Rivista Anarchica Online
DaPietrAsanta al duemila
di Paolo Finzi
Oltre duemila persone hanno preso parte - chi per poche ore, chi per l'intera durata - alla terza Fiera
dell'Autogestione, che si è tenuta dal 5 all'8 settembre nell'ex-colonia della Richard-Ginori a Pietrasanta
(Lucca),
nel cuore della Versilia - terra di antiche riminescenze sovversive e libertarie. Più gente che nelle
precedenti
edizioni (Alessandria '94, Padova '95) e questo è già un dato positivo. Decine di tende, camper,
sacchi a pelo
sparsi nello spazio verde, molti banchetti (alcuni gestiti dalle cooperative presenti: dall'Urupia salentina agli
andalusi Los Arenalejos), un'ottima organizzazione logistica da tutti i punti di vista (frutto di molte settimane di
lavoro da parte di decine di volontari), il tutto in un clima fraterno, positivo, piacevole. Ma particolarmente
significativo è il dato della partecipazione - tra il pubblico, con banchetti, ai dibattiti - di
persone, cooperative, gruppi che non fanno riferimento al movimento anarchico, collocandosi invece in quell'area
che siamo soliti definire "libertaria" (termine certo schematico ed insufficiente). E' proprio l'aumentata
partecipazione di queste persone a far sì che questo ormai tradizionale appuntamento annuo corrisponda
alla sua
definizione, sia - cioè - davvero un'occasione di incontro e di confronto del "popolo autogestionario" e
non il
solito convegno nazionale anarchico, per soli anarchici o quasi, come ce ne sono ogni tanto. Molte porte
devono essere ancora aperte, molti steccati dovranno cadere, per giungere ad un ben più vasto e
profondo interscambio di esperienze, di idee e di progetti tra tutti coloro che si trovano concretamente - spesso
quotidianamente - a fare i conti con la volontà di vivere/operare/lavorare in modo autogestionario e
alternativo
e chi, comunque, si pone l'obiettivo di lottare contro i meccanismi e le logiche dello sfruttamento,
dell'emarginazione, dell'autoritarismo. Se la nostra rivista ha seguito fin dall'inizio, con particolare attenzione
e simpatia, la nascita in campo anarchico
di questa nuova sensibilità e di questo progetto di costruzione di una rete autogestionaria, è
perchè in esso
vediamo una delle possibili vie d'uscita dall'impasse nella quale si trova - alle soglie del duemila - l'anarchismo
militante. Sentiamo sempre più forte l'esigenza di lasciarci alle spalle quella parte della tradizione che
pesa - a
nostro avviso - come una vera e propria zavorra. Pensiamo, per esempio, alla questione della violenza, alla
mitizzazione di cui è stata spesso oggetto, ritenuta indispensabile elemento di rottura dell'esistente mentre
spesso
non era che la continuazione, in campo "rivoluzionario", di una mentalità e di una pratica di sopraffazione
e
comunque di autoritarismo. L'esperienza storica delle rivoluzioni di questo secolo, con i loro esiti dittatoriali
terribilmente logici, ci ha vaccinato e ci ha spinto a ripensare alla questione - e più in generale al possibile
ruolo
degli anarchici nei processi di trasformazione sociale - sotto nuova luce. Numerosi pensatori anarchici -
pensiamo, tanto per fare un solo nome, a Luce Fabbri - hanno sviluppato questi
temi, proponendo riflessioni di grande interesse, che permettono di innestare sul tronco storico dell'anarchismo,
ripulito di molti rami secchi, nuovi germogli di pensiero e di azione. Ma è indubbio che la resistenza al
"nuovo", anche in un ambiente come quello anarchico che per sua natura dovrebbe essere antidogmatico e
aperto, pesa -
in certi settori - non poco. Rifiuto della mitizzazione della violenza, confronto con le idee e le tecniche della
nonviolenza (rifiutandone
qualsiasi interpretazione misticheggiante), rivendicazione esplicita del pacifismo (inteso come lotta antistatale
per la pace, considerata un valore primario, sulla quale solo può poggiare qualsiasi trasformazione di
segno
libertario ed umanitario), attenzione per la realtà del disagio, dell'handicap, dell'emarginazione e per chi
in quei settori quotidianamente opera rifiutando la logica dell'assistenzialismo e della normalizzazione. E,
alla base di
tutto, una forte sottolineatura della centralità - nella nostra concezione libertaria - della tolleranza, del
pluralismo,
del diritto al dissenso, da contrapporre sia alla logica autoritaria e centralizzatrice del potere costituito sia a quella
(speculare) di chi al potere costituito si oppone per imporre la propria visione ed i propri schemi.
Anarchici orgogliosi di esserlo Si tratta di temi complessi, che più volte
in passato abbiamo affrontato su "A" e che meritano di essere
approfonditi (è un rinnovato invito a tutti gli interessati). Certo è che negli ultimi tempi si
è accentuata la crisi -
a livello planetario - della sinistra d'opposizione, per tanta parte messa in crisi dalla ingloriosa fine del
comunismo reale ed anche dalle difficoltà in cui si dibatte il marxismo. Una forte inquietudine attraversa
anche
altri filoni del pensiero critico (pensiamo al femminismo ed all'ecologismo, per esempio) e tutto ciò ha
portato,
quasi naturalmente, alla riscoperta - da parte di molti - dell'anarchismo o perlomeno di idee, sensibilità
e
tematiche libertarie in varia misura proprie anche dell'anarchismo. Se n'è avuta percezione anche a
Pietrasanta,
ma si tratta evidentemente di un fenomeno più generale, come molti di noi constatano quotidianamente
e com'è
testimoniato - altro piccolo ma significativo indizio - dal relativo boom editoriale anarchico (al quale sarà
dedicato
il dossier centrale del prossimo numero di "A"). Ciò grava di ancora maggiori responsabilità
chi, come noi, si riconosce nell'anarchismo. Siamo anarchici, certo,
e orgogliosi di esserlo. Orgogliosi di far riferimento ad un patrimonio di umanità, di idee, di battaglie
libertarie
che dalla seconda metà dell'Ottocento costituisce un imprescindibile punto di riferimento, con il quale
confrontarsi per andare avanti in una direzione autogestionaria, antiautoritaria, libertaria. Siamo anarchici senza
complessi di inferiorità, perchè proprio questa nostra storia non autorizza nessuno a guardare con
superficialità
o a liquidare con sufficienza l'anarchismo, né ammette che se ne utilizzino alcune parti più datate
o meno esaltanti
per calunniarlo o ignorarlo. Al contempo, non abbiamo alcun complesso di superiorità, consci come
siamo dei molti (inevitabili?) limiti del
nostro patrimonio ideale e storico, dei tanti conti ancora da far quadrare, ma soprattutto perchè siamo
profondamente convinti che solo dal confronto, dallo scambio, dall'osmosi tra le parti più vitali
dell'anarchismo
ed i filoni libertari delle altre correnti del pensiero critico possa nascere un qualcosa di rinnovato che, alle soglie
del terzo millennio, sappia dare una qualche concretezza al grande sogno libertario. Nessuno spazio, dunque,
da parte nostra, a quella mentalità ed a quegli atteggiamenti di esasperata marginalità,
di pericoloso superomismo, di affermazione smodata della propria individualità e dei propri diritti, a quel
compiacimento per una propria presunta assoluta diversità (e - quel che è peggio -
superiorità) rispetto agli altri. Pietrasanta, lo sappiamo, non è che un piccolo comune tra gli
oltre novemila che costellano l'Italia. La quale, poi,
non è che un piccola parte del mondo, con tutti i suoi drammatici problemi (molti dei quali, durante i
quattro
giorni della Fiera, non sono nemmeno stati sfiorati). Eppure il successo di questa iniziativa potrebbe
rappresentare - per il piccolo mondo anarchico e autogestionario,
che è il nostro mondo - un momento particolarmente positivo. Anche come rivista, continueremo a fare
la nostra
parte.
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