Rivista Anarchica Online
Il "teatro indipendente"
"Il teatro politico indipendente gode in America latina di una radicata tradizione come
forma privilegiata di
intervento, di denuncia e di partecipazione sociale". Così si legge in un articolo apparso sul n. 197 di
"A Rivista
Anarchica" (febbraio '93). Su questo stesso tema mi piacerebbe trattare specificatamente la partecipazione
dell'anarchismo nell'origine e nello sviluppo di questa tradizione. La scena rioplatense, fino alla fine del secolo
scorso, non possedeva una tradizione propria. A creare il teatro argentino, con un suo specifico contenuto
drammatico ed espressivo nel ritrarre la società è Florencio Sanchez con l'opera "M'hijo el
dotor" ("Mio figlio
il dottore"), che debutta al Teatro "Comedia" di Buenos Aires il 13 agosto 1993. Grazie al fatto di esser stato
ufficialmente riconosciuto come padre del teatro argentino, con la sua opera di drammaturgo, Florencio
Sànchez
è l'unico anarchico a cui sia stato dedicato un monumento in una piazza della capitale argentina.
Perché
Florencio Sanchez era anarchico, anche se ciò non viene detto ai ragazzi a scuola, quando si insegna
loro la
storia e le origini del teatro rioplatense. Florencio era nato a Montevideo, il 17 gennaio 1875 e a 23 anni si
trasferisce a Buenos Aires, integrandosi immediatamente nell'ambiente letterario "bohemien" modernista, che
comprendeva artisti conosciuti, come Alberto Ghiraldo, Felix Basterra, José de Maturana, Guaglione
ed altri
ancora, attratti dall'anarchismo, in un primo momento grazie all'attivismo di Pietro Gori (esule in Argentina dal
1898) e divenuti poi attivi militanti, come redattori o collaboratori di "La Protesta Humana" ("La protesta
umana"). Sono questi, anni di gestazione per il movimento anarchico e momento in cui si formavano le prime
organizzazioni operaie rivoluzionarie. Florencio Sanchez lavora come giornalista nella città di Rosario,
in cui,
nell'ottobre 1901 si organizzerà un importante sciopero in una raffineria di zucchero; qui cadrà
la prima vittima
proletaria nelle lotte operaie del paese. Il cronista di queste lotte è Florencio e il suo articolo
sarà pubblicato
integralmente su "la Protesta Humana". Nello stesso anno si tiene il Congresso di Fondazione della prima
federazione operaia - F.O.A. (Federazione Operaia Argentina, n.d.t.) che a partire dal 1903 prenderà
il nome
di F.O.R.A. (Federazione Operaia Regionale Argentina, n.t.d.), nell'anno in cui, come abbiamo detto, debutta
"M'hijo el dotor" a cui seguiranno, negli anni successivi "La Gringa" ("gringo" è un argentinismo che
designa
le persone straniere che non siano spagnole, portoghesi o ispano-americane, n.d.t.) e "Barranca abajo". Tutto
ciò, comunque non impedisce a Florencio Sànchez di continuare la sua collaborazione come
giornalista a "La
Protesta" che, dal 1904, diventa un quotidiano. Povero, nonostante il successo, Florencio nel 1909 fa un viaggio
in Europa e muore l'anno successivo in un ospedale di Milano. Nell'anno 1910 si festeggia il Centenario
dell'Indipendenza, che dà luogo ad un'intensiva attività di agitazione
anarchica e socialista, che si appoggia ad un movimento operaio forte, già ben organizzato e che
culmina con
lo sciopero generale. La repressione è brutale e le tipografie che stampano i due quotidiani anarchici
del
momento ("La Protesta" e "La Batalla" - "La battaglia" - che esce come edizione della sera) vengono incendiate.
L'organizzazione operaia continuò a svilupparsi senza dimenticare il teatro come arma di cultura e di
propaganda. Da quei tempi, ormai lontani, la F.O.R.A. comprendeva la Società di Resistenza, la
biblioteca,
l'ateneo, e il gruppo filodrammatico. Il teatro popolare di contenuto sociale iniziò a Buenos Aires, e le
compagnie teatrali più famose comprendevano questo genere nel loro repertorio. Un attivo militante
anarchico come Rodolfo Gonzalez Pancheco, conosciuto all'interno del movimento
soprattutto per la sua partecipazione al giornale "La Antorcha" ("La torcia"), è stato allo stesso tempo
uno
stimato autore di teatro che diffondeva le sue idee nelle opere che raggiungevano un pubblico molto vasto.
Già
nel 1916 debuttò un "bozzetto drammatico" al "Teatro Nuevo", dal titolo "Las vìboras" ("Le
vipere"). Credo
che la sua ultima opera teatrale sia stata rappresentata a Montevideo nel 1948, dalla "Companìa
Nacional de
Comedia", che s'intitolava "Cuando aquì habìa reìes" ("Quando qui c'erano i re"). Basta
solo citare alcuni titoli
di opere di Gonzalez Pacheco per rendersi conto del contenuto socio-politico del suo teatro: "Hijos del pueblo"
("Figli del popolo") del 1921, "El sembrador" ("Il seminatore") del 1922, "Companeros" ("Compagni") del
1936, "Manos de luz" ("Mani di luce") del 1940. Rodolfo Gonzalez Pacheco muore nel 1949, ma in questi anni
il passato cessa di essere storia per me e diventa
ricordo, parte di una storia personale. Ricordo la messinscena (e ricordo anche vari episodi che vi si riferiscono)
a quel tempo di "Nuestra Natacha" ("La nostra Natascia") di Alejandro Casona, autore spagnolo, rifugiatosi in
Argentina, rappresentata dal gruppo filodrammatico della locale Federazione Operaia. Si era all'inizio del
peronismo, già al potere, e la F.O.R.A. entrava nuovamente nell'illegalità e nella
semi-clandestinità. Negli anni '60, "La Protesta" torna ad uscire pubblicamente, e allo stesso tempo
debutta a
Rio de La Plata, la "piéce teatrale" "Sacco e Vanzetti" di Mino Roli e Luciano Vincenzoni (Roma,
1960), prima
a Montevideo nel 1962 e poi a Buenos Aires. La Compagnia professionale che la rappresentò, diede
una replica esclusivamente per i militanti della F,O.R.A.,
a cui tra l'altro versò gli incassi. In un paese nel sud della Bolivia, il compagno e attivo militante
sindacale Liber Forti crea il gruppo teatrale
"Nuevos Horizontes" ("Nuovi Orizzonti") di Tupiza e pubblica una rivista di teatro nel 1956. Ma non credo sia
necessario dare ulteriori esempi del rapporto fra anarchia e teatro, rapporto esteso a tutta l'America Latina; per
il momento basta segnalare i fatti e lasciare che le generazioni future raccolgano - qualora ci sia l'interesse -
quanto di buono è stato seminato.
Eduardo Colombo (Parigi) (traduzione di Fernanda
Hrelia)
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