Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 230
ottobre 1996


Rivista Anarchica Online

Anarchicando
di Elena Petrassi

Nei numeri scorsi abbiamo lanciato un concorso letterario sull'anarchia. Abbiamo ricevuto decine di pezzi. Ne pubblicheremo alcuni. Eccovi, per ora, i primi tre

Non qui e non ora. Questo ci sembra il filo conduttore dei racconti che sono arrivati in redazione per il nostro concorso. Il luogo e il tempo dell'Anarchia non ci appartengono, sembrano dirci le compagne e i compagni che hanno voluto cimentarsi con la scrittura. Alcuni dei racconti sono testimonianze su un passato collettivo, altri di anni di gioventù segnati dall'ideale anarchico. I vecchi rimpiangono e passano il testimone, i giovani lo raccolgono nelle maniere più impensate, a volte seduti di fronte al monumento a Franco Serantini, a volte guardando con curiosità e comprensione verso gli stranieri che arrivano dal sud del mondo, immigrati, come lo erano Sacco e Vanzetti. Ma non qui e non ora significa anche il rivendicare la propria estraneità a questa società che ha perso il senso del proprio fare ed essere, tutta tesa verso modelli sempre più sofisticati di produzione dove le uniche parole d'ordine sono, a destra come a sinistra, competitività, efficienza, flessibilità. E niente slanci verso mondi virtuali e ipertecnologici, interamente governati dai computer, veri signori del mondo. Piuttosto una nostalgia per il saper fare con le proprie mani, per il parlare con la propria voce guardando l'altro negli occhi, senza cercare specchi nei loro occhi, o simulacri di libertà nella Rete che fare di noi pesciolini sempre più piccoli. Ma il grido degli anarchici non è no future.
Non c'è rassegnazione all'esistente, piuttosto la costante ricerca di altri modi possibili di essere e di vivere. Non ci arrendiamo, e noi con loro, allo stato delle cose. I primi racconti che abbiamo scelto per la pubblicazione sono, a nostro avviso, emblematici della tensione continua che l'Anarchia rappresenta, tensione tra passato e futuro, tra rabbia e speranza, tra individuo e comunità.
I taglio di alcuni racconti ci ha fatto venire voglia di ampliare la portata del nostro pseudo-concorso, aprendo cioè una sorta di archivio di testimonianze scritte, parlate, filmate disegnate dai compagni.
Sono anni aridi i nostri, ma non di slanci, di desideri o di idee. A voi ora di continuare a contribuire e prima di tutto a leggere. Fateci sapere cosa ve ne pare.

Elena Petrassi

Sacco e Vanzetti blues
Il mondo ha navigato lontano da quei due, il mondo non sa tutto questo - anche se noi non siamo più gli stessi - frigge le bocche dei poeti che impazziscono mette al muro bambini caffè le giovani donne che ridevano se ridere era facile e difficile come domani e stringe I sogni dei vecchi in molti lacci, li rende incomprensibili sotto le falde logore dei cappelli con larghi e umidi pensieri che cerano calmi un posto sicuro o mani appoggiate sul 42° parallelo coi treni merci che strisciano le notti nel sud sud del nord dei gringos dei coyote morti di fame di freddo deserto di rabbia arresa uguale qualunque - nel sud sud sud di ex terre indiane coi vagoni pestati da tutti gli ex ragazzi dell'ovest, tutti su binari morti ad aspettarsi portando carichi in più di scappati dei sud sud sud oltre Messico, mescolandoli in mattini disinvolti ai disinvolti col cappuccino al bar - bar italiani sull'oceano e tutti pronti a sfoderare il ritornello di dialetti tra strane speranze senza dispetto. dice il vero ogni dolore, si svolge dagli occhi annega vecchie stanze incustodite e un timbro di latta riempie lo stomaco dei giudici facendo il nido sbagliato - il cattivo nido prigione - così che le avare righe degli appelli sono state ricopiate in strette colonnine sbiadite con le passioni a coprirsi di ceneri i giorni sciamando curiosi a ridosso del 1927. alberi da legna quei due - alberi grezzi da spacco - alberi con radici tenaci - alberi come continenti che non passano e nel dire tu dicono di noi senza farci scivolare tra cose consumate, nel dire tu dicono a quelli che amano a quelli che imparano a tutti quelli che avranno tremato. dall'inaudito quanto fragore, il giudizio È un antiappello il peggio dato dai peggiori dicendo loro - dicendo il detto male con lingue aride di sarcasmo e vicino l'epilogo ad alta intensità. quando un pazzo finale allaga il tempo crescono sopra l'aria i prodigi di chitarre e l'eco si attorciglia a queste leggende ripetendo ripetendo ripetendosi a volte portandosi via un binario divelto un piccolo treno merci un pezzo di vagone. Sacco & Vanzetti blues.

Nadia Agustoni

Dedicato a Leda Bruna Rafanelli
Abbiamo passato Tozeur, davanti a noi c'è il deserto. La strada è un unico nastro asfaltato, nero, per chilometri e chilometri non si vede anima viva. di un rosa intenso; di fianco a noi, si aprono due ali: da una parte la terra rossa nuda e dura di pietre, qualche jebel viola in lontananza, il sole color dell'oro sta tramontando in un mestolo di bronzo; dall'altra la sabbia cenerina, pochi cespugli grigi e un cielo già profondamente blu accolgono la luna piena. Questa terra arida è rivestita di oro e argento. Non è soltanto l'occhio, ma tutto l'essere a spaziare liberamente. Del resto non sono qui come turista. Mi piace spostare il filo del mio orizzonte. La lettura di Malika Mokkedem, Assja Djebar, Nagib Mahfuz, Nawal al Saídawi allarga la mia visuale, mi fa considerare altri punti di vista. Ho a lungo esitato prima di esprimere questi pensieri, perché temo di essere fraintesa, ma l'Anarchia è una cosa che riguarda soltanto il nostro «superiore» mondo occidentale. Aldilà delle considerazioni sul maggiore o minore autoritarismo di questi popoli, sulla repressione, sulla militarizzazione del territorio, sul patriarcato, sulla segregazione della donna c'è comunque un grave buco anzi una falla gigantesca. La carcassa di un cammello col capo reclinato giace sul bordo della strada. L'unica compagna anarchica che si è avvicinata realmente al mondo islamico, non da turista o da colonizzatrice del pensiero, è Leda Rafanelli. Ripenso al tè alla menta coi pinoli, che abbiamo bevuto a Kairouan. Ripenso ad Habib, nostra guida improvvisata per quei vicoletti bianchi di calce. Ripenso alla gentilezza di queste persone, alla complicità degli uomini (gesti affettuosi tra persone appartenenti allo stesso sesso, che da noi verrebbero equivocati, per loro sono assolutamente normali), all'aiuto che si dà ai poveri, alla considerazione che si dà ai vecchi. Solidarietà, ospitalità, baratto, dono. Un senso del tempo «umano»: tempo che fluisce ritmato, ma assolutamente non condizionato dalla produzione e dal consumo di beni superflui. Le prime stelle sono come gocce di rugiada brillanti nel manto blu di questo corridoio. Qualche casa si intravede, lontanissima, lanciando riverberi dorati e azzurri; nell'aria limpida priva di smog ci appaiono nettamente anche costruzioni lontane chilometri...
Mi sento felice di poche cose, mi sento padrona di me stessa perché tutte le cose che possiedo, come dice un proverbio arabo, «possono stare su di una spalla sola».
E allora mi chiedo «se l'Anarchia guardasse anche verso sud»..

Pralina Tuttifrutti

Léon, estate 1922
L'uomo irrompe nell'appartamento: «Maria. Preparati, hanno trovato Antonio.» La donna annuisce e senza dire una parola, si incammina, guidata dall'uomo, verso la campagna. Nella testa ha come un vuoto pneumatico, cammina leggera nell'aria bello Antonio. Era così bello, aveva delle gambe così belle».
Del suo uomo ne parla già al passato, perché conosce il significato delle parole di Juan.
Dalla strada polverosa si vedono, mossi dal fumo delle stroppie che bruciano, I contorni delle case e delle chiese di Léon. Maria sa, con certezza, che l'uomo con cui ha vissuto per quattro anni, è stato ammazzato. Antonio che lavava sempre il piccolo, e quando un compagno lo aveva blandamente sfottuto, era stato gelato con la sola forza della ruga che, come una ferita, a lui si apriva nel mezzo della fronte, quando si arrabbiava.
Un gruppo di persone si apre per farle vedere il mucchietto di stracci che era stato l'uomo che aveva amato tanto.
«L'hanno strozzato» - dice un contadino, e indica i neri segni che l'uomo ha attorno al collo.
«Prima però è stato picchiato con una sbarra dagli spigoli vivi o con un tirapugni». Antonio ha gli zigomi e le sopracciglia frantumate dai colpi, le ossa spezzate che hanno bucato la pellle del viso.
Tutti sanno che quella è la risposta all'esecuzione dell'ex-governatore di Bilbao, Gonzalès Règueral che, dopo aver fatto ammazzare decine di compagni, era venuto a stabilirsi a Léon, per godersi la meritata pensione.
«Pensa Juan, tre giorni prima, un gruppo d'azione, ha ucciso in pieno giorno, nella piazza della chiesa l'ex-governatore e un uomo della scorta. La polizia per vendicarlo, ha ucciso a furia di botte Antonio che, sapevano bene, non aveva avuto a che fare nulla con quella storia e lo avevano lasciato là, per farlo trovare ai contadini. Per Juan, la differenza tra loro e gli «altri» è anche quella.
I compagni sono andati «sereni» contro la scorta del governatore, in pieno giorno, guardando negli occhi i poliziotti, hanno vinto, ma potevano anche morire.
Antonio è stato torturato e ucciso, indifeso, in qualche umida e buia cella.
L'uomo vede negli occhi dei contadini, I suoi stessi pensieri e anche il tentativo di mascherare un umanissimo egoismo.
«Forse la Guardia C ivile si fermerà ad Antonio». Arriva una vecchia, regge, con consuetudine dolente, una coperta sul braccio destro. Quattro uomini sollevano il corpo.
«Un momento» - Maria si avvicina, sfiora con la punta delle dita la guancia di Antonio e, senza mai voltarsi indietro, torna verso la città.
«Andiamo» - comanda Juan. Gli uomini, che già sudano nel sole del mattino, sollevano il corpo martoriato e iniziano il cammino che li porterà alla sede del Sindacato, perché è certo che li verrà composto Antonio, nel modesto salone che serve loro per le conferenze, le riunioni e da camera mortuaria.

Renzo Micheli