Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 15 nr. 126
marzo 1985


Rivista Anarchica Online

Votare oh oh!
di Paolo Finzi / Maria Teresa Romiti

Anche questa volta la solita musica

Decisive per il futuro dell'Italia (Craxi). Fondamentali come quelle del '48 (De Mita). Non è ancora iniziata ufficialmente la campagna elettorale in vista delle amministrative del prossimo 12 maggio che già si sprecano gli aggettivi ed i ragionamenti per convincere il popolo che questa volta è davvero la volta buona. Per andare avanti, cambiare, difendere, confermare, ripulire, indicare, voltar pagina, ecc. - a seconda dei programmi dei vari schieramenti. In ogni caso, è la volta buona. Guai a chi si astiene!
Se in Italia non ci fosse un'elezione ogni uno/due anni, i nostri politici potrebbero anche pretendere che qualcuno dia loro ascolto e si convinca che - appunto - la prossima è la volta buona. Ma è sempre la stessa musica, ripetuta con la stessa enfasi ad ogni piè sospinto. E non crediamo sia necessario essere delle aquile per rendersi conto del fatto che le moltissime elezioni che si sono succedute in questi anni non hanno prodotto sostanziali modifiche nella vita sociale ed individuale. Solidarietà nazionale, sorpasso, governo balneare, astensione del PCI piuttosto che del MSI, presidenza del consiglio laica: ne abbiamo provate di formule, ne abbiamo visti di risultati "sensazionali", negli ultimi anni. Perché questa volta dovrebbe essere diverso?
Ogni tornata elettorale ha le sue novità e questa del 12 maggio non fa eccezione. Si tratta questa volta, delle liste verdi, già presenti (in poche località) alle scorse amministrative ma ora diffusissime su tutto il territorio nazionale. Nel variegato arcipelago della "scheda verde" confluiscono numerose tendenze, esperienze, sensibilità: da spezzoni della vecchia "nuova sinistra" a gruppi locali impegnati in specifiche lotte ecologiche (contro la centrale nucleare, contro la fabbrica inquinante, per un'agricoltura biologica, ecc.), da vecchi marpioni della politica (ed anche della "partitica") all'uopo riciclati, collettivi che non hanno ancora maturato scelte precise (per esempio, in tema di rapporti con le istituzioni).
Il verde, non c'è dubbio, tira. Un sondaggio di Intermatrix stima intorno al 12-14% il potenziale bacino elettorale dei verdi italiani. E tutti i partiti si sono scatenati a dare pennellate di verde alla propria immagine: dai liberali che hanno dissepolto il cadaverico ministro all'ecologia Biondi ai demoproletari che sono impegnati al massimo a porsi come cerniera istituzionale tra i "movimenti" ed il Palazzo, passando per i socialisti (a Milano il loro progetto ecologista per una città più umana è al centro della loro campagna elettorale) ed i comunisti (che puntano al collateralismo strisciante della Lega Ambiente). Insomma, ce n'è per tutti.
E noi? Sordi al richiamo (invero sempre meno gradevole e tentatore) della sirena elettorale, non andremo a votare. Nemmeno questa volta. Non tralasceremo, però, di seguire con molta attenzione il dibattito interno all'arcipelago verde (che non coincide necessariamente con quello della "scheda verde"). Già nel corso delle prime assemblee verdi, tenutesi a Firenze, sono emerse posizioni, spunti, impostazioni per certi aspetti non lontane dalle nostre.
Il 12 maggio, comunque noi non ci saremo. Questa nostra scelta astensionista la poniamo all'attenzione e alla riflessione di chi si batte concretamente per migliorare la qualità della vita, per chi vuole pensare globalmente e agire localmente al di fuori e contro i meccanismi perversi del potere.

P.F.

Questo referendum non s'ha da fare

Se i giorni scorsi un viaggiatore intergalattico, mosso da studio e diletto, si fosse avventurato nei cieli italiani e avesse deciso, spinto dalla sua sete di conoscenza, di informarsi sull'attualità politica del paese alieno, sarebbe rimasto a dir poco sconcertato. Avrebbe certo creduto di trovarsi di fronte ad un paese sull'orlo della catastrofe: economia, struttura, perfino la democrazia stessa in pericolo. Torme di eroi in cerca affannosa della possibile salvezza. E il pericolo agitato dai giornalisti e dai politici non viene dalla guerra o dal degrado (non solo ambientale) o dai mille altri problemi che affliggono oggi l'umanità. I nostri Don Chisciotte stanno lottando per riuscire a bloccare in extremis il referendum sulla scala mobile indetto per abrogare il decreto legge sul taglio dei punti di scala mobile dell'anno scorso. A muoversi non sono solo partiti e gruppi che hanno subito la cosiddetta iniziativa popolare, non solo il governo, ma lo stesso partito (PCI) che si era mosso per raccogliere le firme necessarie nemmeno un anno fa. Tutti presi da atroci dubbi e sotto sotto convinti che "Questo Referendum non s'ha da fare". Se il nostro viaggiatore, dopo aver trovato il fenomeno un po' schizoide (o l'equivalente nella sua lingua), avesse cercato di informarsi di più, si sarebbe presto accorto che l'episodio non è certo unico, anzi sembra ricorrente.
Il referendum è quell'istituto per cui prima si mobilitano centinaia di persone per raccogliere le firme necessarie e subito dopo se ne mobilitano altrettante per evitarlo. Forse perché il voto popolare fa paura? Siamo seri; non è certo quel voto che cambia qualcosa: o la legge non viene abrogata per cui tutto rimane come prima o se la legge viene abrogata se ne fa subito un'altra ad hoc per coprire il "vuoto legislativo". Nessun cambiamento reale, al massimo l'indice dell'opinione pubblica. Una specie di grande sondaggio per vedere da che parte tira il vento. Allora perché tante preoccupazioni, tanto darsi da fare? La risposta è nel meccanismo principe della nostra società "dove tutto fa spettacolo" e tutto è quello (e solo quello) che fa spettacolo.
La mobilitazione per le firme tira, serve soprattutto al partito/i che l'hanno indetta. Un ricatto morale, una riserva di scontento da mostrare agli altri, lo spauracchio da agitare per ottenere nella sede giusta (il palazzo) i cambiamenti che interessano che poi, sia detto di sfuggita, possono riguardare anche argomenti del tutto diversi. È lo spettacolo di massa ben orchestrato (una volta usavano molto più le manifestazioni, ma è ormai tempo passato, e poi sono molto più difficili da gestire) per dimostrare chi ha in mano il polso della gente. Venghino, signori, venghino, una firma per la libertà di dire la propria.
Una volta che il carrozzone ha fatto spettacolo bisogna chiudere baracca e burattini. Mica si possono buttare dalla finestra i soldi dello stato (ce ne sono così pochi!). Meglio fermarsi in tempo se possibile, tanto ciò che si voleva ottenere è stato raggiunto. Lo spettacolo chiude dopo il primo atto (così non devono neppure restituire i soldi del biglietto), tutti a casa tranquilli. Tanto gli spettatori, rimbecilliti dalla televisione, sembrano digerire qualsiasi cosa.

M.T.R.