Rivista Anarchica Online
Il partito è partito
di AA. VV.
La portata delle trasformazioni degli ultimi mesi ha
evidenziato la crisi ormai epocale della forma-partito
Con l'inizio del nuovo decennio la crisi della forma partito ha
ormai raggiunto un'accelerazione ed una profondità senza
precedenti, elementi questi chiaramente comprensibili solo se si
inquadra il processo in corso all'interno di coordinate assai più
ampie. Non solo nella più generale perdita di legittimazione
di establishment, burocrazie e partitocrazia, di fronte ad una
società civile a volte più matura ed avanzata del
"ceto politico" che pretenderebbe di governarla - società
comunque sempre più estranea e distaccata dagli apparati - ma
anche nell'irreversibile caduta di credibilità dell'entità
partito come strumento di liberazione. Ciò che rimane, e che
sostanzia l'esistenza residua dei partiti, fra l'altro nella loro
stretta generale omologazione alla logica delle compatibilità
politiche e di sistema in un gioco che non prevede più
opposizioni reali, sono gli apparentamenti ed il consociativismo
propri delle clientele, dei conflitti di interessi e della
mediazione, della lotta per le spartizioni ed il potere. Il
"gioco delle parti"' è il risultato di una
spartizione avvenuta a monte, all'interno di un quadro dato a
partire da un'altra compatibilità, la più sostanziale:
quella della delega e dell'occupazione e della conquista dello
stato. Si tratta di un processo a catena che assume ovviamente
forme diverse nei paesi "ex-socialisti", nei regimi
africani e sudamericani, o asiatici "ex-fascisti" o dove
vige tutt'ora il monopartitismo di "destra" e di
"sinistra", in Europa occidentale e negli USA.
Le differenziazioni traggono origine dalla varietà delle
situazioni di partenza, ma è ora di accorgersi della portata
planetaria ed epocale di tale processo.
Istanze di democrazia diretta
Al di là delle timide o controverse risposte fornite
dalla società civile, disabituata a pensarsi in prima persona
ed a scendere sul terreno progettuale andando oltre la semplice
ricusazione, la forma partito è in crisi semplicemente perché
non funziona. Nata, nella sua accezione moderna, insieme alle
ideologie sorte parallelamente alla rivoluzione industriale ed agli
stati nazionali europei, guasti e sconfitte da essa prodotti sono
oggi chiaramente visibili a tutti a fronte della mutazione
socio-economica generale e delle nuove contraddizioni emergenti.
Cambiano i parametri, cambiano le figure, unico a non segnare
il passo è il trono della ristrutturazione, guidato
indifferentemente dai capitale privato e/o di stato. Di fronte ad
una crisi di tale portata - che è anche crisi delle forme e
delle strategie che essa stessa ha assunto e veicolato - quel che
resta della sinistra risponde "chiamandosi fuori", e
cambiando di campo; o con un arroccamento difensivo incapace di un
distacco dalla cultura centralista del partito, oppure spacciando
per "nuove" forme politiche di matrice liberal
democratica. Modelli di questo secondo tipo, presidenzialismo,
partiti manageriali e consociativi, proposte di riforma elettorale,
improbabili riconversioni trans-nazionali dell'ottica partitocratica
nel cerchio radicale, il nuovo patto sociale di un ambientalismo a
senso unico, il "Partito Democratico della Sinistra" di
Occhetto, tracciano un'ellisse che ricongiunge ormai idealmente
l'Est europeo alle botteghe di casa nostra. Il tentativo è
quello di occultare le burocrazie partitiche in un "nuovo"
rapporto a partecipazione limitata ove si sancisce definitivamente
l'impossibilità di cambiamento radicale ed ancora una volta
l'imposizione di un'ottica gestionale ad unico consumo di élite
di professionisti della politica forti dell'imprimatur dei media,
gestori di un sapere sempre più complesso, privilegiati
socialmente ed economicamente. Fanno da terreno di coltura le
indubbie sconfitte di opzioni presentate come radicali, nate,
cresciute e morte però nella scia dell'etero-direzione e
della dittatura di altre élite (professionisti della
rivoluzione), nel nome del medesimo "interesse generale". Di
contro, le istanze di democrazia diretta, forti nella fase nascente
dei movimenti dell'Europa Orientale o dell'ambito verde ad
Occidente, sono oggi minoritarie: il malessere, il disorientamento e
la contraddizione si esprimono così seguendo scansioni
preordinate, nell'abbandono della forma critica, nell'autogestione
della miseria dei ghetti metropolitani e della periferia
dell'impero, nell'astensione senza alcuna azione al seguito, nel
successo di movimenti nazionali e leghe regionali trainati da
borghesie scioviniste e nuovi diffusi egoismi. Del resto il
modello centralista e giacobino del partito leninista e quelle di
partiti e liste "leggere", club, lobby ed associazioni
organizzate managerialmente, hanno in comune elementi fondamentali:
pretendono tutti di porsi al di sopra della società ed hanno
per fine l'uso e/o la conquista dello stato e del potere; la logica
leninista pretende in più di poter usare a fini emancipatori
un apparato che il marxismo stesso definisce quale struttura
fondamentale atta a garantire il dominio di classe, senza che tale
dominio si riproduca e nell' illusione di un suo "naturale"
deperimento "a guida proletaria". Esiste invece
un'altra tradizione, non solo europea (vedi le "società
contro lo stato" di clastriana memoria, e la logica
anti-aristotelica che ha dato origine già negli anni '60
all'importante filone dell'ecologia sociale di Murray Bookchin), che
opera per una rivoluzione delegittimante, per lo svuotamento del
potere, per una riconversione etica della politica, e svuota di
senso i machiavellismi per mezzo dei quali una certa sinistra ha
governato e la pretesa di poter operare una transizione democratica
per mezzo della dittatura.
Magma eterogeneo
Si tratta di un'altra sinistra, "storica", ma ciò
non di meno spesso affogata e sommersa, che non si è mai
omologata alla ragion di stato e per la quale il fine non giustifica
i mezzi. Mai abbagliata da meccanismi economicistici secondo i quali
sarebbe possibile l'eguaglianza senza libertà, o
dall'impostazione liberale che millanta una piena libertà
politica senza emancipazione economica. Le organizzazioni
anarchiche e l'anarchismo spontaneo e diffuso, i movimenti
nonviolenti (realtà volentieri ignorate da chi la nonviolenza
utilizza oggi strumentalmente a vantaggio di partiti e associazioni
"soft"), parte del movimento femminista, l'arcipelago
ecologista e libertario (vedi in Italia l'area della rivista "AAM
Terra Nuova"), spezzoni di quella nuova sinistra alternativa
nata nel '68 e rivitalizzatasi nel '77, alcuni dei quali oggi
purtroppo si esprimono solo in forma minoritaria all'interno di
Democrazia Proletaria o dell'Autonomia Operaia, sono espressioni di
tale mai sopita tradizione. Comunità alternative, sistemi di
difesa popolare nonviolenta, comitati di base, centri sociali,
coordinamenti di agricoltori biologici, collettivi studenteschi,
cooperative di riciclaggio, gruppi di cultura e solidarietà
internazionalista, sono stati e sono in varia misura espressione di
questo magma eterogeneo accomunato dalla rottura netta rispetto al
modello del partito, leninista o liberal-democratico che sia. Mario
De Bernardo (Gruppo di lavoro su ecologia sociale e
bioregionalismo) Stefano d'Errico (Organizzazione
Cobas Scuola, Roma) Giorgio Soffientini "Associazione
SignorNO - LOC)
Un'ipotesi di rete per l'autogestione
L'autogestione non è un'etichetta politico-ideologica, ma
al tempo stesso si distingue nettamente dalle scelte di semplice
razionalizzazione e attenuamento delle contraddizioni più
visibili di questo modello sociale, attraverso leggi, limiti,
tecnologie, risanamenti "a valle", delega e
centralizzazione. Parallelamente la prassi dell'autogestione non è
conflitto fine a se stesso o il rimandare ad una "futura
società" la soluzione di ogni problema, non è
rinuncia alla progettualità della partecipazione diretta, del
cambiamento in prima persona, della rivalutazione del proprio ruolo
"qui ed ora" nella realtà eco-sociale. Essa è
partecipazione progettuale, iniziativa diretta, alternativa radicale
ai modelli sostanzialmente affini e promiscui del capitalismo e del
centralismo statalista; è un concetto presente in diverse
culture politiche, il cui incontro è condizione necessaria
per un progetto davvero innovativo e coerente. Non servono
"nuove" esperienze residuali, impiantate intorno a
sgocciolature di usati potenziali simbolici in avaria. Urge
piuttosto avviare un processo di aggregazione sui contenuti. E se
proprio è necessaria una sintesi delle differenze, questa può
essere contenuta tutta nell'idea dell'autogestione, sulla quale è
sempre più urgente un lavoro teorico, a partire dalla
tradizione che ha espresso, così come dai problemi che
presenta oggi nella società telematica e ha prodotto in
situazioni pregresse. Senza eludere la questione della democrazia
diretta, disegnando contorni per una società aperta che
garantisca in quanto a pari opportunità e libertà
effettive, dall'arbitrio e dal "senso comune", nonché
da presunte necessità di guida e/o coercizione, ma dove non
di meno sia materialmente possibile una organizzazione sociale
concepita in costante divenire, che permetta il pieno dispiegarsi
dell'iniziativa umana, esclusi i presupposti ed i vantaggi atti a
ripristinare salarialismo e sfruttamento. L'autogestione è
soprattutto la scelta di una pratica realmente alternativa (fuori
anche dai luoghi comuni di certo "conformismo sinistrese"),
tanto alle varie forme di riformismo quanto, in un'ottica
gradualista e rivoluzionaria al contempo, ad un massimalismo
manicheo finalistico e inconcludente. Tale pratica, esprimente una
cultura politica di reale alterità rispetto ai disvalori del
capitalismo (ivi compreso il capitalismo di stato autoritario e
industrialista), può rendere possibile l'incontro di settori
e movimenti diversi, superando oggettive parzialità e
presunte "centralità". Limitarsi a manifestare
per dire "agli altri" e soprattutto alle istituzioni quel
che esse "dovrebbero fare", significa riconoscere solo a
queste ultime il diritto dell'iniziativa. D'altra parte la pratica
"migliorista", così come quella del "tanto
peggio, tanto meglio", sono accomunate da un pragmatismo povero
e dalla speranza, velleitaria o realistica che sia, di riuscire
presto o tardi ad occupare e gestire il potere con i mezzi del
potere, anziché contestarne le forze o a delegittimarlo già
da oggi, per svuotarlo domani. La pratica dell'autogestione è
quella che meglio può aggregare e far crescere un'"altra
società" sottratta al monopolio dello stato, composta da
individui coscienti che organizzano autonomamente la propria vita,
il soddisfacimento dei propri bisogni, i consumi, il lavoro, la
cultura, secondo logiche opposte a quelle del saccheggio di altri
popoli e delle risorse del pianeta, delle gerarchie, della
passività, della competizione, dell'uniformità,
dell'esclusione dei più deboli, della forza. Ha una forte
portata generale, è terreno possibile di collegamento per
settori diversi: da quello studentesco a quello ecologista, dai
lavoratori auto-organizzati ai centri sociali e alle fasce non
garantite che, finché separati, continueranno a scontare il
rispettivo isolamento. Proponiamo di iniziare a lavorare
seriamente per l'incontro di quelle opzioni e di quelle aree che,
differenti per percorsi politici e culturali e per le statistiche e
categorie sociali che esprimono, tuttavia già incarnano nei
fatti l'impostazione autogestionaria. Compito di una rete di
collegamento non dev'essere quello di fare concorrenza elettorale ai
partiti (o peggio di farsi strumento di questa o quella forza
politica), ma di coordinare e mettere a confronto realtà che,
continuando a condurre una vita politica e sociale autonoma,
propongano alla città ed ai movimenti un progetto comune
impostato sui semplici principi ispiratori delle varie iniziative
sociali rispondenti a valori diversi. Non vogliamo ignorare che
esistono tanti modi diversi di risolvere le questioni - pratiche e
teoriche - connesse con il concetto di autogestione: crediamo però
che la forza federativa, improntata a metodi di democrazia
consensuale, possa far coesistere le diversità permettendo ad
ognuna di dare il suo contributo, senza velleità egemoniche,
salvaguardando anzi una continua dialettica quale ricchezza
indispensabile ad ogni soggetto vitale. I profondi mutamenti
della situazione politica intervenuti in Italia e nel mondo,
impongono una seria verifica delle prospettive e delle alternative
al modello socio-economico dominante. Pensiamo che sia possibile e
necessario uscire dalla crisi odierna per costruire un forte punto
di riferimento per un progetto politico che vada oltre il semplice
miglioramento di questo sistema, operando al tempo stesso quella
necessaria rottura radicale con la tradizione
togliattiano-stalinista e comunista autoritaria ancora non
totalmente consumata nella cultura dei movimenti in
Italia. Invitiamo tutti gli interessati a partecipare al processo
di costruzione di una rete territoriale per l'autogestione,
ed a verificare ed approfondire i contenuti della nostra proposta.
Iniziando contemporaneamente ad esaminare insieme alcuni settori di
iniziativa, con l'area antimilitarista non-violenta sulla crisi del
Golfo Persico, con il Network europeo dei giovani alternativi,
muovendoci rispetto ai diversi fronti aperti nella metropoli (lotte
contro gli scempi urbanistici e l'inquinamento, occupazioni di case,
centri sociali...), operando un collegamento tra operatori della
scuola e studenti, tra scuola e università, tra area del
lavoro garantito ed area del "non lavoro". A tale scopo
chiediamo ai singoli, gruppi politici, cooperative, associazioni,
centri sociali, collettivi, organizzazioni sindacali di base,
lavoratori alternativi, riviste, di farci pervenire la propria
adesione, o comunque di intervenire nei merito di questo documento,
che sarà ampliato e/o modificato via via che si aggiungeranno
nuovi contributi.
Paolo Broggio, Celina Angelini, Alberto Bersani (Assemblea
Verde Alternativa permanente) Marco De Bernardo, Giulio
Romeo, Carla De Nardo (Gruppo di Lavoro su Ecologia
Sociale e Bioregionalismo) Riccardo Caporioni,
Gianmarco (Coop. "Vivere 2000") Stefano
d'Errico, Graziella Argiolas, Cristina Santi, Marco Pedone
(Unione Sindacale Italiana)
Claudio Graziano, Angelo Costanzo ("Alice nella
città") Andrea Aureli (Centro
di Documentazione Anarchica)
Maurizio Rossi (Centro Laziale Agricoltura
Biologica) Alberto Mosatti (Movimento
Internazionale di Riconciliazione) Angelo Bonelli, Piero
Binel (Consiglieri circoscrizionali "Verdi per
Roma") Francesca Moroni, Paola Moroni, Andrea Bacaro,
Stefano Bacaro, Sabrina Iasillo, Giorgio Pani ("Associazione
"Rive Gauche")
Per informazioni, contributi, contatti: "Gruppo promotore
della RETE PER L'AUTOGESTIONE", c/o Org. Cobas Scuola, via
Conegliano 13, 00182 Roma - telefonare al 06/7026630 il lunedì
o il giovedì chiedendo di Stefano.
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