Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 162
marzo 1989


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

Fru Aut

Che dire del monolitico album d'esordio del FRU AUT? Al solito, viene spontaneo ricorrere ai paragoni. La memoria, stavolta, deve percorrere molta, molta strada all'indietro, e tornare alle alchimie oscure e pesanti dei francesi Magma, o dei tedeschi Amon Duul (ve li ricordate davvero? È passato così tanto tempo...)
In Italia? Ora, nel 1989?
Bene, i Fru Aut non hanno proprio nulla a che vedere con le tendenze filo-anglosassoni, né con le ossessioni di modernismo-a-tutti-i-costi proprie di tanta musica contemporanea nostrana. E le somiglianze, allora? Sottili. E il rock di tendenza? È uno sconosciuto. I Fru Aut filo-europei? Mah...
I cinque si muovono nel territorio geografico musicale con estrema disinvoltura. Citano, con un pizzico di autocompiacimento sornione, l'umana irrazionalità di Adolf Hitler, eppure erano sinceramente innamorati dell'Est ancor prima che degli sciagurati CCCP si occupassero i punk emiliani, le fanzine ed i giornalisti dell'Espresso.
Dell'Estremo Oriente usano la tecnologia, mentre dell'Occidente vivono le contraddizioni. Le loro suggestioni armoniche celebrano la luce fredda del grande Nord, mentre in molte pieghe dei testi e nello stile del cantato (oltre che in bella mostra sulla copertina) ritroviamo la passione, la sensualità ed il calore del Sud.
Una mescolanza di amori ed aromi (e l'anagramma capita proprio a proposito) quanto mai particolare, che trova in questo disco una dimensione compatta.
Uno spessore, consistenza. Un disco suonato con gusto "settantino", ma con più di un ponte gettato verso la sponda del prossimo secolo.
Un album realizzato con budget piuttosto basso, con tante idee, testardaggine e incoscienza a non finire.

Plasticost

Dopo due mini-prove discografiche (delle quali vi ho già parlato su queste pagine) e qualche demo-tape, ecco "Pesce naso", il primo vero long-playing dei PLASTICOST.
Data la maggiore quantità di materiale pubblicato, è più facile rendersi conto delle reali proposte ed intenzioni di questa formazione, attiva da molti anni nei sotterranei della nuova musica italiana.
La metamorfosi dei Plasticost è lenta e per certi versi misteriosa. Le citazioni fumose e le atmosfere decadenti ed appiccicose degli esordi si sono trasformate dapprima in uno sberleffo sguaiato, per poi rarefarsi lasciando spazio ad un certo istrionismo falso-popolare rigato di pazzia.
In questo senso le canzoni ora sembrano, più che esercizi di follia creativa, caricature sinistre della musica leggera nazionale.
In "Pesce naso" si sono fusi i generi musicali più diversi, in uno stridore di stili e sonorità: vi si possono ritrovare fotocopie sbiadite di Renato Zero e frammenti dello scheletro di David Byrne, tracce dei cantautori impegnati e la zampata di Roberto "Freak" Antoni e dei mitici Skiantos, cori alpini e quartetti d'archi, sintetizzatori teutonici e melodie pseudo-sanremesi. I testi sono ancora astrusi e rumorosi come poesie futuriste.
Anche la copertina del disco non è da meno: viscida, curiosa, quasi olezzante.
Dal vivo il gruppo è affascinante, coraggioso, temerario, sconclusionato, buffo, recalcitrante a qualsiasi definizione, moda e tendenza. Alle nuove composizioni sono affiancate rivisitazioni del repertorio meno recente, soffuse di provocante autocelebrazione, e addirittura una cover autolesionistica della leggendaria "So you want to be a rock'n'roll star" dei Birds.
In concerto, su disco, in videocassetta: da amare alla follia, come un giocattolo diabolico che si ribella e s'anima d'improvviso. Da ascoltare con attenzione, senza lasciarsi sedurre. Diversamente, quest'album e questo gruppo saranno per voi un incubo.
"Pesce naso", così come il disco dei Fru Aut, sono facilmente reperibili nei negozi che trattano produzioni indipendenti nazionali.