Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 14 nr. 123
novembre 1984


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

«... La porta è chiusa / Cervello e pugno stretto forte / Le finestre sono ridipinte con arsenico e lacrime / La luce non può attraversarle, ora / Sono avvolte nell'ovatta come in un bozzolo / Si resterà al buio per anni, adesso / Noi siamo salvi, nella pestilenza / Marci di paura / L'aria è impregnata di amebe e bugie / Ammuffiamo nelle stanze d'ospedale / Pesci morti di fame nell'acqua putrida / Amante di cuoio / E' finita / Bicchieri di birra stantia allineati sul muro / E cicche che galleggiano / Pozzanghere di latte cagliato / Il sangue si coagula nel nostro campo di forze / Possiamo frantumare uno specchio / E sanguinare, bestemmiare e scopare / Rotolandoci tra le macerie / Precipitando giù per le scale / Punch schiaffeggia Judy, alla televisione / Judy accoltella Punch / Punch sanguina, dietro allo schermo / Una vittima delle radiazioni bussa alla tua porta / Moncherini sanguinanti che tracciano il segno di Caino / E appendono alla tua porta un cartello con su scritto «non disturbare» / Ora non c'è più nulla / I sorrisi cadono dalle nostre facce / Cosi come la placenta si stacca e cade a terra / Ci strozzeremo più tardi / Ora non è rimasto nulla / Possiamo essere come Jack Hawkins, o come Helen Keller / Ciechi e sordomuti / Che si castrano l'un l'altro / Soli, in mezzo ai fuochi velenosi / Insieme ci copriremo di piaghe / Per poi marcire e morire...».

Tra i diversi modi di occupare questo spazio ci potrebbe essere quello di raccontare le avventure/disavventure incontrate prima, durante e dopo lo svolgimento del tour italiano di Annie Anxiety, poetessa americana (ma naturalizzata inglese) assieme alla quale sei/sette persone più il sottoscritto hanno galoppato in lungo e in largo per il nord Italia tra la fine di settembre e i primi di ottobre. In altri casi, penso non mi sentirei a mio agio: Annie è per me prima di tutto un'amica, non un personaggio da intervistare. E' questa la ragione principale che mi ha spinto a mescolare, certo con un po' di confusione, questi ritagli: pensieri, frasi, traduzioni. Tutto assieme, per comporre la cronaca disordinata di due settimane trascorse assieme, giorni pieni zeppi di cose da dire e da ascoltare, di gente da incontrare, di problemi da affrontare e da risolvere (non ultimi il «cosa si mangia?», il «dove si dorme?», etc.). Per quanto mi sarà possibile cercherò di non lasciarmi trascinare dalla tristezza del disastroso bilancio economico (e in parte umano) di questi giorni «on the road»: questa è una cronaca scritta «in diretta» e «a caldo», senza ripensamenti né correzioni né cancellazioni. Sono passate poco più di ventiquattr'ore dal momento in cui lei, Annie, se n'è ritornata in Inghilterra e io me ne sono tornato a casa mia, per un po' di tempo ancora alla vita di sempre.
«...Qualche volta si può immaginare che anche loro sbaglino / Ragazzine, con le ginocchia incrostate / Pezzi di vetro verde che galleggiano nella pozzanghera di un idrante / Johnnie Pompa, Johnnie Pompa / Fast food, merda, sesso, carne, rovina, fist-fuck / Facce di gente vestita da cow-boy lungo il fiume, dietro ai camion / Riso e fagioli e basta, per tre mesi / Dive dello spogliarello / I parcheggi sotterranei del dominio / Negozi automatici / Suore che vendono azioni del purgatorio / Mutande di nylon e camicie di forza / Orizzonti panoramici e creme depilatorie al napalm / Ragazzi a pagamento venuti dall'Oklahoma, cresciuti a granoturco / Che non sanno biascicare correttamente una parola / Segretarie che ti spingono con le loro borse di pelle negli autobus affollati / Macchie di succo d'uva sui marciapiedi della metropolitana...».
Ho conosciuto Annie nel giugno dello scorso anno, proprio per caso, come succede nei telefilm: lei e un suo amico mi hanno dato un passaggio da Epping fino a Leytonstone, a nord di Londra. Abbiamo chiacchierato per tutto il tempo e, come di solito succede, ci siamo scambiati gli indirizzi e il telefono, nella speranza di rivederci da qualche parte, Inghilterra o Italia che fosse. E Inghilterra è stato, la primavera scorsa: ci siamo rivisti a Nottingham in occasione di un benefit concert per il giornale pacifista «Peace News». Ho avuto il modo di assistere alla sua performance, assieme alla gigs di D&V, Flux of Pink Indians e Crass. Che dire, sono rimasto senza parole, impressionato dalla trasformazione che Annie aveva compiuto di se stessa nel preciso momento in cui si era piazzata di fronte ai riflettori. Lo sguardo, la voce, l'atteggiamento, la «carica»: era come se riuscisse, non so per quale potere, a trasformare ogni sua parola e gesto in una cascata di emozioni che riuscivo a «sentire» a livello fisico, oltre che cerebrale. Annie mi aveva, come si dice nei fotoromanzi, conquistato, ed è stata questa la ragione principale, forse la sola, che mi ha spinto a proporle di venire qui in Italia per qualche giorno. Pensavo fosse bello, con la scusa del Convegno, portarla a fare un giro nella mia città, Venezia, visto che avevo anche a disposizione qualche giorno di ferie. Nonostante, in cuor mio, prevedessi una risposta cortese ma negativa (come già in precedenza era successo con altre persone), mi sono sentito dire: «...Magari! E quando si comincia?».
«...Strato su strato di tessuto / Borse per la spesa / K-Mart, Woolworth, Henry Bendels, borse Rockfeller e plastica / Mentre camminiamo sulla 34-esima una vecchia si gratta croste color cremisi e ocra dalle ginocchia / Cambia colore alla luce del sole, come l'India / E tu, vicino a me, che continui all'infinito a parlare di cose che non capisco / Un giovane eunuco siede accanto a te / Piegando un dito corroso dalla cancrena / Balbettando un dolore che non ha bisogno d'essere interpretato / Ha una sola scarpa, e cammina come fanno gli ubriachi / Si ferma almeno dieci volte e la gente lo evita, o ride nervosamente / Il futuro, in queste immagini, dà fastidio...».
Annie è nata quasi venticinque anni fa in un quartiere periferico di New York City, Stati Uniti d'America, da un tipografo e una casalinga con l'hobby della pittura. A diciassette anni decide di andarsene di casa per girare il mondo. Si ferma subito dopo in Europa: Inghilterra, Germania, Olanda, Francia e anche Italia. L'Europa le piace, la fa sentire più a suo agio, è un modo di vivere più umano, più semplice. Annie dipinge, disegna, scrive poesie e brevi racconti: sono frasi spezzate, spesso concetti appena abbozzati, così come essenziali e geometrici sono i suoi disegni. Dice: «...Di solito, quando faccio un disegno, succede esattamente lo stesso di quando mi metto a scrivere una poesia. Non so esattamente che cosa verrà fuori, nel senso che non decido prima un soggetto o un argomento. Lascio che le idee vengano fuori da sole. Scrivo e disegno dove capita, su un foglio qualsiasi, sul muro, sul tavolo. E' un periodo che ho l'abitudine di portare con me, sempre, qualche colore, delle matite e un blocco. Finora ho collezionato decine di quaderni, pieni zeppi di poesie, di frasi buttate giù, di bozzetti o disegni. Succede lo stesso quando voglio trovare la musica per le mie poesie. Prendo un registratore e mi metto a registrare tutto quello che mi capita a tiro, anche il rumore delle macchine che passano per la strada, o spezzoni di programmi alla radio. Invento anche musica con la mia voce. Parto con delle sensazioni, col bisogno di tradurre quello che io provo per mezzo delle parole, disegni e suoni...».
Annie fa amicizia con Penny Rimbaud dei Crass, e va a vivere nella Comune agricola di Epping. Con l'aiuto di Penny, che ancora oggi traduce in musica i «nastri creativi» di Annie, nel 1981 pubblica il single «Barbed wire halo» su label Crass Records. Si tratta di due poesie, «Horror» e «Cyanide tears» alle quali fanno da sfondo rumori tirati fuori da sintetizzatori, drum-machines, percussioni varie e frequenze radio. Nell'anno successivo la piccola casa editrice indipendente Xntrix, legata a Lance D'Boyle dei Poison Girls, pubblica una sua raccolta di poesie intitolata «Tropical depression». Annie conosce Adrian Sherwood e sua moglie Kishi, e comincia a interessarsi alla cultura e alla musica rasta, collaborando anche, come scrittrice di testi e occasionale tastierista, all'attività di alcuni gruppi reggae-dub legati alla small-label On-U-Sound tra cui Missing Brazilians, Dub Syndicate e Creation Rebel. Molti rasta suoi amici collaborano alle sessions del suo primo album «Soul possession», pubblicato da Corpus Christi all'inizio di quest'anno. «Soul possession» è un lavoro sorprendente, specie per il modo di accostare ritmi rumori e voci. Questo disco ha avuto anche un discreto successo di vendite: rimasto a lungo nelle indie-charts, ha venduto a tutt'oggi circa diecimila copie. Attualmente Annie collabora all'attività della cult-band Current 93, assieme a Geff Rushton (dei PTV), al giornalista David Tibet e a Fritz del gruppo 23 Skidoo.
«... Sembra che lì ce ne siano molti / E ancora molti di più nelle vicinanze / All'infuori del tempo passato stando seduti al davanzale / E tutti gli altri, tutti gli altri che non l'hanno mai fatto / Se non urlando silenziosamente nel sonno / I capelli bruni e grigi arruffati in nodi stretti / Appiccicati sui crani sfregiati / Sembra tutta un'altra cosa / Le mani deformi, contorte, che scacciano insetti velenosi invisibili / Spettri di Thorazina / Il cristo vendicatore dalle vesti candide / Che impugna una spada incastonata di diamanti / Vola a mezz'aria / Forse / Soltanto / Fili elettrici percorsi dall'alta tensione / Bruciano / Dita che sventolano per asciugare lo smalto colorato delle unghie / Riflessi color rosa, carnagione pallidissima / Mai soffiato dentro a un sassofono con quegli artigli? / O è solo romanticismo da due soldi? / Vi danno fastidio i seccatori? / Hanno davvero immesso zyklon-b nei condotti d'aerazione dei sottopassaggi affollati della metropolitana? / Oppure hai fatto cadere chissà dove il tuo sapone? / Lungo il limite...».
Non avevo mai organizzato un tour. Tra l'altro la figura del «tour manager» mi è sempre stata abbastanza antipatica, quindi non mi ci vedevo proprio a rivestire un ruolo che contestavo. Il problema era, comunque, che dovevo muovermi in qualche modo in fretta, visto che ci doveva pur essere un minimo di coordinamento nell'organizzare delle date. La prima cosa che mi è venuta in mente è stata quella di rivolgermi ai vari amici che ho un po' in tutta Italia: in quaranta giorni ho fatto più di duecento telefonate (e chissà che bolletta ... ) e spedito una trentina di lettere, nella speranza di trovare aiuto, perché no, anche sul piano economico. I problemi si sono fatti sentire subito: evidentemente questo modo di procedere ha dato «fastidio» a più di qualcuno, anche nel cosiddetto mondo «alternativo» nazionale.
E' venuto fuori che a qualcuno Annie non piace proprio (non è «abbastanza punk» e preferiscono organizzare dei concerti hardcore, o è troppo pesante come genere oppure troppo «compromessa» con gente non anarchica, e potrei continuare a lungo con questa sfilza di scuse vergognose e tristissime...), ad altri invece piace ma non si sentono in grado di fare niente di concreto. Viene fuori che in Italia non esiste nessun posto disponibile (eppure non erano stati richiesti né teatri né palasport), non esiste alcun impianto di amplificazione decente a prezzo accettabile (che però, per caso, sono saltati fuori come funghi a distanza di pochi giorni), non esiste nessuno disposto a spendere più di duemila lire per il biglietto d'ingresso (con le sigarette che si accendono e si spengono ininterrottamente, le birre che scorrono a fiumi, etc., ma questa è, al solito, una polemica inutile e sterile...). Si fa, non si fa, si potrebbe dire, forse si fa se ... Dopo quaranta giorni di lavoro riesco a piazzare sette date, col classico «little help from my friends». Spedisco via telex i soldi per il biglietto Londra/Venezia e ritorno e vado a caccia di un furgone. Dimenticavo di dire che ero riuscito a coinvolgere un gruppo di miei amici di Udine, i Detonazione, segnalati da Annie come buoni «supporters», cosa della quale ero ench'io più che convinto. Una mattina di fine settembre, alle otto di mattina, Annie e Pete Wright (che le farà da tecnico) arrivano alla stazione di Venezia. L'avventura comincia, per diria come direbbe Indiana Jones...
«...Musica 'salsa' che galleggia sui marciapiedi di Lennox Avenue / C'è odore forte di tequila nell'alito dei vecchi / Mangio un ghiacciolo al gusto d'anice / In una notte di diciannove gradi / E' un venerdì di luglio...».
Bologna, Venezia, Milano, Aosta, Bassano, Merano: ecco le date. Ecco anche i primi contrattempi: un paio di giorni prima veniamo improvvisamente a sapere che ad Aosta e a Bassano non si può suonare. Se però guardiamo bene non sono proprio questi i veri problemi, nonostante il «buco» di oltre 750.000 lire che queste cancellazioni hanno provocato. Il problema è stato spesso l'impatto con la gente, con l'atteggiamento di chi (pochi, ma in questi casi bastano) è venuto malamente a confrontarsi con un qualche cosa di diverso dal grigio tran-tran dell'autogestione italiana. In molti hanno reagito senza voler capire, soprattutto «senza reagire»: è stata applicata la teoria del «take it easy» da una parte (non preoccupiamoci troppo, in un modo o nell'altro si aggiusta tutto ... mentre magari, alle due di notte, si trattava di decidere dove andare a mangiare e come sistemarsi per dormire), dall'altra invece ci si è preoccupati a utilizzare quelle serate come «restauro di barricate». Qualcuno si è preoccupato di sottolineare (in vari modi, non ultimo quello di esternare la propria ignoranza e intolleranza sulla carrozzeria del nostro furgone e della mia macchina) la propria «diversità» a tutti i costi, dimostrandosi incapace di leggere comportamenti diversi dal proprio come segnali d'aggressione o colonizzazione. Sono rimasto sorpreso, dietro ad Annie e a Pete, del fatto di quanta importanza si dia ancora a cose che, in tutta sincerità, ritenevo ampiamente superate e stupide: il taglio dei capelli, il modo di vestirsi, il fatto d'essere vegetariani oppure no, i gusti musicali/artistici, gli interessi personali, etc .. Rigidità ed intolleranza si sono dimostrate la bandiera (ma non s'era detto di rifiutarle tutte?) di tanti, ancorati al principio del «se non sei come noi, sei contro di noi». E le «diverse anarchie», l'anarchia «di destra» e quella «di sinistra», le frustrazioni e l'arroganza, il vivere in una grande città e l'angoscia dei piccoli centri di provincia. E' bastato poco per dividerci: qualche parola, un gesto.
Non immaginavo che l'organizzazione di un tour come questo, un evento che io continuo a leggere come semplice e positivo nella sua essenza, potesse trasformarsi anche in una serie di comportamenti e critiche pesanti e inaccettabili. L'integralismo e l'ortodossia al limite della paranoia hanno intaccato parte dell'Italia alternativa? O è forse un qualche cosa di più sottile e più subdolo che si è insinuato tra le spaccature di questo movimento? La filosofia dell'anche troppo (anche troppi questi soldi per Annie Anxiety, ritenetevi fortunati...), la quantizzazione dell'arte e dell'opposizione; le esclusive, il crogiolarsi in situazioni di miseria economica e spirituale, l'intolleranza per il «diverso» perché «nemico» ... E' giunto il momento di guardarsi in faccia e guardarsi addosso. Per poi scoprire che, con tutta probabilità, ci sono gli stessi occhi, lo stesso cuore, la stessa voglia di vivere e di cambiare (in meglio!) questo mondo.
«...Molti piccoli pesci, chiusi in una vasca / Nella vetrina di un negozio qualsiasi / A spartirsi uno spazio sempre uguale / A dividersi le stesse briciole di pane / Sempre uguale, giorno dopo giorno / A impazzire assieme, lottando contro al vetro / Siamo come quei piccoli pesci / Nello stesso mondo, aria invece dell'acqua / E lottiamo contro a cose che ci imprigionano ma non riusciamo a vedere / Molti piccoli pesci in una vasca / Ogni pesce è di un diverso colore / Ma è solo quando sono vicini / Tutti assieme / Che nello spazio disperato della vasca d'acqua / Si accende un arcobaleno pericoloso...».
«...Dici che mi ammazzano se dico che mi piace David Bowie?» (Annie Anxiety, Milano 3 ottobre 1984, prima della trasmissione di Radio Popolare).