Rivista Anarchica Online
Le mostre ed i mostri
di Patrizio Biagi
Durante i miei trent'anni di vita ... Già le facce dei compagni cominciano a corrugarsi: «Ahi! Ahi! Sembra di udire un reduce».
Tranquilli non sono un reduce, e di cosa potrei esserlo poi. Nel '68 ho partecipato ad una sola manifestazione; l'autunno «caldo» l'ho vissuto molto in margine
in una piccola officina, facendo solo tre ore di sciopero, perché il proprietario temeva le
«rappresaglie» degli operai sestesi; anche il '77 e la tre giorni del «mouvement» a Bologna li ho
vissuti abbastanza in margine. Ma riprendiamo dall'inizio. Durante i miei trent'anni, dicevo, ho cercato di apprendere, e lo cerco tuttora, più cose possibili.
Non saprei dire se per una reale sete di sapere o se per reazione alla mia condizione di proletario
figlio di proletari e discendente di contadini (un «pedigree» da fare invidia perfino a Tony Negri).
E tra gli strumenti per raggiungere il mio «scopo», oltre a libri, giornali, riviste, ecc., ci sono
(orrore e raccapriccio!!) anche le mostre. Ora le facce, già corrugate, si fanno paonazze: «Ma allora sei un avallatore di massacri e di
violenze». E mentre il rossore mi sale alle guance fino ad arrivare alla radice dei capelli, mi
immagino, fucile puntato e dito sul grilletto, al fianco di Pizzarro distruggere l'impero Inca, oppure
con Cortez debellare quel luminoso esempio di «civiltà» che era la società Azteca (i sacrifici umani
raggiunsero in un giorno la quota di 20.000 persone), o assieme ai «lunghi coltelli» massacrare
Comanches, Sioux, Apaches ecc. Si sa ognuno di noi ha le sue depravazioni, c'è chi ama mostrare i
propri genitali, c'è chi ama indossare stivali di cuoio e indumenti intimi in pelle e c'è chi invece ama
( ... ) visitare le mostre. Solo coloro che amano flagellare gli altrui modi di pensare e di vivere sono esenti dalle
depravazioni. Costoro, credendosi migliori e al di fuori, si dilettano a guardare attraverso il
microscopio quei ributtanti microbi a due zampe che sono i loro simili, senza rendersi conto di
trovarsi anch'essi sopra il vetrino. Anche loro, come noi, fanno parte di questa società massificante,
come noi indossano la Lacoste, i Levi's e le Clark, come noi si incolonnano sulle autostrade
insieme agli altri gitanti della domenica, come noi fanno lunghe file al cinema, come noi ogni
mattina salgono su autobus pieni di gente, con gli occhi che si chiudono per il sonno, con il braccio
di qualcuno sulla testa, la ventiquattrore di qualcun'altro che preme sulle costole, la punta di un
ombrello nella scarpa e raggiunti di quando in quando da zaffate di «nordika» acquistato ai grandi
magazzini. Ovviamente il modo per sfuggire tutto questo ci sarebbe: seguire l'esempio di Milarepa. E come
Milarepa, ritirarsi su una montagna in meditazione, vivendo nudi, cibandosi di ortiche pestate,
bollite quando possibile e avendo come unica proprietà una ciotola di terracotta. Non potendolo e non volendolo imitare, è chiaro che dobbiamo cercare, dal momento che volenti o
nolenti viviamo in questo sistema, di combattere gli aspetti più negativi e massificanti della società,
senza però credere, falsamente e presuntuosamente, di esserne immuni né tantomeno sganciati. So
di non essere aderente in toto al ritratto del perfetto visitatore di mostre, tracciato con dovizia di
particolari da uno dei tanti flagellatori di cui sopra. Come tanti beoti, anch'io lavoro per poter mangiare (preoccupazione aliena a chi si ciba
abitualmente di teoria) anche se non costruisco cuscinetti e spinterogeni che permettano a qualcuno
di schiantarsi (sono abbastanza cinico da pensare che ognuno è responsabile della propria vita e
della propria morte) e le lasagne al forno mi danno pesantezza e un senso di nausea, la stessa
sensazione che provo nei confronti dei pretazzi, più o meno praticanti, più o meno travestiti,
presenti in tutti i gruppi, sociali e politici. Non voglio fare qui l'apologia delle mostre, non mi sembra il caso, voglio dire più semplicemente
che dietro queste manifestazioni ci sono persone che, come accade nei libri, riviste, giornali e
cinema, danno ad esse un'impostazione consona alla loro mentalità. Sta in seguito a chi legge e a
chi guarda, l'avere abbastanza spirito critico e non «bersi» il tutto come viene spacciato. Non riesco
quindi a comprendere questo astio contro le mostre. Non è forse vero che anche gli anarchici hanno usato spesso questo mezzo per farsi conoscere e per
far conoscere le loro idee e il loro passato? E che dire dei convegni di studi, che per estensione
potrebbero essere considerati in fondo delle mostre, non certo di «cimeli» quali potrebbero essere la
tibia di Malatesta, l'osso sacro di Bakunin o i peli della barba di Kropotkin, ma mostre su ciò che
hanno rappresentato questi uomini e su ciò che di ancora attuale esiste nel loro pensiero. Recentemente, dopo una manifestazione alla base missilistica di Ghedi, è stata esposta nella piazza
del municipio, in paese, una mostra sugli orrori prodotti dal lancio della bomba A su Hiroshima e
Nagasaki. Questo vuol dire che gli anarchici buttano fango su questo disastro oppure che
idealmente tirano la cloche che fa sganciare la bomba? Ma forse gli strali del nostro sono diretti verso la mostra sugli Indiani in particolare. Francamente
penso sia ora di finirla con questa malintesa mitizzazione dell'indiano buono contrapposto al cattivo
yankee. Certo questa razza è stata massacrata, derubata, vilipesa e per questo la mia simpatia va ad
essa. Simpatia che posso provare anche nei confronti degl'integralisti afghani che combattono
contro l'Armata Rossa, per i nazionalisti palestinesi o al massimo per gli indipendentisti baschi.
Simpatia, non solidarietà incondizionata. La cultura indiana, come altre culture, può insegnarci molte cose positive, ma che dire della
mentalità guerresca comune alla maggior parte delle tribù, che dire delle «squaws» che non
godevano certo, il più delle volte, di una situazione invidiabile, senza parlare poi dei riti
d'iniziazione a dir poco orribili. Ma il tempo vola, si è fatto tardi e devo andare a Venezia per gettare un po' del mio fango su
settemila anni di civiltà cinese.
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