Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 193
estate 1992


Rivista Anarchica Online

Non dobbiamo tacere
di Elena Petrassi

Ho letto negli ultimi tempi diversi libri di cui mi sarebbe piaciuto scrivere in questa rassegna per rendere partecipi altri lettori delle mie scoperte. Ma mentre mi crogiolavo nell'indecisione - scrivere di un libro di viaggi o di un romanzo messo all'indice? -, avvenimenti esterni mi spingono verso altre direzioni e io non voglio né posso sottrarmi a questa urgenza.
Le recensioni su cui stavo lavorando si sono spente tra le mie mani perché altro ha bisogno di essere detto.
Mentre scrivo queste righe si sta parlando con insistenza di un intervento armato da parte di una forza multinazionale in Jugoslavia e non so quando voi le leggerete, in settembre, sino a che punto si saranno spinte le cose. L'idea di quella guerra in corso, insensata come tutte le guerre, mi riempie di rabbia e orrore allo stesso tempo e non posso tollerare l'idea di una nuova guerra "per la pace", di un'azione per ripristinare il "diritto internazionale" simile alla guerra del Golfo. Ci sono altri modi oggi per arrivare a ottenere la cessazione delle ostilità, così come altri modi ci sarebbero stati l'anno scorso per piegare l'Iraq a una ritirata dal Kuwait.
Tutti conosciamo gli enormi interessi economici che stanno dietro a ogni guerra e conosciamo molto bene il valore della merce-uomo in quel contesto: nulla. Ma a questo nulla che diventa la vita umana nel calderone della guerra possiamo e dobbiamo opporre il nostro rifiuto, gridare il nostro "non ci sto, non mi avrete, non lo farete grazie al mio aiuto".
Una tale posizione di rifiuto può vacillare e avendola ottenuta una volta non è detto che sia facile tenerla viva in sé. Sulla strada della mia riflessione personale, ho incrociato un piccolo libro fatto da altri libri che probabilmente già molti di voi conoscono, ma la sintesi che questo volume offre lo rende una piccola guida per i non-violenti e per i pacifisti.
Questa antologia, che fa parte della collana Aperture della rivista Linea d'ombra, si intitola Violenza o non violenza e come recita la copertina si domanda se : "la violenza è levatrice della storia o affossatrice di ogni civiltà?
- Le riflessioni più rigorose dagli opposti fronti e da chi si colloca in mezzo, per rendere più coscienti le scelte degli oppositori: dei pacifisti, dei nonviolenti" (Linea d'ombra edizioni, 1991 L. 15.000).
I brani sono scelti da testi classici sulla non-violenza, si va dalla "Lettera a un rivoluzionario", di Lev N. Tolstoj: "Ogni partito, presumendo di essere a conoscenza di quello che occorre per il bene della gente, dice: datemi solamente il potere e mi adopererò per garantire il benessere universale. Ma benché molti di questi partiti si siano trovati al potere o lo siano tutt'ora, non ci si adopera per il benessere comune promesso e la condizione dei lavoratori continua ugualmente a peggiorare. Ciò accade perché la minoranza che è al governo, indipendentemente dal nome che porta, monarchia assoluta, repubblica costituzionale o democratica, come in Francia, Svizzera, America, nel momento in cui giunge al potere e governa la propria gente egoisticamente, è naturale che usi questo potere per conservare con la violenza quei privilegi che non si acquistano altro che in questo modo, a danno del popolo lavoratore."- alla riflessione della filosofa Hannah Arendt "Sulla violenza": "... Ancora una volta, non sappiamo dove ci porteranno tutte queste novità, ma sappiamo, o dovremmo sapere, che ogni contrazione del potere è un aperto invito alla violenza - magari soltanto perché coloro che detengono il potere e sentono che sfugge loro di mano, che si tratti di governi o di governanti, hanno sempre trovato difficile resistere alla tentazione di sostituirlo con la violenza".
La guerra e la pace, la violenza e la nonviolenza sono argomenti su cui, volenti o nolenti, ci troviamo costretti a misurarci ogni giorno in un mondo soggetto a così rapidi mutamenti. Solo cinque anni fa era impensabile che il mondo diviso in due blocchi si sarebbe sgretolato, che dalla frantumazione di stati sovranazionali sarebbero nati nuovi stati sempre più piccoli a base etnica, che le ombre dell'antisemitismo, mai veramente cancellate dalla nostra cultura e dalla nostra società, sarebbero riemerse con prepotenza in ogni paese occidentale. Il fenomeno dei nazi-skin può lasciare quasi indifferente per la sua esiguità, ma quel che dobbiamo temere non è il numero dei suoi sostenitori, ma le idee che questi sostenitori vanno diffondendo, ne basterebbe anche uno solo per renderlo comunque pericoloso ed è questo, oltre alla guerra, l'argomento su cui mi preme portare l'attenzione. Non possiamo tollerare che nessuno si arroghi il diritto di negare lo sterminio di sei milioni di ebrei e di centinaia di migliaia di altri individui "scomodi" nei campi di sterminio nazisti, non possiamo tollerare che un sedicente storico, David lrving, creda di poter affermare che i campi di concentramento non sono mai esistiti, che le camere a gas sono una invenzione degli alleati al fine di screditare il regime nazista, non possiamo neanche accettare che a quest'uomo, e ad altri come lui sia data la possibilità di diffondere menzogne che offendono la memoria dei morti, l'intelligenza dei vivi e distruggono la serenità dei sopravvissuti, coloro i quali portano ancora incisi nella carne i numeri che erano diventati la loro nuova identità. Negare la storia, negare quello che sappiamo è avvenuto, è uccidere di nuovo, uno a uno, tutti quelli che nei campi di sterminio hanno trovato la morte, tutti quelli che, sopravvissuti, ne hanno portato il segno per sempre.
Ho già affermato che credo nel valore e nella forza delle parole e che solo con le parole è lecito combattere, che contro l'oblio e il silenzio dobbiamo opporre la tenacia della memoria, ed è della memoria, di ciò che ci fa umani e ci dà il nostro senso di identità che queste persone ci vogliono privare. Persone, non mostri, non pazzi, non alieni, persone. E se l'orrore è diventato realtà per milioni, non dobbiamo domandarci come sia potuto accadere, perché è già successo, ma: "E' avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire", come scriveva Primo Levi nel suo bello e tragico libro "I sommersi e i salvati". E' accaduto, potrebbe riaccadere, per noi che non lo abbiamo vissuto di persona, né abbiamo parenti o amici che lo abbiano vissuto, per noi che non siamo in qualche modo testimoni diretti resta comunque un dovere ben preciso, quello della lettura e della riflessione, il dovere della comunicazione perché i morti non giacciano nel silenzio e nell'oblio. "I sommersi e i salvati" e "Se questo è un uomo" di Primo Levi sono due tra i libri che è giusto e necessario rileggere se già li conosciamo e leggere se ancora non lo abbiamo fatto. Nulla va dato per scontato, nessun diritto per acquisito, non dobbiamo allentare la guardia, non dobbiamo tacere. Di Primo Levi scriverò ancora in uno dei prossimi numeri perché è appena uscito un libro che si intitola "Echi di una voce perduta" che parla di lui, ma che ancora non ho letto, e anche perché desidero parlare con più calma, non sull'onda dell'emozione, del perché io credo la sua opera sia fondamentale.
Vorrei chiudere queste righe, e qui mi si perdoni la presunzione, con una poesia, dedicata a Primo Levi, che ho scritto qualche anno fa:

Noi
i vecchi
cademmo per primi
non chiedeteci
di dimenticare.
Qualcuno
danzò e cantò
sino all'alba
prima
di varcare
la soglia oscura
poi
fuggimmo tutti
nella stessa
direzione
persi nelle nuvole
passeggere

Non più
vecchi
né giovani o bambini
ma fummo noi
i vecchi
a morire per primi

Dispersa
nella cenere
ogni ragione
cose tra cose i nostri
corpi
e cristalli
spezzati
i nostri cuori

Nulla era cambiato
nella mente degli uomini
ma prima noi non sapevamo
che per loro
eravamo solo
capelli carne (sanguinante)
denti d'oro
unghie
e occhi da sezionare
e questo
ai vecchi
forse fu risparmiato
di vedere
ogni sogno morire
ma fummo
noi vecchi
a capire
per primi
quanto inutile
fosse il desiderio
di guardare avanti

C'è chi vecchio
allora
non era
ma lo stesso
dolore
lo stava aspettando
pronto
a saltargli
alla gola
quando
i capelli
furono bianchi
perché bianco
è il colore
del ricordo infinito

Non chiedeteci di dimenticare