Rivista Anarchica Online
Berlino
di Mauro De Cortes
Si scagliarono sui giovani / come l'oceano sulla scogliera / i giovani risposero alla barbarie /
come la scogliera all'oceano: / tu non andrai oltre! (Victor Hugo).
Il movimento di Berlino è un duro compagno di strada: imponente, inaspettato, aggressivo,
intransigente, violento. E' di poche settimane fa la notizia, riportata dai maggiori quotidiani italiani,
di una serie di manifestazioni indette dal movimento a Berlino contro la minaccia di sgombero
delle case occupate, manifestazioni che, come sempre, sono culminate in scontri e barricate tra
manifestanti e polizia. «Peccato che il cemento non bruci» è il significativo titolo di un film documentario tra i più noti sul
movimento giovanile berlinese. Il cemento a cui si riferisce il titolo è quello delle 170 case
occupate, una realtà autogestionaria, una micro-società alternativa e antistatale, a cui giustamente i
«ribelli» berlinesi non intendono rinunciare e che però fa sempre più paura al potere. A Berlino il sasso che durante un corteo infranse la prima vetrina, probabilmente infranse anche un
sogno: quello dei benpensanti tedeschi che vedevano i propri figli sputare in faccia al modello di
società da essi costituito. In quel momento si rompeva molto di più nella società tedesca, si apriva
una frattura difficilmente sanabile tra i giovani ribelli e le istituzioni statali. Queste esplosioni
improvvise, che sconvolgono le viscere di società industriaimente avanzate come quella tedesca,
sono spiegabili con l'esigenza di una vita qualitativamente migliore e il parallelo rifiuto
dell'esistente, che porta a brevi momenti di «tensione rivoluzionaria»: oggi a Berlino, in Italia negli
anni '70, ecc.. Eppure in Germania, come in Svizzera o in Italia, i protagonisti della rivolta non
sono certo stati gli operai (quella mitica classe operaia di marxiana memoria), ma strati
generazionali della più diversa provenienza sociale che hanno dato vita a un movimento di
ribellione spontanea e imprevedibile. Giovani, quindi, che rifiutano le istituzioni, che non scendono
a patti, che non mediano con le varie forme camuffate o meno del potere, ma che si scontrano
anche fisicamente con la polizia per salvaguardare il loro diritto ad esprimere il proprio dissenso,
per mantenere i loro spazi di autogestione. Nei graffiti sui muri, negli slogans, sugli striscioni, v'è
un diffuso utilizzo di «A» cerchiata che, seppur confusamente, viene visto come simbolo di libertà.
Infatti le decisioni sono assembleari, la delega viene rifiutata, ecc .. Il loro anticonformismo nel modo di vestire (jeans, capelli lunghi, giubbotti in pelle, ecc.) assume,
rispetto al perbenismo e al grigiore della gente comune, un significato di diversità, di rottura.
Questo per tentare di strappare uno spazio al di fuori della società tedesca e contro di essa che,
costituzionalmente incapace di comprendere o di inglobare questo nuovo fenomeno, ha dovuto
usare la polizia e picchiare i propri figli prediletti: momento culminante in cui il «re si è visto
nudo». L'importanza del movimento di Berlino risiede nel fatto che, pur non avendo una connotazione
politica precisa ed anzi rifiutando la politica tradizionale, un'idea si è trasformata in realtà,
un'aspirazione si è concretizzata applicando una metodologia libertaria e autogestionaria e
opponendo così al potere un'alternativa concreta e tanto più pericolosa perché reale e non più solo
sognata. Un esempio da estirpare prima che la gramigna sovversiva si diffonda e spacchi il
cemento. Un movimento che bene o male sa creare, che vive in una dimensione proiettata nell'ottica della
controsocietà, con le proprie strutture autogestite: tipografie, birrerie, librerie, locali musicali, con
la propria vita comunitaria basata sull'altruismo e sulla solidarietà, una realtà fatta da centinaia di
case, da migliaia di persone che hanno scelto di vivere, pur tra mille contraddizioni, una vita
davvero diversa dal grigiore dilagante. Nonostante il pericolo di nuovi sgomberi, Berlino ora vive
nelle sue case. Un grosso murales recentemente fatto reca la scritta «nessun potere è buono». Forse
la farfalla potrà ancora volare.
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