Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 186
novembre 1991


Rivista Anarchica Online

Un convegno stimolante
di Maria Matteo

Seconda stella a destra, questo è il cammino
e poi diritto fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all'isola che non c'è

Edoardo Bennato


"Verso l'isola che non c'è: sentieri verso un'economia alternativa o per un'alternativa all'economia?" è il titolo del convegno promosso dalla Cooperativa Mutua AutoGestione - MAG 6 - di Reggio Emilia che come le altre del circuito Intermag si occupa di "risparmio etico": è insomma una sorta di banca alternativa impegnata a finanziare imprese le cui attività diano garanzie non solo sul piano finanziario ma anche e soprattutto sulla qualità ecologica e sociale dei prodotti e dei servizi. Come ha sottolineato Alberto Paini del gruppo Intermag arricchirsi di "senso" è quello cui mirano i soci MAG.
Il convegno, tenutosi a Reggio Emilia nell'ultimo fine settimana di ottobre si è avvalso della collaborazione di varie realtà pacifiste ed ecologiste reggiane nonché dell'apporto del circolo anarchico "Assemblea Generale".
E' quasi impossibile fare la cronaca della grande varietà di tematiche, spunti, riflessioni che hanno caratterizzato due giornate densissime anche grazie alla partecipazione di un pubblico folto ed attento: ci limiteremo pertanto a sottolineare i punti più salienti ed a nostro avviso intriganti di un dibattito che a Reggio Emilia come già in altre occasioni vede impegnato sul piano della riflessione così come nell'ambito delle concrete sperimentazioni un vasto e variegato arcipelago di gruppi, movimenti, associazioni che tentano di definire e creare una pratica di economia alternativa.
Il tema dei rapporti tra Nord e Sud ha aperto il convegno. Le accurate analisi di Alberto Castagnola, economista impegnato in ambito ecologista e pacifista e di Giorgio Cingolani, economista agricolo che si dedica a progetti di cooperazione nel Terzo Mondo, hanno evidenziato come vecchi e nuovi meccanismi di sottosviluppo creino un quadro di devastazione ed impoverimento tali da rendere impensabile non solo un'inversione di tendenza ma persino un contenimento della situazione all'interno dell'attuale sistema di rapporti tra Nord e Sud.
Ogni tentativo di stabilizzare il prezzo delle materie prime è fallito tanto da registrare negli ultimi anni un calo del 40%, riducendo così drasticamente le possibilità di investimenti produttivi nei paesi poveri. A ciò si aggiunge il meccanismo perverso del debito che fa sì che oltre il 60% del reddito dei paesi sottosviluppati sia destinato a pagare interessi calcolati in dollari artificialmente sopravvalutati. Se ciò non bastasse il 30% dei crediti concessi è destinato all'acquisto di armi.
Persino i cosiddetti aiuti al terzo mondo poco fanno per i paesi cui sono indirizzati ma costituiscono un autentico business per l'occidente industrializzato. Negli Stati Uniti v'è persino una legge che regolamenta tali aiuti: in base a tale legge le eccedenze alimentari (ad es. i cereali) che andrebbero distrutte per impedire un crollo dei prezzi, vengono regalate a paesi amici degli USA ed ivi trasportate su navi americane il cui nolo non è certo gratuito ed infine cedute a governi che riescono in tal modo a rafforzare la propria posizione politica ed economica.
Il dibattito si è fatto più serrato nella seconda parte in cui intorno alla tematica dei bisogni v'è stata la contrapposizione tra le posizioni di Franco La Cecla e Nanni Salio. La Cecla si è cimentato in una serrata critica delle più ricorrenti teorie sul consumismo, considerate banali ed incapaci di cogliere la pregnanza simbolica nella base motivazionale dell'acquirente. Egli considera il consumo una grande attività culturale, lo scambio di oggetti quale elemento fondamentale della comunicazione interculturale. La Cecla riprende, mutandole di segno, le analisi di Marx e Benjamin sulla trasformazione che un oggetto subisce allorché diviene merce. La mercificazione, la feticizzazione degli oggetti viene investita di senso positivo, per cui il ridurre gli oggetti al loro valore d'uso implica un annullamento della grande ricchezza di sensi e significazioni con cui le culture definiscono i loro rapporti con le cose. Il termine feticcio (dal portoghese fetis) veniva usato tra il '500 ed il '700 lungo le coste della Guinea per designare le cose che gli indigeni non volevano vendere. Feticci sono tutti gli oggetti che non sono scambiabili. Il capitalismo nasce come laicizzazione dei rapporti con le cose, che sono valutate e scambiate in base alla razionalizzazione del denaro. La nostra cultura tende a rifiutare l'affezione per gli oggetti, devono essere costantemente rinnovati. Tuttavia - insiste La Cecla - spesso la gente ha con le cose rapporti più complessi di quelli di semplice uso. Accade che persone si affezionino a quartieri bruttissimi con pessime condizioni di vita ma in cui riescono a ravvisare i segni di una storia collettiva e personale che per loro è importante. Egli si dice convinto che l'alternativa economica sia una società in cui è consentito avvicinarsi agli oggetti ed affezionarsi ad essi ed individua nel rapporto con le cose la chiave della relazione con culture diverse, poiché ogni cultura ha la capacità di ridefinire le intrusioni di cose esterne nei termini della propria.
Salio, pur concordando con La Cecla sulla necessità di comunicazione interculturale, rimarca gli effetti di devastazione che l'intromissione della cultura occidentale ha prodotto nei paesi del terzo mondo; egli ritiene che tutti abbiano il dovere di dar conto degli effetti della propria intrusione in culture altre. Per Salio occorre spostare l'accento dalla dimensione degli oggetti a quella dei bisogni. Egli riprende la teoria dei bisogni di Galtung, il quale distingue tra bisogni materiali (sicurezza e benessere) e bisogni non-materiali (libertà ed identità) ed asserisce che al di là di una certa soglia la felicità individuale non dipende più dai consumi. Facendo proprio l'approccio Gandhiano, Salio ritiene che l'alternativa si debba costruire sulla scelta etica di semplicità volontaria. Fatta salva la libertà di ciascuno di auto-definizione della propria "soglia" di bisogni da soddisfare per essere felice, tuttavia è dovere di ogni individuo il valutare le conseguenze per gli altri delle proprie scelte. Un approccio razionale impone che la possibilità di errore sia limitata ad una piccola scala in modo che le eventuali conseguenze negative del nostro agire siano sempre reversibili.
Nell'epilogo del convegno, dedicato alle prospettive per l'alternativa i maggiori spunti per la riflessione sono venuti da Luciano Lanza del Centro Studi Libertari di Milano. Lanza asserisce che l'alternativa all'economico passa attraverso la definizione di quel che si vuole superare: l'economico appunto.
L'economia oggi è divenuta fattore pervasivo dello spazio sociale, sì che le sue regole, la sua razionalità informano ogni manifestazione della nostra cultura. L'economia è una rappresentazione del mondo, l'immaginario in cui siamo calati, che, pur essendosi costituito lungo l'arco di parecchi secoli trova la propria definitiva codificazione con la caduta dell'ancient regime. La pervasività dell'economia è tale da renderci incapaci di pensare globalmente l'alternativa, di uscire dall'economico. Richiamandosi a Muhlmann, Lanza sottolinea come l'alternativa - il momento istituente - allorché riesce ad estendersi finisca con l'assumere le forme dell'istituito che pretende di negare. L'economia "altra", quindi, rischia di vedere vanificati i propri sforzi se dimentica che più importante di quel che si produce è il modo in cui si produce, il tipo di rapporti tra le persone che si riescono a costruire, al di là di ogni logica gerarchica.
La critica di Lanza assume grande rilievo in un momento che vede ampi settori dell'economia alternativa - se n'è avuta eco anche in questo incontro - rivalutare acriticamente il mercato, la professionalità ed il denaro.