Rivista Anarchica Online
Campsirago era un florido paesino...
di Angelo, Luciano, Mario, Roberto
Campsirago, frazione di Colle Brianza (Como), nel dopoguerra era ancora un florido paesino che
contava circa 150 abitanti i quali vivevano principalmente di allevamento, agricoltura, alberi da
frutto e taglio dei boschi. Il «boom economico» e le inadempienze degli enti comunali e nazionali
(ancor oggi il paese è sprovvisto di corrente elettrica, di un acquedotto, vi si arriva dopo più di un
chilometro di strada sterrata in pessime condizioni), oltre alle difficoltà della coltivazione in
collina, sono tra le principali cause del progressivo spopolamento di questo come di altri paesi. Circa 20 anni fa anche l'ultimo abitante lasciava Campsirago. Da quella data, case e terreni hanno
visto una progressiva ma inesorabile rovina grazie al disinteresse dei proprietari, dei conduttori,
delle autorità competenti e al «civile» comportamento delle persone che visitano Campsirago. Il
passare del tempo e l'opera dei conduttori e dei visitatori più o meno occasionali che hanno
letteralmente depredato la zona (mobili, coppi, sassi dei camini, sfalcio e pascolo di rapina), hanno
ridotto case e terreni in uno stato pietoso. Nell'ottobre '80, dopo una lunga quanto inutile ricerca di case e terreni da affittare, siamo andati a
vivere ed abitare nell'unica casa disponibile in Campsirago con l'intenzione di coltivare parte dei
terreni che circondano il paese. L'unico padrone delle rimanenti case e della stragrande
maggioranza dei terreni (Peppino Fumagalli direttore e proprietario della Candy elettrodomestici) si
è sempre rifiutato di cederli in affitto. Come costringerlo dunque? Un problema di difficile soluzione: da un lato c'era la consapevolezza
che l'unica strada percorribile era quella dell'occupazione di case e terreni, dall'altro si era ben
coscienti dell'impossibilità di farlo subito, visto che la nostra forza era esigua (4 persone), non
esisteva alcun precedente nella zona, la proprietà non era demaniale ma privata, eravamo in Brianza
(zona bianca per eccellenza dove la proprietà privata è più sacra che altrove). Non esistevano, e non
esistono, neppure strumenti legislativi che potevano tornare utili. L'unica legge in materia, la n°
440 dell'agosto '78, solo in teoria prevede il recupero delle terre incolte e malcoltivate. Un vicolo cieco, dunque, e il voler «provare nonostante tutto» diventava una «scommessa» e una
«pazzia»; anche qui c'era però la consapevolezza che qualcuno avrebbe ben dovuto cominciare e
che il risultato sarebbe stato un precedente, positivo o negativo, per la zona. Date queste promesse, dopo esserci iscritti alla Cooperativa «Nuova Agricoltura» di Milano, si è
comunque «scelto» di presentare richiesta di assegnazione di circa 15 ettari tramite la legge n. 440,
ma di puntare la maggior parte delle nostre forze sulla costruzione di un «movimento» intorno ai
problemi recupero terre incolte-occupazione in agricoltura-salvaguardia dell'ambiente, con
specifico riferimento a Campsirago. La lunga serie di omissioni e ritardi degli enti pubblici competenti a decidere sulla nostra richiesta
(prima la regione Lombardia, poi la provincia di Como, infine la Comunità Montana del Lario
Orientale), nonché (soprattutto) gli errori della proprietà, ci hanno permesso di coagulare intorno a
Campsirago un numero sempre crescente di persone e gruppi sensibili al problema, nonché di
costruire un rapporto di forza che alla fine si è risolto a nostro vantaggio. Tra le omissioni e i ritardi degli enti pubblici citiamo solo due esempi, visto che sarebbe troppo
lungo solo elencarli tutti: - Sebbene non fosse di sua competenza la commissione provinciale terre incolte, prevista dalla 440,
in un primo momento dichiarava i terreni di Campsirago sufficientemente coltivati. Essendo invece
evidente il loro pressoché abbandono si riusciva ad ottenere un supplemento di indagine e infine il
riconoscimento che i terreni erano insufficientemente coltivati. - A termini di legge il tempo massimo in Lombardia per decidere a chi assegnare i terreni è di 6
mesi; sono invece passati quasi tre anni dall'inizio della pratica (maggio '81) ma nulla è stato deciso. Tra gli errori della proprietà Candy citiamo solo la testardaggine e l'ottusità che l'ha portata a
sostenere in ogni momento, perfino nel piano di coltivazione presentato, che i terreni di
Campsirago erano già sfruttati al massimo, cercando così assurdamente di negare l'evidenza (più di
1/3 dei terreni è ormai inutilizzato perché ricoperto da rovi, piante e erbacce).
Inizia l'occupazione Da parte nostra ci si è invece mossi facendo conoscere la situazione di Campsirago e denunciando
pubblicamente i ritardi e gli abusi degli enti pubblici nonché la volontà della proprietà di mandare
tutto in rovina per poter così finalmente realizzare la progettata speculazione edilizia. Per fare
questo abbiamo preparato una mostra e un audiovisivo che abbiamo portato in molti paesi della
zona, insieme a petizioni e/o raccolta di firme. Questo lavoro unito alla notevole sensibilità di
persone, gruppi, sindacati, partiti di sinistra, radio e giornali della zona, hanno portato un numero
sempre maggiore di persone a conoscere il problema e a schierarsi a favore della Cooperativa
«Nuova Agricoltura» come sola garanzia di un reale recupero di case e terreni di Campsirago. Tutto
ciò ha permesso di realizzare, nel maggio '83, quello che due anni prima era puro suicidio:
l'occupazione di parte dei terreni e delle case di Campsirago. Proprietà ed ente competente (la Comunità Montana) si sono trovati a questo punto con le spalle al
muro: legalizzare una situazione di fatto dando, in affitto o in assegnazione, i terreni alla
Cooperativa, oppure procedere all'espulsione, mediante l'uso della forza, della piccola azienda
agricola che oramai si era installata a Campsirago. Scartata la seconda ipotesi, anche perché ormai difficilmente gestibile di fronte all'opinione
pubblica, la Comunità Montana continuava la politica dei ritardi, con l'evidente tentativo di
logorarci, mentre la proprietà si dichiarava per la prima volta disponibile ad affittare i terreni
richiesti. Una disponibilità solo a parole, visto che in 6 mesi di trattativa ci si riusciva ad incontrare
una sola volta mentre, nel frattempo, la proprietà Candy ci denunciava per occupazione di case e
terreni, deviazione di acque, danneggiamento e, una notte, il gregge di pecore che saltuariamente
pascola a Campsirago veniva appositamente mandato nei campi di mais da noi coltivati, danneggiandoli seriamente. Altri mesi di vita e di lotta costringevano la Comunità Montana a porre l'argomento Campsirago
all'ordine del giorno della propria assemblea nella quale le forze politiche si sarebbero dovute
finalmente esprimere. Giovedì 9 febbraio '84, poche ore prima, e non a caso poche ore prima, dell'assemblea della
Comunità Montana si concludeva un contratto di affitto e di uso, di circa 12 ettari di terreno per
una durata di 15 anni, tra la proprietà Candy e la Cooperativa «Nuova Agricoltura». Con questo
pretesto la Comunità Montana del Lario Occidentale ha evitato ancora una volta un atto
amministrativo dovuto quanto pericoloso; ancora una volta la precisa volontà di non decidere da
parte di chi non sa e non vuole assumersi le proprie responsabilità.
A chi serve la legge 440 Partendo da questa nostra esperienza di tre anni di vita e di lotta, vorremmo fare alcune
considerazioni più generali, senza però avere la pretesa di dettare norme di comportamento. Riteniamo che la legge 440 dell'agosto '78 nonché quella di attuazione, regione Lombardia, n.61
dell'ottobre '81 non diano possibilità alcuna, tranne in casi estremamente particolari, di ottenere in
assegnazione terre incolte, e tantomeno quelle malcoltivate, a chi ne fa richiesta, mentre i
proprietari hanno tutte le possibilità di non coltivare terreni incolti magari da 20 anni. Basta infatti entrare un po' nel merito della legge per accorgersi che il proprietario può presentare
un proprio piano di coltivazione e ha 5 anni di tempo per metterlo (per non metterlo, diranno i più
maligni) in pratica. Ma non basta: qualora il piano della proprietà fosse proprio uno schifo, la legge
dà la facoltà di chiederne le integrazioni. La legge rappresenta infine un passo indietro rispetto alla precedente, la Gullo-Segni, tant'è vero
che in varie parti d'Italia, usando la 440, i proprietari stanno riprendendosi terreni occupati da
persone o da gruppi intenzionati a coltivarli e a viverci. Consideriamo quindi suicida il pensare di ottenere terreni, specialmente se di privati, per mezzo
della legge 440 e, attualmente, riteniamo perlomeno rischiosa la nostra «scelta» di presentare
comunque richiesta di assegnazione tramite questa legge. Sarebbe infatti bastato che gli enti competenti avessero subito notificato alla proprietà, come la
legge prescrive, la nostra richiesta di assegnazione e che questa avesse presentato un piano di
coltivazione appena decente per metterci fuori gioco per 5 anni e quindi per sempre, visto che
nessuno può permettersi di aspettare 5 anni per poi, forse, riaprire la questione. Ma c'è di più:
presentare richiesta tramite la 440 significa dare, e quindi riconoscere, la possibilità ai proprietari di
presentare un proprio piano di coltivazione e quindi presentarsi «in regola» agli occhi dell'opinione
pubblica per almeno altri 5 anni; si ostacolerebbe così anche la costruzione di un possibile
«movimento» intorno al problema specifico. L'unico aspetto positivo della legge 440 sta nel prevedere il censimento dei terreni incolti. Anche
per questo occorre però che esista la volontà politica degli enti preposti a realizzarlo seriamente e/o
una mobilitazione su questi temi. In Lombardia, a tuttoggi, tale censimento non è stato ancora concluso e dove è stato fatto si è
rivelato una buffonata-truffa. Infatti le amministrazioni provinciali e le Comunità Montane hanno
semplicemente inviato ai comuni un questionario nel quale si chiedeva l'esistenza o meno di terreni
incolti e/o malcoltivati. Nella stragrande maggioranza dei casi le risposte sono state ovviamente
negative. Come obiettivo generale si pone dunque il radicale cambiamento della legge 440. Nel
frattempo come fare invece se si vogliono ottenere terreni incolti o malcoltivati quando i proprietari
non vogliono affittarli? Secondo noi sono due le strade realistiche percorribili: - Procedere all'immadiata occupazione di case e terreni quando si valuta di avere la forza
necessaria, eventualmente gestendo la cosa di fronte all'opinione pubblica. - Se si valuta invece di non avere la forza sufficiente, tutte le energie vanno dedicate all'opera di
sensibilizzazione e alla costruzione di un «movimento» su contenuti quali il recupero terre incolte -
l'occupazione giovanile in agricoltura - la salvaguardia dell'ambiente, ponendo anche come meta
l'occupazione delle case e dei terreni individuati. A tal fine è indispensabile, a nostro avviso, andare
a vivere ed abitare il più vicino possibile alla zona in cui si trovano le case e i terreni prescelti. Nel
nostro caso si sono rivelati importanti anche tutti quei piccoli o grandi lavori pratici di sistemazione
di case e terreni nonché il continuo e costante rapporto con la gente dei paesi vicini.
Una vittoria costata cara Ci preme anche sottolineare l'importanza del risultato politico d'aver costretto la proprietà Candy
all'affitto nonostante la sua ostinazione, la legge, la non volontà politica degli enti pubblici
competenti; risultato tanto più importante perché ottenuto grazie al lavoro svolto in questi anni, alla
mobilitazione di persone e gruppi, all'occupazione di case e terreni. In questo senso si può parlare di vittoria, anche se duramente pagata con 3 anni di vita e di lotta,
non solo per noi e per la possibilità che Campsirago torni a vivere, ma per il precedente positivo
che si è così creato per tutta la zona. Di tutto questo siamo molto contenti anche se parecchio rimane ancora da fare sia per garantirsi
dalle mire speculative che la proprietà Candy ha ancora per Campsirago, che come lavoro pratico di
recupero della zona. L'aver ottenuto il contratto d'affitto dei terreni rappresenta infine una
possibilità pratica di sperimentazione e di approfondimento dei discorsi iniziati coi gruppi della
zona sulla qualità della vita e del lavoro, sul recupero produttivo e ambientale di zone abbandonate. Chi volesse saperne di più può, comunque, scrivere a: Cooperativa «Nuova Agricoltura», via dei
Gigli, 3 - 22050 Campsirago, frazione di Colle Brianza (Como).
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