Rivista Anarchica Online
Cronache sovversive a cura della Redazione
Il reverendum
In vista del referendum abrogativo della legge Fortuna-Baslini anche le componenti organizzate del
movimento
anarchico hanno preso posizione pubblica. Il consiglio nazionale della Federazione Anarchica Italiana
(F.A.I.), riunitosi a Roma nei giorni 6-7 aprile, dopo
un ampio dibattito che ha messo in evidenza le differenze di opinioni esistenti in proposito all'interno
della F.A.I.,
constatato che alcuni gruppi ed alcune individualità hanno deciso di andare a votare NO il
prossimo 12 maggio
mentre altri gruppi ed individualità non derogheranno dal tradizionale astensionismo anarchico,
ha approvato un
comunicato "di compromesso" fra le due opinioni, evitando di pronunciarsi con precisione sul problema
del voto. Nel comunicato, infatti, dopo aver denunciato le manovre politiche che stanno alle spalle
del referendum e che
vedono impegnati i due avversari schierati per la conquista di posizioni di prestigio, il consiglio nazionale
della
F.A.I. afferma: "Pur prendendo atto della specifica manovra politica che usa il referendum come
suo
strumento, l'azione diretta di propaganda e di protesta degli anarchici e dei lavoratori deve tendere, ora
come sempre, a generalizzare lo scontro sociale a tutte le istituzioni repressive, siano esse religiose o
economiche o politiche, e coinvolgere in un NO GENERALIZZATO, insieme alle imposizioni vaticane
e
democristiane anche l'uso delle squadre fasciste, i compromessi dei partiti riformisti, l'attacco continuo
che
lo stato, attraverso i vari governi, porta alla già scarsa libertà ed alle già
deprimenti condizioni economiche
in cui sono costrette la maggior parte delle famiglie dei lavoratori". Decisamente astensionista,
invece, la risoluzione adottata dai Gruppi Anarchici Federati (G.A.F.) riuniti in
assemblea a Milano il 21 aprile, i quali, "non ravvisano nel referendum abrogativo del divorzio
alcun motivo
valido per modificare il tradizionale astensionismo anarchico". Sempre secondo la risoluzione dei
G.A.F., "il
referendum, presentato dalla classe politica come una delle massime espressioni della democrazia,
è in realtà
solo uno strumento demagogico di manipolazione del consenso. Qualunque ne possa essere l'esito, esso
si
risolverà in un SI allo stato, in un SI all'istituto familiare autoritario, in un NO alle libere e
responsabili
relazioni fra gli individui". Dopo aver rilevato come la vittoria dell'uno o dell'altro schieramento
non potrà
causare che irrilevanti modificazioni degli equilibri di potere all'interno della classe politica, la risoluzione
termina con la denuncia, oltre che delle posizioni reazionarie degli antidivorzisti, anche
"dell'evidente
interclassismo dello schieramento laico, che vede accomunate in un'unica lotta forze politiche che vanno
dalla destra liberale alla sinistra extra-parlamentare sedicente rivoluzionaria". Al momento
in cui questo numero va in macchina nessuna presa di posizione pubblica è stata adottata dalla
terza
componente organizzata del movimento di lingua italiana, e cioè i Gruppi d'Iniziativa Anarchica
(G.I.A.). Ci
limitiamo pertanto a segnalare un articolo pubblicato sulla prima pagina del quindicinale
L'Internazionale (che
è espressione dei G.I.A.), nel quale l'anziano militante Michele Damiani afferma che, a suo
avviso, "per gli
anarchici dovrebbe essere scontata la loro irriducibile avversione alla colossale e camaleontica
mistificazione del referendum che tende solo a dare credibilità alla funzione liberticida dello
stato". L'articolo di Damiani termina con l'invito a spingere gli sfruttati a rimediare da se stessi
ad unioni sbagliate ed
a crearne di nuove più armoniose. "E tutti coloro che saremo riusciti a persuadere di fare
da sè, fuori e contro
l'ingerenza dello stato e della chiesa, quelli sì che saranno i più veri e concreti NO validi
contro le
mistificazioni e le infamie dei governanti, preti, padroni e politicanti di ogni colore e specie! Il
resto -
conclude Damiani - è fumo".
Goliardo Fiaschi
Dopo quasi diciassette anni di galera è stato finalmente messo in libertà il compagno
Goliardo Fiaschi, di Carrara,
del cui caso già abbiamo trattato (cfr. A 21). Fiaschi fu arrestato a Barcellona il 31 agosto
1957, dove era giunto da poco tempo, clandestinamente, insieme
con due anarchici spagnoli. Uno di questi, Josè Luis Facerias, era da anni ricercato dalla polizia
franchista a causa
della sua intrepida lotta rivoluzionaria, che non era mai cessata nemmeno nei momenti della repressione
più
bestiale. I tre avevano varcato i Pirenei decisi a compiere alcune azioni di lotta contro il franchismo, ma
in breve
furono intercettati dalla polizia. Facerias morì combattendo, crivellato dai colpi della
guardia civil, mentre gli
altri due furono arrestati, processati dal tribunale militare (il famigerato Consejo de guerra)
e condannati a
vent'anni di galera ciascuno. Fiaschi ha così avuto modo di conoscere buona parte del
sistema penitenziario franchista, "girando" per ben
ventotto carceri (sette "definitive", ventuno solo "di passaggio") e facendo conoscenza con numerosi
anarchici
incarcerati per motivi politici. Nell'agosto 1965 Franco accettò la domanda di estradizione di
Fiaschi fattagli dal
governo italiano, in seguito ad una pesante condanna da lui subita in quanto ritenuto corresponsabile di
una
rapina avvenuta nel 1956 a Casale Monferrato. Il relativo processo si era svolto mentre Fiaschi era
detenuto in
Spagna cosicchè l'imputato non aveva potuto assolutamente difendersi; non solo, ma Fiaschi
venne messo a
conoscenza del processo e della pesante condanna inflittagli solo al momento dell'estradizione. Questa
avvenne
in maniera tutta particolare: Fiaschi fu caricato sotto falso nome su di una nave diretta in Italia e durante
il viaggio
fu tenuto segregato, in incognito. Appena la nave giunse a Genova, fu richiuso nelle carceri della nostra
beneamata repubblica nata dalla Resistenza, dove è rimasto sino allo scorso 29 marzo. E' uscito
poco dopo che
quarantenne, eppur completamente incanutito.
Giustizia di Stato: Valpreda e Marini
Dopo appena nove udienze, quando lo spettacolo cominciava a diventare interessante, con la
passerella dei
supersbirri imbarazzati e reticenti e chiaramente sotto accusa - veri imputati del processo - nonostante
la
moderatissima gestione del moderatissimo presidente Zeuli -, dopo appena nove udienze i super-giudici
di Roma,
toghe di ermellino e facce di bronzo, com bronzeo disprezzo per l'opinione pubblica, per il buon senso,
per la
stessa loro giustizia dei codici, hanno deciso la sospensione del processo e l'unificazione contro natura
delle due
istruttorie per la legge di stato, pontificando infine che la sede adatta per il nuovo abominevole processo
da
"opposti estremismi" (l'avranno catalogato, con umorismo da maggioranza silenziosa, processo
ValFreda?) è
Catanzaro e non Milano né Roma né, bontà loro, Atene. La data: le calende
greche anzi italiane. Non ad Atene ma, sempre bontà loro, "solo" a Vallo di Lucania
è stato trasferito il processo all'anarchico
Giovanni Marini (che riprenderà a fine maggio), sospeso com'è noto per una
provocazione sbirresca in aula
spacciata per disordini e per "giustificazione" quindi di timori per l'ordine pubblico. La verità
è che la campagna
di agitazione per Marini e la mobilitazione antifascista per i giorni del processo erano riuscite
sostanzialmente
ad impedire l'intimidazione fascista a Salerno, in città ed in aula. I neo-squadristi, meno numerosi
del previsto
(si stanno forse assottigliando i fondi-paga per i picchiatori mercenari?) sono in pratica rispuntati fuori
dalle loro
fogne solo dopo la sospensione del processo, con qualche violenza a compagni isolati e con un assalto
alla
Facoltà di Magistero occupata, nel tentativo di riguadagnare un ruolo da protagonisti. In
realtà dunque la piazza
di Salerno non appare la più adatta né per una gestione spoliticizzata del processo Marini
(come vorrebbe il
governo) né tanto meno per una gestione parafascista seguite, l'una e l'altra, da condanna
"esemplare". Ecco
quindi che si sposta il processo in una cittadina in cui si spera non vi siano né possano arrivare
i compagni di
Marini. Speranza illusoria. Compagni Marini ne ha ovunque, ormai, ovunque vi siano antifascisti veri
e compagni
ci saranno al suo processo, a Vallo di Lucania o in qualunque altro angolo d'Italia voglia nascondersi la
giustizia
di stato. Gli anarchici italiani hanno già indetto, appena venuti a conoscenza della nuova data di
riapertura del
processo, un convegno nazionale, che si terrà il 5 maggio a Carrara, per coordinare il
proseguimento della
campagna per la liberazione di Marini.
Spagna: ancora il garrote?
Il primo maggio dello scorso anno, a Madrid, durante alcuni scontri tra manifestanti e poliziotti, il
vice-ispettore
Josè Antonio Fernandez Gutierrez della polizia politica rimaneva sul suolo, colpito a morte da
una coltellata.
Alcuni giorni dopo, verranno arrestati alcuni militanti del Frente Rivolucionario Antifascista y Patriotico
(F.R.A.P.), accusati di aver progettato ed eseguito l'uccisione dello sbirro. Secondo voci riportate ai primi
di
aprile dalla stampa spagnola, starebbe per iniziare il processo a questi militanti antifascisti ed il
"fiscal" (giudice
istruttore - pubblico ministero) avrebbe chiesti, a conclusione dell'istruttoria (secondo l'uso dei tribunali
militari
spagnoli) quattro condanne a morte, due delle quali (secondo un altro uso spagnolo volto
ad evitare la grazia)
per un solo impuntato. Aguilar Navarro, figlio di un noto professore universitario. Si è
inoltre in attesa, in Spagna, anche del processo contro alcuni militanti dell'ex. M.I.L., compagni di Puig
Antich, ed altre pene di morte pare siano state richieste dal fiscal anche per loro. Con
le mani ancora grondanti del sangue di Puig Antich, il boia Franco ed il vice-boia Arias Navarro si
apprestano
dunque a nuovi assassinii.
Il F.R.A.P.
Il F.R.A.P., l'organizzazione spagnola per tre militanti della quale sarebbe stata chiesta la pena di
morte, è lo
stesso FRAP (ma non il FARP, si badi, ennesima sigla di comodo dei "servire-il-popolo") che da
qualche tempo
in Italia dà la sua adesione ad iniziative e manifestazioni extra-parlamentari. E' anche lo stesso
FRAP la cui
"rappresentanza" italiana, il giorno dell'ascensione di Carrero Blanco, ha cercato a Roma
di attribuirsene
goffamente il merito con una conferenza stampa. Questo "Fronte rivoluzionari Antifascista e
Patriottico" (il cui nome è abbastanza programmatico) è una delle
versioni maoiste del P.C. Español, anche se il suo maoismo s'è andato man mano
annacquando con il passare di
moda del maoismo stesso. E' nato dal P.C.E. (m.l.) e la sua "ragion d'essere" è di presentare
un'alternativa di
fronte popolare "rivoluzionario" alla politica di fronte popolare "riformista" del P.C. ufficiale. Ha cercato,
senza
successo, di agglutinare in questo "fronte" tutte le organizzazioni alla sinistra del P.C.E. E' riuscito invece
a
costituire nuclei di attivisti un po' dappertutto nella penisola iberica ed a farsi conoscere, grazie ad una
propaganda molto vistosa ed a prezzo di molti arresti (ha attualmente un gran numero di militanti in
carcere). Ha
"inventato", a somiglianza dei nostrani "servire-il-popolo" (cui assomigliano per molti versi) una serie di
"organizzazioni di massa" (che sono poi sempre gli stessi militanti del FRAP sotto diverse sigle): O.S.O.
-
Organizzazion Sindacal Obrera; U.D.M. - Union Democratica de Mujeres, F.U.D.E. - Federation
Universitaria
Democratica de Estudiantes; eccetera eccetera, nel tentativi di far apparire il FRAP come un punto
importate di
riferimento di varie forze. Nessuno ci casca, naturalmente.
La Redazione
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