Vi scrivo per proporre ai lettori della rivista "A"
alcune mie suggestioni rispetto al breve articolo di Carlo Oliva
pubblicato sul numero 185. Come spesso, anche in questo caso mi
sono trovato d'accordo con l'analisi di Oliva, sintetica ed assai
lucida: "Potrebbe darsi persino il caso che la sconfitta del
comunismo, absit iniuria, sia anche la nostra sconfitta".
Questa la conclusione, che dovrebbe spingere tutti coloro che,
essendo anarchici e vivendo la propria scelta
etica in quotidiano confronto/scontro con le realtà delle
dinamiche sociali del sistema ne desiderano il mutamento (o la
trasformazione, o la distruzione) ad una riflessione sulle
opportunità politiche del movimento anarchico,
ora. Personalmente ho da tempo la convinzione che la già
poca agibilità politica del movimento anarchico (che ha
moltissime cause, alcune delle quali non certo esterne ad esso)
verrà progressivamente affossata con la scomparsa di rapporti
oppositivi nella nostra vita sociale. In breve, dal momento in cui
le uniche opposizioni a questo sistema di Stati Sovrani riuniti
intorno al Nuovo Ordine Mondiale del signor Bush saranno quelle dei
fantasmi nazionali, razziali e religiosi, non vedo su quale terreno
possa crescere e svilupparsi una cultura ed una pratica
libertaria! Qualcuno già da tempo aggira l'ostacolo
proclamando che quello anarchico è un movimento etico e non
politico. Io mi chiedo se non essere politico sia, a questo punto,
una scelta strategica e morale o piuttosto una necessità
dettata dall'impossibilita di muoversi realmente sul piano
sociale. E se questa impossibilità di muoversi esiste, da
che cosa è data? Da una scarsa duttilità mentale da
parte nostra? Da una incapacità di superare l'ideologismo per
lavorare sul concreto? Dalla cultura autolesionista del "tanto
peggio tanto meglio" che spesso, nella storia, fu rinfacciata -
e non sempre a torto - agli anarchici da altre forze del
movimento operaio e rivoluzionario? Se vi sono delle potenzialità
libertarie da mettere in gioco per fare anche un solo passo
verso l'Utopia, a mio avviso bisogna utilizzarle senza aver paura
di macchiare sempre l'ideale immacolato. Muore il comunismo e
tutti a ricoprirlo con gli errori (pratici e teorici) commessi nella
storia di comunisti o sedicenti tali. Ma, il mondo va in merda
comunque, che senso ha mettersi a fare i becchini anche noi ("Né
Marx, né Lenin, né Stalin, né Mao",
Stefano Fabbri, numero 185 della rivista "A")? E se gli
USA vogliono riprendersi Cuba noi libertari da che parte staremo? Da
nessuna delle due, ovviamente. Perché siamo extra
partem. Siamo sopra, o sotto, o altrove. O forse perché
proprio non ci siamo più. Saluti libertari.