Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 130
estate 1985


Rivista Anarchica Online

Sei handicappato? Allora fuori!
di Maria Teresa Romiti

Dal 30 giugno al 7 luglio si è tenuto all'Acquacheta, sull'Appennino tosco-romagnolo, il 3° incontro europeo dell'Arcobaleno: per la prima volta, si è svolto in Italia. Vi hanno partecipato diverse centinaia di persone, provenienti da Spagna, Inghilterra, Francia, Olanda, ecc., oltre che - naturalmente - da varie regioni italiane. C'erano membri di comunità, ma anche singole individualità e membri di piccoli gruppi. Fatte le debite proporzioni, si è trattato di un incontro simile a quelli (giganteschi) del Rainbow (che significa, appunto, in inglese, arcobaleno), che ogni anno coinvolgono in una diversa località nordamericana, decine di migliaia di persone provenienti dal Canada, dagli USA e dal Messico (ne accennavano Sandra e Alberto, i due membri della comunità messicana di Huehuecoyotl, intervistati sul numero di aprile della rivista). All'incontro dell'Acquacheta hanno partecipato limitatamente ai primi due giorni anche quattro della nostra redazione.. Hanno parlato con molte persone, tra le quali Alfredo che aveva tante cose da raccontare sulla sua esperienza in Australia. Ecco il testo dell'intervista.

Voglio tornare in Australia. Devo tornare. Laggiù ho lasciato tutto: il mio spirito, i miei sentimenti, i miei amici, i miei lavori, la ragazza che amo...

La voce di Alfredo è tranquilla, decisa. Ha appena finito di raccontarci una storia solo apparentemente incredibile. Sotto questo sole caldo, a mille metri, seduti sull'erba siamo stati per ore mentre parlava della sua esperienza allucinante e ci raccontava anche di un mondo di sogno fra le montagne australiane dove un migliaio di persone hanno costruito una delle più grandi comunità esistenti.
Alfredo ha avuto un attacco di poliomielite da bambino e cammina con le stampelle. Per quanto incredibile possa sembrare, è stato questo un motivo sufficiente perché il governo australiano decidesse di negargli il visto per l'immigrazione. Terra di sani l'Australia, tutti gli altri se ne stiano a casa loro. Ma ovviamente è difficile proclamare brutalmente ai quattro venti che non si concede un visto per simili motivi, e quindi la storia di Alfredo è una odissea di mezze parole, di ammissioni a denti stretti, di silenzi, di ambiguità. Alfredo sapeva bene, prima ancora di partire, gentilmente informato da una impiegata dell'ufficio immigrazione italiano, che l'Australia non aveva mai concesso il visto ad un handicappato, che la visita medica, obbligatoria, prima della partenza, era molto accurata e che quindi non poteva avere nessuna speranza. In più Alfredo era un grafico, un artista, mentre l'Australia vuole solo tecnici. Che fare?

Ho deciso di partire lo stesso. Andare in Australia con un permesso di soggiorno di 5 mesi e tentare da Sidney. Dopotutto era il 1981, l'anno internazionale dell'handicappato.

Trovato un lavoro Alfredo decise di chiedere la residenza australiana, l'Ufficio immigrazione ritirò il suo passaporto promettendo una risposta in un paio di mesi. Ci vollero invece quattro anni. Nel frattempo non mancarono le risposte ufficiose, le richieste, gli inviti, gli ordini telefonici di andarsene, di togliersi senza chiasso dai piedi, perché la risposta sarebbe stata negativa.

Decisi allora di fare una marcia di protesta da Sidney a Canberra. Ho percorso a piedi, con lo zaino in spalla, tutti i paesi e ho fatto l'autostop da un paese all'altro, anche perché quelle strade sono completamente deserte.

I giornali ne parlarono ma il risultato pratico fu zero. Solo un'ulteriore dilazione di tempo, un po' di tranquillità.

Organizzai anche una mostra in 15 quadri che raccontava la mia esperienza australiana, Torino, il viaggio verso Sidney, la marcia, la terra australiana.

Anche questa volta il risultato non fu molto brillante. Fu allora che Alfredo decise di spostarsi a Nord, vicino a Lismore, dove aveva sentito dire che esistevano delle comunità.

Un posto stupendo, una regione grande come il Piemonte che si chiama regione dell'Arcobaleno. Nimbin in aborigeno vuol dire "il paese degli uomini piccoli" perché un tempo era la zona d'iniziazione dei giovani aborigeni. Ci sono tre rocce che schizzano fuori dal terreno, i giovani dovevano arrampicarsi in cima e restarci tutta la notte. Quando scendevano erano uomini. Erano valori molto importanti per gli indigeni, lo sono ancora per i pochi rimasti. Comunque Nimbin 12 anni fa era un villaggio non molto grande abitato soprattutto da anziani. Venne organizzato un grande raduno, un po' come questo, da tutta l'Australia. Migliaia di persone si ritrovarono in un sol luogo per molti giorni. E alla fine parecchie centinaia decisero di continuare l'avventura e stabilirsi definitivamente nella zona. Attraverso sottoscrizioni, risparmi, prestiti acquistarono 6.000 ettari di terreno e sorse la prima comunità della zona "Turtable Falls" che confina con il parco nazionale di Mount Nardi. Via via arrivò gente da tutta l'Australia, sorsero diversi gruppi, cominciarono le prime iniziative. Oggi esistono organizzazioni che si occupano delle cose più disparate: energia alternativa (a Nimbin si usa energia solare o eolica, per mezzo dell'energia alternativa si caricano le batterie auto per le più varie esigenze), agricoltura biologica, yoga, medicina alternativa, nascita dolce, controllo naturale delle nascite, protezione dell'ambiente. Ci sono gruppi pacifisti (People for Peace), gruppi che lavorano nel settore informazione (Nimbin News, Neighbourhood Centre, Australian Association for Sustainable Communities), scuole autogestite, costruzioni alternative, rete di collegamento fra le varie iniziative in tutta l'Australia.

E come sopravvivono queste comunità?

Beh - dice Alfredo - sono molto diverse fra loro. A Nimbin ci sono quelli che non fanno nulla, vivono del sussidio di dissociazione che passa lo stato, si limitano a farsi gli affari loro, ma ci sono anche quelli che non vogliono chiedere nulla allo stato e che si danno da fare in tutti i campi: artigianato, agricoltura, commercio, qualsiasi cosa che sembri loro importante. Sono questi che hanno messo in piedi tutte le iniziative.

E' difficile credere che possano esistere posti simili. Abbiamo paura di lasciarci portare troppo dalla speranza. Cerchiamo di fare gli avvocati del diavolo. Tutto bello, ma non è un po' isolato in se stesso?

O no! - risponde deciso Alfredo- Ci si occupa di tutto. Un anno fa, per esempio, ho partecipato personalmente ad una protesta organizzata proprio dalla gente che vive a Nimbin per proteggere il parco nazionale di Daintree, un parco che è situato nel Queensland, uno degli stati più autoritari dell'Australia. Un mare verde brillante, cristallino, spiagge bianche come la neve con alberi di mangrovie che crescono direttamente dal mare, palme, liane. Una vegetazione ricchissima che copre montagne, colline. Dal mare è uno spettacolo indimenticabile, colline ricoperte di fitta giungla s'immergono nel mare tra spiagge e insenature.

Un vero e proprio posto di sogno, e proprio qui in questo Eden avevano deciso di far passare una strada grande a sufficienza per far atterrare un Jumbo, una ferita aperta nella foresta, lunga 33 chilometri.

I gruppi di azione nomade, una famiglia estesa composta da 6 donne, 6 uomini e 8 bambini si sono mossi per primi con un pullman tutto dipinto chiamato "Rainbow bus". Noi abbiamo organizzato un altro pullman, normale, con 50-60 persone e siamo partiti per il Queensland. Nel parco abbiamo costruito un campo base e altri due campi, con cucine comuni, campi per bambini, due centri informazioni. Avevamo 6-7 radio che funzionavano contemporaneamente per mantenere i collegamenti lungo tutta la strada (alimentate sempre con le solite batterie). Per tre mesi siamo rimasti nella foresta per presidiare e in tutto questo tempo ci hanno lasciato tranquilli, abbiamo potuto organizzarci anche se sapevamo bene che alla fine ci avrebbero sconfitto. Ma non era questo l'importante, l'importante era riuscire a far passare le idee, far capire alla gente che si può fare qualcosa.
Sapete, anche a Nimbin la gente è cresciuta. Prima ogni volta che si profilava qualche problema scappava sulle montagne, aspettava lì che la situazione si calmasse e poi tornava. Adesso, no. Restano, sanno che devono combattere, che non serve scappare.

Ma la tranquillità nella foresta fu solo la calma che precede la tempesta.

Alla fine - racconta Alfredo - arrivò il bulldozer, un mostro alto più di cinque metri, con una lama immensa. Noi avevamo fatto delle trincee, delle buche profonde più di un metro e mezzo. Alcune delle persone che erano con noi si sono fatte seppellire fino alle ascelle, incatenate per i piedi. Per riuscire a liberarle e far passare il mostro hanno fatto venire le migliori attrezzature dalla capitale: dovevano dimostrare che la tecnologia è più forte. Intanto altri avevano cercato di bloccare il passaggio ai mezzi facendo un sit-in in un terreno privato: ma è stato inutile, li hanno arrestati, anche se solo per il tempo necessario a far passare il mostro.
Allora alcuni ragazzi sono saliti su alberi posti in posizione strategica: sono saliti per più di 25 metri, con amaca, radio, cibo e da lì a poco facevano la radiocronaca. Sembrava una vera e propria partita. Fin divertente. Uno è riuscito a bloccare il bulldozer per una settimana e per tutto questo tempo, appollaiato in alto, mi raccontava gli sforzi del mostro per cercare di passare senza abbattere l'albero e gli sforzi della polizia per cercare di tirarlo giù.

Alfredo sa raccontare bene, sembra quasi inutile interrompere con domande ovvie e banali, ma noi vogliamo sapere come erano i rapporti con i giornali.

Non è mai stato un rapporto facile. All'inizio ci avevano dipinti come drogati, capelloni, pazzi furiosi. Poi sono cambiati un po', ma siamo sempre rimasti dei pazzi che lottavano contro il progresso.

Già non è stato facile e in ogni caso il governo australiano ha la memoria buona. Infatti, subito dopo, sono ricominciati i guai di Alfredo e questa volta definitivamente. Arresto, 23 giorni di carcere modello per immigrati clandestini, il ritorno a Roma con tanto pianto nel cuore per accorgersi che qui non esisteva più come persona: documenti scaduti, cancellazione di residenza, ecc...
Sappiamo bene come vanno queste cose. L'Australia non è diversa da qualsiasi altro paese: anche se Alfredo ha conosciuto la solidarietà della gente, soprattutto dei suoi amici del Nimbin che hanno cercato inutilmente di fare qualcosa per fermare la macchina burocratica e ancora adesso stanno tentando imperterriti di far tornare Alfredo dove ha lasciato i suoi sogni. In un posto stupendo, costruito da gente che era semplicemente stufa di ciò che faceva tutti i giorni e che ha deciso di smettere di parlare, di discutere, di arrabbiarsi e provare a fare l'Utopia.
Tanto, al massimo, non funziona.