Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 234
marzo 1997


Rivista Anarchica Online

La politica dell'incesto
di Emanuela Scuccato

Un recente convegno promosso dall'Associazione milanese "Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate" ha puntato l'indice sul crescente fenomeno dell'abuso in ambito domestico

Nel raffigurare per ben due volte le fattezze della figlia a Palazzo Scipione Borghese, a Monte-cavallo - la bellissima figlia Artemisia -, Orazio Gentileschi era davvero animato da una sorta di passione incestuosa? Nessuno può dirlo con certezza.
Certo è che quel volto amato, quella donna capace di accogliere le confidenze di un padre che ai suoi tempi passava per intrattabile e solitario, soprattutto in grado di comprenderne a fondo il fervore creativo perché a sua volta destinata a diventare una famosissima pittrice conosciuta e stimata in tutte le corti del Seicento, per certo quella donna fu per suo padre più compagna che figlia, a lui unita da un sentimento fortissimo e assai poco circoscrivibile.
Ma se probabilmente il tabù dell'incesto in questo caso non venne concretamente infranto e resta, della tribolata vicenda di Artemisia Gentileschi, uno dei lati più oscuri per gli studiosi della sua opera, che cosa si sa oggi di questo fenomeno, l'incesto appunto, di cui poco si parla al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori? Che è in continuo aumento, per esempio. Lo abbiamo appreso nel corso di un convegno, "Camminare verso la libertà", che si è tenuto il 2 dicembre a Milano, al Palazzo delle Stelline, su iniziativa dell'Associazione milanese "Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate".
Il numero delle segnalazioni di abuso sessuale all'interno delle famiglie pervenuto alle operatrici del Centro è tra il 1991-1995 più che raddoppiato.
Come leggere questo dato?
Sia che si ipotizzi che il fenomeno è in crescita, sia che, invece, si preferisca credere in un aumentato coraggio da parte delle donne di denunciare gli abusi, resta il fatto che i dati indicano in maniera inoppugnabile che la violenza in famiglia continua ad esistere, se pure ignorata dai media che se ne occupano soltanto quando le notizie sono talmente brutali da rasentare l'orrore.
Ma vediamo di mettere in campo qualche altra informazione che ci aiuti a delineare meglio il fenomeno.
Le donne che si sono rivolte al Centro di Accoglienza in quest'ultimo quinquennio sono in netta maggioranza - l'82% - donne provenienti da Milano e provincia; il 53% di loro è maggiorenne e non supera i trent'anni, con un livello di scolarizzazione mediamente compreso tra il diploma e la laurea.
Per quanto riguarda la figura dell'abusante, nel 64,5% dei casi presi in esame si tratta di un padre; nel 12% del partner della madre; nell'8,9% di un fratello... fino ad una percentuale di abusi commessi da una donna - la madre - che si stima dell'1,2%.
L'appartenenza sessuale dell'abusante è dunque chiara e inequivocabile: è quasi sempre un uomo. E un uomo apparentemente "normale".
Secondo le operatrici del Centro, infatti, i casi in cui la figura del violentatore si presenta con particolari difficoltà, connesse per esempio con l'alcolismo, la tossicodipendenza o il disturbo mentale, sarebbero marginali rispetto al numero delle denunce presentate. Denunce che sono, tra l'altro, trasversali a tutte le classi sociali.
Se la famiglia dove vengono consumati gli incesti appare all'esterno come una famiglia "senza problemi", dalla ricerca emerge il dato spaventoso che oltre il 47% delle giovani donne che chiedono aiuto hanno subito il primo abuso sessuale addirittura al di sotto dei 10 anni d'età.
Ma gli aspetti, e quantitativi e qualitativi del fenomeno, messi in luce da questa ottima ricerca finanziata dalla Regione Lombardia e condotta anche in collaborazione con il gruppo di formazione e ricerca "Gender", sono numerosissimi e di grande interesse per chi, dopo averci riflettuto, voglia anche tentare una analisi politica del problema nella sua globalità.
Che in questa occasione è, a mio avviso, sostanzialmente venuta a mancare.
Tralascio di riferire degli interventi dei rappresentanti delle Istituzioni - Regione, Provincia e Comune - che si sono per lo più incentrati sulla necessità di trovare una sinergia che consenta una maggiore possibilità di intervento concreto a favore della "Casa di Accoglienza" e una più ampia informazione sul tema a livello di opinione pubblica; tralascio anche di riferire i pur interessanti contributi al dibattito dei docenti universitari Silvia Vegetti Finzi e Fulvio Scaparro sugli aspetti più propriamente psicologici del fenomeno, contributi peraltro reperibili, come tutte le altre relazioni degli intervenuti, negli atti del convegno di prossima pubblicazione; mi soffermo invece su questa incapacità generale, ritengo, di fornire delle chiavi di lettura politicamente articolate del problema.
Per contro mi torna in mente, per esempio, quell'interessante interpretazione, questa si squisitamente politica, dello stupro e dell'incesto, "azzardata" dalla sociologa Giovanna Franca Dalla Costa nel 1978. Il suo saggio, Un lavoro d'amore. La violenza fisica componente essenziale del "trattamento" maschile nei confronti delle donne, pubblicato dalle Edizioni delle Donne, inquadrava i due fenomeni - stupro e incesto - come "eccessi disfunzionali", seppure tra loro diversi, "dell'organizzazione del lavoro domestico femminile".
"L'uomo, in quanto diretto destinatario e fruitore del lavoro domestico", scriveva la Dalla Costa, "è il primo padrone della donna, ed è perciò l'anello mediatore del rapporto di sfruttamento tra donna e capitale. Conseguentemente spetta a lui di essere il diretto disciplinatore del lavoro della donna".
Come? Attraverso la violenza, psicologica e fisica.
Dall'ideologia dell'amore con cui "il capitale giustifica la mostruosità del livello di lavoro della donna in cambio della mera sopravvivenza", fino alle proverbiali e giustificatissime - in quest'ottica! - botte alla moglie.
Ma se lo stupro "è anche incoraggiato dallo stato attraverso l'esaltazione del sesso come violenza, poiché in certa misura servirà anche a tenere a bada le donne", ben diverso, e molto più ambiguo, sarebbe invece, secondo la sociologa, l'atteggiamento delle istituzioni di fronte al fenomeno dell'incesto.
Poiché l'incesto mette a nudo "la dimensione vistosamente mostruosa della violenza famigliare", infrangendo quell'organizzazione e ripartizione del lavoro casalingo e sessuale così funzionale agli interessi del capitale, non conviene affatto allo stato approfondire più di tanto la questione.
"La donna deve stare nella famiglia con timore dell'uomo sì, ma non terrorizzata al punto da doverne fuggire", concludeva la Dalla Costa, pena la disgregazione di quella fucina di conservatori dello status quo, che è stata e continua ad essere la famiglia comunemente intesa.
Vetero-femminismo oggi non più riproponibile? Tesi superate?
Sembrerebbe proprio di no, se dal settembre di quest'anno è disponibile in tutte le librerie francesi Hommes-Femmes, l'introuvable égalité (editions de l'Atelier, Parigi), una ricerca condotta da Alain Bihr e Roland Pfefferkorn che inaspettatamente si focalizza sul lavoro domestico come roccaforte del dominio maschile.
Gli autori del saggio sostengono senza mezzi termini che sarebbe questo, infatti, il principale ostacolo alla realizzazione concreta della liberazione della donna, perché, nonostante le conquiste ottenute, è pur sempre sull'altra metà del cielo che continua a gravare almeno il 90% del lavoro di cura dei figli e della casa.
Come è possibile che tutto ciò possa continuare ad accadere senza che le protagoniste di questo vero e proprio sfruttamento alzino la testa per protestare le loro ragioni?
Le organizzatrici del convegno "Camminare verso la libertà" ci hanno messo di fronte per l'ennesima volta a quello che continua ad essere uno dei problemi fondamentali delle donne: la loro endemica povertà.
La mancanza di denaro non già per coltivare le proprie passioni e liberare il proprio essere più profondo, come auspicava Virginia Woolf nel 1929 quando scrisse quel memorabile saggio che è "Una stanza tutta per sé", ma, nella fattispecie, la reale, fisica impossibilità per alcune di noi di sottrarsi a un ambiente famigliare che le ha cresciute nell'umiliazione, nella paura e nella vergogna di sé.
Sì perché, paradossalmente ma coerentemente con gli interessi statali, accade che solo il 5% degli abusanti, una volta denunciati, venga allontanato dalla famiglia.
Si preferisce che sia la figlia ad andarsene, per non far mancare agli altri parenti quel sostegno economico di cui dovrebbe altrimenti farsi carico la pubblica amministrazione.
Ed ecco che anche l'altro dato, sconcertante per le differenti riflessioni che implica, quello cioé relativo alla connivenza delle madri con i padri violentatori (avrebbero coscienza dell'incesto ben 60 madri su 100!), può trovare in questo modo una qualche spiegazione.
Se è vero infatti che spesso la madre dell'abusata è una figura debole, poco presente, non di rado maltrattata a sua volta dal compagno, quindi psicologicamente fragile, è altrettanto vero che nella maggior parte dei casi essa è soggetto debole anche economicamente e perciò inchiodata a quello che fa comodo a molti ritenere un destino ineluttabile.
Ma è davvero ineluttabile quel destino?
L'affidamento, la relazione tra donne, alla quale anche le operatrici dell'As-sociazione milanese "Casa delle Donne Maltrattate" dichiarano di improntare il loro coraggioso e delicato lavoro, potrebbe, a mio avviso, assumere connotazioni più fortemente politiche.
Lasciamo pure che le Istituzioni trovino sinergie e tavoli di confronto e denaro per sovvenzionare questa e altre associazioni di donne.
Ben venga!
Ma si chieda forte che le stesse Istituzioni affrontino una seria politica per la casa... Intraprendano una seria politica per l'occupazione...
Ancora una volta, in un luogo di donne, mi è sembrato che potesse arrivare l'eco di quella contraddizione che tante energie tuttora assorbe e di cui Sibilla Aleramo lucidamente diede conto nel 1906 in poche righe del suo romanzo "Una donna".
Abbozzando il carattere della "buona vecchia mamma", la figura di "mazziniana fervente" cui si ispirava per la sua lenta presa di coscienza femminista e socialista, l'Aleramo così scrisse: "...La sua pazienza nel perseguire miglioramenti parziali, riforme di istituti benefici, aiuti degli enti pubblici, la sua tenacia nel bussare alle porte dei ricchi per ottenerne la piccola elemosina, contrastavano stranamente con la sua credenza nella necessità ultima di sconvolgere col fuoco e col ferro la massa oppressiva delle istituzioni formate dalle classi superiori".



L'Associazione milanese "Casa delle Donne Maltrattate" ha sede in Via Piacenza 14 (telefono 02-55015519 / 55015638) e si occupa nello specifico della violenza sulle donne all'interno della famiglia.
Le operatrici del Centro - avvocate, psicologhe, sindacaliste... - orientano la loro attività su due fronti: un servizio di prima accoglienza dell'utenza, che viene garantito assolutamente anonimo e si esplica a più livelli, dalla consulenza legale ai colloqui di sostegno con psicologhe e psicoterapeute fino agli incontri di orientamento per la ricerca di lavoro e l'ospitalità, nei casi più gravi, delle donne e dei loro figli minori in una casa ad indirizzo segreto.
Attiva dal 1986 l'Associazione, che è nata in seno all'U.D.I., si avvale anche della collaborazione di moltissime volontarie, addestrate ad affrontare le particolari problematiche delle donne che si rivolgono al Centro, in corsi di formazione a scadenza annuale.
Il progetto "politico" che le 27 socie fondatrici e le 400 socie sostenitrici dell'Associazione stanno portando avanti all'insegna dei valori della relazione tra donne, si avvale attualmente di una serie di convenzioni con l'Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Milano, sia per quanto riguarda alcune attività del Centro di Accoglienza, sia per quanto riguarda una parte dei sei posti letto disponibili nella Casa.
E' possibile rivolgersi all'Associazione per richieste di aiuto, informazioni, oppure anche per consultare i materiali raccolti nel Centro di Documentazione interno, tutti i giorni dalle 9.00 alle 17.30.
Nel fine settimana è invece attiva una segreteria telefonica che, venendo ascoltata più volte, consente in caso di estrema necessità di essere immediatamente ricontattate.