Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 179
febbraio 1991


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

L'ultimo stadio dell'ideologia turistica

Fra i più tetri e acuti racconti di fantascienza va annoverato Il magazzino dei mondi di Robert Sheckley- roba di almeno 25 anni fa. Vi si narra di un mondo derelitto, tra sopravvissuti topi e detriti, dove a caro prezzo, in una baracca, viene offerta la breve esperienza che regala all'eventuale coraggioso cliente l'incontro con i propri desideri più segreti. Chi supponesse che, per compensazione dello sfascio, il tapino ambisse allo sfarzo, avrebbe torto: al magazzino dei mondi disponibili si chiede - più banalmente, più tragicamente - le noie di tutti i giorni, il corso e ricorso del tempo senza qualità, quel grigiore di uno stile di vita cui, senza avvederci di quanto valesse, abbiamo rinunciato. Il sogno indotto e programmato, dunque, sembrerebbe essere il prossimo surrogato del turismo di massa - lo specifico più adatto, come si sa, al sapore delle istanze ribelli e delle individualità refrattarie.
Un'elaborazione di quest'ottima idea è al centro di Atto di forza (Total recall), di un Paul Verhoven che, con i soldi degli americani, sforna film non all'altezza concettuale di quelli sfornati nell'Olanda natia (Il quarto uomo, 1983 e Flesh and Blood, 1985), ma pur sempre rispettabili- per spunto narrativo, per coerenza teoretica, per suggestioni inquietanti, per costruzione di immagini e, perché no, per la truce irriverenza che persiste a manifestare chiunque sia il padrone (come Robocop, ad esempio).
Al protagonista - un presunto spaccapietre di un futuro planetariamente autoritario -, conscio e subconscio impartiscono un desiderio che diventa un ordine: accettare l'ultima soluzione dell'agenzia turistica perfetta - un viaggio a Marte, paesaggi avventure emozioni sesso tutto compreso e previsto, senza i fastidi di andarci davvero, ma "implementato" nel cervello. Turista, insomma, senza muoversi da una poltrona: la disperazione degli affittacamere, ma la gioia del regime - se c'è chi il mondo me lo fa come voglio io, perché darsi tanto da fare? Cambiare è né più né meno che sostituire il dischetto nel computer...guerra ai potenti la dichiaro nel videogame che vado ad interpretare. Se il turismo del ventesimo secolo contribuisce come poco alla resa sociale esportando ovunque il mercato di cui è figlio -, il turismo mentale di Vehroven significa il disarmo unilaterale dei subordinati. Che poi- visto che pagano gli americani e che il successo laggiù è pura questione di quantità - al nostro eroe il viaggio metaforico vada male e gli tocchi intraprenderlo davvero, e che da lì in poi si trovi a lottare ed a vincere in nome dell'amore e della libertà (e che a noi spettatori tocchi di assistere, in definitiva, ad un fumettaccio di avventure mozzafiato e mozzatutto, dipinte tuttavia sul cupo fondale di quel che ci attende un domani), è questione di secondaria importanza. Il film pare complessivamente poca cosa- i tre o quattro colpi di genio che garantiscono autentica la firma del regista (i rapporti ambigui fra marito e moglie, alcune sequenze del bordello marziano, il rifugio simbiotico del capo della resistenza) non possono da soli conferirgli lo status del capolavoro - e la presenza di Schwarzenegger costituisce uno scotto non lieve da pagare in termini di sradicamenti, forzutaggini, sovrumanerie, schiodamenti, frantumazioni e battutacce di commiato all'ultima frattaglia del cattivo di turno. E tuttavia Atto di forza va visto e apprezzato per quel che può dare: nemmeno tanto sotto sotto c'è lo sberleffo del regista per chi lo paga; il lieto fine è manifestamente bugiardo e la vena pessimista è genuina. L'uomo è una macchina, ma a differenza delle tante altre ha un programma - grazie al quale si duplica ed evolve: attenti a chi pretende di autolegittimarsi come programmatore.