Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 218
maggio 1995


Rivista Anarchica Online

Governo e parlamento: proprio inutili?

Cari amici di "A Rivista Anarchica",
so che susciterò un vespaio di polemiche, ma voglio esporvi i miei dubbi riguardo l'articolo di Maria Matteo. Premetto che pur considerandomi anarchico sono sempre andato a votare, in quanto considero il voto un mezzo d'azione politica (ho naturalmente sempre votato a sinistra). Dopo le sconfitte elettorali dell'anno scorso, ad opera di una destra che mi sembra pericolosamente fascista, mafiosa e massonica, ho deciso di cercare di contribuire più attivamente alla lotta politica e mi sono iscritto ad un partito; nella fattispecie il P.D.S. Cosa mi ha spinto a scrivervi? La chiusa dell'articolo, in cui si nomina un "altrove" come campo di gioco per la partita dei liberatori. Ma questo altrove dov'è? Forse è nell'insurrezionalismo di Malatesta, che però mi sembra superato dalle correnti pratiche e pensieri anarchici sulla non violenza. Forse è nelle pratiche libertarie, come ad esempio i centri sociali. C'è qualche differenza di relazione con essi tra le giunte progressiste di Roma, Napoli, Venezia, e la giunta leghista di Milano. Forse è nelle pratiche di disobbedienza civile quali scioperi, manifestazioni, occupazioni; mi pare però che esistesse qualche divergenza tra il leghista Maroni e il (post-)fascista Gasparri sul metodo per risolvere le agitazioni studentesche d'autunno. Forse è un rifugio in qualche paese straniero da cui scrivere messaggi pieni di sana e giusta indignazione per lo stato delle cose in Italia. Io penso che siano tutti metodi onorevoli, ma che ricorrere all'ultimo di essi, perché ricercato dagli scherani di una dittatura, sia qualcosa da prevenire. Vorrei porre però un quesito di fondo: siete proprio sicuri che il governo (che brutta parola!) di una società complessa come quella umana non si possa o non si debba praticare attraverso il parlamentarismo, pur con tutti i suoi difetti? Saluti anarchici,

Stefano Dall'Agata (Treviso)



Risponde Maria Matteo

Caro Stefano,
ho letto con attenzione la tua lettera e, come potrai facilmente immaginare, non mi trovo d'accordo con te: tenterò tuttavia, come so e come posso, di rispondere ai quesiti che tu poni, che pur nella brevità del tuo scritto, non sono certo di poco conto.
Tu dichiari di aver sempre votato e nonostante ciò ti dichiari anarchico. Aggiungi poco più oltre che, non pago di contribuire con il voto alla lotta politica, hai deciso che il modo migliore di contrastare una destra pericolosamente fascista, mafiosa e massonica fosse quello di iscriversi al PDS.
Mi pare che in tal modo di fatto rinunzi, in nome di quella che chiami "lotta politica", alla lotta per l'anarchia, che se non erro implica in primo luogo la partecipazione diretta dei singoli alle scelte che li riguardano e quindi il rifiuto di ogni forma di delega in bianco. Se talora può essere necessario ricorrere (con estrema cautela e parsimonia) a delegati, è tuttavia indispensabile che la delega sia precisa, su mandato imperativo e che il delegato non assurga mai al ruolo istituzionale di rappresentante e possa in ogni momento essere revocato.
Quella che tu chiami "lotta politica" a mio avviso non è altro che lotta per il dominio e quindi negazione di ogni forma di autonomia dei singoli e della società civile.
Tu ritieni che una società civile debba essere governata e che il miglior modo di farlo sia il parlamentarismo. Mi sorge spontanea una domanda: cosa accadrebbe ad una società complessa se non fosse governata? Forse piomberebbe nel caos o, peggio, nell'anarchia? Non me ne volere, ma temo che tu faccia tuoi i più usuali e logori argomenti dei democratici contro gli anarchici.
Ogni buon democratico è disposto ad ammettere che l'autogestione, la partecipazione diretta sia una bella utopia, forse possibile in società semplici, ma inapplicabile ad una società complessa come la nostra.
Ora ti chiedo: cosa significa esattamente che una società è complessa? Se la complessità dipende dalla stratificazione sociale, dalla divisione tra sfruttati e sfruttatori, tra chi possiede tanto e chi nulla, mi dispiace ma la conversione al liberalismo del PDS, il partito di cui fai parte, non esercita su di me alcuna seduzione: ritengo che tale assetto sociale vada aspramente combattuto.
Se invece per complessità intendi la difficoltà di governare un territorio vasto, ti rammento che questo è un problema per gli stati, non certo per gli anarchici, il cui pensiero politico pone in primo piano le comunità locali ed il federalismo libertario.
Tu peraltro asserisci che la scelta di partecipare alle elezioni (votando a sinistra) abbia oggi oltre che un valore strategico anche una valenza tattica. Permettimi ancora una volta di dissentire. Non mi pare possibile dimenticare che il passaggio da un sistema elettorale proporzionale ad uno maggioritario è stato fortemente voluto anche dal PDS, che ben poco si è preoccupato dell'erosione della possibilità di rappresentanza delle minoranze. Per quel che mi riguarda, sebbene non possa che ribadire la mia estraneità alle procedure elettorali, tuttavia non posso mancare di cogliere in questo mutamento delle regole del gioco un segno pericoloso di restringimento di libertà. Tu sembri convinto che nello scontro tra destra e sinistra sia opportuno privilegiare quest'ultima. Eppure sia la destra che la sinistra italiane hanno le loro origini in ideologie fortemente autoritarie quali il fascismo e lo stalinismo. Quali elementi possiedi per ritenere che il distacco dal cordone ombelicale fascista di Fini sia meno sincero della rinunzia della propria matrice stalinista di D'Alema e Bertinotti?
I progressisti ti paiono più aperti, più libertari? Citi il caso dei centri sociali: non ti sei accorto che le giunte progressiste sgomberano tanto quanto il leghista Formentini?
Gli sgomberi di Torino, Moncalieri, Genova ti sembrano qualitativamente differenti da quelli di Milano?
Meno d'un anno fa la giunta progressista di Moncalieri si spinse al punto di far incendiare il sottotetto e usare gli idranti per stanare un gruppo di anarchici saliti sul tetto di una cascina occupata. In quell'occasione la violenza fu tale che avrebbe potuto scapparci il morto. In che modo il sindaco progressista di Moncalieri sarebbe migliore del post-fascista Gasparri che auspicava l'intervento della polizia per por termine alle occupazioni studentesche?
Non è, spero, mia abitudine far d'ogni erba un fascio, tuttavia mi pare che in questo caso non si possa ritenere che la sinistra sia il male minore.
Sono altresì consapevole che tra il totalitarismo (fascista o comunista) e la democrazia quest'ultima sia il male minore, tuttavia non credo che le ultime elezioni così come le prossime si configurino come una sorta di referendum tra democrazia e dittatura. E posso garantirti che l'idea di trasferirmi forzatamente dall'Italia non mi sorride affatto, poiché ho sempre ritenuto folle la politica del tanto peggio tanto meglio.
Per concludere: tu domandi dove sia "l'altrove", quale sia il terreno in cui si gioca la partita degli anarchici. Questo terreno non è, come sembri credere tu, mera pratica di disobbedienza civile, ma agire concreto per aprire sempre maggiori spazi di libertà, nel costante conflitto contro un ordine politico e sociale ingiusto. L'altrove di cui parlo è l'altrove delle lotte sociali, dell'autorganizzazione sindacale, della lotta al militarismo e all'integralismo religioso, della costruzione di ambiti di autogestione, delle scuole libertarie e delle municipalità di base. È un altrove difficile da costruire ma anche l'unico in cui le istanze anarchiche possano concretarsi. È un altrove che certo non potrai incontrare nelle sezioni del PDS.
Fraterni saluti

Maria Matteo