Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 222
novembre 1995


Rivista Anarchica Online

Varietà e discordanze

Caro Direttore,
ho avuto il piacere di leggere - con attenzione - l'articolo di Ranci a proposito della possibilità di oltrepassare il relativismo via consapevolezza procedurale (una inconsueta espressione per parlare del benemerito realismo?) e devo - purtroppo - dissentire (anche se mi compiaccio della diversità di vedute che d'altronde conferma l'inevitabile pluralità di opinioni).
In primo luogo - indipendentemente da Feyerabend - Goodman e Quine (anno 1947) avevano argomentato che - con buona pace di Carnap - non esiste una base migliore di un'altra. Il terreno di riferimento lo scegliamo noi. Non esiste un insieme di coordinate privilegiate o oggettive. In altri termini: there is not fact of the matter. In secondo luogo - pensiamo al celebre scritto di Goodman "Ways of Worldlaking" - le ricerche logico-epistemologiche dei due autori hanno sostanzialmente comprovato la giustezza e la inevitabilità del relativismo. La verità e la falsità sono tali solo se posti in relazione a un punto di riferimento dal momento che fatti puri non esistono. Esistono invece reti di assunti e credenze (l'espressione - cerebrale - è di Quine) che c inducono alla consapevolezza della diversità - ribadisco inevitabile - di versioni corrette e perfino contrastanti. In terzo luogo - da un punto di vista strettamente storico - la vanificazione del relativismo è venuta dalla cultura di destra. Basti pensare a Jünger, Evola, Schmitt. Insistere sulla: "varietà e molteplicità delle tradizioni, sulla irrimediabile varietà delle idee, sul molto rumore e sui molti disaccordi che caratterizzano la storia, sulle discordanze di cui è pieno il mondo delle idee genera in molti un invincibile senso di fastidio (...) Ma la varietà, instabilità e discordanze costituiscono la fisiologia e non la patologia del mondo delle idee" (Paolo Rossi, Paragone degli ingegni moderni e postmoderni, p. 26). Oggi soprattutto - prosegue Rossi - "non sono molti quelli che non hanno occhi per la varietà delle tradizioni e per le avventure di idee, che sono privi di senso storico e di cultura storica, e odiano la varietà, e detestano il relativismo" (p. 28).
Il pericolo - caro Ranci - viene da coloro che sostengono una logica bivalente e dicotomica. D'altronde la presenza del pluralismo era già stata notata da Herder, da Vico e più recentemente ribadita da Berlin.
L'incompatibilità e il pluralismo "rendono inevitabile il conflitto tra valori e rendono incoerente, obsoleta e illusoria l'idea di un Tutto perfetto nel quale coesistano tutte le cose buone, di una armoniosa coesistenza di tutti i Grandi Beni. La attenuazione dei conflitti, l'equilibrio sempre minacciato e sempre bisognoso di costanti riparazioni sembrano certo ai sacerdoti e ai profeti ideali troppo poco nobili e troppo poco eroici" (Rossi, idem, p. 33).
La tolleranza - che consegue logicamente da queste considerazioni - non è una forma di debolezza borghese (questo lo pensavano Stalin, Hitler e Mussolini ex-socialista rivoluzionario) ma è la conseguenza - ribadisco - della presa di coscienza che "nopn esistono accessi diretti alla realtà; che ad essa si accede solo mediante la costruzione di mappe e la scelta di fili per il labirinto; che alcune mappe e alcuni fili sono più affidabili di altri, ma che non esistono nè una mappa nè un filo in assoluto più veri di qualsiasi altro" (Rossi, idem, p. 50).
Ma in fondo questa non era la lezione di Hume e Bacon?
Spero di aver chiarito - a sufficienza - il mio punto di vista e mi auguro che pubblichiate la mia risposta nel rispetto della pluralità e della tolleranza.
Cordiali saluti

Giuseppe Gagliano (Como)