Rivista Anarchica Online
Anarchici a Imola
di Centro Studi Sociali "Malatesta" (Imola)
Nel cinquantenario della Liberazione, prosegue la presentazione della presenza e delle attività antifasciste
degli anarchici di lingua italiana dal primo sorgere del movimento fascista fino alla Resistenza ed oltre. Dopo
il volantone inserito nel numero di marzo e le pagine dedicate sullo scorso numero a Carrara ed a Piombino,
è
ora la volta di Imola
Il 1920 segna la riorganizzazione definitiva degli anarchici imolesi che danno vita
a due folti gruppi: il gruppo
giovanile anarchico e l'USI. In tutto i giovani che si impegnavano attivamente erano una ottantina:
organizzavano dibattiti, conferenze, comizi e cercavano di realizzare una stretta unità con i giovani
socialisti. L'attività sindacale era diretta soprattutto verso quelle categorie come i muratori, gli
infermieri, gli
imbianchini, i barbieri, i metallurgici ed i camerieri che non erano seguiti dalla c.d.l. (aderente alla C.G.L.)
impegnata com'era nell'agitazione agraria e quindi nell'organizzazione delle categorie agricole. La
preparazione rivoluzionaria degli anarchici cresceva ogni giorno, per cui non si trovarono sprovvisti di
fronte al fascismo. Infatti il 28 ottobre 1920 Dino Grandi, allora giovane avvocato di Mordano (comune
vicino a Imola), poi uno
dei più grandi gerarchi fascisti, subisce un attentato: gli vengono sparati contro quattro colpi di rivoltella
che,
(purtroppo) non lo colpiscono. Si attribuisce il fatto agli anarchici e i socialisti declinano ogni
responsabilità.
In effetti gli autori dell'attentato risultano essere veramente anarchici che, nel momento in cui il fascismo
nascente si appoggia a giovani studenti infiammati di patriottismo e di spirito reazionario e di odio verso il
socialismo, hanno intuito in Grandi un possibile futuro nemico. Il 1920 si conclude con il tentativo, da parte
dei fascisti di crearsi le premesse per poter penetrare in Imola, ma
fino al giugno del 1921 i fascisti a Imola non hanno voce in capitolo. Gli anarchici partecipano, con i giovani
socialisti, che poi passeranno in massa al P.C.d'I., alla formazione
delle «guardie rosse» a cui e affidato il compito di difendere Imola dalle squadracce provenienti da Bologna. I
fascisti infatti avevano già «assoggettato» Castel S. Pietro e si servivano di questo comune come base
per le
incursioni nei paesi vicini e soprattutto per distruggere il mito di «Imola rossa» e della combattività degli
imolesi, dovuta alla cinquantennale propaganda anarchica e socialista e al grande prestigio che aveva avuto
Andrea Costa. I fascisti bolognesi fanno vari tentativi fin dal novembre, sempre sconsigliati però dalla
autorità
locale e dagli stessi capi socialisti perché l'eccezionale livello di mobilitazione del popolo avrebbe
provocato
una «carneficina». Ma il 14 dicembre una colonna di fascisti in camion tenta di venire a Imola. Il servizio di
informazione scatta immediatamente e tutta la popolazione armata, chiamata dal campanone comunale che
suona a stormo, scende in piazza. Le cinque squadre di «guardie rosse» si dispongono nei punti strategici della
città e gli anarchici collocano due mitragliatrici all'ingresso di Imola, sulla Via Emilia, in modo da
prendere i
fascisti in un fuoco incrociato. Anche questa volta i fascisti non vengono, pare che Romeo Galli, socialista,
telefonasse al Sindaco di Ozzano per pregarlo di dissuaderli. Ma i fascisti avevano intuito quale era il mezzo
più efficace per entrare a Imola: lasciare che una snervante attesa fiaccasse la difesa degli imolesi.
Figure squallide Così, con l'appoggio dei
popolari, fanno le loro prime apparizioni fino a lanciare un attacco in grande stile. Il 10
aprile, durante una processione organizzata dal Partito Popolare, arrivano i fascisti provenienti da Castel S. Pietro:
l'esercito e i carabinieri occupano il centro per difendere dal popolo gli squadristi. Il 28 maggio i fascisti danno
l'assalto al Circolo Ritrovo Socialista, naturalmente di sera. Un gruppo di essi, nascosto nell'ombra dei giardini
pubblici, si prepara ad attaccare con pugnali, bombe a mano e rivoltelle. Mentre parte di essi entrano nel circolo,
altri, fuori, sparano all'impazzata per impedire alla gente di accorrere. Il bilancio dell'assalto è di sette
feriti e la distruzione di parte delle suppellettili, registri ecc., poste nei locali
in cui aveva sede anche la redazione del settimanale socialista «La lotta» e la sezione socialista. La reazione
comincia a prendere piede apertamente anche ad Imola, i capi socialisti fuggono a S. Marino e
torneranno solo a settembre, a bufera momentaneamente passata. Cosi la reazione armata fascista colpisce
le avanguardie mentre la massa è disorientata e impaurita. Il 26 giugno i fascisti con Dino Grandi,
Gino Baroncini ecc. inaugurano il gagliardetto di combattimento sotto
gli occhi soddisfatti della gretta borghesia locale. I fascisti locali, figure squallide, in alcuni casi addirittura
malati di mente, trovano appoggio negli agrari che li
esaltano, li ubriacano con soldi e vino, e lo stretto collegamento col gruppo già forte del fascismo
bolognese li
fa sentire improvvisamente padroni della piazza quando in 100 contro uno, protetti dalla polizia, si scagliano
contro le avanguardie rivoluzionarie. I primi ad essere colpiti sono gli anarchici, poi i socialisti ed infine la
reazione si abbatte su tutto il proletariato. Il 10 luglio vi sono i fatti della Birreria Passetti in cui, fallito il
tentativo di alcuni fascisti di uccidere
l'anarchico Primo Bassi (1892-1972), si costruisce una montatura per accusarlo della morte del rag. Gardi,
estraneo ai fatti e rimasto ucciso nella sparatoria. Racconta Primo Bassi: «Il 10 luglio 1921 una squadra di
fascisti imolesi iniziava le prime azioni di violenza
indiscriminata. Alle ore 10 di sera, incontrato un muratore - tal Campomori - lo colpirono con randellate al
capo sino a che, sanguinante, potè rifugiarsi nella birreria Passetti, in quel momento affollata di clienti.
Fu
allora che notai un giovincello che, battendomi un giunco sulla spalla, mi invitava ad uscire. Accondiscesi, ma
dopo pochi passi nell'ampio cortile fui circondato dalla squadra che pretese perquisirmi e quando, palpate le
tasche, furono persuasi fossi inerme, iniziarono la bastonatura. Con una spinta mi aprii il passo verso l'uscita
e, guadagnando l'uscita sotto le percosse, fui raggiunto da una randellata allo zigomo sinistro che per poco
non mi abbattè al suolo. Voltandomi di scatto fu allora - solo allora - che l'istinto di conservazione
prevalse in
me. Il fascista Casella mi era quasi addosso con l'arma in pugno ed io - già estratta la pistola dalla cintura
dei
pantaloni - gli sparai contro colpendolo ad una gamba. Sparai ancora in aria un colpo e mentre attorno era
tutta una sparatoria fuggii per via Aldovrandi per consegnarmi ai carabinieri sopraggiunti, ferito da una
pallottola di rimbalzo. Accompagnato in caserma prima ed all'ospedale poi, fui tempestato di pugni sino a che
un infermiere, il socialista Maiolani, non intervenne a redarguirli. Intanto all'interno della birreria un cittadino
- voluto poi fascista - era stato colpito dal basso all'alto da un colpo di rivoltella, decedendo. I fascisti si
impadronirono di quel morto ed iniziarono una violenta reazione contro uomini e cose.» La stessa sera
numerose squadre di fascisti percorrono le vie della città, sparando all'impazzata con lo scopo
di impaurire.
Caccia al sovversivo Poi assalgono la sede
dell'Unione Sindacale, distruggendo sistematicamente tutto ciò che trovano: devastano gli
uffici delle leghe, la redazione del giornale anarchico Sorgiamo, il circolo ritrovo, la ricca biblioteca.
Tutto ciò
che non si può dare alle fiamme nel piazzale sottostante è reso completamente inservibile. Il
lunedì continua per
le vie di Imola la caccia al sovversivo. Viene arrestato il maestro anarchico Ciro Beltrandi per aver sparato
all'ex repubblicano Mansueto Cantoni,
diventato segretario del fascio locale. Viene picchiato selvaggiamente coi calci di moschetto alla schiena,
tanto da morire nel 1941 a Bruxelles in seguito alla tubercolosi, provocata dalle botte fasciste. Anche il
responsabile de «Il Momento», giornale della Federazione Prov. Comunista Bolognese e organo della c.d.l.
di Imola, Romeo Romei, viene aggredito e, ferito gravemente al petto con un colpo di
rivoltella, lasciato per terra moribondo; Ugo Masrati, bracciante agricolo anarchico, mentre e tranquillamente
addetto in un'aia come paglierino ai lavori di trebbiatura, viene assassinato dai fascisti. Alla tipografia
Galeati, pena l'incendio, si impedisce di stampare il periodico anarchico Sorgiamo. Si vieta
alle edicole di vendere giornali «sovversivi", come Umanità Nova e Ordine Nuovo.
Ma il movimento
anarchico non è ancora definitivamente abbattuto, bisogna quindi ancora colpirlo, ancora assassinare.
La sera del 21 luglio '21 cinque fascisti si recano in una osteria alle «Case Gallettino» con lo scopo ben
preciso di colpire un altro anarchico che si era sempre distinto per il suo coraggio, Vincenzo Zanelli, detto
Banega, muratore, anarchico. Arrestato per i moti del caro-vita del luglio 1919, era stato di nuovo arrestato
nel 1921 senza una imputazione precisa e rilasciato dopo 20 giorni. Da allora non era più stato lasciato
in pace
dai fascisti. Raggiunto con altri due anarchici - Farina e Tarozzi - dai fascisti, viene colpito ma, mentre gli
altri due anarchici disarmati fuggono, egli a terra si difende e uccide il suo aggressore, il fascista Nanni, di
professione ladro. Ormai quasi tutti gli anarchici imolesi più in vista sono eliminati. L'uccisione del
giovane fascista Andrea Tabanelli serve da pretesto per manovre contro gli anarchici: caduta
la prima accusa contro l'anarchico Diego Guadagnini, viene accusato il cugino Enrico Guadagnini e i fascisti
fanno altre rappresaglie: compiono un altro assalto alla sede dell'USI e ammazzano a randellate in testa
Raffaele Virgulti, mutilato di guerra anarchico.
Uccisi, carcerati o confinati Il movimento è
così decimato: messi in condizione di non nuocere i compagni migliori come Diego Guadagnini
e Primo Bassi (condannato a 20 anni nonostante che la perizia balistica avesse dimostrato che il proiettile che
uccise Gardi non apparteneva all'arma di Bassi), uccisi tanti dei migliori come Leo Bianconcini, Vincenzo
Zanelli, Raffaele Virgulti, carcerati o confinati tantissimi altri come Tarozzi, Baroncini, Farina, Errani, i fratelli
Tinti, Tonini, ecc. il movimento anarchico imolese darà il suo contributo alla lotta di liberazione in Italia
nel '44-'45 e, precedentemente, in Spagna nel 1936.
(riprodotto dal n. 20 di "A/Rivista anarchica", aprile
1973. Grazie a Massimo Ortalli per la verifica dei dati e dei nomi)
|