Rivista Anarchica Online
Una nuova Cipro?
di K. Velusamy
Trasferimenti
forzati, catastrofi "naturali", attentati, repressione,
ecc... Alla base
dell'attuale crisi nell'ex-Ceylon ci sono crescenti tensioni sociali,
politiche, etniche. E le prospettive sono tutt'altro che rosee.
Uno degli ultimi
superstiti Vedda, aborigeni dello Sri Lanka, rimane attaccato alla
terra dei suoi avi ed è deciso a continuare il suo tradizionale
stile di vita. Un gruppo di avvocati sostiene la sua decisione,
cercando di porla sotto la tutela delle leggi internazionali: quelle
stesse leggi applicate agli aborigeni dell'Australia, della Nuova
Zelanda, dell'Assam, dell'India e dell'Africa, dove è stata loro
assegnata una particolare regione: in altri termini una "riserva". Questo umanitario e
progressista impegno legale sembra, però, eludere le reali
aspettative del capo Vedda e del suo clan. Questi ha decisamente
affermato che non si sposterà di un sol pollice dal territorio che
ha occupato, con la sua famiglia, dal tempo in cui gli fu donato dal
primo ministro Senanayake subito dopo l'indipendenza. Poche parole
per esprimere diritti culturali e sostenere intenzioni politiche. Il
suo nome è già, di per sé, significativo. URUWARIGE TISSAHAMY
evoca l'appartenenza ad un clan-genere (warige) Vedda, detto appunto
Uru (maiale) e l'aderenza pietosa (Tissa=pio) al dio Sahamy, in
evidente metissaggio con l'etnia tamil. La fame di terra, in questo
come in altri paesi asiatici, è un'esigenza endemica che va di pari
passo alla fame del ventre. La lotta per soddisfare l'una e l'altra
necessità è condotta con argomentazioni che fanno leva sul diritto
all'uso (donazione del primo ministro) e non sul diritto di
proprietà. Nei villaggi, che costituiscono l'ossatura organizzativa
del paese, le concezioni giuridiche furono imposte dalla potenza
coloniale.
La proprietà
sconosciuta
A tutt'oggi i
contadini tendono a creare leggende o ad elaborare miti per sostenere
la legittimità della loro dislocazione abitativa. "...questa
terra fu data ai nostri progenitori dal re Gajabahu...", "...Noi
siamo i diretti eredi dei figli di Duttagamani..." sono le
storie più ricorrenti. In effetti il concetto di proprietà era
estraneo alla cultura del paese. Furono gli inglesi, mediocremente
anticipati dagli olandesi, a imporre l'istituto giuridico della
proprietà. In termini materiali, i contadini furono derubati delle
terre, vendute poi dalla Corona, ad un prezzo irrisorio e puramente
simbolico, ai coloni inglesi che le adibirono a piantagione.
Pochissimi erano i contadini che potevano dimostrare la proprietà
della terra che lavoravano. Non avendo pezze giustificative,
semplicemente perché la terra era in usufrutto di donazione reale,
secondo la struttura feudale, essi persero tutti i diritti sulla
terra fonte della loro economia. WASTE LAND
ORDINANCE (1840), TEMPLE LANDS REGISTRATION (1856) e GRAINS TAX
(1888) furono le tappe della espropriazione coloniale. Riforme
recenti, come quelle del '72 e del '75, non hanno intaccato
minimamente il tessuto culturale politico ed economico imposto dagli
inglesi. Una flebile nazionalizzazione, impastata con le grandi firme
internazionali della distribuzione sul mercato mondiale del tè, del
caucciù, del cocco ed una parzialissima distribuzione di terre non
hanno certo trasformato l'economia di piantagione in una decentrata
economia alimentare. La letteratura
antropologica sui Vedda si è sbizzarrita in una quantità di
ottiche, ipotesi, asserzioni, conclusioni. Considerati gli aborigeni
dell'isola, anche secondo le antiche cronache buddiste, la prima
dettagliata ricerca sul campo fu opera dei coniugi Seligmann ("The
veddas" 1909). Essi descrissero i loro costumi ed usi secondo le
direttive di una metodologia razziale. Il morboso interesse per la
definizione dell'organizzazione clanica e parentale fece asserire ai
coniugi inglesi l'esogamia e la matrilinearità di questa
popolazione, confondendo platealmente la terminologia clanica con
quella castale dei Kandiani (gli abitanti del centro montagnoso).
Leach contestò il risultato dei Seligmann e dimostrò il contrario,
cioè endogamia e patrilinearità, sempre però sulla base di un
approccio istituzionale permeato di strutturalismo. I successivi studi
della Robinson e di Brow hanno portato qualcosa di sostanzialmente
diverso. L'impostazione dei loro lavori è di tipo sociologico ed
hanno, pertanto, considerato la struttura economica e la referenza
storico-politica fattori decisivi nella organizzazione sociale e
culturale dei Vedda. La Robinson, soprattutto, sembra fare chiarezza
su certi schematismi della relazione parentale e del principio di
casta, lasciando trapelare problematici interrogativi sulla funzione
e la reale portata di questi criteri di ricerca. L'ambito culturale
è così articolato e vivace da rendere inadeguata qualsiasi univoca
e definitiva certezza sui significati delle relazioni umane. Tanto
più in un contesto come lo Sri Lanka, dove la varietà, il
multicentrismo della sua storia, geografia e cultura sono così
spiccati da costituire le coordinate stesse della propria specificità
(Robinson Marguente: "Some Observations on the Kandian Sinahalis
Kinship" - Rivista "MAN" n. 3). Il dito che punta
la luna ha oscurato, non di rado, la luna stessa. Eppure il Vedda,
risoluto nella sua volontà, ha chiaramente detto che non è disposto
ad abbandonare lo stile di vita che da sempre ha caratterizzato
l'esistenza della sua gente. Ed è, forse, proprio lo stile di vita
ad avere una valenza politico-culturale significante. Vedda è una
parola che deriva dal sanscrito e vuol dire cacciatore: Vjadha
...Viaddha ...Veddha ... Vedda ...Vedi. Sinonimo di Vedda è Sabara
che ha due significati: caccia e area che ha degli alberi Sabara. C'è
infatti la provincia Sabaragamuwa (oggi detta Sinaraja) che ha preso
il nome in quanto probabile habitat dei barbari o Vedda. Nel
distretto di Ratnapura, molti nomi conservano il significato di
Vedda, che vuol dire anche giungla. Nel vocabolario psicologico dei
contemporanei Vedda sta per primitivo, non civilizzato o retrogrado.
Può avere un valore dispregiativo o canzonatorio. Non altrimenti si
spiegano la reazioni scandalizzate e moralistiche della piccola
borghesia di Colombo e quelle più bonarie rappresentate dall'ilarità
dei bambini alla vista di foto di indigeni. Mito del buon selvaggio e
resistenza alla civiltà hanno qualche addentellato con Vedda?...
Il germe della
libertà
I flussi migratori
delle popolazioni ariane dal nord dell'India e quelli delle genti
dravidiche dal sud della penisola (Singalesi e Tamil appartengono a
questi due distinti ceppi etnici), cominciati oltre tremila anni fa,
hanno invaso il territorio dell'isola geologicamente attaccato alla
penisola indiana fino alla più recente glaciazione, mischiandosi
ovviamente a quelle popolazioni autoctone o comunque provenienti da
opposti dislocamenti migratori. Per fortuna non
esiste in concreto nessuna "razza pura". Tanto meno lo sono
i Vedda odierni, che l'antropologia fisica ha voluto studiare perfino
nella qualità del sangue, cercando di stabilire una differenza
significativa nel grado di emoglobina (Vedasi a questo proposito
Wickramasinghe, Ikin, Mourant e Lehman: "The blood groups and
haemoglobins of the Veddas" 1963 Journal of Royal Anthropological
Institute). Sul versante
dell'archeologia antropologica, Daraniyagala, direttore del National
Museum di Ceylon, li accomuna totalmente ai Singalesi. La sua tesi
rivela spesso il programma di singalizzazione della cultura dello Sri
Lanka operato dalle varie branchie della scienza. "Ybridization
of Veddhas with sinhalese" 1963 Spolia zeilanica. Se
l'ibridizzazione fra Vedda e Singalesi è fuori di dubbio, lo è
anche quella con tutti gli altri gruppi etnici che costituiscono la
popolazione dello Sri Lanka. E se l'assimilazione reciproca di usi e
costumi è altrettanto indiscutibile, lo sono anche le peculiari
gradualità delle persistenti differenze nel modo di condurre
l'esistenza. Abitare nella
giungla, sopravvivere attraverso la caccia e la raccolta (i Vedda
sono abili cacciatori e famosi raccoglitori di miele selvatico:
Bambara), adeguarsi ai ritmi dei venti e delle piogge, avere orgoglio
della propria condizione e viverla come segno di fierezza non sono
solo prerogative di questi Vedda-aborigeni, ma appartengono anche ad
altri Vedda moderni o addirittura contemporanei. Forme di
delinquenza rurale, ma anche di resistenza politica e riscatto
sociale hanno avuto nella foresta la loro origine e la loro
persistenza. Le ribellioni del 1818, 1848 nelle province Uva e nelle
terre di Sabaragama trovavano organizzazione e rifugio in questa area
geografica, quale difesa naturale del paese aggredito. Verso gli anni
'60 del secolo scorso, fu l'habitat del leggendario Sardiel; un Robin
Hood locale, che con le sue scorribande nei centri "civilizzati"
cercava di pareggiare il conto con le scorribande espropriatorie dei
colonizzatori inglesi. Ed i giovani insorti nel 1971, senza forse più
una goccia di sangue Vedda nelle vene, riesumarono con la loro scelta
l'originario insediamento dei primitivi abitanti. In quale altro
luogo il movimento separatista armato tamil esercita la sua base
logistica se non in quella stessa giungla che accoglie e protegge i
risorgenti movimenti dell'ultrasinistra singalese?... Certo, un luogo
geografico non può, da solo, collegare tendenze ed obiettivi
politici. Ma una continuità di un genere più sottile di quella
racchiusa nella politica sotto il segno del potere è data
riscontrare nelle scelte individuali e collettive. Nel modo di vivere
e di organizzarsi, di rispondere ai bisogni materiali ed affettivi è
possibile intravedere un comune germe della libertà.
Il problema
acqua
La terra che
URUWARIGE TISSAHAMY non vuole abbandonare si trova nel distretto di
Badulla e più precisamente nel piccolissimo villaggio di Dambana,
nella giungla Mahiyangana. I progetti ed i lavori in corso sul
Mahaweli Ganga, il fiume più lungo del paese, toccano anche questa
area. Evacuazioni e spostamenti forzati per gran parte di questo
secolo hanno costretto i pochi superstiti Vedda a continui
sradicamenti. Rimozioni convulse, assurde e controproducenti come
sono le basi economico-finanziarie ed ecologiche del "Mahaweli
project". Le imprese
straniere che si spartiscono la gestione dei lavori incrementano il
sottosviluppo del paese in termini di debiti e di capitali esportati.
I risultati per rendere fertili le terre della zona secca restano in
dubbio, perché l'equilibrio idrico del fiume rischia di rompersi, a
detrimento perfino di quelle zone che beneficiano ancora dei
risultati di un sistema idraulico molto più antico, ma almeno più
sicuro. La rete formata dai numerosi "tanks" del periodo
aureo di Ceylon (100-1200 d.c.) offre un precedente più razionale di
riserva e di sfruttamento delle acque. Seguendo il dislivello
naturale del terreno e le piccole valli che si formano, furono
costruiti sbarramenti in modo da raccogliere l'acqua e permettere con
opportuni dosaggi e incanalazioni il convogliamento delle acque dove
queste necessitavano. Il lago di Kandy, per esempio, si estende fra
due linee di colline che si incontrano ad Ampitiya. Lo sbarramento è
vicino all'Hotel delle Regine ed il dislivello è nell'angolo al
disopra di Bogambara Jail. Le cause del decadimento dell'antico
sistema idraulico furono di carattere politico-sociale. Il funzionamento
dell'economia idraulica necessita di un'organizzazione burocratica
pesante ed il finanziamento di nuovi investimenti suppone l'accumulo
di notevoli surplus agricoli. La volontà costruttrice del re
Parakramabahu (1153-1186) avrebbe sovrastimato le possibilità del
paese. I contadini pressati reagirono con la fuga. La
centralizzazione ad oltranza, a scapito delle prerogative dei capi
locali, avrebbe determinato una crisi sociale irreversibile,
scaturita nell'abbandono della zona secca del Rajatata. Il governo del
presidente Jayawardene non tiene conto dell'esperienza passata e
ricalca gli errori di allora, aggravandoli con quelli di oggi. Una non
indifferente epidemia di encefalite nell'area di Anuradapura allerta
sulle conseguenze di un eccesso di acque stagnanti. La zanzara, con
il cui morso si propaga questo virus letale, vegeta nelle zone
paludose. I motivi che stanno a monte della crisi etnica non possono
essere cancellati dalla promessa di un territorio fertile. I lavori del
Mahaweli project necessitano di stabilità politica, che le province
del nord-est non garantiscono. Il chiaro invito del partito del
presidente a quello dell'opposizione (SLFP, Sri Lanka Freedom Party)
a risolvere la crisi etnica, riabilitando la Bandaranaike nei suoi
diritti civili, non cancellano le difficoltà di fondo che
necessitano di ben altre mosse. L'intransigente posizione del
presidente a voler pilotare le operazioni al nord-est eminentemente
in termini militari, radicalizza quella separatista del movimento
armato tamil. La creazione di zone franche, sullo stile di Singapore
ed Hong-Kong, facilita l'evasione fiscale ed incrementa lo
sfruttamento della mano d'opera locale piuttosto che i posti di
lavoro. La classe politica
del paese sta prosciugando non solo le acque del Mahaweli Ganga, ma
anche altre risorse del paese, asservito alle direttive della Banca
Mondiale e minacciato da un debito pubblico che può condurlo al
collasso.
|