Rivista Anarchica Online
Fare cinema con
la gente
di Ferro Piludu
Prima di tutto ci
presentiamo. Il nostro gruppo
(Gruppo Artigiano Ricerche Visive) lavora a Roma: io sono sardo
d'origine, nato a Milano, Lucilla è romana. Faccio il grafico come
mestiere e il lavoro - almeno un 60/40% del mio lavoro - è un modo di
fare politica. Chi ne vuole sapere un po' di più può magari
comprare e leggere "Segno libero". Proprio attraverso
il mio lavoro ho iniziato ad interessarmi prima di immagini e forme
in movimento e poi di cinema. Intendiamoci: non il cinema di
Hollywood. Un cinema diverso, senza divi, registi, sceneggiatori,
operatori, attrezzisti, segretarie di edizione e così via. Un cinema
che deve qualcosa (molto, per dire la verità) a certe maniere di
lavorare e di impostare le cose proprie delle vecchie comiche e del
cinema documentario classico (Flaherty, Flaherty...). Un cinema fatto
dalla gente, con la gente. Fin dall'inizio
abbiamo evitato di "inventare" e di impostare noi il
soggetto e la sceneggiatura dei nostri film. Abbiamo ricercato e ci
siamo rivolti a gruppi di persone (contadini, bambini, ragazzi,
operai, ecc.) che avevano una propria storia, una propria avventura o
esperienza da raccontare, da far sapere agli altri. Quando c'è
l'esigenza di raccontare qualcosa c'è sempre l'impegno e la volontà
di imparare a raccontare e di inventare diversi approcci alla maniera
di realizzare il racconto. È
molto, molto importante che il racconto, la storia, siano di largo
interesse generale. Siamo a questo proposito convinti e certi che
buona parte dei grandi temi del pensiero libertario e dell'azione
anarchica (oppressione, potere, stato, autogestione, educazione,
ambiente, utopia, antimilitarismo, libertà, ecc. ecc.) siano -
specie in tempi come gli attuali - temi di estremo interesse per un
gran numero di persone. Non è male infatti
ricordare che, nel fare cinema, i costi di realizzazione - per quanto
limitati e contenuti da un uso intelligente e diverso delle strutture
e delle tecniche più "povere" - rappresentano certo un grave
problema. Quando abbiamo una
storia valida e ben strutturata, andiamo - senza timori e soggezioni
- a "battere cassa". Naturalmente andiamo a chiedere soldi a
chi li ha: alla RAI, a Comuni, Regioni, Università ed Enti pubblici
e privati. L'autonomia economica è essenziale e i contributi non
arrivano certo facilmente specie a noi che non siamo "cugini"
di Craxi e "nipoti" di Andreotti (per non parlare di
parentele con avvocati). Ma qualcuno disposto a dare una mano a
storie e a maniere di raccontare valide riusciamo sempre a trovarlo. Facciamo un esempio
che si ricollega tra l'altro alla nostra radicata convinzione che la
gente ha diritto di fare cultura e che - tra le pieghe delle tante e
confuse leggi italiane - esistono i presupposti perché questo possa
avvenire. Ci siamo studiati due leggi della nostra regione - quelle
della promozione e della produzione culturale e quella del diritto
allo studio - leggi che, in forma diversa, hanno riscontro in tutta
Italia. Abbiamo poi consorziato otto comuni e li abbiamo convinti a
presentare un piano collettivo alla regione, richiedendo un
finanziamento perché la gente di questi comuni potesse "produrre"
cultura. I non certo solerti ed acuti impiegati regionali non hanno
avuto scampo. Per una volta il
denaro pubblico, anziché andare alla solita sagra delle castagne,
alla banda con majorette, alla festa di una qualche madonna o al
carnevale, è stato impiegato per produrre localmente fatti
culturali. Con ulteriori contributi economici "estorti" a
strutture ed enti della zona (ARCI, Cassa di Risparmio, ecc.) siamo
così riusciti a far realizzare, in tre anni di impegno, a un
migliaio di abitanti della valle del Sacco (bambini delle scuole
materne ed elementari, insegnanti, contadini, studenti, disoccupati,
operai) una dozzina di dia-tape (programmi di diapositive
sincronizzate), un programma radio e quattro film oltre a montagne di
materiali testuali. Tutto questo lavoro
era impostato su presupposti teorici di Noam Chomsky e sulla sua
"grammatica generativa" (ognuno è in grado di generare una
propria grammatica, una propria lingua, al di fuori e al di sopra
della grammatica e delle competenze linguistiche ufficiali). A proposito di
contenuti, uno dei quattro film - "Terra e fabbrica" - è
la storia di 50 anni di profonde trasformazioni di vita e di lavoro
(da società contadina a società industriale attraverso
l'occupazione delle terre e il pendolarismo edilizio) raccontati, con
l'impiego del mezzo cinematografico, dagli stessi abitanti che le
hanno vissute. Con gruppi diversi di persone, con tecnici ed apporti
economici diversi, con tempi di produzione diversi, di questo tipo di
film (che hanno una durata compresa fra i 15 e i 40 minuti) ne
abbiamo realizzati finora ventisette. Ogniqualvolta si
affronta un tema - in una qualsiasi situazione - è opportuno partire
dal contenuto più semplice del messaggio, della storia da
raccontare. Nel 1978 abbiamo
realizzato per la RAI quattro filmati con gli studenti di una classe
di un liceo di Roma. Uno di questi film parlava di "beni
culturali" e i ragazzi hanno potuto verificare i livelli di
disinformazione e di non conoscenza esistenti a proposito
dell'argomento. Gli stessi ragazzi del gruppo, in gran parte
cattolici del dissenso, hanno dovuto rivedere le loro concezioni
ispirate ai modelli ufficiali, proprio stimolati dai risultati delle
interviste. Hanno capito che esistono alternative e hanno portato
avanti un discorso assai divergente dalle idee che possedevano
inizialmente. Noi non abbiamo
influenzato minimamente il lavoro, tanto meno dal punto di vista
politico. Chiaramente apportiamo la nostra competenza tecnica ma
cerchiamo di evitare in ogni modo di imporre le nostre idee, convinti
come siamo del puntuale emergere di libere tensioni libertarie. Non
usiamo mai le interviste per dimostrare delle tesi ma unicamente per
raccogliere dei dati. Il sondaggio
iniziale - che serve per fornire il punto di partenza al nostro
messaggio, per direzionarne e definirne la portata, per renderlo
certamente più aperto ed efficace - si realizza tramite
"questionari" semplicissimi. Le domande da fare alla gente -
un campione delle classi sociali cui il messaggio è destinato - sono
stilate, in questa prima fase, sulla base del solo significato
intrinseco dell'argomento (cosa significa per te...?; cosa ti viene
in mente se ti dico...?; cosa vuole dire per te...?; ecc.). Questo
lavoro capillare, indubbiamente faticoso ma straordinariamente
divertente, riteniamo sia indispensabile per porsi in modo corretto
sia verso la gente che verso il problema che si intende affrontare. Riteniamo sia
necessario avere la modestia e l'umiltà di non essere mai troppo
certi del pensiero e delle visioni altrui: perciò solo un sondaggio
aperto ed equilibrato può fornire le basi e la chiarezza necessarie. Un buon sistema di
lavoro è quello di raccogliere tutti i dati emergenti su grandi
fogli da affiggere nei luoghi di lavoro, in modo che l'andamento
progettuale sia sempre ben visibile a tutto lo "staff"
operativo. Qualsiasi discorso
comunicativo, e in special modo la "sceneggiatura" di un
film-documento, deve essere strutturato secondo una premessa, uno
svolgimento e uno sviluppo narrativi e una conclusione. La premessa
ha l'indispensabile carattere informativo e trae la sua validità
proprio dalla qualità del lavoro iniziale di sondaggio. Durante lo
svolgimento e lo sviluppo narrativi il gruppo di lavoro analizza
tutta la serie di punti che ritiene di dover approfondire. La conclusione può
essere di vario tipo - da propositiva a totalmente negativa - ma è
indispensabile per concludere e completare il discorso. Chiaramente
la conclusione è conseguente allo sviluppo e trae origine da ipotesi
e tendenze iniziali proprie del gruppo emittente. Può succedere, in
qualche caso, che si giunga ad elaborare più conclusioni, anche
opposte tra loro. Un nostro film (Tre modi di leggere una poesia)
aveva tre soluzioni finali. Solo quando si dispone di una completa e
definitiva base testuale si passa alla realizzazione dello
story-board (sceneggiatura "visiva"). Per ogni singola
frase del testo (le frasi complesse si suddividono in frasi
elementari) si definiscono le immagini, le scene e le azioni
corrispondenti. Immagini, scene e azioni integrano, completano,
esaltano i significati delle parole. Allo stesso modo si definiscono
anche suoni, musiche e/o rumori. Lo story-board
permette ovviamente di impostare tutto il lavoro relativo alle
riprese visive (con le cineprese) e sonore (con i registratori).
Nella maggior parte dei casi le riprese sono effettuate dallo stesso
gruppo di lavoro che ha elaborato il testo e lo story-board. Pur disponendo,
caso per caso, dei più disparati livelli di attrezzature (dal super
8 amatoriale al 16 mm professionale), riteniamo fondamentale la
qualità finale del prodotto realizzato. I tempi lunghi di
esecuzione - anche due o tre anni - sono alcune volte indispensabili
per ottenere i requisiti voluti. Cerchiamo sempre di sensibilizzare
tutti su questo concetto, per l'importanza che la qualità assume ai
fini dell'utilizzo e dell'efficacia del "prodotto", per la
sua possibile distribuzione e soprattutto per la ricerca di ulteriori
occasioni di finanziamento. I film realizzati
da noi e dai nostri compagni di lavoro hanno ottenuto, proprio per i
loro livelli qualitativi, ampi riconoscimenti, nazionali e
internazionali, in occasione di rassegne e festival di cinematografia
professionale. Le attrezzature e
le tecnologie "povere" che usiamo non devono mai giustificare
carenze nella qualità: rispolveriamo, quando è il caso, persino
dimenticate tecniche del muto. Per tornare ai
contenuti "politici" del nostro fare cinema, un esempio
abbastanza significativo ci sembra essere rappresentato dal lavoro
svolto con un centinaio di bambini delle scuole elementari del Canton
Ticino, in coproduzione con la Radiotelevisione della Svizzera
Italiana. Questo è uno dei
primi prodotti realizzati dopo i recenti convegni sull'"utopia"
e da essi ispirati. I bambini hanno affrontato il tema da un punto di
vista fantastico legandolo però, ovviamente alla loro realtà
socio-economica. Partendo dai loro sogni, dal loro immaginario
notturno, sono arrivati ai sogni ad occhi aperti, alle loro "utopie"
e alle possibilità di realizzarle. L'importante
risultato ottenuto è uno spaccato della realtà sociale svizzera, un
documento attento ed equilibrato, scaturito senza forzature, che
rivela problemi esistenti a livello infantile ed adulto in quella
società. Così una profonda barriera separa bambini e "grandi"
che vengono indicati e vissuti come principali distruttori di sogni e
aspirazioni. Soprattutto le madri (ma anche gli insegnanti e le
famiglie, con la solo apparentemente stravagante eccezione degli
allenatori sportivi) bloccano e paralizzano tendenze e tensioni
utopiche. Nessun "grande", del resto, riconosce un bambino
tra i propri amici. Nel nostro lavoro
cambiano persone, situazioni, luoghi, grammatiche e dialetti ma
rimangono invariati gli approcci e la fiducia verso la cultura
nascosta e profonda della gente. Rispettiamo visioni ed esigenze dei
gruppi sociali con cui lavoriamo, ma se qualcosa non ci sta bene ci
sentiamo liberi di rifiutare e fare altre scelte. Solo molto
raramente abbiamo avuto problemi di censura, perché ci affrettiamo a
chiarire, subito, il nostro modo di lavorare. È
difficile, per chi ci autorizza a ricercare dati oggettivi e non di
parte con gruppi sociali definiti, intervenire a posteriori con
azioni censorie. Nemmeno la televisione svizzera ha cercato di
nascondere che incubo notturno di tanti bambini è il mostro
televisore e loro aspirazione è il cambiare passaporto. Specie in momenti
confusi come gli attuali, riteniamo di importanza fondamentale
fornire - su qualsiasi argomento - informazioni attendibili. Sempre
più spesso sono richieste documentazioni precise su fatti ed idee.
Sempre più frequentemente noi siamo chiamati in molte parti d'Italia
proprio da enti, strutture e gruppi (privati e pubblici) che hanno
necessità di documentare le loro esperienze per diffonderle e
renderle in qualche modo fruibili. È
un'occasione per incoraggiare tutti voi, e chiunque sia interessato a
fare del cinema e della comunicazione, ad indirizzare i propri
interessi politici verso basi professionali. Ricordiamo che ci
sono mezzi meno dispendiosi del cinema (come i programmi di
diapositive sincronizzate e soprattutto i programmi radiofonici) che
si prestano bene a collegare qualsivoglia contenuto politico con le
proprie attività e i propri interessi. Se non si è
assolutamente soli è abbastanza facile mettere insieme la somma
necessaria all'acquisto di un banco di missaggio e iniziare una
produzione, magari proprio di programmi radiofonici, a livello
cooperativo. Ci sono realmente buone possibilità per chi, portando
avanti le proprie idee, si sente di lavorare nel campo della
documentazione informativa. Non trascuratele.
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