Rivista Anarchica Online
Governo e parlamento: proprio inutili?
Cari amici di "A Rivista Anarchica", so che susciterò un
vespaio di polemiche, ma voglio esporvi i miei dubbi riguardo l'articolo di
Maria Matteo. Premetto che pur considerandomi anarchico sono sempre andato a votare, in
quanto considero il voto un mezzo d'azione politica (ho naturalmente sempre votato a
sinistra).
Dopo le sconfitte elettorali dell'anno scorso, ad opera di una destra che mi sembra
pericolosamente fascista, mafiosa e massonica, ho deciso di cercare di contribuire più
attivamente alla lotta politica e mi sono iscritto ad un partito; nella fattispecie il P.D.S. Cosa
mi
ha spinto a scrivervi? La chiusa dell'articolo, in cui si nomina un "altrove" come campo di
gioco
per la partita dei liberatori. Ma questo altrove dov'è? Forse è
nell'insurrezionalismo di Malatesta,
che però mi sembra superato dalle correnti pratiche e pensieri anarchici sulla non
violenza. Forse
è nelle pratiche libertarie, come ad esempio i centri sociali. C'è qualche
differenza di relazione
con essi tra le giunte progressiste di Roma, Napoli, Venezia, e la giunta leghista di Milano.
Forse
è nelle pratiche di disobbedienza civile quali scioperi, manifestazioni, occupazioni;
mi pare però
che esistesse qualche divergenza tra il leghista Maroni e il (post-)fascista Gasparri sul metodo
per risolvere le agitazioni studentesche d'autunno. Forse è un rifugio in qualche paese
straniero
da cui scrivere messaggi pieni di sana e giusta indignazione per lo stato delle cose in Italia. Io
penso che siano tutti metodi onorevoli, ma che ricorrere all'ultimo di essi, perché
ricercato dagli
scherani di una dittatura, sia qualcosa da prevenire. Vorrei porre però un quesito di
fondo: siete
proprio sicuri che il governo (che brutta parola!) di una società complessa come
quella umana
non si possa o non si debba praticare attraverso il parlamentarismo, pur con tutti i suoi
difetti?
Saluti anarchici,
Stefano Dall'Agata (Treviso)
Risponde Maria Matteo
Caro Stefano, ho letto con attenzione la tua lettera e, come
potrai facilmente immaginare, non mi trovo
d'accordo con te: tenterò tuttavia, come so e come posso, di rispondere ai quesiti che
tu poni, che
pur nella brevità del tuo scritto, non sono certo di poco conto. Tu dichiari di
aver sempre votato e nonostante ciò ti dichiari anarchico. Aggiungi poco più
oltre
che, non pago di contribuire con il voto alla lotta politica, hai deciso che il modo migliore di
contrastare una destra pericolosamente fascista, mafiosa e massonica fosse quello di iscriversi
al PDS. Mi pare che in tal modo di fatto rinunzi, in nome di quella che chiami "lotta
politica", alla lotta
per l'anarchia, che se non erro implica in primo luogo la partecipazione diretta dei singoli alle
scelte che li riguardano e quindi il rifiuto di ogni forma di delega in bianco. Se talora
può essere
necessario ricorrere (con estrema cautela e parsimonia) a delegati, è tuttavia
indispensabile che
la delega sia precisa, su mandato imperativo e che il delegato non assurga mai al ruolo
istituzionale di rappresentante e possa in ogni momento essere revocato. Quella che tu
chiami "lotta politica" a mio avviso non è altro che lotta per il dominio e quindi
negazione di ogni forma di autonomia dei singoli e della società civile. Tu
ritieni che una società civile debba essere governata e che il miglior modo di farlo sia
il
parlamentarismo. Mi sorge spontanea una domanda: cosa accadrebbe ad una società
complessa
se non fosse governata? Forse piomberebbe nel caos o, peggio, nell'anarchia? Non me ne
volere,
ma temo che tu faccia tuoi i più usuali e logori argomenti dei democratici contro gli
anarchici. Ogni buon democratico è disposto ad ammettere che l'autogestione, la
partecipazione diretta sia
una bella utopia, forse possibile in società semplici, ma inapplicabile ad una
società complessa
come la nostra. Ora ti chiedo: cosa significa esattamente che una società
è complessa? Se la complessità dipende
dalla stratificazione sociale, dalla divisione tra sfruttati e sfruttatori, tra chi possiede tanto e
chi
nulla, mi dispiace ma la conversione al liberalismo del PDS, il partito di cui fai parte, non
esercita su di me alcuna seduzione: ritengo che tale assetto sociale vada aspramente
combattuto. Se invece per complessità intendi la difficoltà di governare
un territorio vasto, ti rammento che
questo è un problema per gli stati, non certo per gli anarchici, il cui pensiero politico
pone in
primo piano le comunità locali ed il federalismo libertario. Tu peraltro asserisci
che la scelta di partecipare alle elezioni (votando a sinistra) abbia oggi oltre
che un valore strategico anche una valenza tattica. Permettimi ancora una volta di dissentire.
Non
mi pare possibile dimenticare che il passaggio da un sistema elettorale proporzionale ad uno
maggioritario è stato fortemente voluto anche dal PDS, che ben poco si è
preoccupato
dell'erosione della possibilità di rappresentanza delle minoranze. Per quel che mi
riguarda,
sebbene non possa che ribadire la mia estraneità alle procedure elettorali, tuttavia non
posso
mancare di cogliere in questo mutamento delle regole del gioco un segno pericoloso di
restringimento di libertà. Tu sembri convinto che nello scontro tra destra e sinistra sia
opportuno
privilegiare quest'ultima. Eppure sia la destra che la sinistra italiane hanno le loro origini in
ideologie fortemente autoritarie quali il fascismo e lo stalinismo. Quali elementi possiedi per
ritenere che il distacco dal cordone ombelicale fascista di Fini sia meno sincero della rinunzia
della propria matrice stalinista di D'Alema e Bertinotti? I progressisti ti paiono
più aperti, più libertari? Citi il caso dei centri sociali: non ti sei accorto
che le giunte progressiste sgomberano tanto quanto il leghista Formentini? Gli sgomberi
di Torino, Moncalieri, Genova ti sembrano qualitativamente differenti da quelli di
Milano? Meno d'un anno fa la giunta progressista di Moncalieri si spinse al punto di far
incendiare il
sottotetto e usare gli idranti per stanare un gruppo di anarchici saliti sul tetto di una cascina
occupata. In quell'occasione la violenza fu tale che avrebbe potuto scapparci il morto. In che
modo il sindaco progressista di Moncalieri sarebbe migliore del post-fascista Gasparri che
auspicava l'intervento della polizia per por termine alle occupazioni studentesche? Non
è, spero, mia abitudine far d'ogni erba un fascio, tuttavia mi pare che in questo caso
non si
possa ritenere che la sinistra sia il male minore. Sono altresì consapevole che tra
il totalitarismo (fascista o comunista) e la democrazia
quest'ultima sia il male minore, tuttavia non credo che le ultime elezioni così come le
prossime
si configurino come una sorta di referendum tra democrazia e dittatura. E posso garantirti che
l'idea di trasferirmi forzatamente dall'Italia non mi sorride affatto, poiché ho sempre
ritenuto folle
la politica del tanto peggio tanto meglio. Per concludere: tu domandi dove sia "l'altrove",
quale sia il terreno in cui si gioca la partita degli
anarchici. Questo terreno non è, come sembri credere tu, mera pratica di
disobbedienza civile,
ma agire concreto per aprire sempre maggiori spazi di libertà, nel costante conflitto
contro un
ordine politico e sociale ingiusto. L'altrove di cui parlo è l'altrove delle lotte sociali,
dell'autorganizzazione sindacale, della lotta al militarismo e all'integralismo religioso, della
costruzione di ambiti di autogestione, delle scuole libertarie e delle municipalità di
base. È un
altrove difficile da costruire ma anche l'unico in cui le istanze anarchiche possano
concretarsi.
È un altrove che certo non potrai incontrare nelle sezioni del PDS. Fraterni
saluti
Maria Matteo
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