Rivista Anarchica Online
L'anarchico lucano
di Pietro Masiello
Vostra Altezza sapete chi era Giovanni Passannante? Non sappiamo se, in una delle
varie interviste ossequiose
fattegli, tale domanda sia mai stata rivolta a quel Vittorio Emanuele IV di Savoia cosìsmanioso di
rientrare in quel
Bel Paese dove tanti sembrano altrettanto smaniosi di accoglierlo e dove la casa regnante da cui discende di tante
infamità si è macchiata. Ne basti ricordare una delle peggiori: l'avallo dato alle leggi razziali del
1938. Ad ogni
modo siamo certi che la risposta di V. E. IV sarebbe stata dello stesso tono insolente, arrogante ed ignorante delle
risposte da lui date riguardo la lunga lista di crimini e di misfatti impuniti dei suoi avi, di cui ha già avuto
modo
di dimostrarsi degno erede (vi ricordate del ragazzo assassinato da una fucilata all'Isola di Cavallo in Corsica?).
E la fine che i Savoia fecero fare a Giovanni Passannante e alla sua famiglia fa parte di quella lista. La
vicenda di questo anarchico lucano è stata ricostruita da Giuseppe Galzerano nel bel volume
Giovanni
Passannante, pp. 635, £ 40.000, Galzerano editore, la cui presentazione al pubblico di Roma
è stata organizzata
dal Circolo Anarchico "M. Bakunin"ai primi di febbraio, presso la Libreria Internazionale "Il Manifesto". Ad essa
hanno partecipato, insieme all'autore, Carlo Ghirardato per gli organizzatori, Giovanni Russo, scrittore e
giornalista del Corriere della Sera, e l'antropologo Luigi Maria Lombardi Satriani, docente di
Etnologia
all'Università di Roma. Ghirardato, nell'introduzione, ha indicato la spinta principale
all'organizzazione della serata nel rifiuto del clima
di pacificazione nazionale e dell'uso strumentale della storia che imperversano anche in concomitanza al rientro
dei Savoia. Uno stravolgimento storico, secondo Ghirardato, a cui tanti intellettuali colpevolmente si prestano
e rispetto al quale il testo di Galzerano va in tutt'altra direzione. Giovanni Russo ha ricordato come la sua
conoscenza della storia di Passannante risalga al finire degli anni '40,
quando, realizzando per il periodico "Il Mondo" articoli ed inchieste sulla Lucania, volle andare a fondo del
perché un certo paese avesse nome "Savoia di Lucania". Ebbe così modo di conoscere la storia
di un cuoco
originario di quella cittadina, che nel 1878 a Napoli attentò ad Umberto I in nome della "Repubblica
Universale",
non per uccidere ma come gesto dimostrativo di protesta contro colui che agli occhi suoi e di tanti simboleggiava
la massima espressione del dominio e dell'oppressione. E come sarebbe stato possibile uccidere con quel piccolo
temperino che Passannante acquistò vendendosi l'unica giacca che possedeva? Ma né le sue
ripetute dichiarazioni
né l'evidenza dei fatti gli risparmiarono l'accusa di tentato regicidio per cui fu condannato a morte. L'intera
vicenda rappresenta per Russo un quadro assai interessante della società italiana di fine '800, delle forze
popolari
e del mondo politico e culturale. Dal testo di Galzerano emerge la figura di un Passannante tutt'altro che pazzo,
rozzo, ignorante ed al di fuori della realtà come all'epoca fu dipinto, bensìquella di un uomo
povero sì ma di
grande dignità e coerenza colle proprie idee ben precise e ben cosciente sia della questione sociale che
della storia
dell'anarchismo; si vedano nelle lettere alla madre certi riferimenti ad esempio a quella tassa sul macinato che
contribuì ad aumentare la già enorme distanza delle classi popolari meridionali dallo Stato ed a
riavviare il
brigantaggio. Alla sua condanna il grido di "Viva Passannante!" percorre tutta la penisola e la sua vicenda finisce
in canzoni, filastrocche e nei racconti dei cantastorie popolari. A Giovanni Pascoli verrà attribuita un'
"Ode a
Passannante" ed il poeta ne pagherà le conseguenze. Per Giovanni Russo, infine, se un difetto poteva
essere
attribuito a Passannante era quello della sua ingenuità nel chiedere incessantemente che venisse data
soddisfazione
al suo estremo bisogno di comunicare all'esterno: la borghesia colta del periodo non avrebbe mai potuto
ammettere che i suoi numerosi scritti anarchici venissero pubblicati. Non abbiamo ancora chiarito
perché Savoia di Lucania ha questo nome: lo sarà nel corso dell'intervento di
Lombardi Satriani. Per spiegarlo va fatta "entrare in scena" un'altra giacca: quella che il sindaco di Salvia (questo
il nome originario del paese di Passannante) prese in affitto per recarsi dalla regina Margherita e rassicurare la
monarchia sulla fedeltà e lealtà dei sudditi della piccola comunità. L'espiazione della
"colpa" di aver dato i natali
a Passannante passò attraverso la "damnatio memoriae": gli fu regalmente concesso di poter mutare il
nome del
paese in quello che a tutt'oggi porta. Luigi M. Lombardi Satriani, in qualità di senatore, si è fatto
promotore di
un disegno di legge per il ripristino del nome originario, data l'assurdità che a più di cinquant'anni
dalla fine del
Regno venga ancora riservato quest'omaggio ai Savoia, visto anche il tipo di supplizio che riservarono
all'anarchico di Salvia. A Passannante fu infatti poi accordata la grazia (che mai chiese e che la sua dignità
gli
fece rifiutare), ma questo atto di regale "bontà" significò per lui una condanna ad una morte lenta
fatta di decenni
di sofferenze disumane prima nel carcere di Portoazzurro all'Isola d'Elba e poi nel manicomio criminale di
Montelupo Fiorentino. La relazione di Lombardi Satriani è stata incentrata sulla visione della vicenda
di Passannante come metafora del
potere. Fu il rifiuto assoluto di gerarchie e quindi di re a far compiere l'attentato a Passannante: l'importante era
il gesto del colpire la sacra figura del re (che mai sarebbe morto per mezzo di un temperino). E i re sono appunto
simboli della sacralità, incarnano quel principio di autorità che si autopone ad argine della
libertà; per un giusto
fine, sia ben chiaro: perché la libertà, dice il potere, conduce al libertinaggio. È
l'autoreferenzialità del potere. E
cos'è l'anarchismo se non la critica più radicale del principio di autorità? E l'anarchico
Passannante fu condannato
a morte per aver osato attentare a "Umberto il buono"; perché i Re devono essere buoni, pena la perdita
dell'alone
di sacralità. Ma fu anche dichiarato pazzo perché solo un pazzo potrebbe attentare al re buono
ed anche i suoi
familiari furono dichiarati tali ed internati: la pazzia, si sa, è contagiosa. In realtà era un germe
di pericolosità
sociale quello che si voleva esorcizzare. Fu condannato a morte in un processo dall'esito determinato; non poteva
essere altrimenti: l'Italia unita doveva dar prova di severità e rigore come nel caso dei contadini siciliani
fucilati
a Bronte da Nino Bixio, che sarà poi oggetto di devozione e retorica scolastica. Ma, come accennato
sopra, la
bontà regale graziò Passannante per farlo marcire in una cella al di sotto del livello del mare con
al collo una
catena del peso di diciotto chili e nel più totale isolamento. Lo si volle distruggere lentamente nel corso
di 31 anni
in cui, a parte la solidarietà iniziale, fu dimenticato da tutti. Lombardi Satriani ha poi affrontato l'ultima
offesa
subita da Passannante, l'ultima barbarie che come i supplizi infertigli non era prevista da alcun codice o
regolamento, un'offesa che lo colpì dopo la morte: la decapitazione ed il trasporto a Roma sotto formalina
del
suo cervello. Dove? E dove volete che sia conservato il cervello di un anarchico se non in un Museo
Criminologico? Ed è lì che a tutt'oggi si trova, per innalzare il livello di consapevolezza storica
e civica delle
nostre scolaresche. Erano i portati dello scientismo lombrosiano, cioè di quel Cesare Lombroso che
pretendeva
di riconoscere il male o la genialità degli individui nei loro aspetti biologici o genetici. Era l'antica
antropologia
positivista che spiegava i fenomeni sociali colla biologia e studiando la quale si può vedere come la storia
dei
pregiudizi antioperai corra insieme a quella dei pregiudizi antimeridionali. Ma siamo poi sicuri che i veleni di
Lombroso siano scomparsi? Nella politica il razzismo leghista antimeridionale ma non solo è là
a farcene
dubitare, ma anche in certi settori del mondo scientifico o pseudotale quelle teorie e addirittura quelle pratiche
nefaste stanno riprendendo piede ed in modo anche più pericoloso di quel che si possa credere. Il relatore
è poi
ritornato sulla questione del rientro dei Savoia in Italia, sottolineando l'insopportabilità di questo clima
di
eccitazione monarchica per delle figure tutt'altro che "regali". Affoghiamo nelle commozioni collettive per gli
amori o gli incidenti automobilistici delle varie principesse: è il bisogno dei miti associati alla
regalità. Il potere
autoreferenziale per sopravvivere deve continuamente produrre miti. Il re ha solo sè stesso come
riferimento ed
il male che ha in sè lo deve proiettare all'esterno producendo mostri. È storia di stagioni lontane?
Il "mostro"
Passannante nacque nel secolo scorso ma colui che venne immediatamente individuato come l'assassino di John
Fitzgerald Kennedy no e non ha fatto una bella fine neanche lui. Il mostro ci rassicura nella nostra
normalità,
anche noi abbiamo bisogno di nemici e di creare solchi fra "noi" e "loro", e rafforziamo la nostra
"positività"ad
esempio di gente del nord (di tutti i nord) attribuendo negatività "meridionali". Giuseppe Galzerano
ha parlato del mondo contadino meridionale da cui Passannante proveniva. È il mondo che
è stato oggetto dell'impegno intellettuale e sociale di personaggi come Ernesto De Martino o Rocco
Scotellaro.
Ha ricordato la passione di Passannante per la cultura, la modernità di alcune sue idee come il diritto delle
donne
all'assegno di maternità. È una di quelle figure dimenticate dall'ingratitudine di quell'Italia
repubblicana che è
invece in grande debito anche verso uomini come Passannante. Nel corso del convegno sono stati sottolineati
non solo il rigore di documentazione ma anche il profondo valore
di "risarcimento" storico costituito dal libro di Galzerano nei confronti di Passannante; un'operazione di
"pietà
storiografica" si è detto. Una delle maggiori atrocità che un uomo possa subire è infatti
rappresentata dal passare
della sua vita nel segno di una sopraffazione patita senza che poi nessuna luce di memoria lo recuperi a
dignità.
A Giuseppe Galzerano va il merito di aver scritto un libro che recupera la ricerca storiografica ad una
intenzionalità etico-politica di giustizia e amore per l'umanità: le idee di Giovanni
Passannante.
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