Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 159
novembre 1988


Rivista Anarchica Online

Vi confesso che...

Cari compagni,
vi confesso che non mi è piaciuta troppo la breve nota in calce al mio intervento "A proposito del caso Sofri", a pagina 15 del numero 158 di "A" rivista anarchica.
Non perché m'illuda che tutti siano sempre d'accordo con me, naturalmente (ero il primo a prevedere che molti non lo sarebbero stati), e neanche perché pretenda che chi non è d'accordo con me non lo dica: anche quel pezzo sollecitava il dibattito. Ma una cosa è un dibattito, con degli interventi articolati e (se nulla lo osta) firmati: un'altra è una breve nota redazionale di presa di distanza. Note di questo tipo, tra l'altro, su "A" compaiono molto di rado: anzi, io non me ne ricordo altri casi. È proprio questa rarità che aumenta il valore dell'episodio: me ne fa sentire, se permettete, il significato sottilmente autoritario. Vedete, non voglio sembrare provocatorio, ma voi scrivete, più o meno, che se non foste stati affatto d'accordo con il vostro collaboratore, "francamente", non avreste pubblicato il suo scritto. Invece eravate in disaccordo solo parziale, e l'avete pubblicato. Meglio così, certo, ma l'affermazione è un po' strana.
Significa forse che tutte le volte che pubblicate uno scritto senza chiose siete assolutamente d'accordo con l'autore? E quindi che gli autori devono essere assolutamente d'accordo con voi? lo non me n'ero mai accorto, ma so che una pubblicazione redatta con criteri del genere non mi piacerebbe (mentre "A" ovviamente mi piace) e che, francamente, non vi collaborerei io. Oltretutto sono timido e pochissimo presenzialista, non assillo mai nessuno con i miei contributi e scrivo per pubblicare solo quando sono invitato a farlo.
La questione è meno futile di quanto sembri. Riguarda il senso che annetto alla mia ormai lunga (e fin qui positiva) esperienza di collaborazione con "A". Collaborazione a una rivista che non è espressione di un gruppo, ma è comunque in qualche modo interna al movimento libertario "reale" (se mi scusate l'espressione, che fa pensare a cose punto belle, ma non ne ho trovato un'altra), da parte di uno che ha una storia ideologica e politica abbastanza diversa. Non ho mai nascosto d'aver frascheggiato con il marxismo e d'aver fatto parte, appunto, di gruppi più o meno extraparlamentari: non lo considero contraddittorio con una impostazione libertaria. Supponevo, anzi, che a suo tempo questo po' di diversità l'aveste avuta presente anche voi e condivideste con me l'idea che in essa stesse il bello della faccenda. Una voce in più, non incompatibile, certo, ma un po' sfasata, tanto per arricchire la dialettica (o, se non vi piace l'espressione, per insaporire di più lo stufato).
Ciò non vuol dire essere d'accordo su tutto, ma questo è ovvio. E se è ovvio, mannaggia, perché scriverlo in nota, in una sussiegosissima nota redazionale dall'alto? Non siamo in tutto d'accordo con il nostro collaboratore, ma... Ma cosa? Che in tutto non lo fossimo, credevo l'avessimo già stabilito una volta per tutte io, voi e i lettori.
Se c'è da dibattere su qualche problema succulento, bene, dibattiamone. Ma non in poche righe, che stabiliscono soltanto una differenza di piani tra "noi" e "il nostro collaboratore".
Il bello è che, poi, sullo specifico non siamo così in disaccordo. Credo anch'io che quello che scrivete sulle "organizzazioni extra- parlamentari marxiste", sul loro "tentativo di mistificare la realtà, gonfiando le situazioni, presentando se stessi comunque e sempre come "gli unici" o almeno "i primi", sul loro brutto vezzo di "falsificare l'identità politica e ideale altrui", e di coltivare una "cultura dell'esagerazione" sia verissimo. Anche per Lotta Continua, di cui pure è giusto dire che aveva una struttura spiacevolmente gerarchica. Forse il vertice non era così omogeneo come sembrava dal di fuori, ma vertice sempre era, e si comportava in quanto tale.
Sono tutte brutte contraddizioni in un'organizzazione che si voleva democratica.
E non importa neppure tanto il fatto che in LC se ne avesse coscienza (anche al vertice), e che questa coscienza sia stata concausa determinante del prematuro autoscioglimento.
So che alcuni lo hanno visto come una specie di espiazione, ma espiazione è un concetto religioso, che un po' mi ripugna. Quanto alle varie responsabilità morali di dirigenti e militanti, ne discuteranno (ne discuteremo) con Chi di dovere nella valle di Giosafat.
Non è irrilevante, però, il fatto che LC, proprio perché era un calderone disomogeneo, a tutti i livelli, abbia saputo riflettere meglio di altri le esigenze democratiche e di libertà di quegli anni incasinati e contraddittori. Io credo ancora che il suo progetto di nuovo patto sociale per una nuova politica (di tipo largamente autogestito dal basso) pur abbozzato, confuso e venato, ahimè, di autoritarismo, fosse importante. Discutibilissimo da un punto di vista marxista ortodosso (e libertario ortodosso, certo...) era un tentativo di reinventare sui dati concreti certe analisi marxiste e libertarie. Nel complesso, è stato un contributo importante alla lotta per la libertà e la democrazia, contro lo stato e come allora si diceva, contro i padroni. L'argomento del contendere resta questo.
Ma adesso, che cosa succede? Se non mi pubblicate questo intervento (lunghetto, fra l'altro) ci resto davvero male. Se prendete le distanze, ci risiamo da capo. Di rispondere, magari non avete voglia, o forse vi manca lo spazio... Che guaio, compagni: le prese di distanza, francamente, non portano mai a nulla di buono.

Carlo Oliva (Milano)