Rivista Anarchica Online
Dai circoli giovanili ai centri
sociali
di Roberto Gimmi
Dalle occupazioni degli anni
settanta alla realtà dei centri sociali autogestiti. La storia di una varietà di
esperienze controverse, le difficoltà della pratica
dell'autogestione e lo scontro con le autorità o le tentazioni
istituzionali e il rischio di dare vita nuova a nuovi ghetti.
Il 16 Agosto 1989 il Centro Sociale
Leoncavallo di Milano è stato sgomberato con la forza dalla
Polizia e dalle ruspe dell'Immobiliare Scotti che lo hanno raso al
suolo. Non è stato il primo e non sarà neanche l'ultimo
a subire tale sorte, in quanto a Milano da alcuni anni sembra ormai
questo il destino dei Centri Sociali occupati.
In questi ultimi anni a Milano la
costituzione di alcuni Centri Sociali con relative occupazioni ha
attirato l'attenzione non solo della stampa ma anche dei compagni.
Quel che resta del movimento sembra aggregarsi e organizzarsi intorno
ad essi. Infatti lo sgombero del Leoncavallo ha riaggregato un certo
numero di compagni disposti a mantenerlo vivo e a ricostruirlo.
Non è un caso che alcuni Centri
Sociali a livello nazionale stanno tentando di organizzarsi, di darsi
un programma e con l'uscita di un bollettino cercano di coordinarsi.
Si pensa addirittura di ricostituire il Movimento rilanciando le
occupazioni per spazi e Centri Sociali autogestiti. Il Leoncavallo non è l'ultimo
baluardo di un movimento in estinzione e non può esserne
l'inizio. Ha rappresentato un punto di riferimento e di incontro
costante per tutta la sinistra, non solo per la morte di Fausto e
Jaio, ma anche per le iniziative che vi venivano svolte.
Vorrei prendere spunto da questo fatto
per analizzare cos'erano e come sono nati i Centri Sociali, per poter
trarre riflessioni e poter cogliere prospettive e possibilità
future di questo seme sotto la neve.
Vita associativa e comunitaria
I Centri Sociali autogestiti erano un
segno di una trasformazione in atto. Erano spazi associativi dove
praticare una modifica di rapporti personali, interpersonali e
sociali, una esigenza di vita politico-culturale diversa. Erano isole
autogestite, dove illusioni, errori, fallimenti hanno poi compromesso
e indebolito questa esperienza di lotta sociale, riducendone
oggettivamente gli spazi di agibilità e ponendola di fronte
all'alternativa tra resa istituzionale, ghettizzazione o repressione.
La crisi della militanza e una politica che non si rinnovava,
colpirono l'esplicitazione dei bisogni e la liberazione dei desideri.
L'idea dei Centri Sociali legati alla vita del quartiere come
alternativa a servizi sociali inesistenti (cinema, biblioteche,
asili, scuole popolari...) e in appoggio alle lotte esistenti
(affitti, occupazioni, caro-vita, autoriduzioni...) andò
progressivamente trasformandosi in tematiche più generiche del
"tempo libero" e del "riprendiamoci la vita"
contro la droga e l'alienazione, fino a ridurla a punti informali di
riferimento territoriale per militanti della Sinistra, o per diversi,
emarginati e non integrati.
L'inizio di questa risposta tutta
esterna alle Istituzioni possiamo datarla nel 1975, quando ad opera
di Circoli Giovanili, Comitati di quartiere, organismi di base,
gruppi femministi e omosessuali, le occupazioni diventavano numerose
e rappresentavano speranze, umori, orientamenti, esigenze e delusioni
di vasti strati di giovani, che a Milano, attraverso i Centri
Sociali, avevano trovato un modo ricco, seppur contraddittorio di
esprimersi. Nei Centri Sociali si cercava solidarietà, una
vita associativa e comunitaria, l'egualitarismo, l'autonomia e
l'indipendenza dai rapporti di autorità e strutture
gerarchiche.
Questi Centri nascevano come esigenza
di costruire elementi di una vita diversa, con la speranza e la
convinzione di poter fondare rapporti interpersonali nuovi; come
reali momenti di crescita culturale collettiva. Le stesse
organizzazioni extraparlamentari venivano messe in discussione e
criticate per il loro verticismo, leaderismo, e per il loro
atteggiamento strumentale.
Le radici lontane di questi Centri
Sociali vanno ricercate nella storia del Movimento Operaio, ossia
nelle Società di Mutuo Soccorso, nelle Case del Popolo, nelle
Leghe delle Cooperative, nell'Opera Nazionale Dopolavoro, nei Circoli
Ricreativi Aziendali, nei circoli Acli e soprattutto nei circoli
ARCI. Questi erano luogo di incontro, di ritrovo e di svago per i
lavoratori che sotto l'influenza dei militanti della sinistra, reali
punti di riferimento nei quartieri e nei paesi dove sorgevano, non si
limitavano più a svolgere attività di semplice svago ma
diventavano sedi vive di partecipazione politica, di dibattito, che
si intrecciavano alle attività ricreative.
I circoli ARCI furono fondati nel 1957,
ma ebbero vita tormentata in quanto pur contando sulla militanza di
comunisti e socialisti non potevano contare sull'appoggio dei
dirigenti di partito.
Fu nel '68-'69 che si ebbe una
partecipazione di base senza precedenti, fino ad allora si era
limitata a promozione culturale e alla costituzione di una cineteca.
Fu l'intervento di Dario Fo, con la programmazione di un circuito
teatrale alternativo, a recuperare le Case del Popolo. Le divergenze
di Fo con il PCI portarono alla rottura con l'ARCI, così la
"cultura che aiuta la rivoluzione ad andare avanti" e
"tempo libero, tempo di rivoluzione" restarono soltanto
slogan ciclostilati nei volantini ARCI. Furono il patrimonio di
queste esperienze che, mutuate con le tematiche del '68, di
partecipazione e egualitarismo realizzato nel contesto particolare
dell'autogestione, a dare vita ai Centri Sociali Autogestiti.
I Centri Sociali nei quartieri IACP,
anche se nel '69 divennero spesso luoghi di riunione della sinistra,
non soddisfacevano le esigenze e i nuovi bisogni dei giovani, in
quanto questi centri rimanevano legati a schemi istituzionali. I
Centri Sociali del '75 si ponevano, quindi, in continuità con
le tematiche del '68. Si aveva l'esigenza di spazi associativi dove
si mettevano in discussione la qualità della vita, il rapporto
uomo-donna, personale-politico, pubblico-privato, lavoro-tempo
libero, l'esigenza e il problema di una vita politico-culturale
alternativa.
Queste esigenze portavano così i
Comitati di Quartiere a promuovere i Centri Sociali in relazione
diretta con la loro attività; altri C.S. nascevano sulla
spinta di forze politiche, collettivi giovanili e di donne, organismi
culturali di base, combinando l'esigenza di creare degli spazi in cui
organizzare attività culturali e ricreative con quella di
costruire un Comitato di Quartiere che si rivolgesse ai giovani, alle
donne, agli anziani.
Nascevano così i Centri Sociali
come quello del Leoncavallo, Baggio, Isola, S. Marta e tanti altri
che cercavano di sperimentare, tramite la militanza nel Centro
Sociale, un nuovo modo di sintesi tra dimensione personale ed impegno
politico. Si organizzavano laboratori artigianali, grafica,
fotografia, cinema, audiovisivi, teatro, animazione, musica, feste,
concerti, giornalini, biblioteche, palestre, asili, scuole popolari,
sale da ballo, bar, consultori, centri antidroga ecc.; ci si
impegnava nelle tradizionali attività di agitazione e
propaganda, autoriduzioni, lotta al caro-vita, controinformazione,
mercatini rossi, occupazioni case sfitte, dibattiti, assemblee,
incontri politici. Ci fu anche un tentativo di coordinare i C.S. nei
primi mesi del '76 tentando una vertenza con il Comune, per
stabilizzare la conquista degli stabili, bloccandone gli sgomberi, le
requisizioni e le assegnazioni, per finanziare le attività
culturali.
Il coordinamento ebbe però breve
vita e la vertenza venne lasciata morire in quanto la situazione
politica a Milano era caratterizzata dalla nascita della Giunta
Rossa, dalla partecipazione politica elettorale di D.P., dalla
nascita dei consigli di zona e dal decentramento amministrativo, che
creò a una certa sinistra illusioni di partecipazione. Le
forze politiche della Nuova Sinistra raramente erano presenti "in
prima persona" nelle occupazioni. Più spesso le forze
politiche, o meglio, le loro sezioni di quartiere, appoggiavano
l'occupazione o se ne facevano promotori, ma poi la gestione del
centro veniva affidata a chi si aggregava alle varie attività
o alla volontà e capacità dei singoli militanti.
Infatti i C.S. venivano considerati come serbatoi di reclutamento,
strutture da trascinare in caso di mobilitazione, e non pochi centri
diventarono la palestra degli scontri tra le forze che si
contendevano l' egemonia. La nascita e lo sviluppo dei C.S. era
caratterizzata dalla creazione di collettivi giovanili su tutto il
territorio metropolitano.
I collettivi giovanili
Era l'emergere di una grossa area di
giovani post-sessantottesca che esprimeva la propria volontà
di partecipazione politica. Collettivi Giovanili nascevano da
semplici compagnie di giovani, gruppi si staccavano dagli oratori,
dai bar; nascevano collettivi femministi, comitati antifascisti,
comitati di lotta, organismi di base, teatrali, musicali, artistici,
comitati antidroga, gruppi di lavoro sulla disoccupazione, sul lavoro
precario, gruppi di autocoscienza. La nascita dei C.G. diede nuovo
impulso alle occupazioni dei C.S., offrì a questi militanti nuove possibilità di aggregazione sulla esplosione della
condizione giovanile. Questo ricambio giovanile diede rilancio e
speranze a un movimento che sembrava in crisi in quanto le illusioni
della sinistra venivano messe a nudo. Alle elezioni del '76 D.P. si
presentava fiduciosa al cambiamento politico, si prevedeva il crollo
della D.C., ma la D.C. teneva e D.P. deludeva. Crollavano tutte le
motivazioni e le aspettative della Nuova Sinistra che iniziava a
disgregarsi e a frantumarsi sotto le critiche dei giovani e delle
femministe.
Le nuove masse giovanili avvicinatesi
ai C. G. con le autoriduzioni dei cinema cambiarono completamente il
volto del Movimento. Era un universo giovanile che si affermava, che
cercava di comunicare e di esprimersi sulla sua condizione. La festa del Parco Lambro nell'estate
e i fatti della Scala di Milano nel dicembre '76 portarono a una
riflessione e a una autocritica del Movimento che nel '77 iniziava ad
affrontare il problema della violenza che aveva attecchito come
ideologia. Tutto ciò portava inevitabilmente alla crisi del
Movimento e di conseguenza dei C.S. in cui si diffondevano esigenze
privatistiche, crisi della militanza e il rifiuto della politica,
tanto che alcuni di questi centri finirono per essere considerati
come semplici luoghi di ritrovo.
Il diffondersi dell'ideologia della
violenza, dell'illegalismo e il progetto di lotta armata spaccarono
definitivamente il Movimento e la repressione portava a termine la
disgregazione. Gli anni successivi per i C.S. sono di crisi aperta,
vengono abbandonati o poco frequentati. Le feste che ancora si
organizzavano rimanevano squallide dove o ci si lasciava andare agli
interessi apparenti, mutevoli, epidermici o si costruivano artifici,
allettanti lusinghe, esche piacevoli che risultavano sempre estranei
ed esterni. Le giovani generazioni non si avvicinavano più
alla politica, c'era il rifiuto, i compagni erano in crisi, c'era il
riflusso; si ritornava così nei bar, nelle trattorie, nelle
discoteche, in quei locali che si chiameranno "Locali
Alternativi".
Nelle loro intenzioni questi "Locali
Alternativi" avevano la speranza di creare qualcosa di nuovo
sull'esempio dei Pub Inglesi o i Caffè Italiani di fine '800,
ma in realtà non rappresentavano niente di alternativo finendo
come semplici luoghi di consumazione commerciale.
Grazie al punk
Nuova vitalità
dei C.S. e alle occupazioni di spazi autogestiti veniva data dal
consolidarsi del movimento Punk. I Punk-anarchici sono stati
protagonisti non solo a Milano ma anche in varie parti d'Italia
ricoprendo in parte il vuoto politico lasciato, aprivano centri per
concerti e occupavano case e grazie al discorso musicale hanno
coinvolto un certo numero di giovani, creando circuiti autogestiti
per materiale autoprodotto, fanzine, dischi ecc., tentando anche di
coordinarsi. Grazie ai Punk
alcuni C.S. dei pochi rimasti aperti cambiano fisionomia e iniziano a
prendere respiro, presentandosi come luoghi adatti per organizzare
concerti, per fare e produrre musica. Il discorso musicale ha grandi
potenzialità di aggregazione. Ulteriore
impulso è stato dato dal Movimento dell'85 che ha fatto
sperare in una rinascita dell'impegno politico giovanile. Nonostante
la breve durata di questo movimento si sono avvicinati nuovi giovani
alla politica.
In questi ultimi anni, infatti, sono
nate alcune occupazioni di case, ed è rinata l'esigenza di
spazi sociali autogestiti. Ora vi è il tentativo di coordinare
i C.S.A., di cui è espressione il "Bollettino dei C.S.A."
i cui intenti sono: confrontare i diversi modi di praticare
l'autogestione e le peculiarità di ogni singola situazione;
collegare fra loro le realtà già esistenti sulle
esperienze, le attività, i progetti; offrire uno strumento in
più di solidarietà e difesa; informare e far conoscere
al maggior numero possibile di persone la realtà del C.S.A.
per creare dibattito e diffondere la pratica dell'autogestione
ovunque; sviluppare ed estendere momenti di lotta e di iniziative.
Oltre all'autogestione e alle
autoproduzioni le tematiche affrontate sono sulla repressione,
sull'antimilitarismo, sulla lotta all'eroina e sul tentativo di
ricomposizione del Movimento, tenendo ben presente di evitare gruppi
e gruppetti legati a partiti o istituzioni. Lo sgombero del
Leoncavallo non ha fatto altro che concentrare l'attenzione su queste
realtà e sull'esigenza di spazi autogestiti.
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