Rivista Anarchica Online
Anarchicando
di Elena Petrassi
Nei numeri scorsi abbiamo lanciato un concorso letterario sull'anarchia. Abbiamo ricevuto decine di pezzi. Ne
pubblicheremo alcuni. Eccovi, per ora, i primi tre
Non qui e non ora. Questo ci sembra il filo conduttore dei racconti che sono
arrivati in redazione per il nostro
concorso. Il luogo e il tempo dell'Anarchia non ci appartengono, sembrano dirci le compagne e i compagni che
hanno voluto cimentarsi con la scrittura. Alcuni dei racconti sono testimonianze su un passato collettivo, altri
di anni di gioventù segnati dall'ideale anarchico. I vecchi rimpiangono e passano il testimone, i giovani
lo
raccolgono nelle maniere più impensate, a volte seduti di fronte al monumento a Franco Serantini, a volte
guardando con curiosità e comprensione verso gli stranieri che arrivano dal sud del mondo, immigrati,
come
lo erano Sacco e Vanzetti. Ma non qui e non ora significa anche il rivendicare la propria estraneità a
questa
società che ha perso il senso del proprio fare ed essere, tutta tesa verso modelli sempre più
sofisticati di
produzione dove le uniche parole d'ordine sono, a destra come a sinistra, competitività, efficienza,
flessibilità.
E niente slanci verso mondi virtuali e ipertecnologici, interamente governati dai computer, veri signori del
mondo. Piuttosto una nostalgia per il saper fare con le proprie mani, per il parlare con la propria voce
guardando l'altro negli occhi, senza cercare specchi nei loro occhi, o simulacri di libertà nella Rete che
fare
di noi pesciolini sempre più piccoli. Ma il grido degli anarchici non è no
future. Non c'è rassegnazione all'esistente, piuttosto la costante ricerca di altri modi
possibili di essere e di vivere. Non
ci arrendiamo, e noi con loro, allo stato delle cose. I primi racconti che abbiamo scelto per la pubblicazione
sono, a nostro avviso, emblematici della tensione continua che l'Anarchia rappresenta, tensione tra passato e
futuro, tra rabbia e speranza, tra individuo e comunità. I taglio di alcuni racconti ci ha
fatto venire voglia di ampliare la portata del nostro pseudo-concorso, aprendo
cioè una sorta di archivio di testimonianze scritte, parlate, filmate disegnate dai
compagni. Sono anni aridi i nostri, ma non di slanci, di desideri o di idee. A voi ora di
continuare a contribuire e prima di
tutto a leggere. Fateci sapere cosa ve ne pare.
Elena Petrassi
Sacco e Vanzetti blues Il mondo ha navigato lontano da quei due, il mondo
non sa tutto questo - anche se noi non siamo più gli stessi
- frigge le bocche dei poeti che impazziscono mette al muro bambini caffè le giovani donne che ridevano
se ridere
era facile e difficile come domani e stringe I sogni dei vecchi in molti lacci, li rende incomprensibili sotto le falde
logore dei cappelli con larghi e umidi pensieri che cerano calmi un posto sicuro o mani appoggiate sul 42°
parallelo coi treni merci che strisciano le notti nel sud sud del nord dei gringos dei coyote morti di fame di freddo
deserto di rabbia arresa uguale qualunque - nel sud sud sud di ex terre indiane coi vagoni pestati da tutti gli ex
ragazzi dell'ovest, tutti su binari morti ad aspettarsi portando carichi in più di scappati dei sud sud sud
oltre
Messico, mescolandoli in mattini disinvolti ai disinvolti col cappuccino al bar - bar italiani sull'oceano e tutti
pronti a sfoderare il ritornello di dialetti tra strane speranze senza dispetto. dice il vero ogni dolore, si svolge dagli
occhi annega vecchie stanze incustodite e un timbro di latta riempie lo stomaco dei giudici facendo il nido
sbagliato - il cattivo nido prigione - così che le avare righe degli appelli sono state ricopiate in strette
colonnine
sbiadite con le passioni a coprirsi di ceneri i giorni sciamando curiosi a ridosso del 1927. alberi da legna quei due
- alberi grezzi da spacco - alberi con radici tenaci - alberi come continenti che non passano e nel dire tu dicono
di noi senza farci scivolare tra cose consumate, nel dire tu dicono a quelli che amano a quelli che imparano a tutti
quelli che avranno tremato. dall'inaudito quanto fragore, il giudizio È un antiappello il peggio dato dai
peggiori
dicendo loro - dicendo il detto male con lingue aride di sarcasmo e vicino l'epilogo ad alta intensità.
quando un
pazzo finale allaga il tempo crescono sopra l'aria i prodigi di chitarre e l'eco si attorciglia a queste leggende
ripetendo ripetendo ripetendosi a volte portandosi via un binario divelto un piccolo treno merci un pezzo di
vagone. Sacco & Vanzetti blues.
Nadia Agustoni
Dedicato a Leda Bruna Rafanelli Abbiamo passato Tozeur, davanti a noi
c'è il deserto. La strada è un unico nastro asfaltato, nero, per chilometri
e chilometri non si vede anima viva. di un rosa intenso; di fianco a noi, si aprono due ali: da una parte la terra
rossa nuda e dura di pietre, qualche jebel viola in lontananza, il sole color dell'oro sta tramontando in un mestolo
di bronzo; dall'altra la sabbia cenerina, pochi cespugli grigi e un cielo già profondamente blu accolgono
la luna
piena. Questa terra arida è rivestita di oro e argento. Non è soltanto l'occhio, ma tutto l'essere a
spaziare
liberamente. Del resto non sono qui come turista. Mi piace spostare il filo del mio orizzonte. La lettura di Malika
Mokkedem, Assja Djebar, Nagib Mahfuz, Nawal al Saídawi allarga la mia visuale, mi fa considerare altri
punti
di vista. Ho a lungo esitato prima di esprimere questi pensieri, perché temo di essere fraintesa, ma
l'Anarchia è
una cosa che riguarda soltanto il nostro «superiore» mondo occidentale. Aldilà delle considerazioni sul
maggiore
o minore autoritarismo di questi popoli, sulla repressione, sulla militarizzazione del territorio, sul patriarcato, sulla
segregazione della donna c'è comunque un grave buco anzi una falla gigantesca. La carcassa di un
cammello col
capo reclinato giace sul bordo della strada. L'unica compagna anarchica che si è avvicinata realmente al
mondo
islamico, non da turista o da colonizzatrice del pensiero, è Leda Rafanelli. Ripenso al tè alla
menta coi pinoli, che
abbiamo bevuto a Kairouan. Ripenso ad Habib, nostra guida improvvisata per quei vicoletti bianchi di calce.
Ripenso alla gentilezza di queste persone, alla complicità degli uomini (gesti affettuosi tra persone
appartenenti
allo stesso sesso, che da noi verrebbero equivocati, per loro sono assolutamente normali), all'aiuto che si
dà ai
poveri, alla considerazione che si dà ai vecchi. Solidarietà, ospitalità, baratto, dono. Un
senso del tempo «umano»:
tempo che fluisce ritmato, ma assolutamente non condizionato dalla produzione e dal consumo di beni superflui.
Le prime stelle sono come gocce di rugiada brillanti nel manto blu di questo corridoio. Qualche casa si intravede,
lontanissima, lanciando riverberi dorati e azzurri; nell'aria limpida priva di smog ci appaiono nettamente anche
costruzioni lontane chilometri... Mi sento felice di poche cose, mi sento padrona di me stessa perché
tutte le cose che possiedo, come dice un
proverbio arabo, «possono stare su di una spalla sola». E allora mi chiedo «se l'Anarchia guardasse anche
verso sud»..
Pralina Tuttifrutti
Léon, estate 1922 L'uomo irrompe nell'appartamento: «Maria.
Preparati, hanno trovato Antonio.» La donna annuisce e senza dire
una parola, si incammina, guidata dall'uomo, verso la campagna. Nella testa ha come un vuoto pneumatico,
cammina leggera nell'aria bello Antonio. Era così bello, aveva delle gambe così belle». Del
suo uomo ne parla già al passato, perché conosce il significato delle parole di Juan. Dalla
strada polverosa si vedono, mossi dal fumo delle stroppie che bruciano, I contorni delle case e delle chiese
di Léon. Maria sa, con certezza, che l'uomo con cui ha vissuto per quattro anni, è stato
ammazzato. Antonio che
lavava sempre il piccolo, e quando un compagno lo aveva blandamente sfottuto, era stato gelato con la sola forza
della ruga che, come una ferita, a lui si apriva nel mezzo della fronte, quando si arrabbiava. Un gruppo di
persone si apre per farle vedere il mucchietto di stracci che era stato l'uomo che aveva amato tanto. «L'hanno
strozzato» - dice un contadino, e indica i neri segni che l'uomo ha attorno al collo. «Prima però
è stato picchiato con una sbarra dagli spigoli vivi o con un tirapugni». Antonio ha gli zigomi e le
sopracciglia frantumate dai colpi, le ossa spezzate che hanno bucato la pellle del viso. Tutti sanno che quella
è la risposta all'esecuzione dell'ex-governatore di Bilbao, Gonzalès Règueral che, dopo
aver fatto ammazzare decine di compagni, era venuto a stabilirsi a Léon, per godersi la meritata
pensione. «Pensa Juan, tre giorni prima, un gruppo d'azione, ha ucciso in pieno giorno, nella piazza della
chiesa
l'ex-governatore e un uomo della scorta. La polizia per vendicarlo, ha ucciso a furia di botte Antonio che,
sapevano bene, non aveva avuto a che fare nulla con quella storia e lo avevano lasciato là, per farlo
trovare ai
contadini. Per Juan, la differenza tra loro e gli «altri» è anche quella. I compagni sono andati «sereni»
contro la scorta del governatore, in pieno giorno, guardando negli occhi i
poliziotti, hanno vinto, ma potevano anche morire. Antonio è stato torturato e ucciso, indifeso, in
qualche umida e buia cella. L'uomo vede negli occhi dei contadini, I suoi stessi pensieri e anche il tentativo
di mascherare un umanissimo
egoismo. «Forse la Guardia C ivile si fermerà ad Antonio». Arriva una vecchia, regge, con
consuetudine dolente, una
coperta sul braccio destro. Quattro uomini sollevano il corpo. «Un momento» - Maria si avvicina, sfiora con
la punta delle dita la guancia di Antonio e, senza mai voltarsi
indietro, torna verso la città. «Andiamo» - comanda Juan. Gli uomini, che già sudano nel
sole del mattino, sollevano il corpo martoriato e
iniziano il cammino che li porterà alla sede del Sindacato, perché è certo che li
verrà composto Antonio, nel
modesto salone che serve loro per le conferenze, le riunioni e da camera mortuaria.
Renzo Micheli
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