Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 146
maggio 1987


Rivista Anarchica Online

Una donna nera qualunque
di Fausta Bizzozzero

La diffidenza iniziale è stata forte. Se da un lato ero affascinata da questa biografia di una donna nera sudafricana (Elsa Joubert , Il lungo viaggio di Poppie Nongena, Giunti Editore, Firenze 1987, pagg. 331, lire 15.000), dall'altro il fatto che essa fosse opera di una bianca che per di più è stata la sua "padrona" mi lasciava molto scettica, convinta come sono che sia molto difficile evitare di cadere nell'etnocentrismo quando ci si rapporta con una cultura altra, che sia quasi impossibile entrare e comprendere veramente l'altro da sé.
Mi sono dovuta ricredere: l'operazione compiuta dall'autrice - che ha registrato dalla voce di Poppie la sua vita e da quel resoconto strettamente antropologico ha fatto emergere la figura di una donna di carne, sangue, emozioni -, utilizzando l'artificio letterario di alternare brani raccontati in prima persona a brani raccontati da una voce fuori campo - è perfettamente riuscita e sostanzialmente onesta, pur restando il fatto che una donna muta - doppiamente muta in quanto nera e in quanto donna - esiste ed ha voce attraverso la parola scritta di una bianca, con tutte le sottili implicazioni che ciò può comportare.
Il lungo viaggio - cioè la vita - di Poppie Nongena della tribù Xhosa è un viaggio doloroso oltre ogni immaginazione, è un viaggio dentro la miseria, dentro la fatica, dentro lo sfruttamento, dentro l'espropriazione culturale, dentro i soprusi e le violenze di una società in cui una minoranza bianca schiavizza e opprime una maggioranza nera.
È un viaggio in cui la sofferenza non ha mai fine, una lotta incessante per la sopravvivenza, per avere una baracca sopra la testa; una battaglia per poter avere il rinnovo dei visti che autorizzavano la permanenza a Città del Capo e una battaglia per poterci ritornare dopo essere stata sbattuta nel Ciskei, lontana dal marito, dai figli e dal suo clan.
Non si riesce proprio a capire come un essere umano abbia potuto sopportare tanto senza ribellarsi, con una rassegnazione che fa rabbia. Ma anche con una grande forza, con la forza inesauribile di una donna-corpo-materno che elargisce sicurezza e amore, che si fa custode e cinghia di trasmissione dei valori culturali antichi (o di quel che ne è rimasto), una donna che nulla riesce a piegare. Solo con la vecchiaia, con l'esplosione delle rivolte nere nei ghetti urbani del 1976 innescate dai giovani, dai "figli", anche Poppie come tanti altri genitori è costretta a riflettere e a prendere posizione.
Poppie è l'incarnazione della sofferenza disumana di tutte le donne nere e di un intero popolo. Poppie è una donna nera qualunque, piccola e grande nello stesso tempo. Ma la sua esistenza, proprio perché così "normale" nell'anormalità folle di un potere abietto, è in sé un grido di rivolta e un atto di accusa talmente forte che ci sarà difficile dimenticarlo.