Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 165
giugno 1989


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Critica della ragione turistica

"Nella vita, sii sempre turista", soleva dirmi il mio vecchio Maestro, intendendo dissuadermi da un "impegno" in cose e persone che a più che frustrazioni e delusioni non mi avrebbe portato. Non avendogli mai dato ascolto, mi son ritrovato a mio agio, dunque, ne Il turista per caso di Lawrence Kasdan: film dall'architettura sobria e rigorosa, ben giocato da interpreti conniventi (William Hurt, già diretto da Kasdan sia in Brivido caldo, 1981, che in Il grande freddo, 1983; Kathleen Turner, partner di Hurt in Brivido caldo; e Geena Davis, per citare solo i più noti) e impreziosito tanto dall'intelligenza dell'argomentazione quanto dal tono mesto e riflessivo dei dialoghi.
Del turismo se ne può parlare, metaforicamente, come di un atteggiamento autoproduttivo: girando di qua e di là, cambiando spesso, il gradiente della partecipazione non giungerà mai oltre soglie pericolose. Il turista guarda, capisce (se capisce), forse ammira, forse depreca, ma non gli è dato il tempo per esprimersi appieno e per rendere propri entusiasmi e travagli altrui.
Ed è a questa natura pavida e guardinga del turista che pensa Kasdan per disegnarci il suo protagonista: un uomo in difesa, cui il caso - quello stesso che lo ha reso turista - porta via irrimediabilmente il figlio ed il matrimonio da cui era nato: uno scrittore di manuali turistici per gente che ama più la propria poltrona degli imprevisti dietro l'angolo; forse l'eterno indeciso che subisce gli eventi e non sceglie mai, almeno fino a quando non si accorgerà che "la vita non si può pianificare come un viaggio d'affari", perché "le cose capitano".
E, fra queste cose che "capitano" c'è l'amore: quello per il quale una scelta va finalmente fatta, quello per il quale si sacrifica la propria comoda meschinità e si decide - in piena coscienza di una volontà comune - di partecipare. Ad un tratto, allora, via il distacco ed ecco cose e persone come prosecuzione di sé. Chi ama, non è più turista: al caso si sostituisce la scelta, alla maschera protettiva si sostituisce la spontaneità nonostante possa lasciar trasparire i segni del tempo; e Kasdan ha la finezza di chiudere il film sul primo sorriso aperto e gioioso del suo protagonista. Narratore commosso e tuttavia equilibrato nell'analisi, Kasdan sa qui approfondire i temi della sua ispirazione che già con Il grande freddo - l'amicizia al vaglio della maturità, la sterilita dei luoghi comuni e delle convenienze sociali, l'angoscia sotto la chiacchiera, il vuoto sotto l'ideologia - l'hanno segnalato alla nostra affettuosa attenzione come uno dei pochi registi americani che ha qualcosa da dire e sa come dirlo. Lo stesso Silverado (1985), formalmente western e dunque stretto dalla logica del film di genere, gli va ascritto a merito insigne come variazione divertita e spettacolare nel tramonto di una mitologia cinematografica; come il Brivido caldo del suo debutto che, in bilico sul "nero", evidenzia la sagacia dell'investigatore d'anime ad ogni sequenza: le rade tappe di un percorso mai scontato e mai banale, un percorso che, se ha condotto fino a questo Turista per caso, può promettere altri appuntamenti cui non mancare.
Dirlo oggi - quando registi appena dichiarati "abili" si svendono alla prima richiesta del mercato e quando si moltiplicano i "remake" per insipienza narrativa-, dirlo di più di una dozzina di registi non è facile.