Rivista Anarchica Online
L'anarchico dei due mondi
di Camillo Levi
Vuoi che ti dica proprio? Io sono contento di me, anche se per
istrada mi hanno tutto devastato, la casa, la
famiglia, la salute, e a settant'anni mi senta esule in questa selvaggia vallata senza neanche un cane per
tutta
compagnia. Così scriveva nel luglio 1930 Luigi Galleani ad un compagno, in una lunga
lettera in cui gli
descriveva la vita solitaria che era costretto a condurre a Caprigliola, un paesino arroccato sulle prime
alture
dell'alta val di Magra, dove si trovava al "domicilio coatto". Tu vedi dunque, scriveva in
un altro passo, che io
inauguro il mio settantesimo anno con una certa solennità che ha poco di originale, è
vero, ma che dice
dentro, all'anima ignara di bassezze ripugnante alle piaggerie ed agli scodinzolamenti servili, che la fede
e la bandiera del primo giorno sono ancora quelle dell'ultimo. Da queste poche righe risaltano
due caratteristiche fondamentali per comprendere la figura e l'azione
rivoluzionaria di Luigi Galleani. Innanzi tutto la sua coerenza, la fierezza che deriva dalla limpida
coscienza di
non essersi mai piegato ad umilianti compromessi, di aver sempre lottato contro l'autorità. In
secondo luogo il
carattere tutto particolare della prosa galleaniana, ampollosa, ricca di aggettivi, un po' ottocentesca, che
tanto
contribuì allora a rendere efficaci e mordenti i suoi scritti e che, congiunta alla sua foga oratoria,
fece di lui un
validissimo oratore nei comizi, nelle conferenze, nei contraddittori.
Le prime lotte rivoluzionarie del giovane Galleani si svolsero per lo più nella natìa
Vercelli e nella vasta pianura
circostante, che fra il 1880 ed il '90 percorse in lungo ed in largo organizzando i primi scioperi, tenendo
comizi,
stimolando l'organizzazione rivoluzionaria del proletariato, soprattutto agricolo. Nel contempo
cominciò a
scrivere articoli, sempre caratterizzati da una notevole verve polemica, che comparvero sui
fogli di agitazione
locale (L'operaio, La boie!, ecc.). Nel solo anno 1888, per esempio, Galleani tenne un ciclo
di conferenze per
tutto il Piemonte, fu protagonista degli scioperi dei renaioli e dei meccanici (a Torino), quindi dei bottonai
e dei
cotonieri (Vercelli), partecipò al congresso del Partito Operaio a Bologna come rappresentante
della Nuova
Gazzetta Operaia. "Questa funzione di trait-d'union che il Galleani
esplica in questo periodo - ha scritto in proposito la studiosa
marxista Mariella Nejrotti (1) - è illuminante per quanto riguarda la determinazione del
contributo anarchico
alla formazione dei quadri organizzativi del movimento operaio. Se infatti i limiti tradizionali di
economicismo e di corporativismo che caratterizzano il movimento operaio in questo periodo vengono
successivamente superati, ciò è dovuto in buona parte alla presenza tra le masse operaie
del movimento
anarchico, di cui il Galleani è, nel Piemonte, l'uomo di punta". Fu al congresso di
Genova (1892) che la figura politica di Galleani risaltò in pieno. Molti esponenti anarchici si
trovavano allora in carcere o in esilio (e fra loro Malatesta e Merlino), per cui tocco al giovane
rivoluzionario
vercellese e a Pietro Gori il compito di illustrare la tesi e le proteste degli anarchici in polemica con quelle
riformiste presentate da Turati e Prampolini; in questa occasione, tanto significativa a causa della
definitiva
scissione fra socialisti libertari ed autoritari, Galleani si impose come una figura di primo piano nel
movimento
anarchico, e più in generale in quello dei lavoratori. Le "noie" con la giustizia di stato non
tardarono a venire. Nel dicembre dell'anno successivo, infatti, insieme con altri trentaquattro
"sovversivi" Galleani fu arrestato a
Genova, sotto l'accusa di aver violato il famigerato articolo 248 del codice penale, costituendo
un'associazione
a delinquere; in particolare gli imputati dovevano rispondere di essersi "anteriormente al
loro arresto in
Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente e luoghi finitimi, in attuazione delle teorie anarchiche da essi
professate, associati per commettere delitti contro la proprietà, le persone, la incolumità
e l'amministrazione
della giustizia. Al processo gli imputati tennero un atteggiamento fiero, servendosi dello
scranno del tribunale come tribuna per
la propaganda anarchica, in ciò sostenuti da uno dei loro avvocati, l'anarchico Pietro Gori. Il
dibattimento ebbe
grande rilievo sulla stampa, e si concluse con la condanna di molti degli imputati: la pena più
severa (tre anni di
reclusione, inasprita da un sesto di segregazione cellulare, più due anni di sorveglianza)
toccò a Galleani. Nell'isola di Pantelleria, dove fu confinato, proseguì
l'attività politica in seno alla numerosa colonia anarchico.
Fu proprio in quegli anni che alcuni gruppi proposero ai confinati di presentarsi candidati-protesta alle
elezioni,
così da poter riacquistare la libertà. La candidatura di Galleani fu avanzata dai compagni
di Roma, ma appena
venutone a conoscenza l'interessato insorse sdegnato, così come altri anarchici confinati
("Se di qui si deve
uscire inchinando una bandiera che non sia la nostra, se la liberazione dovrà essere subordinata
ad una
transazione, (...) meglio restare!" scrisse allora Galleani).
Alla fine del 1899 riuscì finalmente a fuggire su una piccola barca, con la quale raggiunse
la Tunisia. Dopo un
periodo trascorso fra la colonia anarchica di lingua italiana al Cairo ed una sosta a Londra, Galleani
raggiunse
gli Stati Uniti, dove subito divenne promotore di incessante attività. Dopo aver collaborato a
La questione
sociale, nel 1901 ne divenne il redattore, sostituendo Malatesta in quell'incombenza; nel contempo
partecipò
attivamente alle lotte sociali, spesso violentissime, che caratterizzavano allora il movimento operaio
americano,
soprattutto tra i lavoratori di recente immigrazione. Per questa sua attività rivoluzionaria venne
presto incriminato
e ricercato dalla polizia statunitense, per cui fu costretto alla clandestinità: per maggior sicurezza,
si trasferì per
un periodo a Montreal (Canada). Passato il pericolo, tornò negli Stati Uniti e si
stabilì a Barre (Vermont), dove risiedevano molti lavoratori italiani,
in maggioranza anarchici. Qui, a partire dall'estate 1903, pubblicò la Cronaca
sovversiva, che per anni segnò
un importante punto di riferimento per l'intero movimento anarchico di lingua italiana. Dalle sue colonne
Galleani proseguì la sua opera propagandistica, sostenendo alcune polemiche significative;
basterà qui ricordare
quella contro Francesco Saverio Merlino, che da pochi anni aveva abbandonato l'anarchismo per passare
nelle
file del socialismo riformista, il quale in un'intervista pubblicata sulla stampa aveva parlato di "fine
dell'anarchismo". Alle critiche ed alle catastrofiche previsioni dell'ex compagno Merlino, Galleani rispose
con
una serie di vivaci articoli pubblicati su Cronaca sovversiva che in seguito furono riuniti
e stampati in un
volumetto dal polemico titolo "La fine dell'anarchismo?".
Coerentemente con il suo temperamento battagliero, Galleani si allontanò più volte
dalla redazione del giornale
(lasciandolo in quei periodi in mano ad altri redattori fidati) per prendere e mantenere contatti con i
compagni,
per stimolare e partecipare a lotte sociali. Così nel 1905 fu di nuovo in Europa, ove fra gli altri
conobbe Amilcare
Cipriani e Francisco Ferrer. Con articoli, conferenze, comizi, Galleani appoggiò attivamente
le insurrezioni dei contadini messicani (1911-'14), pur non risparmiando dure critiche a Magon, a Zapata
e agli altri leaders del movimento insurrezionale. Nel
1911 tenne decine di conferenze contro la guerra di Tripoli e contro l'esaltazione nazionalistica stimolata
dal
governo. Ma fu soprattutto durante la prima guerra mondiale che la sua parola divenne fondamentale
per portare chiarezze
nelle stesse file anarchiche; una piccola (ma significativa) parte degli anarchici si era schierata infatti a
favore della
guerra, e fra loro quello che Galleani considerava forse più di ogni altro come il proprio maestro,
Pietro
Kropotkin. Non si fece però confondere dai sentimenti di stima e di affetto, e denunciò
subito come gravissima
la deviazione bellicista di quei compagni. In otto vivaci articoli pubblicati su Cronaca
sovversiva (novembre '14-
gennaio '15), tutti intitolati "Per la guerra, per la neutralità o per la pace?", Galleani ribadì
il tradizionale
antibellicismo degli anarchici, smascherando la falsa propaganda statale e la sua nefasta influenza anche
in certi
settori rivoluzionari. Alla domanda posta in testa ai suoi otto articoli, rispose senza mezzi termini con una
parola
d'ordine chiara: contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione. Vari giri di conferenze
gli fecero
attraversare in lungo ed in largo gli Stati Uniti, per portare dovunque l'antibellicismo anarchico. Nel
frattempo
(estate 1916) fu arrestato durante uno sciopero dei minatori d'antracite della Pennsylvania orientale, e
rilasciato
solo dietro cauzione. Nel corso del '17 i locali della Cronaca sovversiva subirono
diverse perquisizioni, Galleani fu arrestato insieme
con il tipografo, quindi di nuovo liberato e tenuto sotto sorveglianza; nel frattempo alcune disposizioni
repressive
costrinsero al silenzio il giornale che dovette sospendere le pubblicazioni. Galleani ed i suoi compagni
editarono
allora veri giornali clandestini (Cronache rosse, L'anarchia, Il diritto, ecc.). La permanenza
in America, però,
era per lui giunta al termine: nel giugno '19 fu espulso dagli Stati Uniti, caricato sul piroscafo Duca
degli Abruzzi
e riportato in Italia. Appena giunto nel porto di Genova fu arrestato, prima ancora di poter mettere piede
a terra:
solo la immediata protesta della Federazione dei Lavoratori del Mare e di quella dei Lavoratori del Porto
gli
garantirono la libertà. Informati dall'arrivo di Galleani, gli anarchici che a Milano stavano
progettando la pubblicazione di un
quotidiano anarchico gli proposero la direzione del giornale, ma Galleani declinò l'invito
lasciando che fosse il
vecchio Malatesta a dirigere Umanità Nuova. Chiamato da ogni parte d'Italia per
tenere conferenze e comizi,
poté accettare solo alcuni inviti, a causa delle peggiorate condizioni di salute; iniziò poi
(gennaio 1920) la
pubblicazione a Tornino di un settimanale, che chiamò ancora Cronaca sovversiva
e che ebbe solo qualche mese
di vita. Presto furono infatti spiccati due mandati di cattura contro di lui e contro il gerente del giornale:
da allora,
per ben due anni, Galleani si rese uccel di bosco, vivendo clandestinamente in Italia, in sempre peggiori
condizioni di salute. Decise però di presentarsi il giorno del processo, costituendosi in aula.
In istruttoria ho
assunto tutta la responsabilità degli articoli della Cronaca; - scrisse in proposito ad un
compagno - e io non
voglio essere né uno smargiassone né un fallito. Ora bisogna pagare, ed io pago.
Il processo durò pochi giorni
e si concluse il 30 ottobre 1922 con la condanna di Galleani a un anno, un mese e 22 giorni di galera,
più una
multa di 635 lire. Ritornato in libertà agli inizi del '24, si dedicò alla traduzione italiana
delle "Memorie
autobiografiche" dell'anarchico Clemente Duval ed alla sistemazione del volume "La fine
dell'anarchismo?". La
persecuzione dello stato (diventato, intanto, fascista) si accanì ancora contro il vecchio, ammalato
ma pur sempre
indomito Galleani: fu condannato a 200 lire di multa per aver ricevuto in busta chiusa una copia del
settimanale
anarchico L'adunata dei refrattari, poi per lo stesso "reato" passò dieci giorni in
prigione, quindi, dopo il fallito
attentato Zamboni contro il duce (31 ottobre 1926) venne arrestato, giudicato "incorreggibile" e spedito
all'isola
di Lipari per scontarvi tre anni di confino; poco dopo esservi giunto fu condannato a nove mesi di carcere
per
"oltraggio alla persona del duce". Lei e il suo gerarca debbono ringraziamenti a chi loro assicura
la
riscossione dello stipendio.. Io, nulla. - così dichiarò al segretario della pretura
che gli era andato a proporre
la "libertà" (si fa per dire!) in cambio di una sua lettera di ringraziamento al duce per la sua...
clemenza. Scontati
sei mesi nelle carceri di Messina, fu rispedito a Lipari, ove rimase confinato fino al febbraio 1930;
"liberato" dal
confino, fu assegnato al "domicilio coatto". Galleani scelse di stabilirsi a Caprigliola, dove per alcuni mesi
all'anno poteva incontrarsi con Pasquale e Zelmira Binazzi, due ottimi compagni della Spezia, fra i
pochissimi
anarchici a non trovarsi allora in carcere o in esilio. Qui lo colse la morte (4 novembre 1931).
La vita di Luigi Galleani è già di per sé eloquente della tenacia,
dell'intransigenza, della chiarezza di idee che
caratterizzò sempre la sua militanza rivoluzionaria: essa è ragione sufficiente per spiegare
la duratura influenza
esercitata dalla sua figura nel movimento anarchico di lingua italiana, soprattutto negli Stati
Uniti. Un'altra ragione va però aggiunta, ed è la concezione tutta particolare che
Galleani aveva della questione
organizzativa, che da sempre appassiona ed a volte divide gli anarchici. Galleani è stato ed
è tuttora considerato
il massimo esponente della tendenza anti-organizzativa in seno al movimento anarchico: al suo pensiero,
alla sua
concezione dell'associazionismo anarchico ha sempre fatto riferimento diretto la quasi totalità
della
numerosissima colonia anarchica di lingua italiana negli Stati Uniti ed in Canada. Basti qui ricordare
il periodico L'adunata dei refrattari, che di questa tendenza è sempre stato il
portavoce, che
solo tre anni fa ha sospeso le pubblicazioni dopo mezzo secolo di vita regolare e che si è sempre
caratterizzato
in senso galleanico, per quanto riguarda la concezione dell'anarchismo, i problemi organizzativi ed anche
lo stile
redazionale. Non è questa la sede per una approfondita analisi del pensiero di Galleani: va
però chiarito che non fu mai
"individualista", anche se sosteneva la validità dell'azione individuale, poiché - come
scriveva Malatesta (2) -
Galleani fa una critica severa quanto giusta di una supposta organizzazione autoritaria, che
è una cosa
completamente diversa da quella che gli anarchici organizzatori predicano e, quando
possono, praticano. Ma
è questione di parole. Se invece di dire organizzazione si dicesse
associazione, intesa, unione o altra parola
simile, Galleani sarebbe certamente il primo a riconoscere che gli sforzi isolati e discordanti sono
impotenti
a raggiungere lo scopo. Per concludere, riportiamo qui un brano dall'articolo inviato da
Malatesta a L'adunata dei refrattari in occasione
del settantesimo compleanno di Galleani, per porgergli così i saluti affettuosi ed i fervidi
auguri di un amico
che, più vecchio di lui, lo ha seguito con le ansie di un commilitone durante tutta la sua vita piena
di lotte
splendidamente combattute e di persecuzioni coraggiosamente e dignitosamente
affrontate. Grandi sono i servizi che Luigi Galleani con la sua penna vigorosa, con la
sua eloquenza affascinante e con
l'esempio costante di coraggio e di abnegazione ha resi alla causa dell'anarchia. Dovunque ha esercitata
la sua attività, in Europa ed in America, egli ha suscitato tesori di energia ed ha formato delle
schiere di
giovani che guardano a lui come al loro maestro ed ispiratore e sono tra le nostre migliori
speranze (3).
Camillo Levi
1) Mariella Nejrotti, Le prime esperienze politiche di Luigi Galleani (1881-1891), in
"Anarchici ed anarchia
nel mondo contemporaneo", Fondazione Luigi Einaudi, Torino 1971, pag.212.
2) Errico Malatesta, recensione de La fine dell'anarchismo?, in "Pensiero e
Volontà" 1° giugno 1926 (a.III, n.9).
3) Errico Malatesta, Per Luigi Galleani, ne "L'adunata dei Refrattari", 21 novembre
1931.
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