Rivista Anarchica Online
La fobia repressiva
di Fernando Savater
La politica attuale in materia di
droghe si è rivelata inutile e dannosa come tutte le
proibizioni. La società esiste per aiutare nei limiti delle
possibilità gli individui a realizzare i loro desideri e a
rettificare i loro errori, non per immolarli punitivamente agli idoli
della tribù. È quanto sostiene Fernando Savater,
filosofo, editorialista del quotidiano spagnolo "El Pais".
Le seguenti tesi pretendono di essere
utili per orientare il necessario dibattito istituzionale sul
cosiddetto "problema delle droghe". Attualmente vediamo
soltanto prosperare l'isteria punitiva, la demonizzazione di prodotti
chimici e persone, la disinformazione patologica, lo sfacciato
chiacchiericcio pseudoscientifico.
Il concentrato mitico intorno all'uso
della droga si può esporre così: "le droghe - o,
come suol dirsi, LA DROGA - sono un'invenzione malefica, promossa da
una mafia internazionale di individui senza scrupoli, per
tesaurizzate immensi benefici, schiavizzare la gioventù e
corrompere la salute fisica e morale dell'umanità; a fronte di
tale minaccia, è pertinente soltanto un'energica politica
repressiva a tutti i livelli, che inizi dal cammello e termini con le
piantagioni di coca nella selva boliviana: quando la polizia avrà
incarcerato l'ultimo grande narcotrafficante, l'uomo si vedrà
liberato dalla minaccia della droga".
In questa pietosa leggenda si mescolano
echi e pregiudizi, si presentano gli effetti come se fossero cause e
si elude con indifferenza olimpica il nocciolo del problema: però
si crea un capro espiatorio politico di evidente utilità, si
incentiva di contro un eccellente commercio, si utilizza la sfortuna
altrui come supporto della propria buona coscienza e si retrocede
innanzi alle possibilità giuridiche e tecniche di uno Stato
realmente moderno.
Il fatto che gli intellettuali
cosiddetti "di sinistra" collaborino unanimemente per
complicità ed omissione a questo oscurantismo, dimostra che il
problema dell'intellettuale oggi non è il suo riciclaggio al
servizio del potere (come continuano a credere coloro che non
vogliono abbandonare il Palazzo d'Inverno, che mai conquistarono
perché fuori fa freddo), né la mancanza di una visione
globale del mondo come sostengono i nuovi chierici, bensì la
sua tenace carenza di opinioni validamente fondate a fronte dei
conflitti specifici dell'attuale società.
Le tesi che qui proponiamo e il
richiamo finale non si riferiscono ad altro che agli aspetti
sociopolitici dell'assunto, entro cui si collocano coloro che
generalmente sono soliti chiamarsi impropriamente "etici"
semplicemente per qualche residuo di fede religiosa. Servono,
inoltre, a dire che non si parla di ciò che è realmente
importante nella questione delle droghe: la loro possibilità
di essere fonte di piacere o di attenuazione del dolore o di essere
stimolatrici della creatività, o potenziatrici della
introspezione e della conoscenza. In una parola, i loro aspetti di
validi ausiliari della vita umana, nel cui concetto sono state
consumate durante millenni, sono consumate oggi e continueranno ad
esserlo. Però questo sarebbe tema per un tipo di studio assai
più minuzioso di ciò di cui dissertiamo.
PRIMA TESI
Tutte le società hanno
conosciuto l'uso della droga, vale a dire, di sostanze o di pratiche
fisiche che alterano la normale percezione della realtà, la
quantità e la qualità della coscienza; tutte le società
l'hanno utilizzata abbondantemente, a volte legandola a rituali
sacri, in cui veniva aborrita e temuta, e in alcune circostanze ne
hanno persino abusato.
La storia della droga è tanto
lunga quanto quella dell'umanità e scorre parallela ad essa.
SECONDA TESI
La società contemporanea è
basata sull'esaltazione dell'individuo, nella realizzazione complessa
e pluralistica della sua libertà. La libertà di scelta
politica, espressione, informazione, indagine, realizzazione
artistica, religiosa o sessuale, etc. sono le basi delle moderne
democrazie.
Il totalitarismo, il suo rovescio, non
è altro che un sottoprodotto dell'individuo "tutto
sociale" - così come lo stabiliscono alcuni garanti del
bene comune - ipostatizzato in forma di nazione, stato, dogma
politico o tipo di vita che culmina nel conflitto degli interessi e
gusti individuali. Il diritto giuridico dell'habeas corpus si deve
estendere a tutti gli aspetti della libera disponibilità
dell'individuo del suo corpo, delle sue energie, della sua ricerca
del piacere o conoscenza, dei suoi esperimenti con se stesso (la vita
umana non è e non deve essere altro che un grande esperimento)
incluso quello della sua propria distruzione.
TERZA TESI
Proibire la droga in una società
democratica è qualcosa di ingiusto come proibire la
pornografia, l'eterodossia religiosa o politica, la diversità
erotica, i gusti alimentari. Inoltre si deve dire che è
qualcosa di tanto inutile e dannoso come qualsiasi altra proibizione.
La cosa più evidente è che viviamo in uno Stato
assistenziale che esercita un diritto illimitato a determinare il
meglio per la nostra salute, avendo perso ciò con cui
precedentemente poteva controllarci nel campo politico, religioso,
artistico e alimentare.
QUARTA TESI
Il problema della droga è il
problema della persecuzione delle droghe. L'uso delle droghe non è
semplicemente e sbrigativamente un pericolo da sradicare (il pericolo
poggia nella sua proibizione, nella sua adulterazione, nella mancanza
di informazione su di essa e di preparazione per maneggiarla, nelle
attitudini anomale che suscita di fronte al conformismo, al
gangsterismo che ci gira attorno, all'ossessione di curare che la
proscrive e la prescrive, etc.) ma è anche e principalmente un
diritto da difendere.
QUINTA TESI
La persecuzione contro la droga è
una deviazione della persecuzione religiosa: oggi la salute fisica è
il sostitutivo laico della salvezza spirituale. Le droghe furono
sempre utilizzate per ragioni religiose, però ieri si
rimproveravano ad esse gli effetti orgiastici cioè i
turbamenti che producevano nell'animo e nei costumi e non quelli che
causano nel corpo - infermità, costi per i rimedi,
improduttività, morte - e nelle attività lavorative. Si
sollecita così una paura dello spirito (che cosa abbiamo
dentro che la droga può liberare?) e una paura della caduta di
produttività (quest'ultima si suole chiamare ,"salute
pubblica").
Naturalmente, ci sono droghe che
possono essere pericolose (così come l'alpinismo,
l'automobilismo o la miniera) o dannose (come gli eccessi sessuali,
la danza o la credulità politica, mai tanto come la guerra).
C'è gente che è morta, muore e morirà a causa
delle droghe. Però ricordiamo:
a) che la vita che perdono è la
loro, non dello Stato o della comunità;
b) che la loro morte può essere
attribuita non alla stessa sostanza che intendono assumere bensì
all'adulterazione della medesima, alla mancanza di informazione e
composizione nel suo dosaggio, alla malavita che gira attorno al
traffico della droga a causa del proibizionismo, etc. I drogati che intendono abbandonare la
loro mania (tutti abbiamo le nostre manie fino a che le avvertiamo
come tossiche e desideriamo lasciarle), hanno ovviamente il diritto
di essere aiutati dalla società; alla stessa maniera di chi
desidera divorziare, cambiare religione, modificare il proprio sesso
o rinunciare al terrorismo. La società esiste per aiutare, nei
limiti delle possibilità, gli individui a realizzare i loro
desideri e rettificare i loro errori, non per immolarli punitivamente
agli idoli delta tribù.
La riabilitazione costa denaro, però
a volte la società costa lavoro a ciascuno dei suoi membri e
tutti procuriamo denaro pensando che questo denaro pubblico c'è
precisamente per mitigare gli effetti degli inconvenienti naturali, o
causati per imprudenza, che ci capitano nella ricerca della
soddisfazione personale.
A volte ci sono incidenti sul lavoro e,
che io sappia, nessuno ha parlato di proibire il lavoro o il traffico
stradale a causa degli incidenti della strada. Poiché quello
che si produce lo si ritiene necessario, sono giustificate le
perdite; al contrario ciò che è solo consumo e
gratificazione è giudicato ingiustificato socialmente poiché
appare una dissipazione gratuita. Nessuna tesi è più
totalitaria e antidemocratica di questa. Così si esprime la
colpevole inimicizia pubblica all'intimità individuale che
dovrebbe giustificare il collettivo.
SESTA TESI
A volte si fa equivalere la
depenalizzazione delle droghe alla legalizzazione del crimine e alla
prevaricazione o ai sequestri. Evidentemente niente può essere
più distinto, poiché questi delitti hanno come primo
obiettivo il danno altrui a proprio beneficio mentre nessuna droga è
di per se stessa un male, ma può arrivare ad esserlo per le
circostanze del suo uso. A tale proposito sembra che tale
depenalizzazione sia paragonabile a quella del suicidio, dell'aborto,
dell'eutanasia, del divorzio, dell'omosessualità etc., e cioè
alla rimozione degli ostacoli che impediscono lo sfruttamento
cosciente e libero del proprio corpo. Non è facile capire , né
hanno argomenti per spiegarlo, perché coloro che sostengono il
riconoscimento giuridico di queste figure emancipatrici possono in
cambio essere contrari alla depenalizzazione delle droghe. E l'unico
argomento plausibile contro la depenalizzazione è la
constatazione di una difficoltà per venirne a capo; infatti
questa misura deve essere la più internazionale possibile per
avere autentica efficacia.
Dibattiti e incontri internazionali per
trattare questo problema non mancano, dove in realtà si
dovrebbe discutere di questa questione anziché dell'aumento
delle pene ai trafficanti che non servono ad altro, se non a far
rincarare il costo dei prodotti. Si presenta in questo caso una
situazione conciliativa simile a quella che assumono i fautori del
disarmo unilaterale, che rivendicano per i propri paesi
l'atteggiamento che reputano più giusto, confidando nel fatto
che questa scelta conduca altri allo stesso cammino e accettando i
pericoli indubbi che da ciò possano derivare.
SETTIMA TESI
Il danno alla salute pubblica è
il principale argomento attuale contro le droghe, con dettagli sui
morti per overdose, sulle ore di lavoro perse, i danni che producono
all'azienda statale, sui drogati che intendono riabilitarsi etc...
Sono passati così in secondo piano i motivi di condanna
strettamente morale, orgiastica che nel corso dei secoli hanno
motivato questa persecuzione. Riguardo alla questione della perdita
economica causata dalla droga mi rimetto a ciò che ho detto
nella quinta tesi. È soltanto necessario aggiungere che le
adeguate tasse imposte sui prodotti oggi non controllati nel mercato
nero potrebbero venire in aiuto a queste necessità,
ridistribuendo il beneficio che attualmente lucrano soltanto pochi.
In quanto ai benefici politici della
crociata contro la droga, non possono neppure essere messi in
questione: se un tempo la guerra venne considerata la salute dello
Stato, oggi la salute può essere la principale guerra dello
Stato, dando l'impressione di un attivo sforzo politico in un campo
che beneficia di reputazione unanime e in cui si è tranquilli
che mai mancherà alimento demagogico. A quale altra migliore
attività potrebbero dedicarsi le prime donne dei vari paesi,
dato che baciare bambini sconosciuti in manifestazioni pubbliche
potrebbe loro attaccare l'Aids?
Però la compassione per la morte
e il dolore altrui già mi sembrano ragioni meno credibili.
Primo, perché la maggioranza delle droghe non uccidono nessuno
e molte eliminano moltissimi dolori in più di quelli che
causano (che cosa è più doloroso, la cirrosi degli
alcolizzati o un paio di bicchieri al momento giusto che hanno
aiutato a vivere milioni di persone?).
Secondo, perché quelle che
uccidono, uccidono molto di più per l'adulterazione e le
circostanze clandestine del loro uso (ignoranza delle dosi, siringhe
contaminate) che per la nocività del prodotto in se stesso. Se
ai governi dessero davvero preoccupazioni le morti e le sofferenze
provocate dalle droghe, si affretterebbero a depenalizzarle. È
certo che, contro tutte le razionalizzazioni cliniche, l'invidia
ancestrale deve continuare a rendere il godimento improduttivo e non
condiviso latitante attraverso la proibizione e l'isteria punitiva
contro le droghe.
Il grande Mcauluy, nella sua Storia
d'Inghilterra, afferma che "i puritani non odiavano la caccia
dell'orso coi cani perché produceva danno all'animale, bensì
perché dava piacere agli spettatori". Temo che in questo
caso si verifichi qualcosa di simile.
OTTAVA TESI
Altro argomento importante contro le
droghe e a favore di una loro più energica persecuzione legale
è quello dell'incidenza che hanno fra i giovani, soprattutto
fra quelli socialmente più sfavoriti. In primo luogo c'è
da dire che la ragione di questa diffusione è la proibizione
stessa e il commercio che ne deriva, per cui i trafficanti vogliono
estenderne il mercato fra le persone più ingenue, più
audaci e soprattutto, più capaci perché, grazie
all'intraprendenza della loro età, possono essere disponibili
a qualsiasi cosa per guadagnare una enorme somma, che poi verrà
loro sottratta. Si parla di vendita di eroina alle porte delle scuole
o nei centri di riunione dei giovani, però non del traffico di
gin o delle riviste pornografiche: queste ultime essendo facilmente
accessibili, non producono benefici economici. Naturalmente la
disoccupazione e l'abbandono di gran parte dei giovani favoriscono
questa e qualsiasi altra forma di delinquenza, violenza, etc.
Il mito della droga permette di parlare
di essa come causa dei mali giovanili, quando in realtà non si
tratta di altro che dell'effetto di una determinata situazione
sociale. Per concludere, l'ovvia necessità di proteggere
l'infanzia e l'adolescenza da manovre spregiudicate, non
giustificherà mai la manovra spregiudicata di trattare tutta
la popolazione come se fosse un giardino d'infanzia.
NONA TESI
La droga, si assicura, è la
causa del degrado morale della popolazione. L'impianto di questo
degrado ammette vari modelli, a cominciare da quello vacuamente
retorico con pretese antropologiche da sacrestia. ("Non esiste
attualmente un rischio - fatta eccezione per la guerra nucleare - per
l'anima umana, per l'individuo immaturo e sensuale della società
moderna, più grande della droga, quando lo sconcerto e la
demoralizzazione si propagano ovunque", ci assicura il dott.
Francesco Llavero, nel Pais dell'11 maggio 1987). Non so se sia più
interessante verificare se le guerre nucleari siano un pericolo per
l'animo umano o capire quale società formata d'individui
maturi e ascetici conosca il dott. Llavero, fino al titolo
postmoderno di un articolo di Antonio Papellcion ad usum che denuncia
il traffico della droga da parte della polizia, per far diminuire il
potenziale combattivo e rivoluzionario della gioventù basca.
Questi moralismi mostrano unicamente un
immenso disprezzo verso la libertà umana, base di ogni
dignità: come di fronte alla droga nessuno può essere
libero, l'unico modo per garantire la salute morale del popolo è
quella di eliminare l'occasione del peccato. La base di qualsiasi
proposta morale che consiste precisamente nel dominio di sé,
non merita considerazione: siamo condizionati dalla irresistibilità
del male. Ritorniamo quindi alla eteromania morale, da cui il povero
Kant pensava di essersi liberato già nel secolo XVIII. Perché
l'affermazione di un'etica autonoma rispetto al tema della droga non
può essere altra da quella esposta così da Gabriel
Matzneff: "L'hashish, l'amore e il vino possono dar luogo al
meglio o al peggio. Tutto dipende dall'uso che ne facciamo, di modo
che non è l'astinenza che dobbiamo insegnare bensì
l'autocontrollo" ("Le taureau Phalaris").
RICHIAMO FINALE
Il concentrato mitico esposto nel
preambolo di queste tesi, dovrebbe essere sostituito con quest'altro
assunto: la nostra cultura, come tutte le altre, conosce, utilizza e
assume droghe. È l'educazione, l'inquietudine e il progetto
vitale di ciascun individuo che può decidere quale droga usare
e come farlo. Il compito dello Stato non può essere che quello
d'informare nella misura più completa e razionale su ciascuno
dei prodotti, controllare la sua elaborazione e quantità e
aiutare coloro che lo desiderano o si vedono danneggiati da questa
libertà sociale. Naturalmente data la situazione di frenesia
poliziesca e persecutoria (almeno rispetto a ciò che si vuole
mostrare alla ingenuità pubblica) contro le droghe sarà
necessaria una tappa di riconciliazione fino alla situazione finale
di normalità depenalizzata.
Sarà anche necessario diffondere
internazionalmente la tesi della depenalizzazione e cercare di
adottare misure congiunte. Poiché non c'è dubbio sul
fatto che prima o poi si dovrà giungere a questo, sarà
bene iniziare quanto prima. A ciò ha inteso contribuire la
proposta di queste tesi.
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