Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)
Fru Aut
Che dire del monolitico album
d'esordio del FRU AUT? Al solito, viene spontaneo ricorrere ai
paragoni. La memoria, stavolta, deve percorrere molta, molta strada
all'indietro, e tornare alle alchimie oscure e pesanti dei francesi
Magma, o dei tedeschi Amon Duul (ve li ricordate davvero? È passato
così tanto tempo...)
In Italia? Ora, nel 1989?
Bene, i Fru Aut non hanno proprio nulla
a che vedere con le tendenze filo-anglosassoni, né con le
ossessioni di modernismo-a-tutti-i-costi proprie di tanta musica
contemporanea nostrana. E le somiglianze, allora? Sottili. E il rock
di tendenza? È uno
sconosciuto. I Fru Aut filo-europei? Mah... I cinque si muovono nel territorio
geografico musicale con estrema disinvoltura. Citano, con un pizzico
di autocompiacimento sornione, l'umana irrazionalità di Adolf
Hitler, eppure erano sinceramente innamorati dell'Est ancor prima che
degli sciagurati CCCP si occupassero i punk emiliani, le fanzine ed i
giornalisti dell'Espresso.
Dell'Estremo Oriente usano la
tecnologia, mentre dell'Occidente vivono le contraddizioni. Le loro
suggestioni armoniche celebrano la luce fredda del grande Nord,
mentre in molte pieghe dei testi e nello stile del cantato (oltre che
in bella mostra sulla copertina) ritroviamo la passione, la
sensualità ed il calore del Sud.
Una mescolanza di amori ed aromi (e
l'anagramma capita proprio a proposito) quanto mai particolare, che
trova in questo disco una dimensione compatta.
Uno spessore, consistenza. Un disco
suonato con gusto "settantino", ma con più di un
ponte gettato verso la sponda del prossimo secolo. Un album realizzato con budget
piuttosto basso, con tante idee, testardaggine e incoscienza a non
finire.
Plasticost
Dopo due mini-prove discografiche
(delle quali vi ho già parlato su queste pagine) e qualche
demo-tape, ecco "Pesce naso", il primo vero long-playing
dei PLASTICOST.
Data la maggiore quantità di
materiale pubblicato, è più facile rendersi conto delle
reali proposte ed intenzioni di questa formazione, attiva da molti
anni nei sotterranei della nuova musica italiana.
La metamorfosi dei Plasticost è
lenta e per certi versi misteriosa. Le citazioni fumose e le
atmosfere decadenti ed appiccicose degli esordi si sono trasformate
dapprima in uno sberleffo sguaiato, per poi rarefarsi lasciando
spazio ad un certo istrionismo falso-popolare rigato di pazzia.
In questo senso le canzoni ora
sembrano, più che esercizi di follia creativa, caricature
sinistre della musica leggera nazionale.
In "Pesce naso" si sono fusi
i generi musicali più diversi, in uno stridore di stili e
sonorità: vi si possono ritrovare fotocopie sbiadite di Renato
Zero e frammenti dello scheletro di David Byrne, tracce dei
cantautori impegnati e la zampata di Roberto "Freak" Antoni
e dei mitici Skiantos, cori alpini e quartetti d'archi,
sintetizzatori teutonici e melodie pseudo-sanremesi. I testi sono
ancora astrusi e rumorosi come poesie futuriste. Anche la copertina del disco non è
da meno: viscida, curiosa, quasi olezzante. Dal vivo il gruppo è
affascinante, coraggioso, temerario, sconclusionato, buffo,
recalcitrante a qualsiasi definizione, moda e tendenza. Alle nuove
composizioni sono affiancate rivisitazioni del repertorio meno
recente, soffuse di provocante autocelebrazione, e addirittura una
cover autolesionistica della leggendaria "So you want to be a
rock'n'roll star" dei Birds.
In concerto, su disco, in
videocassetta: da amare alla follia, come un giocattolo diabolico che
si ribella e s'anima d'improvviso. Da ascoltare con attenzione, senza
lasciarsi sedurre. Diversamente, quest'album e questo gruppo saranno
per voi un incubo.
"Pesce naso", così
come il disco dei Fru Aut, sono facilmente reperibili nei negozi che
trattano produzioni indipendenti nazionali.
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