Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 114
novembre 1983


Rivista Anarchica Online

Io su Comiso la penso così, firmato: panzer

Carissimi compagni
ho partecipato come molti altri alla 3 giorni del 22-24 luglio e come anarchico e come essere che non vuole essere calpestato da gerarchie e strumentalizzazioni. Non ho perciò neppure voluto vedere il campo dell'IMAC, sapendo da chi fosse gestito, perché e come operasse. Essendo abbastanza giovane non avevo mai sentito di un momento di protesta di cosi ampie proporzioni organizzato da anarchici in ltalia. Era quindi per me una scadenza molto importante, un po' per l'ampio lavoro sul problema di Comiso e dei missili in generale svolto con concerti e fanzines, un po' per conoscere una volta per tutte «dal vivo» il movimento anarchico. Sono arrivato quindi a Comiso con le migliori premesse di partecipare, conoscere, lottare insieme; dopo 2 giorni l'atmosfera mia e di molti altri partecipanti era completamente cambiata. Perciò (e per mantenere una comunicazione-collaborazione più stretta) ho pensato di annotare alcune considerazioni, dal mio punto di vista, sulle possibili cause delle incomprensioni-scazzi di quei giorni.
A mio parere l'errore principale è stato quello di sottovalutare un punto primario per ogni lotta odierna: la comunicazione. Penso che nessuno credesse di costituire realmente una duratura minaccia pratico-militare per l'esercito; ora immagino che le varie lotte servissero principalmente da cassa di risonanza, e per dimostrare alla gente che qualcosa di pratico, anche se in pochi, poteva essere fatto, e soprattutto per far parlare del problema, perché la gente ci pensasse ancora una volta a questi suoi politici che decidono della vita altrui. Primarie in questi casi 2 vie di comunicazione 1) con la gente di Comiso, Vittoria e dintorni, 2) con la popolazione nazionale e internazionale. Purtroppo ci siamo accorti che la stampa locale era assolutamente parziale e poliziesca e d'altronde accreditava, subito dopo la velina della questura, il comunicato dell'IMAC, il quale, stilato dai comunisti, era ancora più parziale e di parte. Ma non mi sembra ci fosse una valida opera di controinformazione sul posto. Un mezzo che in un paese poteva essere ancora molto valido come il volantino era del tutto inutilizzato. E qui giungiamo ad un secondo problema nel quale peraltro converge anche quello della controinformazione nazionale attraverso la stampa alternativa in generale e quella anarchica in particolare, e cioè quello dell'unità dei «compagni». Chi arrivava dopo 1.000 o più chilometri di viaggio sotto un caldo terribile si trovava di fronte a una massa di sbandati dei quali solo pochi sapevano cosa succedesse e cosa si stesse facendo. Ecco, dei volantini sarebbero serviti a tenere tutti in contatto, sapere dove rivolgersi in caso di problemi, la gente avrebbe capito che non eravamo dei truci cospiratori e magari avrebbe saputo di preciso quando partecipare. Poco strano che molti si siano scazzati constatando l'atmosfèra di tensione sia con i comisani sia nell'assemblea, vedendo i cessi rotti o non funzionanti i servizi igienici. Sarebbe bastato, magari, organizzare una mensa generale per dare una maggiore unione al campo e si sarebbe evitato lo sciamare, a quanto pare cosi malvisto, di «stranieri» per Comiso. Sono cose piccole, lo capisco, ma molto spesso è da queste che dipendono anche le grandi. Perché il fatto era che non ci si conosceva, tutti avevamo storie, abitudini, idee molto diverse, ognuno è arrivato con una propria ottica e probabilmente è tornato a casa solo più confuso. E qui si vede come il problema fosse precedente i famosi tre giorni, e che questi non siano stati altro che la conseguenza degli errori o meglio delle impreparazioni precedenti.
E torniamo ancora alla comunicazione. La persona agisce in rapporto alle proprie conoscenze, esperienze, nozioni. Succede così che la vera guerra la si svolge ormai sugli organi di stampa, sui mass-media, nelle scuole che danno le valutazioni, le notizie. Prima di arrivare a Comiso, e quelli che avevano saputo dell'occupazione erano già dei privilegiati, molti pensavano l) che suonassero i CRASS, 2) che si andasse a far «casino» alla base, 3) che ci fossero masse di insorti locali e feroci assalitori da tutt'Italia, 4) che come Maometto prometteva il paradiso per i morti in battaglia anche loro avrebbero, in caso di malasorte, trovato una vita migliore addirittura nel giardino della comune dei CRASS.
Scherzi a parte il fatto è che la stampa anarchica a livello nazionale ha dedicato a Comiso troppo poco spazio, e anche quello male utilizzato. Non so se la colpa è delle Leghe o delle magagne para-politiche che mi sembra aver capito assillino il movimento anarchico, ma fatto sta che ben pochi sapevano come stessero le faccende di preciso a Comiso.
Anche nei rapporti con la gente del posto era necessaria un po' di spiegazione su atteggiamenti e persone a cui non era abituata: ma ho avuto l'impressione che i punx siano considerati strani tipi anche dagli stessi compagni anarchici evidentemente disinformati o in malafede (anche molti punx dal canto loro non fanno certo grandi passi per farsi capire e conoscere .. .). Fare della controinformazione in un paesino dell'entroterra siciliano che vive ancora con usi feudali e dominato dalla mafia e dalla passività è difficile, ma la gente ha paura di ciò che non conosce e la gente di Comiso probabilmente avrebbe conosciuto e compreso più un cammello che uno di noi. Poi metodologicamente c'è stato l'errore di iniziare a impostare l'occupazione in 50 e poi, arrivate le altre 250 persone decidere prima di dare il potere decisionale all'assemblea (la quale per le sovraesposte ragioni a proposito della comunicazione-informazione era all'oscuro su molte cose) poi trovare che visto che la proposta delle Leghe era non accettata da tutta l'assemblea lasciare tutti allo sbaraglio ed infine, a carica fatta, ritornare a gestire la situazione. Ma era ovvio che in assemblea non si potesse discutere di tutti i problemi logistici concernenti una occupazione che bene o male aveva anche caratteri militari e d'altronde è molto difficile, soprattutto per un anarchico, accettare la delega e tanto più la delega ad uno sconosciuto o quasi (i gruppi di affinità tra persone che non si conoscono sono assolutamente una forma di autogestione illogica e improponibile). Le Leghe, e sono pronto a credere nella loro buonafede, hanno preparato l'occupazione a lungo; evidentemente l'errore è stato anche di chi pur avendo un'esperienza maggiore su tali organizzazioni non ha collaborato. Concludendo penso che questa lettera non volesse essere una sterile critica ma solo una possibile lettura di fatti successi e che magari succederanno ancora: sbagliando, si dice, s'impara: a patto però di rendersi conto degli errori.
Un saluto anarchico da

Michele «Panzer» Bonicelli (Bergamo)