Rivista Anarchica Online
Quando Machno mi mandò a chiamare
di Pio Turroni
Il 28 agosto 1921 Machno ferito e gravemente debilitato (pochi giorni prima una pallottola, entrata
dalla nuca ed uscita dalla guancia, non gli era risultata letale ... per miracolo) attraversa il fìume Dniepr.
Non rivedrà più la sua terra, l'Ucraina. Si rifugia con altri compagni in Romania, viene arrestato e
rinchiuso in un campo, riesce a fuggire, raggiunge la Polonia, dove è di nuovo arrestato. Al processo
viene assolto, ma a Danzica viene di nuovo arrestato. Un'altra evasione, e alla fìne riesce a raggiungere
Parigi, in quegli anni la capitale del fuoriuscitismo internazionale: si stabilisce lì con la sua compagna
e la figlia e non si sposterà più. Muore all'ospedale Ténon nel luglio 1934. A Parigi Machno venne a contatto con moltissimi anarchici di varie nazionalità, perlopiù - come lui -
esuli. Tra gli altri, l'anarchico italiano Pio Turroni (1906-1982), attivissimo militante, operaio,
instancabile organizzatore di attività di propaganda, di lotta, di solidarietà internazionalista. Di questa
loro amicizia Turroni parlò con Luciano Ferraresi, nel corso di un'intervista realizzata nel luglio 1969
e pubblicata poi come presentazione all'edizione italiana del primo volume delle memorie di Machno
(N. Machno, La rivoluzione russa in Ucraina, marzo 1917 - aprile 1918, Edizioni La Fiaccola, Ragusa
1971). Ecco il testo di quell'intervista.
Per la popolazione ucraina Machno era stato un eroe leggendario. Qual era il comportamento di
questo compagno nei confronti degli altri che non godevano certamente di un prestigio pari al suo?
Due cose mi colpirono e mi piacquero particolarmente di Machno: la dolcezza del suo carattere ed il
suo comportamento fraterno e modesto nei confronti dei compagni. La sua modestia era veramente
esemplare: egli che era estremamente accessibile, mostrava una notevole ritrosia quando doveva parlare
di sé e degli avvenimenti che lo avevano visto tra i protagonisti. Mi colpì anche una caratteristica che condivideva con gli altri esuli russi e cioè l'estrema dignità che
lo spingeva ad evitare l'aiuto dei compagni e che accelerò la sua fine perché gli mancarono quelle cure
che avrebbero potuto esser di beneficio alla sua salute. Ricordo di averlo visto spesso cenare con un
cappuccino ed una «brioche».
Trotsky ne «La mia vita» e nella «Storia della Rivoluzione Russa» non nomina neppure Machno e la
dimenticanza appare ben strana in quanto il nostro compagno vinse gli eserciti degli austro-tedeschi,
dei borghesi ucraini e dei «bianchi» (Denikin, Petliura e Wrangel rispettivamente) e tenne per tanto
tempo in scacco l'Armata Rossa (creata e guidata appunto da Trotsky) che ebbe il compito di
distruggere e di impedire le realizzazioni dei comunisti anarchici in Ucraina. Cosa pensava Machno dell'uomo che precedette Stalin nell'eliminazione in massa di chi contrastava
la sua politica (egli fece infatti massacrare e deportare centinaia di migliaia di ucraini)?
Soprattutto la slealtà di Trotsky lo disgustava, il suo sistema di distruggere l'avversario prima con la
calunnia, poi fisicamente. Sistema che fu poi ereditato da Stalin e simili. A questo proposito, ricordo che a Parigi i bolscevichi giunsero ad accusare Machno di aver perseguitati
gli ebrei (e tu ben sai che Volin, che era ebreo, era stato conquistato da Machno anche per la protezione
che questi aveva sempre assicurato alle comunità ebraiche). Il nostro compagno sfidò i bolscevichi ad un pubblico dibattito che si tenne alla «Sala Wagram» (luogo
abituale di convegno di tutto il movimento progressista) e li sbugiardò e li svergognò producendo
prove e testimonianze di presenti che avevano partecipato agli avvenimenti di cui parlavano i
bolscevichi.
Leggendo «La Rivoluzione Russa in Ucraina» si trova un episodio (quello di Leon Schneider) che dà
l'impressione che le federazioni e i gruppi anarchici avessero un comportamento estremamente duro
nei confronti di quei militanti che davano pubblico scandalo comportandosi indegnamente
nell'espletamento delle pubbliche funzioni che venivano loro affidate. Cosa puoi dire in proposito?
Il caso Schneider accadde in un momento di particolare gravità: gli anarchici dovevano rispondere ai
contadini delle accuse che Schneider, con la sua condotta, aveva attirato su di loro da parte dei
controrivoluzionari. L'antiautoritarismo dei machnovisti è comunque ampiamente dimostrato dalle
caratteristiche delle loro comuni e del loro esercito, l'unico composto esclusivamente da volontari.
Machno era stato un fervido sostenitore del fronte unico di tutte le forze rivoluzionarie contro il
nemico comune. Dopo la tragica esperienza dell'alleanza con le forze marxiste, quale soluzione
rivoluzionaria suggeriva agli anarchici nella lotta per il comunismo, tenendo conto della presenza
della altre forze avverse allo «status quo»?
Machno, nel suo contatto coi contadini, aveva notato come fosse difficile fare una rivoluzione
anarchica con uomini legati a forme paternalistiche (lui stesso veniva chiamato «Batko», cioè padre)
e privi di preparazione politica. Primo compito dei rivoluzionari anarchici è dunque quello dell'educazione delle masse. Come si può
leggere anche nelle sue memorie, egli attribuiva grande importanza all'organizzazione, che avrebbe
potuto dare un'autentica forza all'anarchismo e la cui carenza presso gli anarchici russi aveva facilitato
il trionfo dei bolscevichi. Naturalmente, data l'infelice esperienza, l'alleanza coi marxisti non è più
proponibile: il loro machiavellismo al servizio del partito e dello stato autoritario non può che farne
dei nemici potenziali. La lotta contro i conservatori i comunisti anarchici la dovranno condurre per
proprio conto.
Ricordo che hai accennato di aver visto Machno pochi giorni prima della sua morte. C'è qualcosa che
vuoi ricordare in proposito?
Pochi giorni prima che morisse, fui informato, tramite il telegramma di un compagno, che Machno
aveva espresso il desiderio di vedermi. Mi recai all'ospedale Ténon dove era stato ricoverato; sapeva
che la morte era imminente, ma non si curava di questo. Ricordo il suo volto sorridente quando mi
manifestò la sua gran fiducia che gli orrori dei bolscevichi avrebbero aperto gli occhi ai lavoratori: essi
avrebbero finalmente visto nel comunismo anarchico l'unica via autenticamente rivoluzionaria
possibile e avrebbero trovato il grande slancio rivoluzionario per condurlo a quel successo i cui frutti
sarebbero appartenuti veramente a tutta la collettività. Ricordiamolo così il compagno Machno, sorridente e fiducioso nella nostra Rivoluzione e cerchiamo
di raccogliere dalla sua preziosa esperienza gli strumenti validi per la lotta di oggi.
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