Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 129
giugno 1985


Rivista Anarchica Online

Fare cinema con la gente
di Ferro Piludu

Prima di tutto ci presentiamo.
Il nostro gruppo (Gruppo Artigiano Ricerche Visive) lavora a Roma: io sono sardo d'origine, nato a Milano, Lucilla è romana. Faccio il grafico come mestiere e il lavoro - almeno un 60/40% del mio lavoro - è un modo di fare politica. Chi ne vuole sapere un po' di più può magari comprare e leggere "Segno libero".
Proprio attraverso il mio lavoro ho iniziato ad interessarmi prima di immagini e forme in movimento e poi di cinema. Intendiamoci: non il cinema di Hollywood. Un cinema diverso, senza divi, registi, sceneggiatori, operatori, attrezzisti, segretarie di edizione e così via. Un cinema che deve qualcosa (molto, per dire la verità) a certe maniere di lavorare e di impostare le cose proprie delle vecchie comiche e del cinema documentario classico (Flaherty, Flaherty...). Un cinema fatto dalla gente, con la gente.
Fin dall'inizio abbiamo evitato di "inventare" e di impostare noi il soggetto e la sceneggiatura dei nostri film. Abbiamo ricercato e ci siamo rivolti a gruppi di persone (contadini, bambini, ragazzi, operai, ecc.) che avevano una propria storia, una propria avventura o esperienza da raccontare, da far sapere agli altri.
Quando c'è l'esigenza di raccontare qualcosa c'è sempre l'impegno e la volontà di imparare a raccontare e di inventare diversi approcci alla maniera di realizzare il racconto. È molto, molto importante che il racconto, la storia, siano di largo interesse generale. Siamo a questo proposito convinti e certi che buona parte dei grandi temi del pensiero libertario e dell'azione anarchica (oppressione, potere, stato, autogestione, educazione, ambiente, utopia, antimilitarismo, libertà, ecc. ecc.) siano - specie in tempi come gli attuali - temi di estremo interesse per un gran numero di persone.
Non è male infatti ricordare che, nel fare cinema, i costi di realizzazione - per quanto limitati e contenuti da un uso intelligente e diverso delle strutture e delle tecniche più "povere" - rappresentano certo un grave problema.
Quando abbiamo una storia valida e ben strutturata, andiamo - senza timori e soggezioni - a "battere cassa". Naturalmente andiamo a chiedere soldi a chi li ha: alla RAI, a Comuni, Regioni, Università ed Enti pubblici e privati. L'autonomia economica è essenziale e i contributi non arrivano certo facilmente specie a noi che non siamo "cugini" di Craxi e "nipoti" di Andreotti (per non parlare di parentele con avvocati). Ma qualcuno disposto a dare una mano a storie e a maniere di raccontare valide riusciamo sempre a trovarlo.
Facciamo un esempio che si ricollega tra l'altro alla nostra radicata convinzione che la gente ha diritto di fare cultura e che - tra le pieghe delle tante e confuse leggi italiane - esistono i presupposti perché questo possa avvenire. Ci siamo studiati due leggi della nostra regione - quelle della promozione e della produzione culturale e quella del diritto allo studio - leggi che, in forma diversa, hanno riscontro in tutta Italia. Abbiamo poi consorziato otto comuni e li abbiamo convinti a presentare un piano collettivo alla regione, richiedendo un finanziamento perché la gente di questi comuni potesse "produrre" cultura. I non certo solerti ed acuti impiegati regionali non hanno avuto scampo.
Per una volta il denaro pubblico, anziché andare alla solita sagra delle castagne, alla banda con majorette, alla festa di una qualche madonna o al carnevale, è stato impiegato per produrre localmente fatti culturali. Con ulteriori contributi economici "estorti" a strutture ed enti della zona (ARCI, Cassa di Risparmio, ecc.) siamo così riusciti a far realizzare, in tre anni di impegno, a un migliaio di abitanti della valle del Sacco (bambini delle scuole materne ed elementari, insegnanti, contadini, studenti, disoccupati, operai) una dozzina di dia-tape (programmi di diapositive sincronizzate), un programma radio e quattro film oltre a montagne di materiali testuali.
Tutto questo lavoro era impostato su presupposti teorici di Noam Chomsky e sulla sua "grammatica generativa" (ognuno è in grado di generare una propria grammatica, una propria lingua, al di fuori e al di sopra della grammatica e delle competenze linguistiche ufficiali).
A proposito di contenuti, uno dei quattro film - "Terra e fabbrica" - è la storia di 50 anni di profonde trasformazioni di vita e di lavoro (da società contadina a società industriale attraverso l'occupazione delle terre e il pendolarismo edilizio) raccontati, con l'impiego del mezzo cinematografico, dagli stessi abitanti che le hanno vissute. Con gruppi diversi di persone, con tecnici ed apporti economici diversi, con tempi di produzione diversi, di questo tipo di film (che hanno una durata compresa fra i 15 e i 40 minuti) ne abbiamo realizzati finora ventisette.
Ogniqualvolta si affronta un tema - in una qualsiasi situazione - è opportuno partire dal contenuto più semplice del messaggio, della storia da raccontare.
Nel 1978 abbiamo realizzato per la RAI quattro filmati con gli studenti di una classe di un liceo di Roma. Uno di questi film parlava di "beni culturali" e i ragazzi hanno potuto verificare i livelli di disinformazione e di non conoscenza esistenti a proposito dell'argomento. Gli stessi ragazzi del gruppo, in gran parte cattolici del dissenso, hanno dovuto rivedere le loro concezioni ispirate ai modelli ufficiali, proprio stimolati dai risultati delle interviste. Hanno capito che esistono alternative e hanno portato avanti un discorso assai divergente dalle idee che possedevano inizialmente.
Noi non abbiamo influenzato minimamente il lavoro, tanto meno dal punto di vista politico. Chiaramente apportiamo la nostra competenza tecnica ma cerchiamo di evitare in ogni modo di imporre le nostre idee, convinti come siamo del puntuale emergere di libere tensioni libertarie. Non usiamo mai le interviste per dimostrare delle tesi ma unicamente per raccogliere dei dati.
Il sondaggio iniziale - che serve per fornire il punto di partenza al nostro messaggio, per direzionarne e definirne la portata, per renderlo certamente più aperto ed efficace - si realizza tramite "questionari" semplicissimi. Le domande da fare alla gente - un campione delle classi sociali cui il messaggio è destinato - sono stilate, in questa prima fase, sulla base del solo significato intrinseco dell'argomento (cosa significa per te...?; cosa ti viene in mente se ti dico...?; cosa vuole dire per te...?; ecc.). Questo lavoro capillare, indubbiamente faticoso ma straordinariamente divertente, riteniamo sia indispensabile per porsi in modo corretto sia verso la gente che verso il problema che si intende affrontare.
Riteniamo sia necessario avere la modestia e l'umiltà di non essere mai troppo certi del pensiero e delle visioni altrui: perciò solo un sondaggio aperto ed equilibrato può fornire le basi e la chiarezza necessarie.
Un buon sistema di lavoro è quello di raccogliere tutti i dati emergenti su grandi fogli da affiggere nei luoghi di lavoro, in modo che l'andamento progettuale sia sempre ben visibile a tutto lo "staff" operativo.
Qualsiasi discorso comunicativo, e in special modo la "sceneggiatura" di un film-documento, deve essere strutturato secondo una premessa, uno svolgimento e uno sviluppo narrativi e una conclusione. La premessa ha l'indispensabile carattere informativo e trae la sua validità proprio dalla qualità del lavoro iniziale di sondaggio. Durante lo svolgimento e lo sviluppo narrativi il gruppo di lavoro analizza tutta la serie di punti che ritiene di dover approfondire.
La conclusione può essere di vario tipo - da propositiva a totalmente negativa - ma è indispensabile per concludere e completare il discorso. Chiaramente la conclusione è conseguente allo sviluppo e trae origine da ipotesi e tendenze iniziali proprie del gruppo emittente.
Può succedere, in qualche caso, che si giunga ad elaborare più conclusioni, anche opposte tra loro. Un nostro film (Tre modi di leggere una poesia) aveva tre soluzioni finali. Solo quando si dispone di una completa e definitiva base testuale si passa alla realizzazione dello story-board (sceneggiatura "visiva"). Per ogni singola frase del testo (le frasi complesse si suddividono in frasi elementari) si definiscono le immagini, le scene e le azioni corrispondenti. Immagini, scene e azioni integrano, completano, esaltano i significati delle parole. Allo stesso modo si definiscono anche suoni, musiche e/o rumori.
Lo story-board permette ovviamente di impostare tutto il lavoro relativo alle riprese visive (con le cineprese) e sonore (con i registratori). Nella maggior parte dei casi le riprese sono effettuate dallo stesso gruppo di lavoro che ha elaborato il testo e lo story-board.
Pur disponendo, caso per caso, dei più disparati livelli di attrezzature (dal super 8 amatoriale al 16 mm professionale), riteniamo fondamentale la qualità finale del prodotto realizzato.
I tempi lunghi di esecuzione - anche due o tre anni - sono alcune volte indispensabili per ottenere i requisiti voluti. Cerchiamo sempre di sensibilizzare tutti su questo concetto, per l'importanza che la qualità assume ai fini dell'utilizzo e dell'efficacia del "prodotto", per la sua possibile distribuzione e soprattutto per la ricerca di ulteriori occasioni di finanziamento.
I film realizzati da noi e dai nostri compagni di lavoro hanno ottenuto, proprio per i loro livelli qualitativi, ampi riconoscimenti, nazionali e internazionali, in occasione di rassegne e festival di cinematografia professionale.
Le attrezzature e le tecnologie "povere" che usiamo non devono mai giustificare carenze nella qualità: rispolveriamo, quando è il caso, persino dimenticate tecniche del muto.
Per tornare ai contenuti "politici" del nostro fare cinema, un esempio abbastanza significativo ci sembra essere rappresentato dal lavoro svolto con un centinaio di bambini delle scuole elementari del Canton Ticino, in coproduzione con la Radiotelevisione della Svizzera Italiana.
Questo è uno dei primi prodotti realizzati dopo i recenti convegni sull'"utopia" e da essi ispirati. I bambini hanno affrontato il tema da un punto di vista fantastico legandolo però, ovviamente alla loro realtà socio-economica. Partendo dai loro sogni, dal loro immaginario notturno, sono arrivati ai sogni ad occhi aperti, alle loro "utopie" e alle possibilità di realizzarle.
L'importante risultato ottenuto è uno spaccato della realtà sociale svizzera, un documento attento ed equilibrato, scaturito senza forzature, che rivela problemi esistenti a livello infantile ed adulto in quella società. Così una profonda barriera separa bambini e "grandi" che vengono indicati e vissuti come principali distruttori di sogni e aspirazioni. Soprattutto le madri (ma anche gli insegnanti e le famiglie, con la solo apparentemente stravagante eccezione degli allenatori sportivi) bloccano e paralizzano tendenze e tensioni utopiche. Nessun "grande", del resto, riconosce un bambino tra i propri amici.
Nel nostro lavoro cambiano persone, situazioni, luoghi, grammatiche e dialetti ma rimangono invariati gli approcci e la fiducia verso la cultura nascosta e profonda della gente. Rispettiamo visioni ed esigenze dei gruppi sociali con cui lavoriamo, ma se qualcosa non ci sta bene ci sentiamo liberi di rifiutare e fare altre scelte. Solo molto raramente abbiamo avuto problemi di censura, perché ci affrettiamo a chiarire, subito, il nostro modo di lavorare.
È difficile, per chi ci autorizza a ricercare dati oggettivi e non di parte con gruppi sociali definiti, intervenire a posteriori con azioni censorie. Nemmeno la televisione svizzera ha cercato di nascondere che incubo notturno di tanti bambini è il mostro televisore e loro aspirazione è il cambiare passaporto.
Specie in momenti confusi come gli attuali, riteniamo di importanza fondamentale fornire - su qualsiasi argomento - informazioni attendibili. Sempre più spesso sono richieste documentazioni precise su fatti ed idee. Sempre più frequentemente noi siamo chiamati in molte parti d'Italia proprio da enti, strutture e gruppi (privati e pubblici) che hanno necessità di documentare le loro esperienze per diffonderle e renderle in qualche modo fruibili. È un'occasione per incoraggiare tutti voi, e chiunque sia interessato a fare del cinema e della comunicazione, ad indirizzare i propri interessi politici verso basi professionali.
Ricordiamo che ci sono mezzi meno dispendiosi del cinema (come i programmi di diapositive sincronizzate e soprattutto i programmi radiofonici) che si prestano bene a collegare qualsivoglia contenuto politico con le proprie attività e i propri interessi.
Se non si è assolutamente soli è abbastanza facile mettere insieme la somma necessaria all'acquisto di un banco di missaggio e iniziare una produzione, magari proprio di programmi radiofonici, a livello cooperativo. Ci sono realmente buone possibilità per chi, portando avanti le proprie idee, si sente di lavorare nel campo della documentazione informativa.
Non trascuratele.