Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 28 nr. 244
aprile 1998


Rivista Anarchica Online

L'anarchico lucano
di Pietro Masiello

Vostra Altezza sapete chi era Giovanni Passannante? Non sappiamo se, in una delle varie interviste ossequiose fattegli, tale domanda sia mai stata rivolta a quel Vittorio Emanuele IV di Savoia cosìsmanioso di rientrare in quel Bel Paese dove tanti sembrano altrettanto smaniosi di accoglierlo e dove la casa regnante da cui discende di tante infamità si è macchiata. Ne basti ricordare una delle peggiori: l'avallo dato alle leggi razziali del 1938. Ad ogni modo siamo certi che la risposta di V. E. IV sarebbe stata dello stesso tono insolente, arrogante ed ignorante delle risposte da lui date riguardo la lunga lista di crimini e di misfatti impuniti dei suoi avi, di cui ha già avuto modo di dimostrarsi degno erede (vi ricordate del ragazzo assassinato da una fucilata all'Isola di Cavallo in Corsica?). E la fine che i Savoia fecero fare a Giovanni Passannante e alla sua famiglia fa parte di quella lista.
La vicenda di questo anarchico lucano è stata ricostruita da Giuseppe Galzerano nel bel volume Giovanni Passannante, pp. 635, £ 40.000, Galzerano editore, la cui presentazione al pubblico di Roma è stata organizzata dal Circolo Anarchico "M. Bakunin"ai primi di febbraio, presso la Libreria Internazionale "Il Manifesto". Ad essa hanno partecipato, insieme all'autore, Carlo Ghirardato per gli organizzatori, Giovanni Russo, scrittore e giornalista del Corriere della Sera, e l'antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, docente di Etnologia all'Università di Roma.
Ghirardato, nell'introduzione, ha indicato la spinta principale all'organizzazione della serata nel rifiuto del clima di pacificazione nazionale e dell'uso strumentale della storia che imperversano anche in concomitanza al rientro dei Savoia. Uno stravolgimento storico, secondo Ghirardato, a cui tanti intellettuali colpevolmente si prestano e rispetto al quale il testo di Galzerano va in tutt'altra direzione.
Giovanni Russo ha ricordato come la sua conoscenza della storia di Passannante risalga al finire degli anni '40, quando, realizzando per il periodico "Il Mondo" articoli ed inchieste sulla Lucania, volle andare a fondo del perché un certo paese avesse nome "Savoia di Lucania". Ebbe così modo di conoscere la storia di un cuoco originario di quella cittadina, che nel 1878 a Napoli attentò ad Umberto I in nome della "Repubblica Universale", non per uccidere ma come gesto dimostrativo di protesta contro colui che agli occhi suoi e di tanti simboleggiava la massima espressione del dominio e dell'oppressione. E come sarebbe stato possibile uccidere con quel piccolo temperino che Passannante acquistò vendendosi l'unica giacca che possedeva? Ma né le sue ripetute dichiarazioni né l'evidenza dei fatti gli risparmiarono l'accusa di tentato regicidio per cui fu condannato a morte. L'intera vicenda rappresenta per Russo un quadro assai interessante della società italiana di fine '800, delle forze popolari e del mondo politico e culturale. Dal testo di Galzerano emerge la figura di un Passannante tutt'altro che pazzo, rozzo, ignorante ed al di fuori della realtà come all'epoca fu dipinto, bensìquella di un uomo povero sì ma di grande dignità e coerenza colle proprie idee ben precise e ben cosciente sia della questione sociale che della storia dell'anarchismo; si vedano nelle lettere alla madre certi riferimenti ad esempio a quella tassa sul macinato che contribuì ad aumentare la già enorme distanza delle classi popolari meridionali dallo Stato ed a riavviare il brigantaggio. Alla sua condanna il grido di "Viva Passannante!" percorre tutta la penisola e la sua vicenda finisce in canzoni, filastrocche e nei racconti dei cantastorie popolari. A Giovanni Pascoli verrà attribuita un' "Ode a Passannante" ed il poeta ne pagherà le conseguenze. Per Giovanni Russo, infine, se un difetto poteva essere attribuito a Passannante era quello della sua ingenuità nel chiedere incessantemente che venisse data soddisfazione al suo estremo bisogno di comunicare all'esterno: la borghesia colta del periodo non avrebbe mai potuto ammettere che i suoi numerosi scritti anarchici venissero pubblicati.
Non abbiamo ancora chiarito perché Savoia di Lucania ha questo nome: lo sarà nel corso dell'intervento di Lombardi Satriani. Per spiegarlo va fatta "entrare in scena" un'altra giacca: quella che il sindaco di Salvia (questo il nome originario del paese di Passannante) prese in affitto per recarsi dalla regina Margherita e rassicurare la monarchia sulla fedeltà e lealtà dei sudditi della piccola comunità. L'espiazione della "colpa" di aver dato i natali a Passannante passò attraverso la "damnatio memoriae": gli fu regalmente concesso di poter mutare il nome del paese in quello che a tutt'oggi porta. Luigi M. Lombardi Satriani, in qualità di senatore, si è fatto promotore di un disegno di legge per il ripristino del nome originario, data l'assurdità che a più di cinquant'anni dalla fine del Regno venga ancora riservato quest'omaggio ai Savoia, visto anche il tipo di supplizio che riservarono all'anarchico di Salvia. A Passannante fu infatti poi accordata la grazia (che mai chiese e che la sua dignità gli fece rifiutare), ma questo atto di regale "bontà" significò per lui una condanna ad una morte lenta fatta di decenni di sofferenze disumane prima nel carcere di Portoazzurro all'Isola d'Elba e poi nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino.
La relazione di Lombardi Satriani è stata incentrata sulla visione della vicenda di Passannante come metafora del potere. Fu il rifiuto assoluto di gerarchie e quindi di re a far compiere l'attentato a Passannante: l'importante era il gesto del colpire la sacra figura del re (che mai sarebbe morto per mezzo di un temperino). E i re sono appunto simboli della sacralità, incarnano quel principio di autorità che si autopone ad argine della libertà; per un giusto fine, sia ben chiaro: perché la libertà, dice il potere, conduce al libertinaggio. È l'autoreferenzialità del potere. E cos'è l'anarchismo se non la critica più radicale del principio di autorità? E l'anarchico Passannante fu condannato a morte per aver osato attentare a "Umberto il buono"; perché i Re devono essere buoni, pena la perdita dell'alone di sacralità. Ma fu anche dichiarato pazzo perché solo un pazzo potrebbe attentare al re buono ed anche i suoi familiari furono dichiarati tali ed internati: la pazzia, si sa, è contagiosa. In realtà era un germe di pericolosità sociale quello che si voleva esorcizzare. Fu condannato a morte in un processo dall'esito determinato; non poteva essere altrimenti: l'Italia unita doveva dar prova di severità e rigore come nel caso dei contadini siciliani fucilati a Bronte da Nino Bixio, che sarà poi oggetto di devozione e retorica scolastica. Ma, come accennato sopra, la bontà regale graziò Passannante per farlo marcire in una cella al di sotto del livello del mare con al collo una catena del peso di diciotto chili e nel più totale isolamento. Lo si volle distruggere lentamente nel corso di 31 anni in cui, a parte la solidarietà iniziale, fu dimenticato da tutti. Lombardi Satriani ha poi affrontato l'ultima offesa subita da Passannante, l'ultima barbarie che come i supplizi infertigli non era prevista da alcun codice o regolamento, un'offesa che lo colpì dopo la morte: la decapitazione ed il trasporto a Roma sotto formalina del suo cervello. Dove? E dove volete che sia conservato il cervello di un anarchico se non in un Museo Criminologico? Ed è lì che a tutt'oggi si trova, per innalzare il livello di consapevolezza storica e civica delle nostre scolaresche. Erano i portati dello scientismo lombrosiano, cioè di quel Cesare Lombroso che pretendeva di riconoscere il male o la genialità degli individui nei loro aspetti biologici o genetici. Era l'antica antropologia positivista che spiegava i fenomeni sociali colla biologia e studiando la quale si può vedere come la storia dei pregiudizi antioperai corra insieme a quella dei pregiudizi antimeridionali. Ma siamo poi sicuri che i veleni di Lombroso siano scomparsi? Nella politica il razzismo leghista antimeridionale ma non solo è là a farcene dubitare, ma anche in certi settori del mondo scientifico o pseudotale quelle teorie e addirittura quelle pratiche nefaste stanno riprendendo piede ed in modo anche più pericoloso di quel che si possa credere. Il relatore è poi ritornato sulla questione del rientro dei Savoia in Italia, sottolineando l'insopportabilità di questo clima di eccitazione monarchica per delle figure tutt'altro che "regali". Affoghiamo nelle commozioni collettive per gli amori o gli incidenti automobilistici delle varie principesse: è il bisogno dei miti associati alla regalità. Il potere autoreferenziale per sopravvivere deve continuamente produrre miti. Il re ha solo sè stesso come riferimento ed il male che ha in sè lo deve proiettare all'esterno producendo mostri. È storia di stagioni lontane? Il "mostro" Passannante nacque nel secolo scorso ma colui che venne immediatamente individuato come l'assassino di John Fitzgerald Kennedy no e non ha fatto una bella fine neanche lui. Il mostro ci rassicura nella nostra normalità, anche noi abbiamo bisogno di nemici e di creare solchi fra "noi" e "loro", e rafforziamo la nostra "positività"ad esempio di gente del nord (di tutti i nord) attribuendo negatività "meridionali".
Giuseppe Galzerano ha parlato del mondo contadino meridionale da cui Passannante proveniva. È il mondo che è stato oggetto dell'impegno intellettuale e sociale di personaggi come Ernesto De Martino o Rocco Scotellaro. Ha ricordato la passione di Passannante per la cultura, la modernità di alcune sue idee come il diritto delle donne all'assegno di maternità. È una di quelle figure dimenticate dall'ingratitudine di quell'Italia repubblicana che è invece in grande debito anche verso uomini come Passannante.
Nel corso del convegno sono stati sottolineati non solo il rigore di documentazione ma anche il profondo valore di "risarcimento" storico costituito dal libro di Galzerano nei confronti di Passannante; un'operazione di "pietà storiografica" si è detto. Una delle maggiori atrocità che un uomo possa subire è infatti rappresentata dal passare della sua vita nel segno di una sopraffazione patita senza che poi nessuna luce di memoria lo recuperi a dignità. A Giuseppe Galzerano va il merito di aver scritto un libro che recupera la ricerca storiografica ad una intenzionalità etico-politica di giustizia e amore per l'umanità: le idee di Giovanni Passannante.