Rivista Anarchica Online
Io su Comiso la penso così, firmato: panzer
Carissimi compagni ho partecipato come molti altri alla 3 giorni del 22-24 luglio e come anarchico e come essere che
non vuole essere calpestato da gerarchie e strumentalizzazioni. Non ho perciò neppure voluto
vedere il campo dell'IMAC, sapendo da chi fosse gestito, perché e come operasse. Essendo
abbastanza giovane non avevo mai sentito di un momento di protesta di cosi ampie proporzioni
organizzato da anarchici in ltalia. Era quindi per me una scadenza molto importante, un po' per
l'ampio lavoro sul problema di Comiso e dei missili in generale svolto con concerti e fanzines,
un po' per conoscere una volta per tutte «dal vivo» il movimento anarchico. Sono arrivato quindi
a Comiso con le migliori premesse di partecipare, conoscere, lottare insieme; dopo 2 giorni
l'atmosfera mia e di molti altri partecipanti era completamente cambiata. Perciò (e per mantenere
una comunicazione-collaborazione più stretta) ho pensato di annotare alcune considerazioni, dal
mio punto di vista, sulle possibili cause delle incomprensioni-scazzi di quei giorni. A mio parere l'errore principale è stato quello di sottovalutare un punto primario per ogni lotta
odierna: la comunicazione. Penso che nessuno credesse di costituire realmente una duratura
minaccia pratico-militare per l'esercito; ora immagino che le varie lotte servissero
principalmente da cassa di risonanza, e per dimostrare alla gente che qualcosa di pratico, anche
se in pochi, poteva essere fatto, e soprattutto per far parlare del problema, perché la gente ci
pensasse ancora una volta a questi suoi politici che decidono della vita altrui. Primarie in questi
casi 2 vie di comunicazione 1) con la gente di Comiso, Vittoria e dintorni, 2) con la popolazione
nazionale e internazionale. Purtroppo ci siamo accorti che la stampa locale era assolutamente
parziale e poliziesca e d'altronde accreditava, subito dopo la velina della questura, il comunicato
dell'IMAC, il quale, stilato dai comunisti, era ancora più parziale e di parte. Ma non mi sembra
ci fosse una valida opera di controinformazione sul posto. Un mezzo che in un paese poteva
essere ancora molto valido come il volantino era del tutto inutilizzato. E qui giungiamo ad un
secondo problema nel quale peraltro converge anche quello della controinformazione
nazionale attraverso la stampa alternativa in generale e quella anarchica in particolare, e cioè
quello dell'unità dei «compagni». Chi arrivava dopo 1.000 o più chilometri di viaggio sotto
un caldo terribile si trovava di fronte a una massa di sbandati dei quali solo pochi sapevano
cosa succedesse e cosa si stesse facendo. Ecco, dei volantini sarebbero serviti a tenere tutti in
contatto, sapere dove rivolgersi in caso di problemi, la gente avrebbe capito che non
eravamo dei truci cospiratori e magari avrebbe saputo di preciso quando partecipare. Poco
strano che molti si siano scazzati constatando l'atmosfèra di tensione sia con i comisani sia
nell'assemblea, vedendo i cessi rotti o non funzionanti i servizi igienici. Sarebbe bastato,
magari, organizzare una mensa generale per dare una maggiore unione al campo e si sarebbe
evitato lo sciamare, a quanto pare cosi malvisto, di «stranieri» per Comiso. Sono cose
piccole, lo capisco, ma molto spesso è da queste che dipendono anche le grandi. Perché il
fatto era che non ci si conosceva, tutti avevamo storie, abitudini, idee molto diverse, ognuno
è arrivato con una propria ottica e probabilmente è tornato a casa solo più confuso. E qui si
vede come il problema fosse precedente i famosi tre giorni, e che questi non siano stati altro
che la conseguenza degli errori o meglio delle impreparazioni precedenti. E torniamo ancora alla comunicazione. La persona agisce in rapporto alle proprie
conoscenze, esperienze, nozioni. Succede così che la vera guerra la si svolge ormai sugli
organi di stampa, sui mass-media, nelle scuole che danno le valutazioni, le notizie. Prima di
arrivare a Comiso, e quelli che avevano saputo dell'occupazione erano già dei privilegiati,
molti pensavano l) che suonassero i CRASS, 2) che si andasse a far «casino» alla base, 3)
che ci fossero masse di insorti locali e feroci assalitori da tutt'Italia, 4) che come Maometto
prometteva il paradiso per i morti in battaglia anche loro avrebbero, in caso di malasorte,
trovato una vita migliore addirittura nel giardino della comune dei CRASS. Scherzi a parte il fatto è che la stampa anarchica a livello nazionale ha dedicato a Comiso
troppo poco spazio, e anche quello male utilizzato. Non so se la colpa è delle Leghe o delle
magagne para-politiche che mi sembra aver capito assillino il movimento anarchico, ma fatto
sta che ben pochi sapevano come stessero le faccende di preciso a Comiso. Anche nei rapporti con la gente del posto era necessaria un po' di spiegazione su
atteggiamenti e persone a cui non era abituata: ma ho avuto l'impressione che i punx siano
considerati strani tipi anche dagli stessi compagni anarchici evidentemente disinformati o in
malafede (anche molti punx dal canto loro non fanno certo grandi passi per farsi capire e
conoscere .. .). Fare della controinformazione in un paesino dell'entroterra siciliano che vive
ancora con usi feudali e dominato dalla mafia e dalla passività è difficile, ma la gente ha paura di ciò che non conosce e la gente di Comiso probabilmente avrebbe conosciuto e
compreso più un cammello che uno di noi. Poi metodologicamente c'è stato l'errore di
iniziare a impostare l'occupazione in 50 e poi, arrivate le altre 250 persone decidere prima di
dare il potere decisionale all'assemblea (la quale per le sovraesposte ragioni a proposito della
comunicazione-informazione era all'oscuro su molte cose) poi trovare che visto che la
proposta delle Leghe era non accettata da tutta l'assemblea lasciare tutti allo sbaraglio ed
infine, a carica fatta, ritornare a gestire la situazione. Ma era ovvio che in assemblea non si
potesse discutere di tutti i problemi logistici concernenti una occupazione che bene o male
aveva anche caratteri militari e d'altronde è molto difficile, soprattutto per un anarchico,
accettare la delega e tanto più la delega ad uno sconosciuto o quasi (i gruppi di affinità tra
persone che non si conoscono sono assolutamente una forma di autogestione illogica e
improponibile). Le Leghe, e sono pronto a credere nella loro buonafede, hanno preparato
l'occupazione a lungo; evidentemente l'errore è stato anche di chi pur avendo un'esperienza
maggiore su tali organizzazioni non ha collaborato. Concludendo penso che questa lettera
non volesse essere una sterile critica ma solo una possibile lettura di fatti successi e che
magari succederanno ancora: sbagliando, si dice, s'impara: a patto però di rendersi conto
degli errori. Un saluto anarchico da
Michele «Panzer» Bonicelli (Bergamo)
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