Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 115
dicembre 1983 - gennaio 1984


Rivista Anarchica Online

Lo Stammheim italiano
di Paolo Massone

Nel settembre 1982 iniziano i primi trasferimenti al supercarcere di Voghera, in zona Medassino. Le prigioniere (il carcere infatti è per sole donne) ed i loro familiari si trovano di fronte ad una struttura che è il risultato più sofisticato, dal punto di vista architettonico e tecnologico, del progetto repressivo dello stato. Il costo finale è all'incirca di 15 miliardi.
Rispetto agli altri carceri speciali presenta delle innovazioni: esistono un centinaio di celle singole, raggruppate in 4 sezioni totalmente isolate tra di loro; l'apertura delle celle (3 metri per 2) è comandata a distanza elettricamente; tutti i movimenti delle detenute sono controllati da telecamere piazzate ovunque, dalla sala docce, ai corridoi, ai cortili per l'aria; si parla con le guardiane solo attraverso il citofono e l'unico contatto fisico con loro è la perquisizione all'uscita ed al rientro dall'aria (3 ore); i vari cancelli che si devono attraversare per raggiungere l'aria si aprono solo quando tutte le altre porte sono state richiuse dalle detenute stesse, il «via» e lo «stop» sono segnalati da lucette verdi tipo semaforo.
All'arrivo a Voghera tutte le prigioniere vengono costrette, spesso con la forza, a brutali perquisizioni corporali, dopodiché sono messe in totale isolamento per un periodo che varia da qualche giorno a due settimane: viene sequestrato tutto quanto è in loro possesso, dagli oggetti personali a qualsiasi tipo di indumento. In questo periodo d'isolamento devono indossare la divisa carceraria. Gli ambienti per la socialità interna, che esistono, vengono tenuti «gelosamente» chiusi a chiave dal direttore dott. Castoria (era vice-direttore a San Vittore durante i pestaggi ed i trasferimenti del settembre '81).
Nelle due sale colloqui c'è il solito vetro divisorio, i citofoni sono installati sul bancone in modo tale che non è possibile parlare o ascoltare guardandosi in faccia. I colloqui vengono controllati, sia direttamente attraverso un vetro da una guardiana che accende e spegne i citofoni, sia da un monitor in una «sala regia» adiacente alle due sale colloqui.
Le guardie e le guardiane fanno parte di un «personale altamente qualificato»: infatti, quelle che sono più in contatto con le detenute, arrivano dai diversi bracci speciali femminili di altre carceri, nei quali si sono distinte per solerzia e attivismo nel progetto di annientamento psico-fisico deciso dal Ministero di grazia e giustizia. Le guardie invece pensano alla sorveglianza militare del carcere: tutte col caschetto blu, fanno parte di un gruppo appositamente formato e addestrato per la sorveglianza delle carceri speciali.
La nascita di questo super-carcere avviene come un'improvvisa apparizione. Ma come, esclama il sindaco (di allora) Italo Betto, doveva essere riservato esclusivamente ai detenuti residenti nel castello visconteo (poco più che ladri di galline) ed invece arrivano delle terroriste? Non solo l'autorità carceraria e quella di governo non l'avevano mai informato dell'uso reale che di quel carcere sarebbe stato fatto, ma da quel giorno sapeva che Voghera non sarebbe più stata quella tranquilla cittadina disturbata solo da qualche fatterello di cronaca rosa. E così è stato: blindati per le strade, uomini armati nei viali del centro, proteste pubbliche, crescita della tensione intorno alla città.
Fino a quando il 9 luglio di quest'anno si è arrivati alla fatidica manifestazione organizzata dai vari comitati contro la repressione, con la partecipazione di radicali, autonomi ed anarchici (cosi dice la Provincia Pavese). Fu il giorno della militarizzazione della città: posti di blocco in tutte le strade di entrata, ai caselli autostradali, alla stazione ferroviaria ed alle vie di accesso al centro città. Fu il giorno delle cariche brutali e degli arresti immotivati.
Ma la popolazione «democratica» se ne stava in casa come i partiti ed i sindacati avevano «intelligentemente» consigliato e non dimentichiamoci che la giunta di Voghera è un quadripartito formato da P.C.I., P.S.I., P.S.D.I. e P.R.I.
Il supercarcere ha oggi un anno di vita: la massima sicurezza l'ha garantita, ma il rispetto della tanto sbandierata riforma carceraria del 1975 no. Tanto più che la metà circa delle detenute è in attesa di giudizio. E questo accade per un ironico e sottile nominalismo: quello di Voghera non è un supercarcere (la parola non esiste neanche negli ultimi vocabolari della lingua italiana): è una casa circondariale e come tale assolve alla tanto discussa carcerazione preventiva.
Voghera assiste oggi, come uno spettatore passivo, alla militarizzazione forzata, che nella zona del supercarcere coinvolge operai e passanti continuamente perquisiti. Ma la gente (e su questo, compagni, bisogna essere sinceri) non trasforma di certo la propria paura in rabbia ed in organizzazione. Preferisce il silenzio che lentamente va ad avallare questi progetti di morte.