Rivista Anarchica Online
Obiezione fiscale?
di Mauro Suttora / Franco Pasello
Una delle poche cose serie
Non pagare le tasse per le spese militari. Questa è la proposta che da due anni i gruppi dell'area
antimilitarista e nonviolenta (Ldu, Loc, Mn, Mir) fanno ai cittadini italiani, e con un certo successo.
Nell'82 furono in 419 a detrarre dalla dichiarazione Irpef il 5,5% del dovuto, corrispondente alla
quota di bilancio statale che va alle forze armate. L'anno scorso si moltiplicarono, e diventarono
1640. I soldi obiettati vengono versati sul c/c n. 11526098 intestato al Movimento Nonviolento - cp
201 - 06100 Perugia. L'anno scorso si raccolsero più di 90 milioni, che un'assemblea di tutti gli
obiettori fiscali in ottobre decise di destinare a tre filoni ben precisi: difesa alternativa, aiuti a
microprogetti di sviluppo agricolo nel 3° Mondo e nuovo modello di sviluppo. Gli obiettori fiscali rifiutano la difesa armata («Gli eserciti sono una minaccia, e non una difesa, per
la gente di ogni stato» ha ribadito Bruno Petriccione, della Ldu di Roma, al convegno che si è
tenuto lo scorso 3-4 marzo a Padova) ma si fanno carico di un'esigenza legittima di difesa della
popolazione da un nemico esterno o interno (colpo di stato), e preparano quindi progetti per una
difesa che più che difendere il territorio, difenda il popolo. «Se vogliono invaderci, si accomodino
pure. Ma non penso che i russi vorranno rimanere in Jugoslavia a lungo» avvertì Tito nel 1948,
dopo la rottura con l'Urss. Una difesa alternativa in atto viene considerata la resistenza contro i missili di Comiso, per cui 45
milioni sono serviti all'acquisto di un terreno (denominato «Vigna verde») confinante con
l'areoporto Magliocco e attualmente coltivato da un gruppo di giovani contadini comisani. Altri
soldi sono andati ad una comune agricola in Puglia, ad un centro per il parto nonviolento di
Verona, alla War Resisters di Londra, e così via. Bastano le firme di tre obiettori fiscali per
proporre il finanziamento di un progetto, che poi viene discusso dall'assemblea. Ma chi sono i 1640 obiettori fiscali del 1983? Un sondaggio effettuato su 500 di loro dà una
maggioranza di cristiani di base, e poi quote consistenti di gente che si dichiara «antimilitarista» o
«libertaria» o «marxista». Finora lo stato non è intervenuto per reprimere l'obiezione fiscale. Nell'83 si sono svolti tre
processi, a Sondrio e a Milano, ma solo per «propaganda» dell'obiezione. Tutti assolti i 12 imputati.
Il 7 marzo è stato condannato Vittorio Merlini di Sestola (Modena), che aveva praticato, assieme ad
altre 6 persone, l'obiezione nell'81. L'esattoria ha pignorato 135.000 lire dal suo stipendio. Uno dei difetti dell'obiezione fiscale è che può essere praticata per intero solo dai lavoratori
autonomi, che non vengono tassati alla fonte. I lavoratori dipendenti devono ricorrere ad uno
stratagemma: compilare il modulo 740 fingendo di aver percepito altri redditi (ad esempio, una
«regalia» di 50.000 lire), e su questa somma ulteriore praticare la deduzione del 5,5%. In pratica, si
paga di più! Ma questo serve perché, quando fra due anni arriveranno le ingiunzioni di pagamento
per gli obiettori di quest'anno, ai procedimenti nei confronti degli obiettori «veri» si sommeranno
quelli contro gli altri. Gli antimilitaristi per primi si rendono conto che non si può far deperire l'esercito negandogli i
soldi, in un paese dove l'evasione fiscale, ben protetta dalle leggi (nessuna conseguenza penale,
solo amministrativa, sia per gli obiettori che per gli evasori), ammonta a varie decine di migliaia di
miliardi. L'obiezione fiscale può invece avere il valore di provocazione politica, suscitando dibattito e
controversia sul tema della «difesa». Finora, bisogna dirlo, questo è mancato. Anche se si arrivasse
a 10.000 obiettori e a un miliardo di «obiettato», se non c'è la capacità politica e organizzativa di
gestirla, l'obiezione fiscale rischia di fare la stessa triste fine dell'obiezione al servizio militare. Per
questo è necessario che anche gli anarchici partecipino alla campagna, facciano l'obiezione e
vadano alle assemblee degli obiettori. Certo, un anarchico in teoria dovrebbe fare obiezione totale a
tutte le tasse. Ma siccome questo in pratica non avviene (che io sappia, ci ha provato solo Adriano
Ciccioni, radicale di Milano, nel 1980: e adesso si ritrova con una multa con mora di 7 milioni), si
cominci intanto con le spese militari: il meglio non è nemico dell'ottimo. L'obiezione fiscale è, oggi, una delle poche cose serie che possa fare un antimilitarista in Italia. Non
per niente, il cosiddetto «coordinamento nazionale dei comitati della pace» (succube del PCI) non
la approva, dimostrando ancora una volta, se ce n'era bisogno, che un certo pacifismo non solo è
inutile, ma addirittura controproducente. Da quando è cominciata la «grande campagna contro i Cruise» del PCI, 5 anni fa, le spese militari
in Italia sono triplicate: erano 5.000 miliardi nel '79, sono 15.000 nell'84. E i Cruise sono a Comiso.
E i «pacifisti» raccolgono firme per proposte di legge, cioè carta straccia. Ma ognuno ha il diritto di perdere il suo tempo come vuole.
Mauro Suttora (lega per il disarmo)
Ma questo 5,5% non mi convince
Mi sono a volte trovato ad invidiare la fantasia e la spettacolarità con la quale i radicali (e i
nonviolenti in genere) portano avanti certe loro iniziative, ma nel caso della campagna
sull'obiezione fiscale, che pur non ho seguito moltissimo se non attraverso qualche articolo sulla
stampa nonviolenta, sono rimasto fin dall'inizio piuttosto scettico. Vedo se mi riesce di spiegarne i
motivi. Il primo è l'impossibilità da parte del lavoratore dipendente, cioè della maggior parte della gente, di
partecipare a questa campagna trovandosi già alla fine di ogni mese con la busta paga decurtata
(tassata già alla fonte). La sua obiezione quindi, nel caso vedesse con simpatia questa campagna,
non potrebbe essere che simbolica, cioè una dichiarazione di principio che non potrà avere seguito
nella pratica. Lo stratagemma che viene suggerito (e attuato!) per aggirare il problema e far sì che anche il
lavoratore dipendente, a tutti i costi, possa fare la sua bella obiezione fiscale, è quello di inventarsi
nuovi redditi, altre entrate. Il lavoratore dipendente avrà così modo di pagare altre tasse, dalle quali
potrà così trattenersi il 5,5%, avere la sua denuncia per poter poi in tribunale, con gli altri obiettori
fiscali, sollevare il caso per l'opinione pubblica. Questo è il suggerimento che viene dato: questa,
possiamo dirlo, la demenzialità. Lasciando perdere lo stratagemma, non si può che arrivare alla conclusione che l'obiezione fiscale
può essere attuata solo dai lavoratori autonomi che non vengono tassati alla fonte. Ma restano comunque non poche perplessità. Perché, in questo caso, l'obiezione assuma un certo valore, sia cioè significativa sotto ogni punto di
vista (etico, filosofico, morale anche religioso, se vogliamo) l'obiettore o aspirante tale dovrebbe,
nella sua dichiarazione dei redditi, dichiarare il vero in fatto di entrate e uscite e trattenersi, pure
dichiarandolo, il famoso 5,5%. Questo è il presupposto per qualsiasi obiezione che tale si possa
chiamare, non ci sono stratagemmi di mezzo ma... ne vale la pena! Se si vogliono fregare più soldi al governo, soldi che si suppone possano andare alla spese militari
o comunque nocive, non è molto più semplice dichiarare minori entrate, in modo da pagare meno
tasse e poter dare di più alle diverse iniziative antimilitariste e non violente? Solo che in questo
caso non si potrà più chiamarla obiezione fiscale, ma al massimo evasione fiscale. Ma siamo sicuri che quella che viene attuata sia veramente un'obiezione fiscale alle spese militari,
cioè che i soldi trattenuti siano veramente tolti alle spese militari! E' risaputo infatti che il
lavoratore, sia quello autonomo che quello dipendente, non è obbligato a pagare un tot per ogni
voce del bilancio statale ma solo un importo complessivo. Non ha la possibilità di decidere, lui,
quanto versare e per quali fini o spese. Non ha possibilità di controllo su come i suoi soldi verranno
investiti. E ogni voce del bilancio statale è legata all'altra. L'obiettore fiscale alle spese militari
verrà quindi denunciato non per essersi trattenuto i fondi delle spese militari ma per essersi
trattenuto parte dei fondi delle spese statali. La sua, in poche parole, non è un 'obiezione fiscale ma
un'evasione fiscale. Sul terreno dell'obiezione al servizio militare, perché i cosiddetti obiettori totali rifiutano di fare
domanda per prestare il servizio civile? Proprio perché il sevizio civile, oltre a non essere una
scelta, non è nemmeno un obbligo fine a se stesso ma un obbligo legato a quello militare: è il suo
sostituto. Così pure la parte delle trattenute relative alle spese militari non è una voce a sé sullo stipendio del
lavoratore, ma una voce legata a tutte le altre spese statali. Con tutta l'evasione fiscale che c'è in
Italia, il governo non ha mai pensato di toccare il bilancio della Difèsa, che anzi negli ultimi anni è
continuamente aumentato. Si potranno quindi togliere tutti i 5,5% che si vuole, ma non si toglierà
assolutamente niente alle spese militari. Al massimo, il governo se si troverà a dover tagliare, lo
farà su altre voci del bilancio statale. Ecco quindi che, a mio parere, l'unica obiezione fiscale che assumerebbe un certo valore sarebbe
quella di chi rifiutasse di versare una sola lira per qualsiasi spesa, motivando la sua protesta con il
fatto che non vuole che nessuna parte dei suoi versamenti vada a spese che lui ritiene nocive.
Sarebbe possibile?! Tutte queste cose gli iniziatori della campagna, ovviamente, le sanno, il loro scopo dichiarato viene
ad essere un altro: fare rumore sul problema dell'aumento delle spese militari, raggiungere
l'opinione pubblica attraverso i giornali, arrivare sui giornali e in parlamento, grazie a parlamentari
convinti alla loro causa (in primo luogo i radicali, ma anche DP e Sinistra Indipendente). Si tratta di un dispendio di forze, attuato spesso con una mentalità prettamente istituzionale, quando
invece ci sarebbe da convincere la gente a cercare di vivere la propria vita facendo a meno, per
quanto possibile, delle istituzioni, del governo e dello stato. Questo fanno o cercano di fare gli
anarchici (se non altro la mentalità vuole essere questa) che non hanno certo bisogno di vantare il
loro astenersi, quando ciò è possibile, dal versamento di soldi per la mai sazia fame dello stato.
Mentalità istituzionale dicevo, e anche quest'anno i soldi, per così dire sottratti, dagli obiettori
fiscali alle spese militari sono stati mandati al presidente della repubblica, alias capo delle forze
armate, Sandro Pertini perché li destinasse ad opere di pace. E anche quest 'anno il buon presidente
li ha rimandati al mittente. Mauro Suttora, nel suo pezzo, oltre a rimproverare gli anarchici perché non partecipano alla
campagna sull'obiezione fiscale, fa anche un accenno alla triste fine fatta dall'obiezione al servizio
militare. Ne convengo, anche se ancora oggi gli unici (pochini a dire il vero!) che continuano a
rifiutare il servizio militare sono gli anarchici e, se non altro, teorizzano questo rifiuto e sostengono
chi lo attua. Ne convengo, anche se la triste fine fatta dall'obiezione al servizio militare è in parte
dovuta a quegli stessi gruppi che oggi si stanno impegnando sulla cosidetta obiezione fiscale, è
dovuta alla loro mentalità istituzionale, alla loro fiducia nelle leggi, nello «stato buono» spesso
ipotizzato dai radicali. Sono stati i gruppi nonviolenti che si sono fermati con l'avvento della 772, la
legge che riconosceva e regolamentava l'obiettore di coscienza. Pensavano di aver raggiunto il fine
(al massimo la legge era da migliorare, come dicono oggi del resto) e ora Suttora parla di triste fine. Auguro ai gruppi nonviolenti che l'obiezione fiscale non faccia la stessa fine. Personalmente
preferisco starne fuori.
Franco Pasello
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