Rivista Anarchica Online
Sei handicappato?
Allora fuori!
di Maria Teresa Romiti
Dal 30 giugno al
7 luglio si è tenuto all'Acquacheta, sull'Appennino tosco-romagnolo,
il 3° incontro europeo dell'Arcobaleno: per la prima volta, si è
svolto in Italia. Vi hanno partecipato diverse centinaia di persone,
provenienti da Spagna, Inghilterra, Francia, Olanda, ecc., oltre che
- naturalmente - da varie regioni italiane. C'erano membri di
comunità, ma anche singole individualità e membri di piccoli
gruppi. Fatte le debite proporzioni, si è trattato di un incontro
simile a quelli (giganteschi) del Rainbow (che significa, appunto, in
inglese, arcobaleno), che ogni anno coinvolgono in una diversa
località nordamericana, decine di migliaia di persone provenienti
dal Canada, dagli USA e dal Messico (ne accennavano Sandra e Alberto,
i due membri della comunità messicana di Huehuecoyotl, intervistati
sul numero di aprile della rivista). All'incontro
dell'Acquacheta hanno partecipato limitatamente ai primi due giorni
anche quattro della nostra redazione.. Hanno parlato con molte
persone, tra le quali Alfredo che aveva tante cose da raccontare
sulla sua esperienza in Australia. Ecco il testo dell'intervista.
Voglio tornare in
Australia. Devo tornare. Laggiù ho lasciato tutto: il mio spirito, i
miei sentimenti, i miei amici, i miei lavori, la ragazza che amo...
La voce di Alfredo
è tranquilla, decisa. Ha appena finito di raccontarci una storia
solo apparentemente incredibile. Sotto questo sole caldo, a mille
metri, seduti sull'erba siamo stati per ore mentre parlava della sua
esperienza allucinante e ci raccontava anche di un mondo di sogno fra
le montagne australiane dove un migliaio di persone hanno costruito
una delle più grandi comunità esistenti. Alfredo ha avuto un
attacco di poliomielite da bambino e cammina con le stampelle. Per
quanto incredibile possa sembrare, è stato questo un motivo
sufficiente perché il governo australiano decidesse di negargli il
visto per l'immigrazione. Terra di sani l'Australia, tutti gli altri
se ne stiano a casa loro. Ma ovviamente è difficile proclamare
brutalmente ai quattro venti che non si concede un visto per simili
motivi, e quindi la storia di Alfredo è una odissea di mezze parole,
di ammissioni a denti stretti, di silenzi, di ambiguità. Alfredo
sapeva bene, prima ancora di partire, gentilmente informato da una
impiegata dell'ufficio immigrazione italiano, che l'Australia non
aveva mai concesso il visto ad un handicappato, che la visita medica,
obbligatoria, prima della partenza, era molto accurata e che quindi
non poteva avere nessuna speranza. In più Alfredo era un grafico, un
artista, mentre l'Australia vuole solo tecnici. Che fare? Ho deciso di
partire lo stesso. Andare
in Australia con un permesso di soggiorno
di 5 mesi e tentare da Sidney.
Dopotutto era il 1981,
l'anno internazionale dell'handicappato.
Trovato un lavoro
Alfredo decise di chiedere la residenza australiana, l'Ufficio
immigrazione ritirò il suo passaporto promettendo una risposta in un
paio di mesi. Ci vollero invece quattro anni. Nel frattempo non
mancarono le risposte ufficiose, le richieste, gli inviti, gli ordini
telefonici di andarsene, di togliersi senza chiasso dai piedi, perché
la risposta sarebbe stata negativa. Decisi allora di
fare una marcia di protesta da Sidney a Canberra. Ho
percorso a piedi, con lo zaino in spalla, tutti i paesi
e ho fatto l'autostop da un paese
all'altro, anche perché
quelle strade sono completamente deserte.
I
giornali ne parlarono ma il risultato pratico fu zero. Solo
un'ulteriore dilazione di tempo, un po' di tranquillità. Organizzai anche
una mostra in 15 quadri che raccontava la
mia esperienza australiana, Torino, il viaggio verso
Sidney, la marcia, la terra australiana.
Anche questa volta
il risultato non fu molto brillante. Fu allora che Alfredo decise di
spostarsi a Nord, vicino a Lismore, dove aveva sentito dire che
esistevano delle comunità.
Un posto
stupendo, una regione grande come il Piemonte che si chiama regione
dell'Arcobaleno. Nimbin in aborigeno vuol dire "il paese degli
uomini piccoli" perché un tempo era la zona d'iniziazione dei
giovani aborigeni. Ci sono tre rocce che schizzano fuori dal terreno,
i giovani dovevano arrampicarsi in cima e restarci tutta la notte.
Quando scendevano erano uomini. Erano valori molto importanti per gli
indigeni, lo sono ancora per i pochi rimasti. Comunque Nimbin 12 anni
fa era un villaggio non molto grande abitato soprattutto da anziani.
Venne organizzato un grande raduno, un po' come questo, da tutta
l'Australia. Migliaia di persone si ritrovarono in un sol luogo per
molti giorni. E alla fine parecchie centinaia decisero di continuare
l'avventura e stabilirsi definitivamente nella zona. Attraverso
sottoscrizioni, risparmi, prestiti acquistarono 6.000 ettari di
terreno e sorse la prima comunità della zona "Turtable Falls"
che confina con il parco nazionale di Mount Nardi. Via via arrivò
gente da tutta l'Australia, sorsero diversi gruppi, cominciarono le
prime iniziative. Oggi esistono organizzazioni che si occupano delle
cose più disparate: energia alternativa (a Nimbin si usa energia
solare o eolica, per mezzo dell'energia alternativa si caricano le
batterie auto per le più varie esigenze), agricoltura biologica,
yoga, medicina alternativa, nascita dolce, controllo naturale delle
nascite, protezione dell'ambiente. Ci sono gruppi pacifisti (People
for Peace), gruppi che lavorano nel settore informazione (Nimbin
News, Neighbourhood Centre, Australian Association for Sustainable
Communities), scuole autogestite, costruzioni alternative, rete di
collegamento fra le varie iniziative in tutta l'Australia.
E come sopravvivono
queste comunità?
Beh - dice
Alfredo - sono molto diverse fra loro. A
Nimbin ci sono quelli che non fanno nulla, vivono del sussidio di
dissociazione che passa lo stato, si limitano a farsi gli affari
loro, ma ci sono anche quelli che non vogliono chiedere
nulla allo stato e che si danno da fare in tutti i campi:
artigianato, agricoltura, commercio, qualsiasi cosa che sembri loro
importante. Sono questi che hanno messo in piedi tutte
le iniziative.
E' difficile
credere che possano esistere posti simili. Abbiamo paura di lasciarci
portare troppo dalla speranza. Cerchiamo di fare gli avvocati del
diavolo. Tutto bello, ma non è un po' isolato in se stesso?
O no!
- risponde deciso Alfredo- Ci si occupa di tutto. Un anno fa, per
esempio, ho partecipato personalmente ad una protesta organizzata
proprio dalla gente che vive a Nimbin per proteggere il
parco nazionale di Daintree, un parco che è situato nel Queensland,
uno degli stati più autoritari dell'Australia. Un mare verde
brillante, cristallino, spiagge bianche come la neve
con alberi di mangrovie che crescono
direttamente dal mare, palme, liane. Una
vegetazione ricchissima che copre montagne, colline. Dal mare è uno
spettacolo indimenticabile, colline ricoperte di fitta giungla
s'immergono nel mare tra spiagge e insenature.
Un vero e proprio
posto di sogno, e proprio qui in questo Eden avevano deciso di far
passare una strada grande a sufficienza per far atterrare un Jumbo,
una ferita aperta nella foresta, lunga 33 chilometri.
I gruppi di
azione nomade, una famiglia estesa composta da 6 donne, 6 uomini e 8
bambini si sono mossi per primi con un pullman tutto dipinto chiamato
"Rainbow bus". Noi abbiamo organizzato un altro pullman,
normale, con 50-60 persone e siamo partiti per il Queensland. Nel
parco abbiamo costruito un campo base e altri due campi, con cucine
comuni, campi per bambini, due centri informazioni. Avevamo 6-7 radio
che funzionavano contemporaneamente per mantenere i collegamenti
lungo tutta la strada (alimentate sempre con le solite batterie). Per
tre mesi siamo rimasti nella foresta per presidiare e in tutto questo
tempo ci hanno lasciato tranquilli, abbiamo potuto organizzarci anche
se sapevamo bene che alla fine ci avrebbero sconfitto. Ma non era
questo l'importante, l'importante era riuscire a far passare le idee,
far capire alla gente che si può fare qualcosa. Sapete, anche a
Nimbin la gente è cresciuta. Prima ogni volta che si profilava
qualche problema scappava sulle montagne, aspettava lì che la
situazione si calmasse e poi tornava. Adesso, no. Restano, sanno che
devono combattere, che non serve scappare.
Ma la tranquillità
nella foresta fu solo la calma che precede la tempesta.
Alla fine
- racconta Alfredo
- arrivò il bulldozer, un mostro alto più di cinque metri, con una
lama immensa. Noi avevamo fatto delle trincee, delle
buche profonde più di un metro e mezzo. Alcune delle
persone che erano con noi si sono fatte seppellire fino alle ascelle,
incatenate per i piedi. Per riuscire a liberarle e far passare il
mostro hanno fatto venire le migliori attrezzature
dalla capitale: dovevano dimostrare che la tecnologia è
più forte. Intanto altri avevano cercato di bloccare il
passaggio ai mezzi facendo un sit-in in un terreno
privato: ma è stato inutile, li hanno arrestati, anche
se solo per il tempo necessario a far passare il
mostro. Allora alcuni
ragazzi sono saliti su alberi posti in posizione strategica: sono
saliti per più di 25 metri, con amaca, radio, cibo e da lì a poco
facevano la radiocronaca. Sembrava una vera e propria partita. Fin
divertente. Uno è riuscito a bloccare il bulldozer per una settimana
e per tutto questo tempo, appollaiato in alto, mi raccontava gli
sforzi del mostro per cercare di passare senza abbattere l'albero e
gli sforzi della polizia per cercare di tirarlo giù.
Alfredo sa
raccontare bene, sembra quasi inutile interrompere con domande ovvie
e banali, ma noi vogliamo sapere come erano i rapporti con i
giornali.
Non è mai stato
un rapporto facile. All'inizio ci avevano dipinti come drogati,
capelloni, pazzi furiosi. Poi sono cambiati un po', ma siamo sempre
rimasti dei pazzi che lottavano contro il progresso.
Già non è stato
facile e in ogni caso il governo australiano ha la memoria buona.
Infatti, subito dopo, sono ricominciati i guai di Alfredo e questa
volta definitivamente. Arresto, 23 giorni di carcere modello per
immigrati clandestini, il ritorno a Roma con tanto pianto nel cuore
per accorgersi che qui non esisteva più come persona: documenti
scaduti, cancellazione di residenza, ecc... Sappiamo bene come
vanno queste cose. L'Australia non è diversa da qualsiasi altro
paese: anche se Alfredo ha conosciuto la solidarietà della gente,
soprattutto dei suoi amici del Nimbin che hanno cercato inutilmente
di fare qualcosa per fermare la macchina burocratica e ancora adesso
stanno tentando imperterriti di far tornare Alfredo dove ha lasciato
i suoi sogni. In un posto stupendo, costruito da gente che era
semplicemente stufa di ciò che faceva tutti i giorni e che ha deciso
di smettere di parlare, di discutere, di arrabbiarsi e provare a fare
l'Utopia. Tanto, al massimo,
non funziona.
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