Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 167
ottobre 1989


Rivista Anarchica Online

Dai circoli giovanili ai centri sociali
di Roberto Gimmi

Dalle occupazioni degli anni settanta alla realtà dei centri sociali autogestiti. La storia di una varietà di esperienze controverse, le difficoltà della pratica dell'autogestione e lo scontro con le autorità o le tentazioni istituzionali e il rischio di dare vita nuova a nuovi ghetti.

Il 16 Agosto 1989 il Centro Sociale Leoncavallo di Milano è stato sgomberato con la forza dalla Polizia e dalle ruspe dell'Immobiliare Scotti che lo hanno raso al suolo. Non è stato il primo e non sarà neanche l'ultimo a subire tale sorte, in quanto a Milano da alcuni anni sembra ormai questo il destino dei Centri Sociali occupati.
In questi ultimi anni a Milano la costituzione di alcuni Centri Sociali con relative occupazioni ha attirato l'attenzione non solo della stampa ma anche dei compagni. Quel che resta del movimento sembra aggregarsi e organizzarsi intorno ad essi. Infatti lo sgombero del Leoncavallo ha riaggregato un certo numero di compagni disposti a mantenerlo vivo e a ricostruirlo.
Non è un caso che alcuni Centri Sociali a livello nazionale stanno tentando di organizzarsi, di darsi un programma e con l'uscita di un bollettino cercano di coordinarsi. Si pensa addirittura di ricostituire il Movimento rilanciando le occupazioni per spazi e Centri Sociali autogestiti.
Il Leoncavallo non è l'ultimo baluardo di un movimento in estinzione e non può esserne l'inizio. Ha rappresentato un punto di riferimento e di incontro costante per tutta la sinistra, non solo per la morte di Fausto e Jaio, ma anche per le iniziative che vi venivano svolte.
Vorrei prendere spunto da questo fatto per analizzare cos'erano e come sono nati i Centri Sociali, per poter trarre riflessioni e poter cogliere prospettive e possibilità future di questo seme sotto la neve.

Vita associativa e comunitaria
I Centri Sociali autogestiti erano un segno di una trasformazione in atto. Erano spazi associativi dove praticare una modifica di rapporti personali, interpersonali e sociali, una esigenza di vita politico-culturale diversa. Erano isole autogestite, dove illusioni, errori, fallimenti hanno poi compromesso e indebolito questa esperienza di lotta sociale, riducendone oggettivamente gli spazi di agibilità e ponendola di fronte all'alternativa tra resa istituzionale, ghettizzazione o repressione. La crisi della militanza e una politica che non si rinnovava, colpirono l'esplicitazione dei bisogni e la liberazione dei desideri. L'idea dei Centri Sociali legati alla vita del quartiere come alternativa a servizi sociali inesistenti (cinema, biblioteche, asili, scuole popolari...) e in appoggio alle lotte esistenti (affitti, occupazioni, caro-vita, autoriduzioni...) andò progressivamente trasformandosi in tematiche più generiche del "tempo libero" e del "riprendiamoci la vita" contro la droga e l'alienazione, fino a ridurla a punti informali di riferimento territoriale per militanti della Sinistra, o per diversi, emarginati e non integrati.
L'inizio di questa risposta tutta esterna alle Istituzioni possiamo datarla nel 1975, quando ad opera di Circoli Giovanili, Comitati di quartiere, organismi di base, gruppi femministi e omosessuali, le occupazioni diventavano numerose e rappresentavano speranze, umori, orientamenti, esigenze e delusioni di vasti strati di giovani, che a Milano, attraverso i Centri Sociali, avevano trovato un modo ricco, seppur contraddittorio di esprimersi. Nei Centri Sociali si cercava solidarietà, una vita associativa e comunitaria, l'egualitarismo, l'autonomia e l'indipendenza dai rapporti di autorità e strutture gerarchiche.
Questi Centri nascevano come esigenza di costruire elementi di una vita diversa, con la speranza e la convinzione di poter fondare rapporti interpersonali nuovi; come reali momenti di crescita culturale collettiva. Le stesse organizzazioni extraparlamentari venivano messe in discussione e criticate per il loro verticismo, leaderismo, e per il loro atteggiamento strumentale.
Le radici lontane di questi Centri Sociali vanno ricercate nella storia del Movimento Operaio, ossia nelle Società di Mutuo Soccorso, nelle Case del Popolo, nelle Leghe delle Cooperative, nell'Opera Nazionale Dopolavoro, nei Circoli Ricreativi Aziendali, nei circoli Acli e soprattutto nei circoli ARCI. Questi erano luogo di incontro, di ritrovo e di svago per i lavoratori che sotto l'influenza dei militanti della sinistra, reali punti di riferimento nei quartieri e nei paesi dove sorgevano, non si limitavano più a svolgere attività di semplice svago ma diventavano sedi vive di partecipazione politica, di dibattito, che si intrecciavano alle attività ricreative.
I circoli ARCI furono fondati nel 1957, ma ebbero vita tormentata in quanto pur contando sulla militanza di comunisti e socialisti non potevano contare sull'appoggio dei dirigenti di partito.
Fu nel '68-'69 che si ebbe una partecipazione di base senza precedenti, fino ad allora si era limitata a promozione culturale e alla costituzione di una cineteca. Fu l'intervento di Dario Fo, con la programmazione di un circuito teatrale alternativo, a recuperare le Case del Popolo. Le divergenze di Fo con il PCI portarono alla rottura con l'ARCI, così la "cultura che aiuta la rivoluzione ad andare avanti" e "tempo libero, tempo di rivoluzione" restarono soltanto slogan ciclostilati nei volantini ARCI. Furono il patrimonio di queste esperienze che, mutuate con le tematiche del '68, di partecipazione e egualitarismo realizzato nel contesto particolare dell'autogestione, a dare vita ai Centri Sociali Autogestiti.
I Centri Sociali nei quartieri IACP, anche se nel '69 divennero spesso luoghi di riunione della sinistra, non soddisfacevano le esigenze e i nuovi bisogni dei giovani, in quanto questi centri rimanevano legati a schemi istituzionali. I Centri Sociali del '75 si ponevano, quindi, in continuità con le tematiche del '68. Si aveva l'esigenza di spazi associativi dove si mettevano in discussione la qualità della vita, il rapporto uomo-donna, personale-politico, pubblico-privato, lavoro-tempo libero, l'esigenza e il problema di una vita politico-culturale alternativa.
Queste esigenze portavano così i Comitati di Quartiere a promuovere i Centri Sociali in relazione diretta con la loro attività; altri C.S. nascevano sulla spinta di forze politiche, collettivi giovanili e di donne, organismi culturali di base, combinando l'esigenza di creare degli spazi in cui organizzare attività culturali e ricreative con quella di costruire un Comitato di Quartiere che si rivolgesse ai giovani, alle donne, agli anziani.
Nascevano così i Centri Sociali come quello del Leoncavallo, Baggio, Isola, S. Marta e tanti altri che cercavano di sperimentare, tramite la militanza nel Centro Sociale, un nuovo modo di sintesi tra dimensione personale ed impegno politico. Si organizzavano laboratori artigianali, grafica, fotografia, cinema, audiovisivi, teatro, animazione, musica, feste, concerti, giornalini, biblioteche, palestre, asili, scuole popolari, sale da ballo, bar, consultori, centri antidroga ecc.; ci si impegnava nelle tradizionali attività di agitazione e propaganda, autoriduzioni, lotta al caro-vita, controinformazione, mercatini rossi, occupazioni case sfitte, dibattiti, assemblee, incontri politici. Ci fu anche un tentativo di coordinare i C.S. nei primi mesi del '76 tentando una vertenza con il Comune, per stabilizzare la conquista degli stabili, bloccandone gli sgomberi, le requisizioni e le assegnazioni, per finanziare le attività culturali.
Il coordinamento ebbe però breve vita e la vertenza venne lasciata morire in quanto la situazione politica a Milano era caratterizzata dalla nascita della Giunta Rossa, dalla partecipazione politica elettorale di D.P., dalla nascita dei consigli di zona e dal decentramento amministrativo, che creò a una certa sinistra illusioni di partecipazione. Le forze politiche della Nuova Sinistra raramente erano presenti "in prima persona" nelle occupazioni. Più spesso le forze politiche, o meglio, le loro sezioni di quartiere, appoggiavano l'occupazione o se ne facevano promotori, ma poi la gestione del centro veniva affidata a chi si aggregava alle varie attività o alla volontà e capacità dei singoli militanti. Infatti i C.S. venivano considerati come serbatoi di reclutamento, strutture da trascinare in caso di mobilitazione, e non pochi centri diventarono la palestra degli scontri tra le forze che si contendevano l' egemonia. La nascita e lo sviluppo dei C.S. era caratterizzata dalla creazione di collettivi giovanili su tutto il territorio metropolitano.

I collettivi giovanili
Era l'emergere di una grossa area di giovani post-sessantottesca che esprimeva la propria volontà di partecipazione politica. Collettivi Giovanili nascevano da semplici compagnie di giovani, gruppi si staccavano dagli oratori, dai bar; nascevano collettivi femministi, comitati antifascisti, comitati di lotta, organismi di base, teatrali, musicali, artistici, comitati antidroga, gruppi di lavoro sulla disoccupazione, sul lavoro precario, gruppi di autocoscienza. La nascita dei C.G. diede nuovo impulso alle occupazioni dei C.S., offrì a questi militanti nuove possibilità di aggregazione sulla esplosione della condizione giovanile. Questo ricambio giovanile diede rilancio e speranze a un movimento che sembrava in crisi in quanto le illusioni della sinistra venivano messe a nudo. Alle elezioni del '76 D.P. si presentava fiduciosa al cambiamento politico, si prevedeva il crollo della D.C., ma la D.C. teneva e D.P. deludeva. Crollavano tutte le motivazioni e le aspettative della Nuova Sinistra che iniziava a disgregarsi e a frantumarsi sotto le critiche dei giovani e delle femministe.
Le nuove masse giovanili avvicinatesi ai C. G. con le autoriduzioni dei cinema cambiarono completamente il volto del Movimento. Era un universo giovanile che si affermava, che cercava di comunicare e di esprimersi sulla sua condizione.
La festa del Parco Lambro nell'estate e i fatti della Scala di Milano nel dicembre '76 portarono a una riflessione e a una autocritica del Movimento che nel '77 iniziava ad affrontare il problema della violenza che aveva attecchito come ideologia. Tutto ciò portava inevitabilmente alla crisi del Movimento e di conseguenza dei C.S. in cui si diffondevano esigenze privatistiche, crisi della militanza e il rifiuto della politica, tanto che alcuni di questi centri finirono per essere considerati come semplici luoghi di ritrovo.
Il diffondersi dell'ideologia della violenza, dell'illegalismo e il progetto di lotta armata spaccarono definitivamente il Movimento e la repressione portava a termine la disgregazione. Gli anni successivi per i C.S. sono di crisi aperta, vengono abbandonati o poco frequentati. Le feste che ancora si organizzavano rimanevano squallide dove o ci si lasciava andare agli interessi apparenti, mutevoli, epidermici o si costruivano artifici, allettanti lusinghe, esche piacevoli che risultavano sempre estranei ed esterni. Le giovani generazioni non si avvicinavano più alla politica, c'era il rifiuto, i compagni erano in crisi, c'era il riflusso; si ritornava così nei bar, nelle trattorie, nelle discoteche, in quei locali che si chiameranno "Locali Alternativi".
Nelle loro intenzioni questi "Locali Alternativi" avevano la speranza di creare qualcosa di nuovo sull'esempio dei Pub Inglesi o i Caffè Italiani di fine '800, ma in realtà non rappresentavano niente di alternativo finendo come semplici luoghi di consumazione commerciale.

Grazie al punk
Nuova vitalità dei C.S. e alle occupazioni di spazi autogestiti veniva data dal consolidarsi del movimento Punk. I Punk-anarchici sono stati protagonisti non solo a Milano ma anche in varie parti d'Italia ricoprendo in parte il vuoto politico lasciato, aprivano centri per concerti e occupavano case e grazie al discorso musicale hanno coinvolto un certo numero di giovani, creando circuiti autogestiti per materiale autoprodotto, fanzine, dischi ecc., tentando anche di coordinarsi.
Grazie ai Punk alcuni C.S. dei pochi rimasti aperti cambiano fisionomia e iniziano a prendere respiro, presentandosi come luoghi adatti per organizzare concerti, per fare e produrre musica. Il discorso musicale ha grandi potenzialità di aggregazione.
Ulteriore impulso è stato dato dal Movimento dell'85 che ha fatto sperare in una rinascita dell'impegno politico giovanile. Nonostante la breve durata di questo movimento si sono avvicinati nuovi giovani alla politica.
In questi ultimi anni, infatti, sono nate alcune occupazioni di case, ed è rinata l'esigenza di spazi sociali autogestiti. Ora vi è il tentativo di coordinare i C.S.A., di cui è espressione il "Bollettino dei C.S.A." i cui intenti sono: confrontare i diversi modi di praticare l'autogestione e le peculiarità di ogni singola situazione; collegare fra loro le realtà già esistenti sulle esperienze, le attività, i progetti; offrire uno strumento in più di solidarietà e difesa; informare e far conoscere al maggior numero possibile di persone la realtà del C.S.A. per creare dibattito e diffondere la pratica dell'autogestione ovunque; sviluppare ed estendere momenti di lotta e di iniziative.
Oltre all'autogestione e alle autoproduzioni le tematiche affrontate sono sulla repressione, sull'antimilitarismo, sulla lotta all'eroina e sul tentativo di ricomposizione del Movimento, tenendo ben presente di evitare gruppi e gruppetti legati a partiti o istituzioni. Lo sgombero del Leoncavallo non ha fatto altro che concentrare l'attenzione su queste realtà e sull'esigenza di spazi autogestiti.