Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 218
maggio 1995


Rivista Anarchica Online

Una conversazione stimolante: Chomsky e Foucault
di Valerio A. Scrima

Cosa succede quando due tra i massimi pensatori, originali e spregiudicati, del novecento si incontrano e conversano tra loro? (Noam Chomsky - Michel Foucault, Giustizia e natura umana, a cura di Salvo Vaccaro, La palma/Associate, Palermo/Roma, 1994, pp. 88, L. 23.000). E cosa hanno in comune il linguista più noto del mondo e l'autore della "Storia della follia»; il polemista politologo più censurato d'America, accanito accusatore delle menzogne di tutti gli inquilini della Casa Bianca e di Capitol Hill, e il filosofo post-nietzschiano più brillante e più eretico dell'eclettico pensiero francese contemporaneo? Il libertario ebreo che cumula in sé due minoranze facendone un cocktail incredibilmente sovversivo, e l'omosessuale raffinato il cui pensare è specificamente legato alle pratiche politiche dei vinti della terra (esclusi, pazzi, detenuti, profughi, ribelli, autori maledetti. .. )? .
Succede quel che e accaduto una sera del 1971 a Eindhoven, di fronte a un pubblico di studenti e telespettatori olandesi. Chomsky e Foucault hanno discusso per un paio d'ore, una buona metà delle quali intorno alla "natura umana", il primo rivendicandone la fondatezza della ricerca, e il secondo l'elemento di discorsività storica che ciascuna epoca ha avuto del concetto di natura umana.
Chomsky individua nella specifica competenza linguistica che caratterizza ogni individuo una base naturale, sostanzialmente radicata nella mente umana, da cui poter identificare cosa sia naturale e cosa sia costruito storicamente dall'umanità. Ciò gli consente di enucleare tappe di apprendimento e di evoluzione degli individui nelle fasi di crescita, collegando in un filo ideale Cartesio, von Humboldt, Kropotkin e Piaget.
Foucault non si dimostrò, in quell'occasione, totalmente in disaccordo, dato che si muoveva lungo un percorso differenziato di analisi. Il suo interesse, infatti, era quello di scavare le ragioni che sottostanno all'evidenza di significato che noi ereditiamo in alcune parole e in alcune cose. Foucault dimostra come il loro significato sia riconducibile a specifiche griglie di sapere che innervano il loro senso storico sino a costituirle in discorsi dominanti, che hanno trionfato su altri esclusi ma pure plausibili, secondo un gioco che ha per posta non la scoperta di una verità eterna, indipendente, che è lì pronta per essere svelata, verità quindi naturale, bensì la formazione di regole che designano cosa sia vero e cosa non lo sia in base a procedure di determinazione rivelate da Foucault.
Passando da questo piano di discussione ad un tavolo politico, proprio Foucault contesta l'idea di giustizia come un orizzonte ideale cui approssimarsi e dal cui criterio individuare politiche giuste o ingiuste. Poiché la giustizia, afferma in contrasto a Chomsky, non è un discorso neutro rispetto ai criteri ed alle regole che la producono sia sul piano concreto (ad esempio, organizzazione della giustizia), sia su quello simbolico (cosa sia giusto per una collettività in una data epoca, ad esempio). In altre occasioni, Foucault ha dimostrato come la semplice scenografia di un'aula di tribunale indichi il concetto di giustizia che viene affermato lì dentro, indipendentemente dai contenuti di giustizia (prove, procedimento, ecc.), poiché, in ultima analisi, nessun ideale futuro può dirsi esente dai principi attuali di un'epoca.
Da qui lo scontro tra Foucault e Chomsky sulla nozione di utopia (non di slancio utopico), poiché per Foucault la prefigurazione di una realtà altra è già inquinata da elementi del presente che l'utopia intende abbandonare. D'altro canto, Chomsky riconferma che un criterio di valutazione delle politiche si rifà immancabilmente ad una certa idea di giustizia che pre-esiste alle pratiche politiche e a cui tendono quelle correnti radicali e rivoluzionarie che si propongono una trasformazione qualitativa, e non meramente sostitutiva, dei sistemi che organizzano la realtà in un modo piuttosto che in un altro.
Nella sua introduzione, Salvo Vaccaro, infine, collega i due luoghi teorici degli autori a colloquio, sottolineandone affinità e differenze, anche in relazione alle rispettive produzioni teoriche che in quegli anni Foucault e Chomsky andavano effettuando, ed alla critica che si è soffermata sugli "esiti" di quella ormai lontana conversazione.