Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 148
estate 1987


Rivista Anarchica Online

Dalla maschera al volto
di Giuseppe Gessa

Se fosse possibile tracciare una storia universale dei rapporti dell'uomo comune con quella vasta categoria di persone che, per le più svariate ragioni, si discostano dagli standard psicofisici vigenti, ci si troverebbe in serie difficoltà di sistematizzazione.
Questi rapporti dell'uomo comune con l'altro da sé sembrano sempre dover essere mediati da categorie che impediscono di vedere nell'"altro" una semplice persona: se la civiltà greca sopprimeva con terrore i fanciulli deformi, per altre culture essi erano oggetto di particolari attenzioni a causa degli attributi trascendenti che venivano loro assegnati. Di questi problemi, a livello personale e transpersonale, ci parla Enzo Aprea, giornalista della RAI che, da 46 anni, si trova a dover affrontare il fatto di vivere senza gambe e senza braccia, amputategli a causa del morbo di Burger (Enzo Aprea, L'altro, Tullio Pironti, Napoli 1987, pag .127, lire 15.000).
Il libro si snoda attraverso una scansione tra ricordi dell'infanzia-giovinezza a Torre del Greco e quelli dell'incontro con la malattia e le sue implicazioni quotidiane. Il titolo del libro è estremamente significativo per l'autore in quanto ingloba nella sua persona quel rapporto normali-diversi di cui si diceva: l'altro da se è ormai dentro il sé. Enzo Aprea ci racconta, non a caso, quali furono i suoi primi pensieri dopo essersi accorto delle amputazioni: raggiungere quella finestra che appariva come l'unica soluzione alla nuova realtà. La scelta del suicidio apparirà invece come una non-scelta, come una pura reazione, determinata da un immaginario che, rimuovendo e non de-mitizzando il rapporto con l'altro, fa apparire "finite" vite che sono invece aperte a gioie e dolori come le altre.
L'autore descrive il difficile cammino verso la consapevolezza della propria dignità, la disintossicazione dalla morfina (svolta in parte a S. Patrignano) dopo essersi reso conto che, accanto a quello fisico, essa serviva anche per annullare il dolore esistenziale.
Enzo Aprea integra sapientemente la sua condizione attuale con la dimensione della memoria, tracciando situazioni e personaggi che, sia pure a livelli meno radicali, rappresentano un variegato panorama di alterità. Data la sua professione e la sua cultura, l'autore appare senza dubbio privilegiato rispetto alla maggioranza, ma ciò non toglie il suo proclamarsi "incazzato". La rabbia espressa dal libro genera amore, materiale e immateriale, nuove capacità di inventare e comunicare con la gente. Aprea ricorda con rabbia e il dovuto disprezzo i consigli dell'alto funzionario RAI sulla non-opportunità di presentare, alla famiglia che pranza, immagini televisive che possono provocare "traumi indescrivibili". Speriamo che siano stati comunque in molti quella volta a vedere, con piacere o meno, quello strano giornalista col moncherino.
La scienza moderna ha avuto il merito di spogliare l'handicap dagli attributi oscurantistici che, pur venendo da molto più lontano, sono stati particolarmente rafforzati da una certa cultura cattolica. Questo processo si è però molto spesso risolto in una semplice classificazione, dove alla persona è stata sostituita la malattia, alla condanna in nome della morale o della religione quella in nome della scienza.
Ogni essere umano è in grado di realizzare se stesso sviluppando le proprie potenzialità individuali.
Troppo spesso si decide il destino di una persona sulla base delle sue caratteristiche biologiche, attribuendole uno stato "naturale" di infelicità, che si rivela essere solo l'ennesimo tentativo per sfuggire al confronto diretto con l'altro, unico modo perché, come ha scritto il periodico Accaparlante (via Alamandini 2/A 40136 Bologna, tel. 051 /331 684), "alla cultura della maschera possa finalmente sostituirsi quella del volto".