Rivista Anarchica Online
Troppo distante
Cara "A», ho da poco ricevuto l'ultimo numero (aprile '95 - n. 217) e con esso l'invito a
rinnovare l'abbonamento.
E' da mesi che ci torno con la testa, ma non mi sono ancora deciso sul da fare. Ho in mano le tue ultime pubblicazioni, e a parte pochissimi articoli e qualche
messaggio del movimento non ci
trovo molto di veramente interessante. Continuo a chiedermi se sei tu che non mi dai più molto, o se mi
sono
inaridito tanto ... Chissà ... Vorrei entrare un po'
nel dettaglio, chiederti perché mai tutte quelle belle pagine sulle biografie di compagni
scomparsi (criticabili anche quelle, dal mio punto di vista), sul teatro, sull'anticlericalismo, sui diritti delle donne,
sulla storia del movimento, su argomenti che sento molto teorici e molto distanti da me e la cui lettura mi
coinvolge poco. Vorrei fare una lunga chiacchierata con te, per chiederti cosa significano tante frasi e tanti articoli
la cui comprensione mi risulta molto difficile, e quale senso abbiano. E vorrei chiederti se sai dov'è finita la rivista in cui credevo tanto, che mi parlava anche di lotte
quotidiane, di
lavoro, di classi sociali, di campagne di boicottaggio, di terzo mondo, di barboni, di immigrati, di
comunità, di
centri sociali, di VITA VERA? O forse mi confondo con qualche altra pubblicazione? O forse non sono più questi, oggi, gli argomenti che riguardano il
movimento anarchico? Sono in stretto contatto con un
gruppo di ragazzini di 11-12 anni, con i quali non riesco a comunicare se non mi
sforzo di parlare la loro lingua, che non riesco a coinvolgere su argomenti che meriterebbero almeno un po' di
attenzione. Giocando e confrontandosi con loro, mi accorgo di essere molto, troppo distante dai loro punti di
riferimento, e che mi risulta molto difficile capirli ed essere capito. Non so più se è questo quello
che chiedo a
me, di vivere nel mio mondo e del mio mondo. E forse non è più questo quello che mi aspetto
da te. Speravo che mi avresti aiutato a scoprire il valore
della semplicità, ma trovo spesso più saggezza in chi vive con
caparbietà, e con rassegnazione anche, l'avvilente quotidianità, che in tante tue pagine.
Se ti ostini a voler essere un'isola - tra l'altro poco felice
- temo che mi perderai. Con mio sommo dispiacere. Aspetto
qualche tuo segnale. Con affetto
Maurizio Russo - Cles (TN)
P.S. - È meglio una piccola utopia da vivere, o una grande
utopia da sognare?
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