Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 127
aprile 1985


Rivista Anarchica Online

Questi verdi un po' grigi
di Luciano Lanza

Rappresentano la novità, la "nota di colore" delle prossime elezioni amministrative. Sono i verdi italiani, nati probabilmente su imitazione dei loro più famosi cugini d'oltralpe. Le liste verdi si apprestano a sostenere la verifica del voto. Saranno veramente capaci di svecchiare la politica italiana, sono un non-partito, cosa e quanto potranno realmente fare?
Gli interrogativi su questa nuova forza si sprecano. Guardati con curiosità, con interesse, con ostilità. Armati di un programma tanto variegato quanto composita è la loro aggregazione e diversificati su problemi di carattere squisitamente locale, i verdi italiani sembrano riconoscersi su un solo punto comune: difendere l'ambiente per migliorare la qualità della vita.
Cercare di dare un quadro esatto delle proposte politiche e dei programmi dei verdi è un compito effettivamente difficile, perché una delle caratteristiche principali del "movimento" è la sua differenziazione da città a città, da regione a regione.
"Non pensiamo di modificare le istituzioni esistenti, ma di utilizzarle nell'interesse dell'ambiente e della qualità della vita" sostiene Fiorello Cortiana della lista verde milanese, mentre Michele Boato di Venezia considera la lista verde della sua città "un tentativo di connubio tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa che faccia riscoprire il senso dell'assemblea popolare".
Questi primi due esempi danno con efficace immediatezza la distanza, non solo geografica, che divide lista da lista. Ma la diversità di opinioni e di strategie si possono riscontrare anche tra i membri di una stessa lista: a Milano, Adriano Ciccioni, verdissimo e radicale, è contrario alla presentazione di dirigenti politici (in pratica i radicali) nella lista. Non così pensano i suoi compagni: infatti proprio pochi giorni fa è stato deciso il contrario e Ciccioni si è ritrovato in imbarazzante minoranza.
Altro grosso problema la biodegradabilità. In alcune città si stanno perfezionando accordi per la rotazione dei consiglieri eletti, in alcuni casi come a Venezia si sta pensando a una revocabilità dell'incarico in qualsiasi momento da parte degli elettori (sembra quasi una formulazione anarchica per i delegati), mentre in altre città si fa professione di biodegradabilità, ma si riconosce la necessità che gli eletti durino in carica per tutto il periodo del mandato. Comunque tutti i verdi dichiarano che non vogliono diventare dei politici di professione: "Vogliamo portare la politica ai ritmi e ai modi della gente normale e con un impegno non professionale".
Avanzare dei dubbi sulla buona fede è forse intempestivo, ma va ricordato che quasi sempre le forze politiche nuove amano, a volte anche con reale convincimento, presentarsi come la novità che saprà spezzare l'inesorabile legge sociologica del potere. Ci sono però molti veterani di lotte ecologiche che formulano critiche pesanti ai loro colleghi promotori delle liste. Miro Merelli, animatore della rivista Etnie e da anni attivo difensore dell'ambiente, non ha dubbi: "Non si può chiedere allo stato, come di fatto fanno quasi tutte le liste verdi, di garantire la tutela dell'ambiente cioè chiedere al maggiore inquinatore oggi esistente di fare una cosa contraria ai suoi interessi, alla sua "vocazione". Secondo Merelli la riappropriazione del territorio e la sua salvaguardia deve essere opera della gente in prima persona senza richiedere interventi diretti dello stato, anzi, sempre secondo Merelli, la situazione ecologica è migliore proprio in quelle zone, in quelle regioni che godono di una relativa autonomia rispetto alla "partitocrazia" romana.
Un altro elemento che complica una definizione dei verdi è individuabile nell'ampiezza dei programmi. Una parte sostiene che gli obiettivi devono essere circoscritti e specifici, altri invece che le liste verdi devono occuparsi non solo di ecologia ma anche di diritti civili, dei problemi delle minoranze, della politica in generale. Naturalmente per svecchiarla, per liberarla dalle lottizzazioni e così via.
Su quest'ultimo punto lo scontro è talvolta accesissimo. Franco Corleone, promotore del Comitato per la città e dirigente radicale di Milano, sostiene, ad esempio, che la lista verde milanese deve essere un'occasione per raggruppare un vasto schieramento di forze in grado di essere vincente nella prossima tornata elettorale e per instaurare un nuovo equilibrio politico in Milano. Ciccioni è invece nettamente contrario ai programmi onnicomprensivi. "Vogliamo riportare la nostra città in condizioni vivibili, abbiamo degli obiettivi precisi e soprattutto non vogliamo diventare un partito come troppi pretenderebbero". La logica del potere sembra produrre già da ora i suoi effetti e non pochi dei simpatizzanti della prima ora mostrano, con l'approssimarsi delle elezioni, la propria perplessità: "Speravamo molto nei verdi - confessano con rammarico alcuni attivisti torinesi - purtroppo dopo il convegno di Firenze ci stiamo accorgendo che è sempre la solita vecchia politica, è solo cambiato il colore".
Anche Michele Boato, che di esperienza politica ne ha molta sulle spalle pur senza essere approdato su tante spiagge come il fratello Marco, riconosce che il pericolo di trasformarsi in una forza politica di tipo tradizionale sussiste, che essere veramente biodegradabili è un fatto non certissimo. "Ma è una scommessa - aggiunge Boato - che voglio giocare fino in fondo pur conoscendone i rischi".
L'arcipelago verde è veramente ricco di contraddizioni, di ingenuità e di incontrollabili certezze, di volontà nuove e vecchie, di spirito antipartitico e desiderio di imitare il Palazzo, di stato nascente e istituzione. Nel crogiolo del verdismo italiano per il momento ribollono ancora tutti separati questi elementi; vedremo quali prevarranno.
Inoltre, e su questo concordano quasi tutti i promotori delle liste, la forma politica nasce prima di un reale e consistente sviluppo di un movimento ecologista come è invece accaduto, ad esempio, in altri paesi europei. L'istituzionalizzazione si è verificata in assenza di un effettivo soggetto sociale portatore di una progettualità. Fatto perlomeno anomalo e che non fa sperare per il meglio. "Mi sembrava di essere ritornato indietro di oltre quindici anni: facce diverse ma stranamente simili a quelle di allora, sono cambiati gli slogan, i temi, ma tutto mi sembrava così maledettamente uguale a quello che si faceva e si diceva allora", ha commentato con un misto di ironia e di amarezza, dopo un'affollata assemblea in un teatro milanese, un ex-sessantottino con la barba e la chioma ormai spruzzate da pennellate di grigio.