Rivista Anarchica Online
Ma il corpo è
sacro
Scrivo dopo aver
letto l'articolo di Fausta Bizzozzero "Quel tabù
dell'inviolabilità", pubblicato sul numero di aprile di "A".
Avrei da dire alcune cose in proposito. Mi scuserete se sarò un po'
confusa, ma non ho l'abitudine di redigere brutte copie, soprattutto
quando scrivo lettere. Comunque, farò il possibile per essere chiara
e concisa. Ciò che mi
preoccupa, e non capisco, è la paura che mostra l'autrice
dell'articolo nei riguardi sia del rispetto della morte sia della
religione. Io sono contraria ai trapianti di organi umani,
soprattutto perché temo che si arriverà ad un losco commercio. Chi
ci potrà assicurare che un individuo è veramente morto e che i
parenti, magari spinti da un bisogno economico, non facciano in modo
da "chiudere un occhio" ed accettare di "regalare" un pezzo
del loro congiunto? Chi potrà difendere chi non è in grado di
parlare? Ma lasciamo da parte queste considerazioni di ordine
moral-economico e veniamo ad altri aspetti della questione. Cosa
intende l'autrice dell'intervento quando afferma che "si tratta di
una vecchia, vecchissima favola che la religione ha inventato tanto
tempo fa ecc..."? Faccio notare: 1) che i miti o le
"favole" sono antichi come il mondo. Essi sono patrimonio dei
popoli più antichi e civili. Fra essi il culto dei morti ha avuto
sempre un posto particolare. Potrei citare le numerosissime
testimonianze, come quella degli antichi Egizi o degli Etruschi,
relative al culto dei morti. È
proprio grazie a questa "favola" che ci restano delle
testimonianze storiche e artistiche della nostra stessa civiltà.
Sarebbe quantomeno superfluo citare, tra coloro che hanno parlato del
problema e dell'importanza del culto dei morti, Foscolo. Forse che
essere anarchico vuol dire rinnegare la propria cultura? 2) Cos'è, secondo
Fausta Bizzozzero, la religione? Se lei intende un complesso di
regole morali imposte dall'alto, sono d'accordo con lei, ma io credo
che la religiosità sia qualcos'altro. Comunque non voglio
addentrarmi nella questione per motivi di spazio (mio) e di interesse
(vostro). Voglio solo dire, e concludo, che mi sembra quantomeno
civile avere rispetto del corpo proprio e altrui, sia esso vivo o
morto. Il corpo non è uno dei tanti "vuoti a perdere", un "usa
e getta" della società dei consumi, o una macchina con dei pezzi
di ricambio in dotazione. Cosa c'è di male nel credere nella
"sacralità" del corpo? Potrei e vorrei
continuare, ma mi fermo qui per i motivi di cui sopra. Se vi va,
rispondetemi, magari su "A" cui sono abbonata. Ciao a tutti della
redazione.
Maria Speranza
Perna (Napoli)
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