Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 21 nr. 179
febbraio 1991


Rivista Anarchica Online

Il partito è partito
di AA. VV.

La portata delle trasformazioni degli ultimi mesi ha evidenziato la crisi ormai epocale della forma-partito

Con l'inizio del nuovo decennio la crisi della forma partito ha ormai raggiunto un'accelerazione ed una profondità senza precedenti, elementi questi chiaramente comprensibili solo se si inquadra il processo in corso all'interno di coordinate assai più ampie. Non solo nella più generale perdita di legittimazione di establishment, burocrazie e partitocrazia, di fronte ad una società civile a volte più matura ed avanzata del "ceto politico" che pretenderebbe di governarla - società comunque sempre più estranea e distaccata dagli apparati - ma anche nell'irreversibile caduta di credibilità dell'entità partito come strumento di liberazione. Ciò che rimane, e che sostanzia l'esistenza residua dei partiti, fra l'altro nella loro stretta generale omologazione alla logica delle compatibilità politiche e di sistema in un gioco che non prevede più opposizioni reali, sono gli apparentamenti ed il consociativismo propri delle clientele, dei conflitti di interessi e della mediazione, della lotta per le spartizioni ed il potere.
Il "gioco delle parti"' è il risultato di una spartizione avvenuta a monte, all'interno di un quadro dato a partire da un'altra compatibilità, la più sostanziale: quella della delega e dell'occupazione e della conquista dello stato.
Si tratta di un processo a catena che assume ovviamente forme diverse nei paesi "ex-socialisti", nei regimi africani e sudamericani, o asiatici "ex-fascisti" o dove vige tutt'ora il monopartitismo di "destra" e di "sinistra", in Europa occidentale e negli USA. Le differenziazioni traggono origine dalla varietà delle situazioni di partenza, ma è ora di accorgersi della portata planetaria ed epocale di tale processo.

Istanze di democrazia diretta
Al di là delle timide o controverse risposte fornite dalla società civile, disabituata a pensarsi in prima persona ed a scendere sul terreno progettuale andando oltre la semplice ricusazione, la forma partito è in crisi semplicemente perché non funziona. Nata, nella sua accezione moderna, insieme alle ideologie sorte parallelamente alla rivoluzione industriale ed agli stati nazionali europei, guasti e sconfitte da essa prodotti sono oggi chiaramente visibili a tutti a fronte della mutazione socio-economica generale e delle nuove contraddizioni emergenti. Cambiano i parametri, cambiano le figure, unico a non segnare il passo è il trono della ristrutturazione, guidato indifferentemente dai capitale privato e/o di stato.
Di fronte ad una crisi di tale portata - che è anche crisi delle forme e delle strategie che essa stessa ha assunto e veicolato - quel che resta della sinistra risponde "chiamandosi fuori", e cambiando di campo; o con un arroccamento difensivo incapace di un distacco dalla cultura centralista del partito, oppure spacciando per "nuove" forme politiche di matrice liberal democratica. Modelli di questo secondo tipo, presidenzialismo, partiti manageriali e consociativi, proposte di riforma elettorale, improbabili riconversioni trans-nazionali dell'ottica partitocratica nel cerchio radicale, il nuovo patto sociale di un ambientalismo a senso unico, il "Partito Democratico della Sinistra" di Occhetto, tracciano un'ellisse che ricongiunge ormai idealmente l'Est europeo alle botteghe di casa nostra.
Il tentativo è quello di occultare le burocrazie partitiche in un "nuovo" rapporto a partecipazione limitata ove si sancisce definitivamente l'impossibilità di cambiamento radicale ed ancora una volta l'imposizione di un'ottica gestionale ad unico consumo di élite di professionisti della politica forti dell'imprimatur dei media, gestori di un sapere sempre più complesso, privilegiati socialmente ed economicamente. Fanno da terreno di coltura le indubbie sconfitte di opzioni presentate come radicali, nate, cresciute e morte però nella scia dell'etero-direzione e della dittatura di altre élite (professionisti della rivoluzione), nel nome del medesimo "interesse generale".
Di contro, le istanze di democrazia diretta, forti nella fase nascente dei movimenti dell'Europa Orientale o dell'ambito verde ad Occidente, sono oggi minoritarie: il malessere, il disorientamento e la contraddizione si esprimono così seguendo scansioni preordinate, nell'abbandono della forma critica, nell'autogestione della miseria dei ghetti metropolitani e della periferia dell'impero, nell'astensione senza alcuna azione al seguito, nel successo di movimenti nazionali e leghe regionali trainati da borghesie scioviniste e nuovi diffusi egoismi.
Del resto il modello centralista e giacobino del partito leninista e quelle di partiti e liste "leggere", club, lobby ed associazioni organizzate managerialmente, hanno in comune elementi fondamentali: pretendono tutti di porsi al di sopra della società ed hanno per fine l'uso e/o la conquista dello stato e del potere; la logica leninista pretende in più di poter usare a fini emancipatori un apparato che il marxismo stesso definisce quale struttura fondamentale atta a garantire il dominio di classe, senza che tale dominio si riproduca e nell' illusione di un suo "naturale" deperimento "a guida proletaria".
Esiste invece un'altra tradizione, non solo europea (vedi le "società contro lo stato" di clastriana memoria, e la logica anti-aristotelica che ha dato origine già negli anni '60 all'importante filone dell'ecologia sociale di Murray Bookchin), che opera per una rivoluzione delegittimante, per lo svuotamento del potere, per una riconversione etica della politica, e svuota di senso i machiavellismi per mezzo dei quali una certa sinistra ha governato e la pretesa di poter operare una transizione democratica per mezzo della dittatura.

Magma eterogeneo
Si tratta di un'altra sinistra, "storica", ma ciò non di meno spesso affogata e sommersa, che non si è mai omologata alla ragion di stato e per la quale il fine non giustifica i mezzi. Mai abbagliata da meccanismi economicistici secondo i quali sarebbe possibile l'eguaglianza senza libertà, o dall'impostazione liberale che millanta una piena libertà politica senza emancipazione economica. Le organizzazioni anarchiche e l'anarchismo spontaneo e diffuso, i movimenti nonviolenti (realtà volentieri ignorate da chi la nonviolenza utilizza oggi strumentalmente a vantaggio di partiti e associazioni "soft"), parte del movimento femminista, l'arcipelago ecologista e libertario (vedi in Italia l'area della rivista "AAM Terra Nuova"), spezzoni di quella nuova sinistra alternativa nata nel '68 e rivitalizzatasi nel '77, alcuni dei quali oggi purtroppo si esprimono solo in forma minoritaria all'interno di Democrazia Proletaria o dell'Autonomia Operaia, sono espressioni di tale mai sopita tradizione. Comunità alternative, sistemi di difesa popolare nonviolenta, comitati di base, centri sociali, coordinamenti di agricoltori biologici, collettivi studenteschi, cooperative di riciclaggio, gruppi di cultura e solidarietà internazionalista, sono stati e sono in varia misura espressione di questo magma eterogeneo accomunato dalla rottura netta rispetto al modello del partito, leninista o liberal-democratico che sia.

Mario De Bernardo
(Gruppo di lavoro su ecologia sociale e bioregionalismo)
Stefano d'Errico
(Organizzazione Cobas Scuola, Roma)
Giorgio Soffientini
"Associazione SignorNO - LOC)


Un'ipotesi di rete per l'autogestione


L'autogestione non è un'etichetta politico-ideologica, ma al tempo stesso si distingue nettamente dalle scelte di semplice razionalizzazione e attenuamento delle contraddizioni più visibili di questo modello sociale, attraverso leggi, limiti, tecnologie, risanamenti "a valle", delega e centralizzazione. Parallelamente la prassi dell'autogestione non è conflitto fine a se stesso o il rimandare ad una "futura società" la soluzione di ogni problema, non è rinuncia alla progettualità della partecipazione diretta, del cambiamento in prima persona, della rivalutazione del proprio ruolo "qui ed ora" nella realtà eco-sociale. Essa è partecipazione progettuale, iniziativa diretta, alternativa radicale ai modelli sostanzialmente affini e promiscui del capitalismo e del centralismo statalista; è un concetto presente in diverse culture politiche, il cui incontro è condizione necessaria per un progetto davvero innovativo e coerente.
Non servono "nuove" esperienze residuali, impiantate intorno a sgocciolature di usati potenziali simbolici in avaria. Urge piuttosto avviare un processo di aggregazione sui contenuti. E se proprio è necessaria una sintesi delle differenze, questa può essere contenuta tutta nell'idea dell'autogestione, sulla quale è sempre più urgente un lavoro teorico, a partire dalla tradizione che ha espresso, così come dai problemi che presenta oggi nella società telematica e ha prodotto in situazioni pregresse. Senza eludere la questione della democrazia diretta, disegnando contorni per una società aperta che garantisca in quanto a pari opportunità e libertà effettive, dall'arbitrio e dal "senso comune", nonché da presunte necessità di guida e/o coercizione, ma dove non di meno sia materialmente possibile una organizzazione sociale concepita in costante divenire, che permetta il pieno dispiegarsi dell'iniziativa umana, esclusi i presupposti ed i vantaggi atti a ripristinare salarialismo e sfruttamento.
L'autogestione è soprattutto la scelta di una pratica realmente alternativa (fuori anche dai luoghi comuni di certo "conformismo sinistrese"), tanto alle varie forme di riformismo quanto, in un'ottica gradualista e rivoluzionaria al contempo, ad un massimalismo manicheo finalistico e inconcludente. Tale pratica, esprimente una cultura politica di reale alterità rispetto ai disvalori del capitalismo (ivi compreso il capitalismo di stato autoritario e industrialista), può rendere possibile l'incontro di settori e movimenti diversi, superando oggettive parzialità e presunte "centralità".
Limitarsi a manifestare per dire "agli altri" e soprattutto alle istituzioni quel che esse "dovrebbero fare", significa riconoscere solo a queste ultime il diritto dell'iniziativa. D'altra parte la pratica "migliorista", così come quella del "tanto peggio, tanto meglio", sono accomunate da un pragmatismo povero e dalla speranza, velleitaria o realistica che sia, di riuscire presto o tardi ad occupare e gestire il potere con i mezzi del potere, anziché contestarne le forze o a delegittimarlo già da oggi, per svuotarlo domani.
La pratica dell'autogestione è quella che meglio può aggregare e far crescere un'"altra società" sottratta al monopolio dello stato, composta da individui coscienti che organizzano autonomamente la propria vita, il soddisfacimento dei propri bisogni, i consumi, il lavoro, la cultura, secondo logiche opposte a quelle del saccheggio di altri popoli e delle risorse del pianeta, delle gerarchie, della passività, della competizione, dell'uniformità, dell'esclusione dei più deboli, della forza. Ha una forte portata generale, è terreno possibile di collegamento per settori diversi: da quello studentesco a quello ecologista, dai lavoratori auto-organizzati ai centri sociali e alle fasce non garantite che, finché separati, continueranno a scontare il rispettivo isolamento.
Proponiamo di iniziare a lavorare seriamente per l'incontro di quelle opzioni e di quelle aree che, differenti per percorsi politici e culturali e per le statistiche e categorie sociali che esprimono, tuttavia già incarnano nei fatti l'impostazione autogestionaria. Compito di una rete di collegamento non dev'essere quello di fare concorrenza elettorale ai partiti (o peggio di farsi strumento di questa o quella forza politica), ma di coordinare e mettere a confronto realtà che, continuando a condurre una vita politica e sociale autonoma, propongano alla città ed ai movimenti un progetto comune impostato sui semplici principi ispiratori delle varie iniziative sociali rispondenti a valori diversi.
Non vogliamo ignorare che esistono tanti modi diversi di risolvere le questioni - pratiche e teoriche - connesse con il concetto di autogestione: crediamo però che la forza federativa, improntata a metodi di democrazia consensuale, possa far coesistere le diversità permettendo ad ognuna di dare il suo contributo, senza velleità egemoniche, salvaguardando anzi una continua dialettica quale ricchezza indispensabile ad ogni soggetto vitale.
I profondi mutamenti della situazione politica intervenuti in Italia e nel mondo, impongono una seria verifica delle prospettive e delle alternative al modello socio-economico dominante. Pensiamo che sia possibile e necessario uscire dalla crisi odierna per costruire un forte punto di riferimento per un progetto politico che vada oltre il semplice miglioramento di questo sistema, operando al tempo stesso quella necessaria rottura radicale con la tradizione togliattiano-stalinista e comunista autoritaria ancora non totalmente consumata nella cultura dei movimenti in Italia.
Invitiamo tutti gli interessati a partecipare al processo di costruzione di una rete territoriale per l'autogestione, ed a verificare ed approfondire i contenuti della nostra proposta. Iniziando contemporaneamente ad esaminare insieme alcuni settori di iniziativa, con l'area antimilitarista non-violenta sulla crisi del Golfo Persico, con il Network europeo dei giovani alternativi, muovendoci rispetto ai diversi fronti aperti nella metropoli (lotte contro gli scempi urbanistici e l'inquinamento, occupazioni di case, centri sociali...), operando un collegamento tra operatori della scuola e studenti, tra scuola e università, tra area del lavoro garantito ed area del "non lavoro".
A tale scopo chiediamo ai singoli, gruppi politici, cooperative, associazioni, centri sociali, collettivi, organizzazioni sindacali di base, lavoratori alternativi, riviste, di farci pervenire la propria adesione, o comunque di intervenire nei merito di questo documento, che sarà ampliato e/o modificato via via che si aggiungeranno nuovi contributi.

Paolo Broggio, Celina Angelini, Alberto Bersani
(Assemblea Verde Alternativa permanente)
Marco De Bernardo, Giulio Romeo, Carla De Nardo
(Gruppo di Lavoro su Ecologia Sociale e Bioregionalismo)
Riccardo Caporioni, Gianmarco
(Coop. "Vivere 2000")
Stefano d'Errico, Graziella Argiolas, Cristina Santi, Marco Pedone
(Unione Sindacale Italiana)
Claudio Graziano, Angelo Costanzo
("Alice nella città")
Andrea Aureli
(Centro di Documentazione Anarchica)
Maurizio Rossi
(Centro Laziale Agricoltura Biologica)
Alberto Mosatti
(Movimento Internazionale di Riconciliazione)
Angelo Bonelli, Piero Binel
(Consiglieri circoscrizionali "Verdi per Roma")
Francesca Moroni, Paola Moroni, Andrea Bacaro, Stefano Bacaro, Sabrina Iasillo, Giorgio Pani
("Associazione "Rive Gauche")

Per informazioni, contributi, contatti: "Gruppo promotore della RETE PER L'AUTOGESTIONE", c/o Org. Cobas Scuola, via Conegliano 13,
00182 Roma - telefonare al 06/7026630 il lunedì o il giovedì chiedendo di Stefano.