Rivista Anarchica Online
Anarchia a
Montecatini
di Salvo Vaccaro
Nella cittadina
toscana si è tenuta in luglio la 38a Mostra internazionale del
cinema. Tra i sei filoni
in cui si articolava, uno era dedicato a "Cinema e Anarchia".
Arrivando a
Montecatini Terme, si tocca con mano l'invecchiamento demografico
della popolazione italiana: su 10 persone che si incontrano, 6 sono
anziane. Per fortuna che ad abbassare la media, quest'anno, dal 4
all'11 luglio, c'eravamo noi "giovani" della 38° rassegna
"Cinema Fedic 1987". La Fedic è la
Federazione Italiana dei Cineclub, che organizza ogni anno un
concorso per giovani autori di film e video a S. Giovanni Valdarno
(quest'anno vinto, fra gli altri, da un video sul caso Bresci) ed una
rassegna pluritematica a Montecatini. Fra il centinaio di
invitati, c'ero anch'io nella veste di "pubblicista anarchico",
giacché uno dei sei temi era proprio "Cinema e anarchia".
Sotto la supervisione di Paolo Gobetti, purtroppo assente per non
buone condizioni di salute, il direttore della rassegna Adriano Asti
ha raccolto una quindicina tra film e video per un primo "assaggio",
in vista di una ricerca più articolata in un più ampio progetto di
cui lo stesso Asti intende farsi promotore entusiasta. Già è stata una
piacevole sorpresa vedere un interesse sull'anarchia così vivo
presso gli organizzatori, e tale interesse veniva evidenziato anche
nel ricco catalogo che presentava la rassegna, e che per quanto
riguardava la nostra sezione vedeva un'introduzione dello stesso
Gobetti, le schede dei film in programma, ed una ricca postfazione di
Pietro Ferrua sulla presenza dell'anarchia nel mondo di celluloide,
differenziata in varie modalità espressive, secondo tagli selettivi
diversi, secondo le varie epoche dei film. Il programma
presentava opere di vario stile. Si andava dal più noto al meno
noto: l'ormai classico (per noi, ma non certo per un pubblico di
non-anarchici) "Spagna '36: un popolo in armi" ed alcuni
documentari spagnoli filmati dal Sindacato de los Espectaculos
Publicos della CNT all'indomani del 19 Luglio '36, e cioè un
"Reportaje sobre el movimiento revolucionario a Barcelona" (sulla
vita della città catalana nelle ore successive all'insurrezione
popolare vittoriosa), i 3 filmati sugli "Aguiluchos de la FAI
por tierras d'Aragon" (sulla vita della Columna Durruti in
marcia per liberare l'Aragona, compreso l'episodio della "Toma
de Sietamo"), ed un documentario bellico sulla "Batalla de
Farlete" (in cui i volontari anarchici guidati da Durruti
liberano un villaggio aragonese fraternizzando immediatamente con la
popolazione locale). A concludere il tema della rivoluzione spagnola,
c'erano i video dell'Archivio Nazionale Cinematografico della
Resistenza di Gobetti sulle collettività agricole spagnole ed il
video di Claudio Venza sui protagonisti italiani della rivoluzione
spagnola intervistati a distanza di oltre 40 anni (alcuni dei quali
oggi scomparsi, come Umberto Marzocchi, Tommaso Serra e Umberto
Tommasini). Sono stati
proiettati, poi, un'inchiesta di Arrigo Petacco sul caso Bresci
andata in onda su RAI 2 all'inizio dell'anno; un filmato sui
libertari brasiliani che non ho potuto vedere. I due gioielli della
rassegna, comunque, erano senza dubbio la "Maknovicina" di
Vladimiro Muha, un video sulle gesta di Nestor Makno e del movimento
insurrezionale ucraino del 1919, stretto tra i "rossi" di
Trockji ed i "bianchi" controrivoluzionari di Denikin e
Wrangel. Il video è molto ben fatto, tutto centrato su foto
d'archivio, montate a ritmo serrato, e inframezzate da rari filmati
d'epoca, con un commento attento alla storiografia di Avrich e Volin,
pur se sbilanciato sul lato bellico delle azioni della maknovicina,
più che sul lato delle realizzazioni sociali tentate. Il secondo pezzo
forte è stato "Free voice of labor", il video sugli anarchici
ebrei americani, girato dall'unica casa cinematografica anarchica, la
Pacific Street Film di Brooklyn, che testimonia attraverso gli 80
anni di pubblicazione del periodico yddish "Freie Arbeiter
Stimme", l'impegno del movimento anarchico "ebraico" nelle
lotte antimilitariste durante il 1°conflitto mondiale, nelle lotte
sindacali degli IWW, nel mondo culturale, con una vivace e
qualificata presenza intellettuale, capace anche di catalizzare
energie e facoltà non specificatamente anarchiche, ma con ampie
simpatie libertarie (Jack London, Eugene O'Neill, Will Durant, Man
Ray per citare i più famosi). Un video veramente ben fatto, che
alterna immagini, filmati e testimonianze di compagni quali Avrich,
Sam Dolgoff, Abe Bluestein e altri redattori del periodico ebreo.
La sera i film
I film veri e
propri, che maggiormente hanno attirato l'attenzione degli
spettatori, anche perché proiettati in serata, sono stati "Gli
ultimi tre giorni" di G. Mingozzi, che rievoca le ore
antecedenti al fallito attentato di Anteo Zamboni a Mussolini, in una
Bologna del '26 molto simile nelle scene a quella di oggi. Il padre
di Anteo, Mammolo, anarchico, viene visto come un uomo chiuso nella
propria dignità sconfitta dalla dittatura, con una forte carica
emotiva bloccata dentro che nemmeno il sacrificio del giovane figlio
farà esplodere, poiché le contraddizioni della sua vita rassegnata
in un regime illibertario ormai attanagliano lui e l'Italia tutta
senza scampo. Buon film "commerciale" prodotto per la RAI,
sebbene le ultime fasi dell'attentato, il presagio della provocazione
e del fallimento e l'agonia di Anteo risultino un po' stiracchiate
nel ritmo e nella tenuta dell'insieme. L'altro film è
stato "Patagonia rebelde" di Hector Oliveira, su
sceneggiatura di Osvaldo Bayer, un gran bel film penalizzato
purtroppo dalla scomparsa di molte copie originali ai tempi della
dittatura argentina (il film è del '74, coraggiosamente uscito
durante il breve interregno della vedova Peron, Isabelita, prima del
golpe militare di Videla); la copia era già doppiata in tedesco con
ulteriore doppiatura "artigianale" in spagnolo, il che
francamente guasta il bel film dominato dalla splendida fotografia di
una regione stupenda del Sudamerica. Le lotte operaie in Patagonia,
sede di deportati, sono le protagoniste del film, che però non
indulge in retoriche, segno di una professionalità che coniuga
impegno politico, qualità nello stile, correttezza storiografica. L'interesse del
pubblico verso la sezione anarchica è stato rilevante, più per i
film e video che per i documentari spagnoli (più segnati dagli
eventi bellici ed enfatici nello stile), anche se, a dire la verità,
sono stato bersagliato sin dal mio arrivo da curiosità, interesse e
notizie d'informazione da parte degli organizzatori e della stampa
accreditata alla rassegna; così mi hanno subito messo al lavoro con
un'intervista ad una tv privata pistoiese che seguiva la mostra, con
un intervento sul bollettino giornaliero della rassegna, con le
recensioni dei film anarchici per il volume che ospiterà tutti gli
articoli in questione. Anche la stampa
locale e nazionale che ha parlato della rassegna ha notato la sezione
anarchica, magari condendo i resoconti con qualche ritornello
folklorico o con qualche mastodontica inesattezza (come quella che
vuole Makno represso da Stalin... giusto per salvare la fase
bolscevica della rivoluzione d'ottobre coprendo i "buoni"
Lenin e Trockji e colpevolizzando il "cattivo" Stalin). Tutto
sommato, però, l'importante è che d'anarchia si sia parlato.
Mancavano gli anarchici, è vero, probabilmente per la carenza
d'informazione sulla rassegna.
Dietro una
simulazione artificiale
Due parole, per
concludere, sull'organizzazione del festival, collaudata dal punto di
vista professionale. Si è visto parecchio materiale filmico,
documentario e video, alcuni sofisticati, altri un po' meno;
soprattutto quest'ultimo mezzo d'espressione riscuote largo consenso
tra i giovani che si cimentano dietro la videocamera senza pretese
stilistiche o narrative particolarmente originali, ma solo per
l'esigenza di essere protagonisti in un ideale colloquio con altri,
ovviando al senso d'anomia e d'isolamento delle metropoli e della
vita di oggi, e non solo in Italia, visto i paesi ospiti che andavano
dall'est all'ovest, dal nord al sud. Si è visto anche
un buon cinema d'animazione cecoslovacco, maestro del genere, con una
personale di Jiri Barta, notevole regista, con un punto di vista
espressivo originale, dotato di grande sense of humor
europeo, che colloca la cultura ceca quale ponte tra l'est e l'ovest:
dietro la sua timidezza, fa chiaramente capolino un senso
dell'impegno estetico che non si lascia sopraffare da regimi
autoritari. Da segnalare,
infine, alcuni reportage statunitensi sull'Afghanistan, falsati dalla
retorica americana applicata all'imperialismo altrui; un documentario
sulle lotte delle suffragette statunitensi d'inizio secolo per il
diritto al voto delle donne; un interessante reportage sul Cile di
Pinochet, attraverso l'escamotage di un finto ma credibile
giornalista di regime che ci guida nelle poblaciones di Santiago dove
chiesa locale e movimenti rivoluzionari organizzano la resistenza e
la sopravvivenza quotidiana al regime militare; la sezione
dell'immaginario scientifico, dove la grafica computerizzata di
Gianni Toti ci porta in mezzo alle aporie della fisica dei quanti,
tra gli "invisibili" "ultimi" (?)
dell'antimateria, tra quark, bosoni, mesoni, topologie frattali,
giochi di forme e di luci e di punti fluttuanti, verso una probabile
esplorazione di un universo aleatorio, misteriosamente indecifrabile,
ricostruibile soltanto dietro una simulazione artificiale.
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