Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 229
estate 1996


Rivista Anarchica Online

Il futuro di "A"

Caro Paolo,
ero seduto alla mia scrivania e pensavo a te e al tuo appello per il sostegno alla Rivista A, al quale non avevo risposto, quando hanno infilato nella buca delle lettere la corrispondenza del giorno. In cima al mucchio c'era l'ultimo numero della Rivista A con la faccia del mio vecchio amico e compagno Paul Goodman che mi osservava (di Paul parleremo in seguito). L'arrivo della rivista, ha avuto l'effetto di stimolare la mia riflessione sui problemi legati alle difficoltà di tenere in vita una pubblicazione che per la sua stessa natura è impossibilitata ad autofinanziarsi. A dispetto del fatto che il nostro movimento è molto più ampio di quanto la maggior parte della gente sia disposto a riconoscere, non si tratta di un movimento ricco, formato da persone benestanti, pronte a sostenerlo. Inoltre, nel corso degli anni, la natura dei gruppi anarchici è cambiata. Il forte e stretto legame tra compagni, che nel passato ha portato alla formazione di gruppi impegnati a sostenere le nostre pubblicazioni, nonché, in altre attività, pare essersi attenuato. Tra i giovani che compongono il nuovo anarchismo sembra esistere un legame meno solido. Se si somma questo dato al fatto che in questo mondo capitalista, spietato e sempre più impoverito, la maggior parte dei giovani anarchici non ha a disposizione molto denaro, allora è inevitabile ipotizzare la scomparsa della gran parte delle pubblicazioni anarchiche esistenti. Non si tratta, tuttavia, di criticare la natura delle pubblicazioni, ma piuttosto di rilevare un fatto della vita crudamente economico. Durante la seconda guerra mondiale, quando il nostro gruppo di giovani anarchici si unì per avviare le pubblicazioni del nostro giornale pacifista Why? (più tardi ribattezzato Resistance), il gruppo era formato da individui che, come appartenenti alla classe operaia, faticavano a mantenere se stessi. Ci demmo da fare per finanziare i primi numeri, ma fino a che non ci venne incontro il gruppo di anarchici italiani de L'adunata dei refrattari, il futuro del giornale rimase nero. "Bruno" e Osvaldo Maraviglia trovarono un accordo con il tipografo che stampava L'adunata, perché si occupasse anche del nostro giornale (la maggior parte dei tipografi che avevamo contattato era preoccupata per il contenuto pacifista e anarchico della nostra pubblicazione). Giovanni Vattuone, che lavorava in una lavanderia e disponeva di un furgone per la consegna della biancheria lavata ai clienti, avrebbe ritirato i nuovi numeri dal tipografo e avrebbe provveduto a portarceli a casa (cinque piani di scale). Audrey Goodfriend e io vivevamo nel Lower East Side di Manhattan e il nostro appartamento era il centro dove si svolgeva il lavoro necessario alla realizzazione del giornale. Fu il generoso sostegno dei compagni italiani ad assicurare la continuità del giornale. Questa meravigliosa generosità fu sentita non soltanto dal nostro giovane gruppo, ma dai gruppi anarchici di tutto il mondo. La loro amicizia, il loro incessante sostegno, proseguì fino alla recente scomparsa di quella straordinaria, idealistica generazione. Sono certo che anche oggi, in Italia, i compagni devono sentire la perdita di gente come Attilio Bortolotti, Giovanni Vattuone, Lino Molin, Bartolo Provo, Domenico Sallitto e dei numerosi altri compagni che sostennero le nostre idee. La loro dedizione all'anarchia e la loro generosità furono senza pari. Ma così mi sono allontanato dalla questione da cui ero partito. Come possono i gruppi anarchici sostenere le loro pubblicazioni senza un aiuto esterno? Realisticamente, anche la più prestigiosa delle pubblicazioni non radicali non ce la farebbe ad andare avanti senza l'intervento della pubblicità commerciale. Sappiamo tutti che oggi, con quello che costano stampa e distribuzione per posta, nessun giornale può vivere di sole sottoscrizioni. Non intendo certo affermare che ci si deve rivolgere alla pubblicità per sostenere le nostre pubblicazioni, ma forse dovremmo pensare a giornali e riviste più piccoli e meno costosi. Invece di occuparci di giornali di cui si prevede la distribuzione in tutto il mondo, dovremmo incoraggiare la nascita di una moltitudine di pubblicazioni più piccole che rifletterebbero un impegno più grande e un legame attivo con le nostre comunità. Queste potrebbero anche assumere la forma di piccole pubblicazioni da tavolo, composte al computer e stampate da compagni in possesso di una attrezzatura minima. Forse questi giornali potrebbero segnare una svolta nella nostra retorica, allontanandola dalla "grande visione" e ponendo l'accento sui bisogni necessari e le possibilità di crescita di ciascuna enclave umana. In un certo senso, credo che questo sarebbe un ritorno a quello che era il movimento cent'anni fa, quando l'attività anarchica era più diffusa e influente di oggi. In un mondo sempre più centralizzato, l'accento posto sulla decentralizzazione offre un enorme potenziale per la crescita e la rivitalizzazione dell'anarchismo. Non credo affatto che uno sforzo in tale direzione rischi di condurci a pubblicazioni noiose e poco interessanti. Al contrario. Oggi, con un buon programma per l'elaborazione dei testi e una buona stampante si possono realizzare degli ottimi lavori. Sono convinto che il coinvolgimento di un maggior numero di individui, in particolare di giovani che si sono appena avvicinati o si stanno avvicinando all'anarchismo, rispondendo da un lato alla esigenza di lavorare direttamente sui problemi che incontrano crescendo in questo mondo possa moltiplicare di fatto le energie, la responsabilità e le esperienze di crescita comune.
La questione della Rivista A. Sono rimasto molto contento per la ripresa di interesse attorno alla figura di Paul Goodman. Paul era un uomo estremamente complesso e c'erano aspetti del suo credo e del suo comportamento che alcuni suoi compagni trovavano discutibili. Ma d'altra parte, lui è stato uno dei pensatori più originali e creativi di questo secolo, uno scrittore e un oratore che ha dato un grande contributo al pensiero anarchico. Quando Paul cominciò a partecipare alle riunioni del nostro giovane gruppo anarchico nella Spanish Anarchist SIA Hall, nella zona sud di Manhattan, ebbe l'effetto di portare il pensiero di molti di noi giovani compagni dal diciannovesimo secolo al presente. Fu attraverso Paul che molti di noi sentiremo parlare per la prima volta delle teorie professate da psichiatri moderni come Wilhelm Reich. Il libro Communitas di Paul e di suo fratello Percy, risultò stimolante per molti di noi che avevano cominciato a riflettere circa le possibilità di vivere in comunità anarchiche cooperative. Fu la forza di queste idee che convinse definitivamente Audrey e me a lasciare New York per emigrare, insieme a un'altra coppa anarchica, a San Francisco, dove nel 1948 inaugurammo una casa comunitaria. Il libro di Paul, Growing Up Absurd (La gioventù assurda), fu uno dei fattori decisivi nel convincere Audrey e me a far parte del gruppo fondatore della Walden School, che a distanza di 37 anni continua a crescere. Oltre a essere un pensatore creativo e pieno di inventiva, Paul si impegnava attivamente nelle nostre "azioni di strada".
Quando il nostro gruppo picchettò la Danbury Federal Prison nel Connecticut, manifestando il proprio sostegno ai compagni pacifisti imprigionati e richiedendo il loro rilascio, Paul era con noi.
Alla fine della guerra, quando cominciammo a protestare ai cancelli dello US Postal Service perché impediva alla gente di inviare il cibo e i vestiti di cui avevano bisogno i parenti o i compagni europei, Paul, che propose quell'iniziativa nel corso di un incontro pubblico, rimase con noi fino a che l'ufficio postale non eliminò quelle restrizioni. Paul era un uomo calmo, tranquillo, onesto, un buon compagno del quale potevi finarti se si prendeva un impegno.
L'articolo apparso sulla Rivista A riguardo ai possibili usi di "Internet".
Mi sono trovato in totale disaccordo con il concetto che veniva espresso nell'articolo. Per cominciare, si tratta di uno strumento elitario che rischierebbe di separare gli anarchici da tutti gli altri, eccetto quei pochi che si possono permettere la costosa attrezzatura (per non parlare dei costi di collegamento ai diversi servizi). Inoltre, ritengo che quello che veniva sottovalutato nell'articolo era il fatto che tutti questi servizi elettronici sono controllati, in un modo o nell'altro, dagli Stati centralizzati. Se la trasmissione di materiali anti-stato crescesse in misura tale da minacciare la società esistente, gli anarchici verrebbero presto tagliati fuori ed esclusi dal loro utilizzo. In realtà, ogni "rete" nasconde un avido ragno in attesa di quelli che rimangono intrappolati nei suoi viluppi. Inoltre penso che questi congegni elettronici, inclusa la apparentemente innocente televisione, hanno l'effetto di isolare le persone le une dalle altre. Non è casuale che il periodo di maggiore crescita dei diversi movimenti radicali sia stato precedente alla "rivoluzione elettronica". Non furono soltanto gli scritti dei primi pensatori anarchici che agli inizi del XX secolo trasformarono il movimento in una forza potente, ma anche la presenza fisica degli oratori anarchici agli incontri, agli scioperi e alle manifestazioni che influenzarono e raggiungevano la gente che attiravano. Le parole da sole possono convincere soltanto qualche individuo, ma la presenza fisica accompagnata dal linguaggio del corpo amplia il messaggio verbale ed esercita un effetto di gran lunga superiore.
Non mollare.

David Koven
(Vallejo - USA)