Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 164
maggio 1989


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Vittima di contraffazione

Per lo spettatore incallito e fiducioso sta sempre più diventando problematico sfuggire a quelli che io continuo a chiamare "provini" e che altri li chiamino come pare loro. Intanto c'è un aspetto di quantità: i provini non sono più correlati strettamente al luogo sacro della sala cinematografica, ma scorrazzano più o meno liberamente di canale televisivo in canale televisivo, ormai a tutte le ore.
Per la soluzione finale della nota guerra del cinema contro la tv, il cinema ha scelto di "erodere il sistema dall'interno", sborsando quattrini alla tv per farsi pubblicità. Tattica che neppure si può più dire suicida, dal momento che di giorno in giorno sempre meno si riesce a distinguere fra padroni del cinema e padroni della tv. Comunque, soprattutto, c'è un problema di qualità. Sia che tu stia davanti alla tv, sia che tu stia al cinema, vieni investito da provini catastroficamente congegnati . Sembrerebbero rispondenti allo scopo di evitarti qualsiasi tipo di sorprese; praticamente ti dicono tutto, come inizia, cosa succede e come va a finire. Alla fine, del film che ti vorrebbero invogliare ad andare a vedere, sai già tutto: anche se ti piace o no. Autolesionismo? Il discorso si farebbe lungo ma non sta qui, a mio avviso, la spiegazione.
Non è solo al cinema che le cose vanno così: non c'è giornale di regime che non ti racconti la trama dei film che "vedrai", o la trama dei libri che "leggerai" - perfino di quelli che non sono ancora stati scritti -, o le parole delle canzoni che "ascolterai", o via anticipando, secondo il principio che alla società tutta è bene somministrare analgesici, risparmiandole ogni incontro con la creatività. La logica è la stessa dei tanti canali distributivi di droghe: ridurre ebeti, garantiti spettatori passivi di una storia "già nota".
Poi - a fianco dei provini che scemamente ti snocciolano tutto - ci sono i provini astutamente contraffatti. Toccano a film non baciati in fronte dal quattrino, a film con attori sconosciuti, a film diretti da semidebuttanti o stranieri di terre ai confini del grande impero cinematografico. Sono provini di un film già massacrato in partenza dal distributore, che non ci crede, che non sa neppure bene perché l'ha comprato, che pensa "inadatto al mercato italiano", a seconda della protervia che lo anima e dello sbrigativo schematismo in cui relega quella "gente" che dovrebbe poi trasformarsi in spettatori. Nella gretta e meschina logica dei distributori, viene dunque segnato il destino di quei film ritenuti "troppo intelligenti per il grande pubblico".
È il caso - per fare un esempio recente e umiliante - di Navigator di Vincent Ward, film cui è stato affibbiato lo stereotipizzante sottotitolo di Un'odissea nel tempo, e per il quale è stato confezionato un provino fra i più deliranti a mia memoria. Tra provino e sottotitolo, infatti, chiunque penserebbe di trovarsi di fronte all'ennesimo film sulla macchina del tempo o su qualche occulta fatalità che favorisce un gruppo di pastori del 1300 fino a scodellarli in mezzo agli anni ottanta, onde scongiurare, tramite il solito "compito difficile", il corso degli eventi loro (nella fattispecie, la peste).
Uno dunque penserebbe di cavarsela con un po' di "fantastico" e qualche cosiddetto "effetto speciale" ormai stravisto (e diventato "effetto normale"): mai e poi mai, dal provino, darebbe una lira a questo Navigator. Che, invece, è un ottimo film, una prova d'autore stilisticamente rimarchevole, nonché testo calibrato, ideologicamente solido e ben lontano dagli ottimismi di quel genere cui, contraffacendolo, avrebbero voluto assimilarlo.
Fra splendidi esercizi figurativi - giocati spesso in un bianco ed in un nero analizzati in ricche gradazioni - si viene a sapere che non c'è alcun viaggio nel tempo, ma c'è semplicemente e realisticamente il sogno di Griffin, un ragazzino che "sente" qualcosina più del normale sentire nel momento in cui suo fratello torna alla comunità con l'atroce annuncio della peste. Ci sarà il terrore, la rassegnazione, la preghiera e la missione salvifica leggendaria, ma ci sarà soprattutto il sogno di Griffin che libererà tutti. Tutti meno uno, che, nel sogno, rimane invisibile. E nel tripudio festoso della conclusione, quando nella rappresentazione popolare la peste è finalmente un nemico sconfitto, Griffin capisce che il contaminato è proprio l'osservatore, perché non c'è scampo in nessun sogno e perché il contagio gliel'ha trasmesso proprio suo fratello.
Grazie alla pubblicità, per poco non me lo perdevo; e grazie alla pubblicità, tanti se lo saranno perso. Inseguitelo: quando si farà una antologia delle metafore cinematografiche dell'Aids e quando si vorranno vedere le cose in tutto il loro tragico orrore, andrà ricordato.