Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 138
giugno 1986


Rivista Anarchica Online

Ma il corpo è sacro

Scrivo dopo aver letto l'articolo di Fausta Bizzozzero "Quel tabù dell'inviolabilità", pubblicato sul numero di aprile di "A". Avrei da dire alcune cose in proposito. Mi scuserete se sarò un po' confusa, ma non ho l'abitudine di redigere brutte copie, soprattutto quando scrivo lettere. Comunque, farò il possibile per essere chiara e concisa.
Ciò che mi preoccupa, e non capisco, è la paura che mostra l'autrice dell'articolo nei riguardi sia del rispetto della morte sia della religione. Io sono contraria ai trapianti di organi umani, soprattutto perché temo che si arriverà ad un losco commercio. Chi ci potrà assicurare che un individuo è veramente morto e che i parenti, magari spinti da un bisogno economico, non facciano in modo da "chiudere un occhio" ed accettare di "regalare" un pezzo del loro congiunto? Chi potrà difendere chi non è in grado di parlare? Ma lasciamo da parte queste considerazioni di ordine moral-economico e veniamo ad altri aspetti della questione. Cosa intende l'autrice dell'intervento quando afferma che "si tratta di una vecchia, vecchissima favola che la religione ha inventato tanto tempo fa ecc..."?
Faccio notare:
1) che i miti o le "favole" sono antichi come il mondo. Essi sono patrimonio dei popoli più antichi e civili. Fra essi il culto dei morti ha avuto sempre un posto particolare. Potrei citare le numerosissime testimonianze, come quella degli antichi Egizi o degli Etruschi, relative al culto dei morti. È proprio grazie a questa "favola" che ci restano delle testimonianze storiche e artistiche della nostra stessa civiltà. Sarebbe quantomeno superfluo citare, tra coloro che hanno parlato del problema e dell'importanza del culto dei morti, Foscolo. Forse che essere anarchico vuol dire rinnegare la propria cultura?
2) Cos'è, secondo Fausta Bizzozzero, la religione? Se lei intende un complesso di regole morali imposte dall'alto, sono d'accordo con lei, ma io credo che la religiosità sia qualcos'altro. Comunque non voglio addentrarmi nella questione per motivi di spazio (mio) e di interesse (vostro). Voglio solo dire, e concludo, che mi sembra quantomeno civile avere rispetto del corpo proprio e altrui, sia esso vivo o morto. Il corpo non è uno dei tanti "vuoti a perdere", un "usa e getta" della società dei consumi, o una macchina con dei pezzi di ricambio in dotazione. Cosa c'è di male nel credere nella "sacralità" del corpo?
Potrei e vorrei continuare, ma mi fermo qui per i motivi di cui sopra. Se vi va, rispondetemi, magari su "A" cui sono abbonata.
Ciao a tutti della redazione.

Maria Speranza Perna (Napoli)