Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 109
aprile 1983


Rivista Anarchica Online

Un falso quasi vero
di P. Maccaluso

In coincidenza con la conclusione del XVI congresso del PCI, in molte edicole di Torino e di Milano è stato messo in vendita un «numero speciale» di Rinascita, il settimanale del PCI. Nei titoli di prima pagina si leggeva: «Elenco dei comunisti italiani vittime delle epurazioni staliniane - Elenco dei comunisti italiani corresponsabili delle epurazioni staliniane. Il travaglio di un comunista. Mosca anni '30. Una coerente battaglia per la chiarezza storica». Quest'ultimo titolo apriva l'editoriale, firmato da P. Maccaluso. Un illustre ignoto, con l'unica caratteristica di rassomigliare a quello (E. Macaluso) del noto dirigente siciliano del PCI, attuale direttore de L'Unità.
Un lettore attento, accorgendosi di questo vistoso «errore di stampa» si sarà certo insospettito e subito si sarà reso conto che un simile numero, troppo «speciale» di Rinascita non poteva esser vero. Doveva esserci sotto qualcosa. Ma i lettori attenti, si sa, sono pochissimi e la direzione centrale del più grande partito comunista dell'Occidente non ha potuto esimersi dal dare un'eccezionale pubblicità al «caso» convocando a Roma un'apposita conferenza stampa, tenuta dal n. 2 della nomenklatura piccista Natta. Ecco dunque che un'iniziativa editoriale non certo vastissima ha ottenuto un'eco eccezionale sui massmedia. Dunque, si tratta di un falso. Ma è un falso - paradossalmente, ma non troppo - confezionato con intelligenza e soprattutto con la presentazione di documenti e di elenchi (in gran parte già noti) che fissano la verità più di tanti libri e periodici «veri». Ci piacerebbe ripubblicarne i documenti su «A», ma per evidenti ragioni di spazio ci dobbiamo limitare a scegliere un solo articolo: abbiamo scelto l'editoriale, sarcastica messa alla berlina della mentalità gesuitica che ha caratterizzato la «storiografia» comunista. E' un falso, d'accordo, ma chi potrebbe sostenere che non sia anche terribilmente verosimile?

Nelle ultime settimane abbiamo dovuto assistere al dispiegarsi di una forsennata campagna scandalistica, condotta in prima fila dagli organi di informazione fiancheggiatori dei partiti di governo, DC in testa, che ha preso le mosse dalla radiazione dal PCI di Roberto Napoleoni e che si è imperniata sulla confusione da costui volutamente fomentata circa i diari che il compagno Paolo Robotti gli avrebbe affidato al momento della sua morte avvenuta il 6 agosto scorso.
L'oggetto del contendere, come ormai tutti sanno, consisterebbe in una lista comprendente i nominativi di compagni emigrati in URSS per sfuggire alla repressione del fascismo e poi eliminati dalla repressione staliniana, nonché indicazioni circa altri compagni che, col loro comportamento, avrebbero più o meno direttamente indirizzato le azioni della polizia segreta contro quei compagni. Il Napoleoni, dopo aver orchestrato un accurato bailamme sul «caso», concedendo interviste a vari quotidiani, ha dimostrato tutta la sua slealtà nei confronti del partito cui era iscritto, rifiutandosi di mettere a disposizione tali diari e ben guardandosi, d'altronde, dal pubblicarli in proprio.
E' palese quale sia il senso di questa manovra, messa in atto alla vigilia di un congresso dal quale a taluni farebbe piacere veder emergere un'immagine completamente distorta del PCI: quella di un partito in preda a lotte intestine, in cui il dibattito democratico viene soffocato a forza di sanzioni disciplinari e soprattutto di un partito che, nella pratica, smentirebbe le linee strategiche espresse dalla sua Direzione.
Ma per quanto ciò possa dispiacere agli interessati mestatori, la prassi politica del PCI è tutt'altra cosa e proprio per dare ampia prova di ciò, su questa stessa rivista pubblichiamo oggi, sia la lista dei nominativi al centro del caso, che ampi stralci delle riflessioni con cui il compagno Robotti le ha accompagnate, vale a dire quei documenti che il Napoleoni intendeva sottrarre alla conoscenza dei compagni e di tutta l'opinione pubblica.
Con questo atto intendiamo innanzitutto porre fine alle grossolane speculazioni artatamente scatenate sull'intera vicenda, ma soprattutto vogliamo ribadire, assieme alla perfetta correttezza formale e sostanziale delle decisioni assunte dagli organi del Partito, la palmare chiarezza e la incontrastabile serietà dell'atteggiamento assunto dal PCI, in linea con le posizioni espresse dalla sua Direzione.
Non abbiamo alcun timore nel pubblicare i nominativi dei compagni uccisi dal terrore staliniano, un'esperienza storica nella quale la nostra posizione è al di sopra di ogni sospetto, nella sua sempre ribadita coerenza, né tantomeno nel rendere pubblici i nomi di quegli altri compagni la cui opera potrebbe essere superficialmente qualificata come delazione, neppure di fronte al fatto che tra questi nomi compaiano quelli di alcuni tra i massimi dirigenti del partito in quell'epoca.
Non solo, ma, al contrario di quanto i nostri avversari potrebbero forse auspicare, non abbiamo esitazione ad affermare che tale comportamento (se dovesse venire inoppugnabilmente provato) non diminuirebbe in alcun modo la statura e la valutazione sull'operato di quei compagni, poiché essi hanno agito in perfetta corrispondenza con lo spirito della linea politica perseguita dal PCI, così come oggi facciamo in queste pagine, fornendo un ulteriore contributo all'affermarsi della verità storica.
Infatti, solo in apparenza potrebbe esservi contraddizione tra la nostra ferma posizione di condanna dello stalinismo e il fatto che militanti e dirigenti del PCI abbiamo a suo tempo collaborato con la repressione messa in un atto dal «grande padre».
Anche i più superficiali conoscitori di cose politiche possono ben capire che la linea di un grande partito democratico e popolare, come il PCI, non è un dato astorico e immutabile, bensì uno strumento che si adatta alla peculiarità della realtà storica al superiore fine di garantire il progresso e l'emancipazione delle masse popolari. Solo chi agisce in malafede per recare detrimento al nostro partito potrebbe negare che, se nel 1930 il perseguimento di tale scopo non poteva prescindere dall'appoggio alla politica dell'URSS, oggi quel progresso di cui il PCI è il massimo alfiere, non può prescindere dalla più netta e decisa condanna di quella stessa politica.
Non si tratta dunque di trasformismo, ma di una coerente adesione alla più alta meta che ci prefiggiamo, di fronte alla quale deve essere messo da parte ogni velleitarismo purista e qualsivoglia personalismo individualista.
L'unità è un bene supremo del nostro partito, al quale deve essere costantemente commisurato l'agire dei suoi militanti e dei suoi dirigenti.
E' dunque perfettamente coerente il comportamento di coloro che negli anni '30 collaborarono con la polizia sovietica con quello di chi, come noi oggi, ne denuncia apertamente gli eccessi e gli orrori.
Per maggior chiarezza, non sarà superfluo, specie in un momento come questo, che vede il nostro Partito impegnato in prima fila nella lotta contro il terrorismo sovvertitore, ricordare quale sia la posizione del PCI sul problema della collaborazione dei terroristi pentiti, dissociati, posizione che è del resto confermata dalla battaglia che incessantemente conduciamo in loro favore.
Noi non esibiamo alcun falso moralismo circa l'attività «delatrice», e, anzi ce ne facciamo promotori, quando questa è messa al servizio della difesa del progresso sociale delle masse popolari, che oggi si identifica con la difesa dell'ordinamento democratico della Repubblica.
Sbaglierebbe di grosso, dunque, chi si attendesse che da questo episodio debbano prendere il via processi di riabilitazione o, per converso, di ridimensionamento di compagni militanti e dirigenti, che in un modo o nell'altro hanno comunque messo la propria vita al servizio della grande battaglia che da più di 60 anni conduciamo con immutabile coerenza e che il nostro prossimo 16° Congresso contribuirà a confermare e a far progredire, al di sopra di tutte le trame scandalistiche dei nostri interessati detrattori e delle losche mene di un pugno di frazionisti.
Nella nostra storia e nella nostra coscienza i compagni assassinati dalla polizia segreta staliniana o morti di stenti nei lager siberiani continueranno a stare a fianco a fianco con quei compagni che, in nome dei superiori interessi della nostra grande causa, ritennero di doverli denunciare a chi in quel momento rappresentava lo stato dei lavoratori e la causa della loro emancipazione.
Con questo riteniamo di aver chiuso la bocca ad ogni ulteriore polemica e speculazione, che non potrebbe avere altro fine che ostacolare lo svolgimento dei ben più significativi compiti che ci attendono poiché, per dirlo con Gramsci, il PCI è un partito serio e non il Circo Barnum.