Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 95
ottobre 1981


Rivista Anarchica Online

Il ruolo di Luigi Fabbri
a cura di Giampiero Landi

"Il movimento anarchico agli inizi del secolo presenta un uomo nuovo. (...) È Luigi Fabbri, questo giovane anarchico marchigiano, di famiglia medio-borghese (il padre era il farmacista di Fabriano), che dalla sua terra, satura di umori laici e libertari, trae il nutrimento per la sua formazione. Entrato nel movimento da adolescente, passato attraverso le prigioni e il domicilio coatto, a venticinque anni (era nato nel 1877) si afferma come la mente più acuta e la voce politicamente più matura dell'anarchismo italiano. Luigi Fabbri possiede due doti che mancano ad altri anarchici, anche fra i maggiori: una solida base culturale, formata attraverso studi seri e via via aggiornata con un attento interesse per le correnti di pensiero del mondo contemporaneo, e la capacità critica di mettere arditamente in discussione quelle posizioni teoriche o pratiche dell'anarchismo chi egli ritiene errate o superate. Soprattutto la sua devozione verso Malatesta non gli impedisce di assumere fin dall'inizio del secolo una linea autonoma, originale e, in certi casi, antitetica".

Così Pier Carlo Masini apre il XIII e ultimo capitolo, dedicato appunto a "Luigi Fabbri e la svolta libertaria", della sua Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati (1). Sul fatto che Fabbri abbia esercitato un ruolo di notevole importanza nello sviluppo e nella configurazione teorica ed organizzativa del movimento anarchico italiano dei primi decenni del novecento, esistono da tempo valutazioni concordi nella storiografia. Per lungo tempo però questo ruolo è stato visto ed identificato pressoché esclusivamente in rapporto a Malatesta, e l'immagine di Fabbri è venuta assumendo i contorni di miglior discepolo, interprete, e completatore del pensiero malatestiano. Questa immagine, che è anche quella che lo stesso Fabbri ha dato più volte di sé, è senz'altro vera, ma diventa riduttiva se viene assunta in modo troppo esclusivo, limitandosi a valorizzare nel caso migliore le grandi capacità intellettuali e politiche, lo spessore culturale, la chiarezza espositiva, ma non tenendo in adeguato conto gli aspetti di autonomia e di originalità del suo apporto.
Il libro di Masini, che occupandosi del periodo che va dal 1892 al 1905, prende in esame necessariamente solo gli esordi dell'attività di Fabbri, viene ora a correggere opportunamente, e con grande autorevolezza, i giudizi più diffusi e accreditati. Va rilevato che in campo storiografico vi era stato negli anni scorsi almeno un precedente significativo, con l'informata e illuminante introduzione di Maurizio Antonioli alla riedizione dell'opuscolo di Fabbri L'organizzazione operaia e l'anarchia (2). Esaminando gli scritti dell'inizio del novecento sul problema dell'organizzazione anarchica e dell'organizzazione operaia, Antonioli mette in risalto come Fabbri fosse un deciso assertore della necessità di entrambe, con una certa prevalenza eventualmente della seconda sulla prima. Fabbri appare ad Antonioli come il più lucido e preparato teorico del sindacalismo anarchico in Italia, talvolta in marcato dissenso da Malatesta, che sul valore rivoluzionario dell'organizzazione sindacale manifestò sempre forti riserve. Fabbri finì però per confluire sulle posizioni di Malatesta verso la fine della prima decade del secolo, con un allineamento convinto e completo che costituiva una rinuncia ad esercitare un ruolo più autonomo, e che di conseguenza avrebbe lasciato piuttosto in ombra le sue notevoli capacità sul piano dell'elaborazione teorica creativa. Gli scritti di Antonioli e Masini aprono la strada a una valutazione più sfumata e articolata della figura di Fabbri, rimarcando la necessità di rapportare costantemente, in termini critici, la sua opera all'influenza malatestiana, che resta centrale per la comprensione della sua esperienza umana e politica, ma sottraendo contemporaneamente il discepolo a ogni interpretazione che lo appiattisca nel ruolo di gregario capace ma, tutto sommato, scarsamente originale.
L'importanza e la grandezza di Malatesta come teorico e come agitatore rivoluzionario sono fuori discussione, ed è parimenti fuori discussione che egli abbia rappresentato e rappresenti la figura di maggior rilievo espressa dall'anarchismo italiano, dotata di una fortissima personalità in grado di esercitare un'influenza che non trova riscontro in nessun altro esponente del movimento, e che travalica gli stessi confini nazionali e linguistici. Ma se l'influenza di Malatesta è stata assolutamente preminente, essa non ha potuto sempre esercitarsi direttamente. Va rilevato infatti che per lunghi periodi, prolungatisi anche per decenni, egli dovette restare forzatamente assente dall'Italia per sottrarsi alle numerose condanne accumulate nel corso della sua attività rivoluzionaria. È stato notato che i rientri di Malatesta coincisero tutti con periodi di grande fermento sociale e politico, quando la situazione italiana appariva potenzialmente matura e prossima a grandi sommovimenti insurrezionali (la crisi di fine secolo, la Settimana Rossa, il primo dopoguerra).
Nei lunghi anni di relativa calma trascorsi tra questi avvenimenti più o meno rivoluzionari, l'attività del movimento anarchico si esaurì quasi completamente nell'opera di ricostruzione continua di un tessuto organizzativo che mostrava una propensione tutta particolare a logorarsi e a sfaldarsi, nel lavoro di agitazione e di propaganda scritta e orale che sembrava quasi sempre dare frutti limitati rispetto alla generosità degli sforzi, nello stillicidio quotidiano delle piccole e grandi persecuzioni delle autorità, nelle polemiche tra compagni che spesso travalicavano l'ambito delle discussioni necessarie e proficue sulle tendenze e le valutazioni politiche, per investire con più o meno astio le persone e i comportamenti individuali. Si trattava di un'attività paziente e spesso frustrante, che costituiva in fondo una forma di eroismo particolare, quotidiano, certo meno eclatante di quello che si manifestava nelle barricate o in certi attentati individuali, ma che era forse anche più difficile, perché rappresentava una faticosa e pericolosa scelta di vita che veniva rinnovata ogni giorno. In assenza di Malatesta (di cui comunque arrivavano dall'estero, irregolarmente, indicazioni preziose e suggerimenti, attraverso la stampa e le lettere private), l'attività più qualificata fu portata avanti all'interno da altri esponenti del movimento, e in particolare da Fabbri. Fu Fabbri a rappresentare ininterrottamente il necessario elemento di continuità e il punto di riferimento in Italia per la tendenza comunista anarchica organizzatrice che si ispirava a Malatesta. Fu Fabbri ad approntare, soprattutto con i giornali da lui fondati e diretti, gli strumenti e i canali mediante i quali le potenti sintesi malatestiane penetravano in Italia e venivano chiarificate, esplicitate, amplificate, in definitiva tradotte in linea politica operativa. E, ciò che preme qui soprattutto ancora una volta sottolineare, questo enorme lavoro fu condotto da Fabbri, oltre che con dedizione febbrile e notevole capacità, con un senso dell'equilibrio, una originalità e un'acutezza, che fanno di lui il maggior esponente dell'anarchismo italiano della sua generazione, e uno degli scrittori più interessanti in assoluto nell'ambito libertario.
Un esame del percorso ideale e politico di Fabbri, per quanto necessariamente condotto in modo frettoloso, (3) permette di cogliere quanto sia stata profonda e duratura l'impronta da lui lasciata nel movimento e nel pensiero libertario. Seguendo una ripartizione indicata da Ugo Fedeli, si può dividere il quarantennio di attività di Fabbri in "almeno quattro grandi periodi" (4):

Il periodo di formazione e gli anni del "Pensiero"

Fabbri entrò nel movimento anarchico giovanissimo, a soli diciassette anni, dopo aver attraversato una breve fase repubblicana. Determinante per l'adesione del giovane agli ideali libertari, fu la propaganda di un individualista di Recanati, Virgilio Condulmari, che lo indirizzò nei suoi primi passi con letture e discussioni. Dall'individualismo il giovane approdò ben presto, per evoluzione personale, a concezioni "armoniste" kropotkiniane. A questo punto nel 1897, quando già si era messo in evidenza come ribelle e aveva sperimentato il carcere, avvenne un fatto di importanza decisiva nella sua vita: l'incontro con Malatesta, che nascosto sotto falso nome, dirigeva ad Ancona il periodico L'Agitazione. Si creò immediatamente tra i due rivoluzionari un rapporto di amicizia e di collaborazione che sarebbe durato tutta la vita. In collaborazione con Pietro Gori, nel 1903 Fabbri fondava la rivista Il pensiero, che continuava ad uscire ininterrottamente fino al 1911, affermandosi ben presto come la più importante pubblicazione anarchica italiana dell'età giolittiana, "con un taglio ed uno spessore che non la faceva sfigurare a fronte di altre riviste coeve, come la Critica sociale di Turati, Il Socialismo di Ferri, la Rivista popolare di Colajanni, Il Divenire sociale di Leone" (5). Di notevole livello politico e culturale, Il Pensiero si avvaleva della collaborazione dei maggiori esponenti dell'anarchismo internazionale, oltreché dell'apporto di letterati ed artisti di una certa fama non anarchici, come Giovanni Cena, Rina Faccio (Sibilla Aleramo), Sem Benelli, Filiberto Scarpelli, il sociologo Roberto Michels, e altri. Sulle pagine della rivista, praticamente diretta dal solo Fabbri, a causa dei lunghi viaggi all'estero e delle precarie condizioni di salute di Gori, vennero dibattuti e sviluppati tutti i problemi di maggiore interesse coi quali il movimento libertario si trovava allora a fare i conti (individualismo, organizzazione, sindacalismo, libero pensiero, educazionismo, controllo delle nascite, ecc.). La rivista assolse a un compito fondamentale di chiarificazione e di orientamento, contribuendo potentemente a restituire al pensiero libertario il posto che gli spettava nella cultura politica del tempo.

Gli anni di "Volontà" e l'agitazione contro la guerra

L'esperienza del Pensiero, si esaurì proprio mentre si apriva nel paese un periodo agitato e convulso, caratterizzato da grandi lotte sociali, in parte dirette dai sindacalisti rivoluzionari e dagli anarchici confluiti nell'Unione Sindacale Italiana. Col rientro di Malatesta in Italia, nel 1913 iniziava ad uscire ad Ancona Volontà, che si proponeva di affiancare criticamente le agitazioni popolari indirizzandole verso uno sbocco coscientemente rivoluzionario. Il fallimento dei moti della Settimana Rossa (giugno 1914) che rappresentano il punto più alto di scontro sociale raggiunto fino a quel momento nella storia dell'Italia unita, e la nuova fuga di Malatesta attivamente ricercato dalla polizia, imposero a Fabbri l'assunzione in prima persona della responsabilità del giornale. Nuovi e drammatici problemi si affacciavano. Lo scoppio della guerra europea provocò nel paese una frattura tra interventisti e neutralisti, che divise lo stesso campo sovversivo. La grande maggioranza degli anarchici, con Fabbri in prima fila si schierò decisamente contro la guerra e lottò disperatamente per evitare un coinvolgimento dell'Italia. La guerra, egualmente dichiarata, comportò la sospensione di Volontà e di quasi tutti gli altri organi di stampa libertaria. L'attività antimilitarista rivoluzionaria proseguì tra notevoli difficoltà, clandestinamente, per tutta la durata del conflitto.
A Fabbri si deve, tra l'altro, uno dei documenti politicamente più rilevanti di questo sforzo anti-bellico: il manifesto La guerra europea e gli anarchici, apparso a Torino nell'aprile 1916, a firma "Un gruppo di anarchici", in risposta al noto "Manifesto dei Sedici", pubblicato a Parigi da esponenti intellettuali di primo piano dell'anarchismo internazionale (Kropotkin, Cornelissen, Grave, ecc.), che si erano dichiarati favorevoli alla guerra a fianco dell'Intesa. Sempre a Torino, nell'aprile 1917, apparve "edito a cura del circolo operaio", in realtà scritto da Fabbri, il numero unico Eppur si muove!, la prima dichiarazione pubblica dell'anarchismo italiano sulla rivoluzione russa ("finalmente un fascio di luce viva e sfolgorante ha rotto all'improvviso, la fitta e buia nebbia di dolore e di sangue, di menzogna e di morte, che da ormai tre anni avvolge e uccide l'umanità").

Il biennio rosso e la lotta contro il fascismo

La guerra aveva avuto l'effetto, tra l'altro, di mettere in movimento enormi masse di uomini, e di creare grandi aspettative e speranze, alimentate dalle stesse promesse dei governi. Con la fine del conflitto le agitazioni economiche e politiche, per anni compresse, risposero con enorme virulenza in ogni paese. Lo scoppio della rivoluzione in Russia aveva acceso d'entusiasmo il proletariato d'occidente e anche in Italia la parola d'ordine divenne "fare come in Russia". In realtà gli avvenimenti russi riproponevano in termini di drammatica attualità il problema tipicamente anarchico della difesa della libertà nella rivoluzione. Nel movimento anarchico, contagiato anch'esso inizialmente dall'entusiasmo per la rivoluzione vittoriosa, subentrarono ben presto le cautele e i distinguo nei confronti del nuovo potere dittatoriale, e infine, quando arrivarono notizie attendibili sulle persecuzioni cui erano oggetto in Russia i rivoluzionari non bolscevichi, si giunse all'aperta condanna. Ancora una volta fu Fabbri a distinguersi particolarmente nell'opera di necessaria chiarificazione del concetto anarchico di rivoluzione e nella polemica coi bolscevichi russi e con i loro epigoni italiani confluiti nei Partito comunista (6).
Destreggiandosi con abilità nella delicata situazione del momento, sorretto dal suo grande equilibrio, Fabbri rimise la discussione sui suoi binari storici, cioè sulle sostanziali differenze fra anarchismo e bolscevismo, e fissò i termini della "querelle" tra le due correnti "discriminando il moto rivoluzionario russo dall'apparato statale sovietico e attaccando i comunisti, senza tuttavia nulla concedere all'anticomunismo preconcetto dell'opinione pubblica borghese" (7). Questa battaglia, condotta principalmente sulle colonne della rinata Volontà e di Umanità Nova quotidiano, trovò una sistemazione organica nel libro Dittatura e rivoluzione, (8) (1921, ma già pronto l'anno precedente), forse l'opera più importante di Fabbri, in assoluto uno dei testi più significativi della letteratura politica anarchica. Notevole anche la polemica a distanza condotta da Fabbri con alcuni dei più prestigiosi dirigenti bolscevichi, tra cui Bucharin, in risposta al quale scrisse l'opuscolo Anarchia e comunismo "scientifico" (9). La spinta rivoluzionaria delle masse stava intanto rifluendo, lasciando spazio alla reazione fascista. Fabbri, il cui impegno durante la fase montante rivoluzionaria si era esplicato soprattutto sul piano dell'organizzazione anarchica, con l'apporto determinante dato alla fondazione e alla vita dell'Unione Anarchica Italiana, colse rapidamente il pericolo rappresentato dal fascismo emergente, e ne seppe analizzare con grande acutezza i caratteri fondamentali. Con l'opuscolo La Controrivoluzione preventiva, (10) (1922), in cui il successo reazionario trovava una spiegazione alla luce soprattutto delle debolezze strutturali e degli errori soggettivi dello schieramento proletario, egli sviluppava un'analisi del fenomeno "tuttora valida e riscontrabile, anche a distanza di quasi cinquant'anni, in sede di storiografia contemporanea" (11). Dalla collaborazione con Malatesta nasce la rivista Pensiero e Volontà (1924-26), momento di riflessione e di sintesi di elevato valore intellettuale ed etico.

L'esilio

Nel 1926, con un espatrio clandestino, Fabbri si sottraeva alle persecuzioni del regime fascista e riprendeva all'estero la lotta divenuta per lui impossibile in patria. Trovato inizialmente rifugio in Francia, insieme a un gruppo di compagni (T. Gobbi, U. Fedeli, F. Vezzani, C. Berneri) fondava a Parigi il quindicinale Lotta Umana (1927-29), interrotto per l'espulsione dal paese dei principali redattori. Dopo una breve sosta in Belgio, si trasferiva in Uruguay, dove riprendeva l'attività pubblicistica con la rivista Studi Sociali che dirigeva fino alla morte, avvenuta nel 1935.
Tre anni prima, "esule in patria", era scomparso Malatesta, la cui perdita aveva toccato Fabbri nel profondo. Al vecchio maestro egli dedicava significativamente l'ultima opera di notevole impegno, Malatesta - L'uomo e il pensiero (12). Si tratta di un'accurata ricostruzione, condotta con amore e scrupolo filologico, del pensiero del grande rivoluzionario, di cui costituisce in pratica quella presentazione sistematica che Malatesta, pensatore non sistematico per eccellenza, aveva sempre rifiutato di fare nonostante le sollecitazioni.
Nessuno poteva in effetti assolvere questo compito meglio di Fabbri, presentato dallo stesso Malatesta al Congresso Internazionale Anarchico di Amsterdam nel 1907 con queste parole: "Mon fils".

NOTE
(1) Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani nell'epoca degli attentati, Rizzoli, Milano, 1981, p. 211.
(2) Luigi Fabbri, L'organizzazione operaia e l'anarchia, Crescita politica, Firenze, 1976. (I ed.: Casa Editrice Libraria "Il Pensiero", 1906).
(3) Problemi di spazio impediscono di approfondire in maniera adeguata questi brevi cenni biografici. Altre notizie si possono trovare nell'articolo di Camillo Levi (Paolo Finzi), Alla scuola di Malatesta, apparso nel numero 27, marzo 1974, di questa rivista.
(4) Ugo Fedeli, Luigi Fabbri, con prefazione di Luce Fabbri, Gruppo editoriale anarchico, Torino, 1948, p. 43. Questo volume, che a tutt'oggi costituisce l'unica monografia di discrete dimensioni apparsa su Fabbri, rappresenta uno dei lavori meno riusciti dell'autore, e può essere considerato un classico esempio di infortunio. Il libro si riscatta unicamente per il valore di testimonianza di alcune pagine, data l'intima amicizia e la fraterna collaborazione stabilitasi per diversi anni tra i due personaggi. L'autore riporta in appendice una bibliografia dei principali scritti di Fabbri. Il panorama degli studi storiografici dedicati specificamente alla figura di Fabbri si presenta estremamente scarno e deludente. Di una certa importanza, e strumenti utili per ulteriori studi, sono gli Appunti per una vita di Luigi Fabbri, pubblicati dalla figlia Luce a puntate su "Studi Sociali" (a. X, n.14 (II s.), 29 luglio 1939, e sgg.). Essi arrivano purtroppo solo al 1905, in quanto furono interrotti con la cessazione della rivista, e la loro pubblicazione non fu più ripresa. Il silenzio è stato rotto infine in questi ultimi anni da una giovane studiosa di Fabriano, Nora Lipparoni, con la pubblicazione dell'opuscolo Le origini del fascismo nel pensiero di Luigi Fabbri (Edizioni del Pensiero Cittadino, Fabriano, 1975), e con il saggio Il contributo di Luigi Fabbri alla dinamica dell'ideologia libertaria, apparso in "Studi Urbinati di storia, filosofia e letteratura", a. XLIX, nuova serie B, n. 2, 1975. Alla stessa autrice si deve anche una tesi di laurea inedita sull'illustre conterraneo.
(5) P.C. Masini, op. cit. pp. 215-16.
(6) Si veda l'ottima ricostruzione di P.C. Masini, Gli anarchici italiani e la rivoluzione russa, "Rivista Storica del Socialismo", a. V, n.15-16, gennaio-agosto 1962.
(7) Ibidem, p. 166.
(8) Luigi Fabbri, Dittature e rivoluzione, Antistato, Cesena, 1971.
(9) Ora riprodotto in N. Bucharin-L. Fabbri, Anarchia e comunismo scientifico, Altamurgia editore, Ivrea, 1973.
(10) L. Fabbri, La Controrivoluzione preventiva (riflessioni sul fascismo), Collana Vallera, Pistoia, 1975.
(11) N. Lipparoni, Le origini del fascismo... Cit., p. 9.
(12) Questo libro, apparso originariamente in spagnolo nella traduzione di D. A. De Santillan, col titolo Vida y pensamiento de Malatesta, (Editorial Tierra y Libertad, Barcellona) purtroppo non è mai stato pubblicato interamente in lingua originale. Sia la prima edizione italiana (R.L. Napoli, 1951) che la seconda (Anarchismo, Catania, 1978), che ne è semplicemente il reprint, omettono la parte più propriamente biografica. Nel 1982 cadrà il cinquantenario della morte di Malatesta, e già si annunciano convegni e iniziative varie per commemorarlo. Tra le case editrici vicine al movimento anarchico ci sarà chi prenderà l'iniziativa di pubblicare in edizione integrale quella che rimane a tutt'oggi l'opera più importante scritta sulla sua figura?