Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 224
febbraio 1996


Rivista Anarchica Online

Dentro e fuori
di Giuseppe Gessa

In una recensione di un film poliziesco, il critico stendeva un elenco dei personaggi principali - impegnati in un fallimentare quanto sanguinolento colpo - tra i quali ve ne era uno "zoppo ma dal cuore d'oro". Memore del vecchio adagio "chi va con lo zoppo impara a zoppicare", il suddetto critico probabilmente intendeva sottolineare - con quel ma emerso da un sentire comune implicito quanto pervicace - come dall'anomalia fisica ci si potesse anche riscattare grazie a un impeto dell'animo, appunto "buono", nei confronti di un corpo carico di connotazioni "malefiche" (il celebre diavolo zoppo, per esempio). Nel libretto che viene qui commentato (Il buco nella grondaia, edizioni millelire) si racconta la storia del rapporto tra un gruppo di detenuti del carcere di Pistoia e la comunità Loic (di ispirazione steineriana), di Capena (Roma) che ospita con gli operatori alcuni portatori di handicap. Sia i detenuti che gli handicappati ben si prestano a facili generalizzazioni, prima fra tutte quella che prende una parte e la trasforma nel tutto, per cui una persona detenuta diventa un "detenuto", una persona con una qualche anomalia fisica o psichica diventa "un handicappato". Lo stesso linguaggio - come si può dedurre anche da questo scritto - ci rende quasi indispensabile questo vincolo classificatorio che, se non esplicitato, ci fa credere reale e definitivo ciò che è costruito dai nostri convincimenti e sempre suscettibile di modifiche. Ma torniamo ai nostri due "modelli" di umanità. Per i primi potremmo parlare di carcerati, "ma dal cuore d'oro", mentre i secondi potrebbero essere handicappati coraggiosi, qualcuno dei quali perfino pericolosi visto che in lettera si invitano i detenuti in questione a una evasione con l'utilizzo appunto del "buco nella grondaia". D'altro canto in Francia esisteva anche un movimento che si autodefiniva degli "handicappati cattivi", per contrastare una generalizzazione altrettanto deleteria che vuole il portatore di handicap buono e angelico prono sulle sue croci. La nostra storia inizia comunque al termine di un corso di pittura organizzato nel carcere di Pistoia dalla cooperativa Pantagruel. I detenuti organizzano una mostra dei loro lavori e decidono di devolvere il ricavato della vendita a favore della comunità di Capena. Si susseguono incontri prima tra operatori e detenuti, quindi al termine di un vivace contatto epistolare si arriva pur con notevoli difficoltà burocratiche fino all'incontro nella comunità tra i ragazzi e un gruppo di detenuti. Non si prenda questa vicenda come una storia di buoni sentimenti adatta alla realizzazione di un melodramma. La cooperativa Pantagruel, che edita un giornale dal titolo programmatico Liberarsi dalla necessità del carcere, con questo volumetto ha reso esplicita la violenza che sottende il modo comune di intendere la pena e la sua applicazione. Il libretto viene definito dagli autori come la "storia di un'amicizia tra chi vive dentro il carcere e chi porta un carcere dentro di sè". Forse più bello è vedere il volumetto e questa amicizia a distanza come "una piccolissima piantina appena uscita dal seme e tanto bisognosa di cura", secondo l'opinione di una operatrice di casa Loic, oppure come uno stimolo ad uscire dalle proprie certezze magari anche guardando il mondo attraverso il buco nella grondaia. Il libretto come dicevamo è nato dalla collaborazione tra l'Associazione Casa Loic (loc. Capotosto, 00060 Capena, Roma) e il giornale Liberarsi dalla necessità del carcere, edito a Pistoia dalla cooperativa Pantagruel da due anni impegnata nel settore (Cas. Post. 360, 51100 Pistoia; tel. 055-8547980). Si tratta a scanso di equivoci anche di una lettura molto divertente che a tratti potrà apparirci molto sentimentale ma che contiene anche citazioni come quella di Franz Kafka con la quale sembra bello concludere "Il presagio di una liberazione definitiva non viene vanificato se all'indomani la prigionia resta immutata o se si inasprisce addirittura, oppure se viene espressamente dichiarato che non terminerà mai. Tutto ciò, anzi, può essere premessa necesaria per la liberazione definitiva".