Rivista Anarchica Online
Cronache sovversive a cura della Redazione
La Spezia / 12 mesi di
carcere a Pippo Scarso
Come previsto,
Pippo Scarso - l'anarchico di Giarratana (RG) che tre anni fa
stracciò pubblicamente la cartolina-precetto rifiutandosi di
"servire la patria" - è stato condannato ad un anno di
carcere militare. La sentenza è stata emessa dal tribunale militare
della Spezia lo scorso 8 marzo: il procuratore militare aveva chiesto
la condanna a 13 mesi, ma il tribunale non ha voluto discostarsi
dalla consuetudine che vuole appunto che chi rifiuta sia il servizio
militare sia quello civile sconti un anno di carcere. Circa 150 persone
(anarchici provenienti dalla Sicilia, dalla Lombardia, dalla Toscana
e da altre regioni, nonché alcune decine di studenti medi spezzini)
erano presenti in tribunale a testimoniare la loro solidarietà a
Scarso. Pesante l'aria di intimidazione imposta dalle forze
dell'ordine: per essere ammessi nella (piccola) aula, bisognava
venire identificati, schedati e perquisiti (e, a volte, intimiditi o
minacciati).
Trieste / Hanno ammazzato
Pedro
In certi paesi,
dove esistono leggi repressive, vige la cosiddetta "ley de fuga"
(legge di fuga) che da la possibilità alla polizia, qualora un
prigioniero (perlopiù politico) tenti di scappare, di rendergli
difficile l'intenzione appesantendolo con del piombo sparatogli,
ovviamente, alla schiena. Il trucco può essere usato sia nei
confronti di chi scappa veramente, sia nei confronti di chi viene
spinto o messo in condizione di fuggire per poi sparargli comodamente
con tanto di protezione legale prendendo così i classici due
piccioni con una fava: si elimina un oppositore e si risparmia un
processo. Ma per fortuna
tutto questo in Italia non succede. Il nostro è, come già ebbero
occasione di dire più volte i vari Pertini, Valiani ed altri, il
paese più libero del mondo. Difatti, se fossimo in qualche altro
paese del globo terraqueo, potrebbe capitare ad un tipo che si chiama
Pietro Greco (militante di Autonomia ricercato dalla polizia e in
procinto di costituirsi alla stessa, secondo le affermazioni del suo
avvocato), di dover, dopo essere stato bloccato mentre rincasa e dopo
che la polizia ha sparato (in aria, si affrettano subito a
puntualizzare i giornali), uscire in strada correndo e gridando. "Mi
vogliono accoppare, mi ammazzano", mentre i poliziotti gli sparano
come ad un vero e proprio bersaglio (per usare le parole di una
testimone). Potrebbe accadere
che, dopo averlo crivellato di colpi, uno dei poliziotti gli si
avvicini e dopo aver constatato che sia ancora vivo e disarmato
(chissà se in caso contrario gli avrebbe sparato il colpo di
grazia?) lo ammanetti, nel caso che quest'ultimo voglia rialzarsi e
mettersi a scappare di nuovo: non si sa mai di quali diavolerie sia
capace un uomo con otto pallottole in testa e nel petto! Potrebbe accadere
che la fregola della "giustizia sommaria" non prenda solo le
forze del (dis)ordine ma prenda anche il privato cittadino, come nel
caso di un avvocato romano che ha sparato colpendo alla testa un
"balordo" che stava fuggendo. Tre "balordi" tentano di
entrare in un palazzo per rubare, ma vengono sorpresi dal pistolero
(pardon, avvocato), il quale vedendoli fuggire intima loro di
fermarsi. Vedendo che non viene ascoltato e sentendosi come un
novello John Wayne, con magari alle spalle la visione di tanti di
quei film "culturali" del tipo Il cittadino si
ribella ecc., spara usando come bersaglio la zucca di uno
dei tre "balordi" stendendolo. Questo è quanto
potrebbe accadere a due esseri umani in un paese che non fosse, come
il nostro, il paese più libero del mondo, dove esistesse la psicosi,
alimentata da una stampa che facesse leva sul filisteismo della media
della popolazione, nei confronti di tutto ciò che viene ritenuto
"irregolare". E potrebbe accadere
anche che per salvare la forma (o la farsa?) democratica, qualcuno
facesse in seguito delle interrogazioni parlamentari o delle
inchieste, in attesa che la solita provvidenziale sabbia ricoprisse
tutto come il classico "velo pietoso". Ma per fortuna qui da noi
tutto questo non succede. O no?
Bunny
Londra / "Osceni e
volgari" i Crass?
Si è ritornato a
parlare dell'ormai tristemente famoso processo per "oscenità"
intentato lo scorso settembre contro il proprietario di un negozio di
dischi che aveva in stock alcuni dischi delle etichette Crass e
Alternative Tentacles. Ci sono alcune novità. Come ricorderete (ne
abbiamo riferito su "A" 123), la polizia effettuò una ispezione
nel negozio di dischi Spectrum Records a Northwich, nel Cheshire, ai
primi dello scorso settembre, su segnalazione del padre di un
minorenne, abituale cliente del negozio. Vennero sequestrate tutte le
copie presenti in negozio ed in magazzino di 17 dischi, poiché
ritenuti "osceni" e "offensivi". Dopo un esame delle
copertine e l'ascolto dei dischi, l'attenzione degli inquirenti si
era soffermata su un gruppo di otto dischi, precisamente
"Whodunnit?", "Sheepfarming" e "Penis envy" dei Crass,
"Multi-death Corporations" degli MDC, "Used, abused, unamused"
degli Icons Of Filth, "Dehumanization" dei Crucifix, "Never
mind the dirt" e la compilation "Bullshit Detector vol. 2",
tutti editi dalla Label Crass oppure Corpus Christi (affiliata alla
Crass e gestita in cooperazione assieme ai vari gruppi). Il processo per
direttissima che ne seguì, intentato contro ii proprietario del
negozio per "commercio di materiale pornografico e osceno" si
concluse pochi giorni dopo con un verdetto negativo e pesante: una
forte multa da pagare oltre alle spese processuali, e gli otto dischi
sequestrati perché ritenuti "osceni e al limite della legalità". I Crass ricorsero
subito in appello ed ottennero la revisione del processo, che si è
svolta a Chester lo scorso gennaio (nel frattempo, i distributori
avevano sospeso i contratti e congelato le scorte). Dichiarando che
si tratta comunque di "materiale volgare e contenente quasi
esclusivamente parole offensive" e col quale "nessun cittadino
onesto desidererebbe mai avere a che fare", il giudice Robin David
ha prosciolto sette degli otto dischi dall'accusa di oscenità,
mantenendo però il giudizio negativo e, di conseguenza, le
disposizioni per il sequestro del disco "Penis envy" dei Crass,
ritenuto "osceno e volgare". La richiesta di risarcimento dei
danni avanzata dai Crass per la perdita economica subita durante i
cinque mesi di "congelamento" della loro attività, è stata
respinta, poiché la loro è stata definita "una associazione che
opera al limite estremo della legalità". Per evitare il
sequestro delle copie di "Penis envy" sul territorio nazionale
(cosa che potrebbe avvenire qualora in altre città si ripetessero le
stesse denunce) i Crass hanno rivolto una richiesta di non luogo a
procedere alla Commissione Nazionale della Censura inglese. Si tratta
di un appello firmato, oltre che dalla loro, anche da quattordici
altre etichette indipendenti inglesi. Le adesioni possono
essere spedite (in lingua inglese) al recapito postale di Crass, p.o.
box 279, London N22, England.
M. P.
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