Rivista Anarchica Online
I militari in soffitta
di Joao Freire
Come altri paesi, il Portogallo esiste ancora, malgrado la grande stampa di informazione internazionale
non lo citi quasi mai. Una volta passata la solita effervescenza delle elezioni municipali, diamo una rapida occhiata ad alcuni
aspetti della situazione strutturale del paese. Una volta tanto, ignoriamo deliberatamente gli ultimi fatti
di attualità. Cominciamo dalla vita politica. Dopo più di un anno di lavori parlamentari, la revisione della
Costituzione è stata approvata in seguito all'accordo intercorso tra il partito socialista di Mario Soares
e la coalizione al potere (democristiani, socialdemocratici e monarchico-popolari). In che cosa saranno
modificate le regole del gioco politico? Innanzitutto il regime portoghese è divenuto «civile», simile
agli altri regimi di democrazia politica europea, essendo scomparse le ultime vestigia della
«rivoluzione» e del ruolo particolare svolto dai militari: è infatti scomparso il Consiglio della
Rivoluzione, composto in gran parte da militari designati dalle strutture dell'ex-MFA («Movimento
delle Forze Armate»). In secondo luogo, nonostante conservi un carattere semi-presidenziale (nel quale cioè tanto il
parlamento quanto il presidente della repubblica sono eletti a suffragio universale), il regime attuale
accentua la sua connotazione parlamentare. Ciò è dovuto di fatto ai contrasti ormai di vecchia data tra
il presidente Eanes e i partiti politici, in particolare quelli della maggioranza ed il partito socialista.
Tutto accade come se, sentendo crescere il malcontento popolare, i partiti politici abbiano voluto
garantirsi il massimo di potere rispetto alle altre strutture democratiche (in primo luogo il presidente,
ma anche forme di partecipazione più diretta dei cittadini alla vita politica quali le municipalità, i
referendum, ecc.). D'altro canto, la parte economica della Costituzione e il ruolo prioritario in essa assicurato al
«collettivismo» rispetto alla «libertà di impresa» non hanno subito molti emendamenti, nonostante la
parola «socialismo» sia stata quasi sempre soppressa e altre disposizioni siano state rese più duttili.
Infine, la parte relativa ai diritti individuali e collettivi non è stata toccata, se si eccettuano alcuni
miglioramenti che hanno reso la costituzione portoghese una delle più avanzate in questo campo. Se
ci si potesse limitare ai testi ufficiali, il popolo portoghese non potrebbe che essere contento e senza
motivi di lamentele. Ma, come tutti sanno, c'è la crisi ... questa crisi di cui si parla sempre, ma che da una decina d'anni non
ha smesso di accentuarsi. E poiché il Portogallo ha un'economia un po' fragile, ecco insorgere grosse
difficoltà. Oggi quasi tutti nascondono il fatto che, mediamente, i portoghesi hanno lo stesso livello
di vita del '73, prima della «rivoluzione», se non peggio. Il salario minimo equivale a 160.000 lire.
Ancora più drammatica è la situazione della maggioranza dei pensionati, che non oltrepassano le
70.000 lire mensili. Tutti gli anni l'inflazione erode sempre più il potere d'acquisto dei salari. Nel 1981
è stata circa del 25%, e nell'82 non risulterà certo inferiore. Nel contempo i sindacati urlano come
poveri diavoli e cercano di moltiplicare la pressione e gli scioperi. Sono riusciti a sfondare il tetto di
aumenti imposto dal governo ma, in ogni caso, i salari reali stanno calando. La disoccupazione, per
parte sua, resta un fenomeno importantissimo, superiore al 15% della popolazione attiva: e
naturalmente tra i giovani questo tasso è molto più elevato. Tempi duri per i giovani portoghesi! Da parte governativa la priorità assoluta è data al «ristabilimento della fiducia da parte di coloro che
investono». Il governo vuole stimolare gli investimenti, sia interni che internazionali, creare dei posti
di lavoro, modernizzare, sviluppare. Salvo che, in tempi di crisi internazionale, i risultati di questa
politica liberale di sviluppo economico sono illusori. La borghesia portoghese non è mai stata, a parte
qualche eccezione, una borghesia d'affari, ma piuttosto proprietaria e accaparratrice. Oggi, senza
illusioni, essa è diventata anche una grande consumatrice. E quanto ai capitali disponibili sui mercati
internazionali ne sono ben note la scarsa affidabilità, le condizioni e la volubilità! Il progetto di adesione al Mercato Comune Europeo, presentato per lungo tempo come la panacea che
avrebbe fatto arrichire rapidamente i portoghesi, è nato già morto. Perfino gli industriali sono in
allarme di fronte ai rischi di una sfrenata concorrenza straniera. In contrasto con le accresciute
possibilità di esportazione dei prodotti tessili portoghesi in Europa, il Portogallo sarà certamente invaso
da prodotti industriali (casalinghi, ecc.) molto meno cari di quelli che si fabbricano oggi in Portogallo,
ben protetti dai tassi doganali. Se i consumatori in un primo momento saranno gratificati, bisognerà
attendersi, dopo non molto tempo, la chiusura di molte aziende ed il conseguente aggravarsi della
disoccupazione. Anche l'agricoltura e la pesca, settori potenzialmente ricchi, possono soffrirne molto. L'agricoltura ha
una produttività troppo bassa rispetto all'agricoltura industrializzata dell'Europa. La pesca, dal canto
suo, non possiede ancora la tecnologia sufficiente per sfruttare appieno il suo bacino atlantico (che è
notevole, a causa delle isole Azzorre e di Madera). In questo contesto la bilancia dei pagamenti del Portogallo è diventata catastrofica: le esportazioni non
coprono che la metà circa delle importazioni. Certo c'è il turismo e ci sono le rimesse degli emigranti
che attenuano la situazione, ma il paese è pesantemente indebitato verso l'estero. Così i progetti di
sviluppo segnano il passo, sia per carenza di finanziamenti sia per l'incapacità amministrativa dello
Stato portoghese. L'insegnamento si degrada. La salute, malgrado qualche progresso specifico, è ancora
nettamente insufficiente. I trasporti pubblici sono pessimi e il problema della casa è in uno stato
impressionante: l'offerta di alloggi è inferiore al 10% della domanda! Il governo si è impantanato in una politica tesa ad alleggerire il fardello non-redditizio del settore
pubblico (importante, come si sa, dopo le nazionalizzazioni del 1975), senza riuscire però a convincere
i suoi sostenitori e sollevando al contempo forti opposizioni da parte dei funzionari e dei lavoratori del
settore pubblico, dove è naturalmente il sindacato filo-comunista CGTP ad avere delle grosse
roccaforti. Ma quali sono le alternative a questa situazione? La sinistra - i comunisti in maniera virulenta, i
socialisti solo in parte - non sanno che domandare le dimissioni del governo e l'anticipazione delle
elezioni generali che dovrebbero tenersi a fine '84. Tutti lasciano intendere che il ricorso alle urne darà
vita a un Parlamento molto diverso dall'attuale. E' vero invece che tutti gli studi ed i sondaggi
demoscopici segnalano una tendenza opposta: l'elettorato portoghese appare fermamente stabilizzato. Allora la sola vera incognita di questa equazione è il presidente Eanes e soprattutto il progetto di molti
dei suoi sostenitori di costituire un nuovo partito politico che copra un'area politica di centro-sinistra.
E' indubbio che Eanes si è rivelato, in tutti questi anni, un uomo di carattere (per quanto può esserlo
un uomo politico), serio e non demagogico. Ma una cosa è tenersi in disparte nel ruolo di portavoce
delle proteste popolari e di arbitro che fischia quando il gioco si fa troppo sporco, un'altra cosa sarebbe
sporcarsi le mani alla testa di un partito necessariamente eterogeneo, dover governare, dar vita ad un
governo o trovarsi all'opposizione. Attendiamo dunque l'evolversi degli avvenimenti. Ma i dati economici, istituzionali e politici non esauriscono la struttura della società portoghese. Ci
sono delle forze sociali e delle nuove tendenze che «lavorano» il tessuto sociale preparando il terreno
per l'emergere di nuove esigenze, di nuove trasformazioni. I giovani, le donne, il contrasto tra le
campagne e la capitale Lisbona, per esempio, sono fenomeni che devono esser presi in considerazione.
E' quello che si farà in una prossima occasione.
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