Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 232
dicembre 1996 - gennaio 1997


Rivista Anarchica Online

Segnali di fumo
a cura di Carlo E. Menga

Nobili animali

Spesso ci è capitato di alludere o di evidenziare, da questa rubrica, i meccanismi dell'implicito, cioè di quelle valorizzazioni o guide al pensare nascoste, tanto più efficaci in quanto più indirettamente asserite tramite il semplice algoritmo di tacerle, lasciando che altre strutture comunicative diverse dal linguaggio ne fungano da veicolo, col risultato che proprio i messaggi più importanti - o comunque quelli maggiormente connotati da ideologie - appaiano come dati per scontati. A volte sono possibili anche diverse alternative di implicitazione, e il fatto di selezionarne nel messaggio una piuttosto che un'altra dà origine al fenomeno per così dire dell'implicito «di seconda generazione», fenomeno che nasce dall'inconsapevole confronto della scelta implicita presente con le altre scelte implicite possibili ma assenti. Quasi sempre, infatti, dei concetti contrari si richiamano vicendevolmente in un'alternanza che ricorda le figure reversibili degli esperimenti psicologici sulla percezione, come ad esempio quella di Rubin.
Ne abbiamo una dimostrazione esemplare nell'ultimo manifesto murale della pubblicità Benetton, una semplice fotografia su sfondo bianco nella quale, a elucidare in modo nuovo il vecchio concetto «United Colors of Benetton» (che già è per fatti propri una bellamente ideologica allusione metaforica agli Stati Uniti d'America), appaiono due cavalli appunto di colori diversi, diciamo uno bianco e uno nero, a costo di correre il rischio di incappare nel rimprovero dell'amico Accame per la mia scarsissima dimestichezza col campo semantico dei termini come «baio», «pezzato», ecc.
A rafforzare il concetto di «unione», già effetto della mera giustapposizione dei colori, interviene la postura in cui sono colti i due animali, che è quella dell'accoppiamento. Col che l'unione diventa «unione sessuale». E a questo punto abbiamo capito tutti che i colori Benetton sono davvero molto, molto uniti, nel senso che stanno bene, molto bene insieme. Meglio di così!
Quello che invece può sfuggire è tutta una serie di impliciti confronti effettuati per default, non ultimo il fatto che il cavallo montato (dunque - si spera - la femmina) sia quello bianco, mentre quello montante (dunque il maschio) sia il nero. Mentre potrebbe essere tranquillamente il contrario, anche se con conseguenze assai più tranquille, nella supposizione ideologica proiettata sui fruitori da parte degli ideatori del messaggio. Così come la scelta dei cavalli piuttosto che di qualunque altro animale. O addirittura la scelta di due animali piuttosto che di due esseri umani. Scegliere dei cavalli, pur non rappresentando un meccanismo chiave, è abbastanza cruciale, poiché consente di indirizzare il pensiero inconscio sugli altri passaggi confrontativi obbligati e sulle volute identificazioni. Non appartiene infatti il cavallo alla categoria dei «nobili animali», come il cane e il leone? Però il leone non è un animale domestico (dunque civile) e la sua specie ha colore uniforme. Il cane, pur possedendo il requisito della dimestichezza assieme a quello del multicromatismo, potrebbe non avere per qualcuno quell'eleganza che invece tutti riconoscono al cavallo, e probabilmente non possiede nelle stesse circostanze le stesse apparenze di slancio spirituale e quasi mistico (a causa forse della posizione reciproca degli occhi più ravvicinata, che fa apparire il suo sguardo più umano e di conseguenza - scontata ideologia - più intelligente di quello del cavallo).
A questo punto risulta già chiaro l'intento della sostituzione eufemistica del cavallo all'uomo, per non parlare degli elementi «colore» e «sesso», le cui combinazioni forniscono quasi una tabella mendeliana relativamente ai possibili confronti di queste caratteristiche prese due alla volta. Infatti scoperte le uguaglianze «cavallo-uomo» e «cavalla-donna», appaiono, ora sì, scontate le conseguenti implicazioni di «uomo nero-donna bianca» e del suo iperimplicito contrario «uomo bianco-donna nera». Per non parlare della postura more ferarum che, se per i cavalli è ovvia, evoca, nel mix con «uomo nero», collegamenti che sarebbero stati molto meno bene accetti nell'utopica America degli Stati Uniti. Qui siamo in Europa, anzi, in Italia, dove le varietà gamiche multietniche non ci sconvolgono più di tanto, e comunque infinitamente meno che ai sudditi di Bill Clinton.
In conclusione, il manifesto Benetton si presenta al pubblico come una finta trasgressione, concepita quindi non per indignare il borghese, bensì, in fondo, per titillare il capriccioso istinto voyeuristico di tutti. Il che non c'entra niente con la qualità del tessuto. Ma chi ha mai detto che la pubblicità abbia a che vedere con la qualità?