù. So che la sua ricerca ha toccato soprattutto le città, sia perché lo stato di "guerra" interna diffusa rendeva sconsigliabile avventurarsi altrove, sia perché recentemente anche i membri della cooperazione sono diventati bersagli della violenza di Sendero Luminoso, che ha infatti assassinato una coppia di francesi che lavorava per una o.n.g. (organizzazione non governativa di cooperazione), poiché ritiene che gli interventi cooperativi internazionali siano la ciliegina dell'imperialismo occidentale e come tali vadano attaccati.
Sendero Luminoso, infatti, mi dice Maria Pia, ha la pretesa di costituire l'unica alternativa reale ad una situazione di dominio e di dipendenza dal capitalismo internazionale, l'unica soluzione per tutti e soprattutto per le popolazioni indigene e la cooperazione internazionale è attaccata perché è vista come una nuova forma di colonialismo.

Per tutti questi motivi mi aspettavo di trovare una situazione di minore attività tra le organizzazioni di base e invece sono rimasta esterrefatta nel vedere come le donne siano veramente i pilastri, i veri attori sociali in questo momento di gravissima crisi economica e sociale del paese. Ti faccio l'esempio dei pueblos jovines di Lima. Lima è circondata da una fascia di quartieri di baracche (quelle che in Brasile vengono chiamate favelas) e le donne di questi quartieri - alcuni dei quali hanno già più di dieci anni di vita - si sono organizzate e loro stesse stanno prendendo in mano quelle attività che prima venivano promosse dalle o.n.g.. Fino ad ora le o.n.g. hanno sempre avuto la funzione di intermediari fra la fonte di finanziamento che è esterna (viene dall'Europa o dagli Stati Uniti) e l'attuazione dei progetti di sviluppo. Ecco, ora invece e sempre di più sono gli stessi peruviani/e a voler gestire in prima persona questi progetti che si inseriscono in un quadro di sviluppo inteso in senso lato: ottenere il cambiamento radicale attraverso una via di organizzazione, di presa di coscienza, di movimenti di massa, di partecipazione di base. E tutto questo non è funzionale alla linea di Sendero Luminoso, ovviamente, che vuole la direzione di ogni cosa.
Le organizzazioni di base delle donne sono i veri attori sociali perché sono loro che si sono assunte sulle spalle il peso della crisi economica, hanno organizzato le mense collettive nei vari quartieri che danno da mangiare a 100/200 famiglie due volte al giorno a prezzi bassissimi in una situazione in cui si muore di fame, e si occupano di tutti i problemi concreti legati all'esistenza in questi pueblos jovines: problemi ambientali, igienici, luce, acqua, ecc... È una vera attività popolare in cui la base stessa si auto-organizza.
Ho intervistato la dirigente della "Federacion de Mujeres" del "pueblo jovin" più importante di Lima sia per il numero dei suoi abitanti (circa 400.000, quindi l'equivalente di una città vera e propria), sia perché nei suoi 77 anni di vita ha svolto molte lotte di cui si è parlato anche a livello internazionale, sia perché la "Sinistra Unita" vi riscuote molti consensi.
Questa donna - una donna del popolo che da anni svolge questa attività e quindi è cresciuta molto come persona - mi diceva: "Sai qui gli uomini perdono il lavoro, arrivano a casa, vanno a bere quei due soldi che sono rimasti e poi ci tornano a casa ubriachi, per cui se noi non facciamo qualcosa moriamo di fame noi, i nostri figli e tutti gli altri!". E infatti io ho visto da parte maschile, pur senza voler generalizzare, un grosso disagio psichico provocato dal trovarsi in una situazione senza vie d'uscita.
Queste donne hanno quindi preso su di sé una grossa responsabilità e, come dicevo prima, hanno costituito queste mense collettive, hanno creato delle strutture di confederazione delle varie mense di quartiere e hanno presentato delle proposte al governo per gestire loro gli aiuti alimentari internazionali. Il Perù infatti ha chiesto degli aiuti alimentari e l'Italia è stato l'unico paese ad accettare (forse perché abbiamo la coscienza sporca per altre cose) mentre gli altri paesi hanno condizionato i loro possibili aiuti ad un cambiamento della politica peruviana.
L'Italia ha accettato di inviare aiuti una sola volta ed io ho saputo che queste organizzazioni di donne sono gli interlocutori privilegiati, vale a dire che gli aiuti passeranno anche attraverso i canali istituzionali governativi peruviani ma queste organizzazioni popolari di donne sono state riconosciute come quelle in grado di dare la garanzia che questi aiuti arriveranno effettivamente a chi ne ha bisogno e non finiranno, come normalmente accade, nelle tasche di questo o di quello.
Di solito si parla molto poco del Perù e non si parla per niente di questa presenza significativa delle donne che per importanza numerica e per il peso delle attività volte - come sempre del resto - al benessere di tutto il gruppo sociale, trascende, come fenomeno, il discorso specificamente femminile.

Mi domando e le domando quale sia la situazione della selva amazzonica in tutto questo disastro generale, rispetto al problema della terra (invasioni di coloni, titoli di proprietà, ecc.), alla crisi economica, a Sendero Luminoso e alla presenza dell'esercito.

Fino ad un anno fa la situazione era relativamente tranquilla a parte la zona della selva central dove si era già manifestato un clima di violenza in quanto è la zona più vicina alla costa con strade che permettono maggiori possibilità di spostamento. Ma dall'anno scorso Sendero Luminoso è riuscito a passare anche in altre zone di selva pare - e lo sottolineo perché è praticamente impossibile avere delle prove precise - con l'aiuto e l'avallo dei narco-trafficanti.
L'unica zona che rimane ancora abbastanza libera è il dipartimento di Loreto, cioè la zona del Rio delle Amazzoni, dove non c'è presenza senderista e quindi, di conseguenza neppure dell'esercito, sebbene ad Iquitos (capitale dall'Amazzonia situata in questo dipartimento) ci siano già dei nuclei. Proprio nei mesi in cui sono rimasta a Lima ci sono stati momenti di grossa tensione in occasione di scioperi di contadini - indigeni o meticci dell'Amazzonia produttori soprattutto di riso – dovuti al mancato acquisto da parte dello stato dei loro prodotti. Ci sono stati scioperi molto prolungati con grosse manifestazioni e c'è stato all'inizio di febbraio l'intervento pesantissimo dell'esercito e della polizia a Pucalpa (capoluogo di dipartimento) che hanno sparato su una folla disarmata di produttori di riso uccidendo molte persone. Altri fatti simili si sono verificati in altre piccole città dell'Amazzonia.
Inoltre c'è il discorso del narcotraffico. L'attuale governo si era impegnato in una campagna contro i narco-trafficanti ma senza molti effetti. Il narcotraffico è organizzatissimo, ha una flotta aerea che neppure lo stato possiede, ha delle basi logistiche, ha degli appoggi internazionali enormi per cui è molto difficile riuscire a smantellarlo con delle semplici azioni militari. Attualmente poi c'è chi sostiene che l'economia peruviana è retta dai dollari del narco-traffico, sul mercato sono stati riversati milioni e milioni di dollari, la politica di controllo del dollaro è fallita completamente e adesso, a qualsiasi ora del giorno e della notte si possono trovare per le strade di Lima i "cambisti", in genere giovani studenti, che si sono creati un nuovo lavoro e ti cambiano i dollari. Quindi da un lato il narco-traffico "puntella" l'economia peruviana e dall'altro, sembra, "puntella" la guerriglia con una strategia che è del tutto funzionale alle sue esigenze: maggiore sfascio c'è e maggiori sono le possibilità di combinare i suoi sporchi affari. Sembra anche che sia cambiato l'atteggiamento di Sendero Luminoso, a livello teorico, rispetto al problema della coca, per cui non impedirebbe più ai contadini di coltivarla - pur ritenendola uno strumento del capitale internazionale - poiché darebbe ai contadini maggiori possibilità di sopravvivenza rispetto ad altri prodotti agricoli.
Per quanto riguarda il problema della terra esiste una legge, del 1974, che poneva le basi per il riconoscimento del diritto di proprietà delle popolazioni indigene sui loro territori, ma a tutt'oggi moltissime comunità indigene non sono riuscite ad ottenere questi titoli di proprietà e ci sono continui conflitti con commercianti, proprietari terrieri, con coloro che sfruttano il legname e la fauna ittica dei fiumi invadendo territori indios in modo occulto. Il problema è quindi aperto. Questo per quanto riguardala zona dove io ho vissuto, mentre nella "selva central", più vicina a Lima e alla costa la situazione è ancora peggiore in quanto c'è il conflitto fra i coloni - contadini poveri della costa che si sono trasferiti nella selva spinti anche dalla propaganda governativa precedente a Alan Garcia secondo la quale l'Amazzonia è un territorio immenso da colonizzare le cui risorse sono inesauribili! - e gli indios. Si tratta, in molti casi, di una guerra fra poveri, di difficile soluzione. Negli ultimi tempi le organizzazioni indigene a livello nazionale stanno portando avanti con forza questa rivendicazione dell'applicazione della legge e del riconoscimento non solo dei diritti di proprietà delle terre ma anche del diritto di usare le risorse naturali in quanto gli unici a garantire un uso corretto di tali risorse possono essere solo loro, visto che solo loro conoscono da millenni il fragilissimo ecosistema della selva, in cui hanno sempre vissuto.
Per quanto riguarda la sierra sono state promulgate nel 1987 due leggi per le comunità indigene delle Ande: una sulla assegnazione dei titoli di proprietà - rispettando la forma comunitaria, cioè la terra viene data alla comunità, non ai singoli - che cerca di regolarizzare una situazione di conflitti che si trascinava da tempo; l'altra è una legge generale delle comunità contadine che stabilisce l'importanza della cultura indigena e quindi anche il fatto che ogni comunità si organizzi secondo le proprie modalità.
È, o potrebbe essere, l'inizio del riconoscimento di una certa autonomia, pur all'interno di un quadro generale dello stato peruviano. Ma nello stesso tempo lo stato ha introdotto una serie di novità, di modernizzazioni che sono in conflitto con l'economia nativa e che non possono essere acquisite in modo indolore, come ad esempio l'introduzione del concetto di "impresa comunale", che però presuppone il rispetto della logica dell'economia di mercato e quindi cozza contro il sistema di produzione collettivo ed egualitario delle comunità indigene. Quindi da un lato lo stato riconosce l'importanza di queste culture ma dall'altro cerca di trasformarle secondo criteri "occidentali" e di omologarle.
Malgrado tutto, comunque, nel panorama latinoamericano, da un punto di vista legislativo le leggi peruviane sulle comunità indigene sono forse le più avanzate, ma i problemi nascono soprattutto nella applicazione di tali leggi - che spesso, come sempre, non sono sufficientemente chiare - per cui i contadini, i comuneros, non sanno come fare per ottenere praticamente ciò che la legge gli riconosce in teoria.
Per questo uno dei compiti che svolgono le o.n.g. è proprio quello di dare assistenza legale alle comunità indigene per aiutarle ad ottenere che vengano rispettati i loro diritti.

Sull'onda del convegno di Altamira - che ha visto riunite moltissime federazioni indigene - si è fatto un gran parlare dell'Amazzonia e per la prima volta i mass-media hanno dato grande risalto alle tematiche ambientali ad essa collegate. Cosa pensi di questo improvviso interesse?

In linea di massima sono contenta che se ne parli, anche se mi sembra che si parli più del problema degli alberi della foresta che non degli individui che vivono lì, mentre in realtà i due problemi sono inscindibilmente legati. Una cosa positiva è stata la possibilità di incontrarsi di tutte le federazioni indigene che ha costituito un livello organizzativo superiore a quelli preesistenti permettendo scambi e confronti sicuramente utilissimi. Mi chiedo però se tutto questo gran clamore - pur giustissimo - non sia servito anche a stornare l'attenzione da problemi ambientali ecologici nostri, il nostro mare e i nostri fiumi in condizioni allucinanti, l'acqua che beviamo, ecc...
Inoltre ci sono da considerare le reazioni della sinistra brasiliana, molto condivise in tutto il Sud America, di fronte alla presa di posizione dei movimenti ecologisti europei e alla decisione del Fondo Monetario Internazionale di bloccare i crediti al Brasile; ci si accusa di voler attuare una nuova forma di colonialismo, ci si dice che non possiamo, noi occidentali, dopo aver rovinato l'intero pianeta, dire loro cosa debbono fare, che sono proprio le grandi multinazionali ad aver rovinato, direttamente o indirettamente, anche l'Amazzonia e che non si può non tenere conto della situazione di milioni e milioni di persone (come i siringueiros) che vivono, anch'essi, in Amazzonia. Ora, io credo che la situazione sia molto complessa e che la ragione o le ragioni non siano, come sempre, solo da una parte, ma che sia necessario tener presente le molteplici esigenze in gioco. Bisognerebbe invece rimuovere le cause, ai vari livelli, dai più alti ai più bassi, che hanno portato a questa situazione e che si possono ricondurre al modello di sviluppo occidentale.
Se non si rimette in discussione questo modello di sviluppo e non si sceglie una strada totalmente "altra" nessun tipo di soluzione vera è possibile a questi enormi problemi, ma è difficile immaginare una tale eventualità visto che i paesi del terzo mondo stanno rincorrendo proprio quel modello e vogliono ripercorrere le stesse strade già percorse da noi, e visto anche che nel mondo occidentale nessuno sembra avere la minima intenzione di invertire la rotta.

Non c'è molto da aggiungere poiché sono completamente d'accordo con la sua analisi. È arrivato il momento di salutarci, ciascuna di noi correndo contro il tempo, come sempre. Tra pochi mesi partirà per una nuova destinazione e per un nuovo incarico ai confini tra Cile e Terra del Fuoco dove lavorerà con la tribù Mapuche. Buon lavoro, Maria Pia.