Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 186
novembre 1991


Rivista Anarchica Online

Sopra sotto o altrove

Vi scrivo per proporre ai lettori della rivista "A" alcune mie suggestioni rispetto al breve articolo di Carlo Oliva pubblicato sul numero 185. Come spesso, anche in questo caso mi sono trovato d'accordo con l'analisi di Oliva, sintetica ed assai lucida: "Potrebbe darsi persino il caso che la sconfitta del comunismo, absit iniuria, sia anche la nostra sconfitta". Questa la conclusione, che dovrebbe spingere tutti coloro che, essendo anarchici e vivendo la propria scelta etica in quotidiano confronto/scontro con le realtà delle dinamiche sociali del sistema ne desiderano il mutamento (o la trasformazione, o la distruzione) ad una riflessione sulle opportunità politiche del movimento anarchico, ora. Personalmente ho da tempo la convinzione che la già poca agibilità politica del movimento anarchico (che ha moltissime cause, alcune delle quali non certo esterne ad esso) verrà progressivamente affossata con la scomparsa di rapporti oppositivi nella nostra vita sociale. In breve, dal momento in cui le uniche opposizioni a questo sistema di Stati Sovrani riuniti intorno al Nuovo Ordine Mondiale del signor Bush saranno quelle dei fantasmi nazionali, razziali e religiosi, non vedo su quale terreno possa crescere e svilupparsi una cultura ed una pratica libertaria! Qualcuno già da tempo aggira l'ostacolo proclamando che quello anarchico è un movimento etico e non politico. Io mi chiedo se non essere politico sia, a questo punto, una scelta strategica e morale o piuttosto una necessità dettata dall'impossibilita di muoversi realmente sul piano sociale. E se questa impossibilità di muoversi esiste, da che cosa è data? Da una scarsa duttilità mentale da parte nostra? Da una incapacità di superare l'ideologismo per lavorare sul concreto? Dalla cultura autolesionista del "tanto peggio tanto meglio" che spesso, nella storia, fu rinfacciata - e non sempre a torto - agli anarchici da altre forze del movimento operaio e rivoluzionario? Se vi sono delle potenzialità libertarie da mettere in gioco per fare anche un solo passo verso l'Utopia, a mio avviso bisogna utilizzarle senza aver paura di macchiare sempre l'ideale immacolato. Muore il comunismo e tutti a ricoprirlo con gli errori (pratici e teorici) commessi nella storia di comunisti o sedicenti tali. Ma, il mondo va in merda comunque, che senso ha mettersi a fare i becchini anche noi ("Né Marx, né Lenin, né Stalin, né Mao", Stefano Fabbri, numero 185 della rivista "A")? E se gli USA vogliono riprendersi Cuba noi libertari da che parte staremo? Da nessuna delle due, ovviamente. Perché siamo extra partem. Siamo sopra, o sotto, o altrove. O forse perché proprio non ci siamo più.
Saluti libertari.

Raffaele Lazzara
(Milano)